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Birra commestibile: il riuso dei prodotti di scarto nell’ambito alimentare

Del maiale non si butta via niente… e della birra? Come dovreste sapere il processo produttivo della nostra bevanda genera numerosi scarti, che spesso vengono riutilizzati nell’ottica di una razionalizzazione delle risorse e un contenimento dei costi. Lo spiegai in un post risalente allo scorso aprile, quando cercai di inquadrare la produzione brassicola in un contesto di economia circolare: fare birra è un’attività assai dispendiosa in termini di materie prime (soprattutto acqua), ma si possono rintracciare piccoli esempi virtuosi – che intendo più in senso gestionale che etico – con i quali ristabilire un minimo di equilibrio. I modelli sono moltissimi: dall’impiego delle trebbie come mangime per il bestiame agli esperimenti con il pane di scarto come base fermentabile, dagli imballaggi intelligenti e sostenibili al ricorso ad acqua non potabile, perché piovana o reflua (previa depurazione). Esistono poi riusi più circoscritti, ma probabilmente più interessanti: quelli cioè che coinvolgono la sfera alimentare. E anche in questo caso gli esempi non mancano.

Uso delle trebbie in cucina

Dopo l’acqua, le trebbie sono probabilmente il materiale di scarto più abbondante della lavorazione della birra. Chiunque si sia dilettato con l’homebrewing a un certo livello si sarà chiesto, prima o poi, cosa farci con tutte quelle scorze di malto. Le risposte sono sempre le stesse: biscotti e, in seconda battuta, pane e pizza. Basta una semplice ricerca su Google per verificare quante ricette del genere si trovano su Internet, spesso realizzate dagli stessi homebrewer o da appassionati di cucina. Sul sito del Circolo del Luppolo, storica associazione mantovana, c’è addirittura una pagina dedicata all’argomento, con ricette di torte, focacce e biscotti. Come racconta Angelo sul suo Berebirra, in anni recenti gli esperimenti hanno travalicato i confini della birrificazione casalinga per coinvolgere nomi importanti, come quello di Gabriele Bonci, guru della pizza e della panificazione. Oggi non sono rari i locali italiani che propongono snack o accompagnamenti realizzati con questo materiale di scarto. Uno degli impieghi più gustosi che mi è capitato di assaggiare è quello ideato da Manuela Gaenstaller, moglie del birraio Andreas: trebbie utilizzate per la panatura di un’ottima Schnitzel.

Marmite

Talvolta dal riutilizzo alimentare dei materiali di scarto nascono veri prodotti commerciali, se non addirittura brand di grande successo internazionale. È il caso di Marmite, crema spalmabile non molto conosciuta alle nostre latitudini, ma ampiamente diffusa in Regno Unito, Nord Europa, Sudafrica. È a base di estratto di lievito, si presenta con un colore scuro e si caratterizza per una consistenza appiccicosa. L’odore è molto intenso e il sapore assolutamente peculiare: non l’ho mai provata, ma tutti sono concordi nell’affermare che si distingue per un gusto decisamente sconvolgente. E come tutte le cose che sconvolgono, Marmite può soltanto essere amata o odiata, senza vie di mezzo. Curiosamente in Australia e Nuova Zelanda è presente una variante di Marmite, realizzata da un’altra azienda ma commercializzata con lo stesso nome; in Italia invece qualcosa di simile è prodotta da Bovis, azienda della provincia di Padova.

Regrained

Un altro prodotto commerciale è Regrained, lanciato recentemente da una startup californiana, fondata – strano a dirsi – da due homebrewer locali: Dan Kurzock e Jordan Schwartz. La loro idea è proporre sul mercato delle barrette snack che sfruttino le peculiarità dei cereali rimasti dopo il processo di birrificazione. Niente zuccheri quindi, ma solo proteine e fibre residue per un prodotto dal basso contenuto calorico. Le barrette Regrained sono al momento disponibili in due gusti: Honey Cinnamon IPA, dal sapore bilanciato e con note di luppolo, miele e cannella, e Chocolate Coffee Stout, dal profilo più intenso, con toni di cioccolato e caffè piuttosto evidenti. La startup sta ottenendo una buona visibilità anche sui media generalisti e non è escluso che a breve le barrette Regrained saranno disponibili anche in Italia.

ProFloc

Sembra appartenere alla fantascienza il progetto scaturito nel 2015 tra MillerCoors, multinazionale della birra, e Nutrinsic, innovativa società del settore alimentare. L’obiettivo è riutilizzare l’acqua di risulta della produzione brassicola – insieme a birra di scarto, trebbie e lievito esausto – trasformandola in proteine unicellulari da impiegare nell’alimentazione degli animali, compresi i pesci. L’innovativo processo altera le condizioni dell’acqua per aiutare la crescita di microrganismi che producono proteine, che successivamente vengono concentrate, sterilizzate ed disidratate. Alla fine sono commercializzate con il nome di ProFloc e utilizzabili come alternativa ad altri tipi di alimenti. Inoltre dal processo si ottiene acqua pulita. Nutrinsic è ora al lavoro per ottenere l’approvazione dalle istituzioni americane per la somministrazione di ProFloc all’uomo.

E a voi vengono in mente altri usi alimentari degli scarti della birra?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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2 Commenti

  1. Ad Apecchio, in provincia di Pesaro e Urbino, nelle Marche, il birrificio Tenute Collesi ha lanciato una nuova linea di prodotti cosmetici che si chiamerà “Sorgente di Birra” e sarà in produzione dal 2018. La componente fondamentale sarà la birra artigianale (ciò che non può essere usato dalla produzione di birra) dello stabilimento alle pendici dell’Appennino, con i suoi ingredienti controllati e a km zero e sarà alla base di 70 prodotti (creme viso, creme corpo, tonici e solari) a base di mosto di birra, luppolo, cereali, lieviti e acqua del Monte Nerone. A dare una certificazione scientifica al progetto è la facoltà di Farmacia dell’Università di Camerino. Da qui provengono i ricercatori che per tre anni, durante la borsa di studio finanziata da Tenute Collesi, hanno provato e combinato le materie prime in mano all’azienda (scelta che assicura zero sprechi nella produzione) e gli effetti benefici in grado di produrre se combinate ad altri ingredienti. In totale saranno circa 70 i prodotti derivanti dal mix. Tra questi anche integratori alimentari in capsule, bustine e barrette, insaporitori a base di birra atomizzata, e prodotti di medicina complementare, come lo sciroppo per la tosse che avrà, come ingredienti, mosto di birra, miele e sambuco.

  2. Birra Tenute Collesi… non sapete più come farvi belli!
    (vi vendo anche lo slogan).

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