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Nuove birre da Ducato, Elav, Jungle Juice, Geco e altri

kojiDopo la lunga parentesi riminese, prendiamoci una breve pausa per raccontare le nuove birre italiane sfornate ultimamente dai nostri birrifici. Partiamo allora da una delle novità più particolari tra quelle presenti a Beer Attraction e cioè la Koji il Riso del Birrificio del Ducato. Nel post di ieri vi ho spiegato a grandi linee di cosa si tratta, ma questa “birra non birra” merita qualche approfondimento in più. Può essere considerata un anello di congiunzione con il sake e la base fermentabile prevede, oltre al malto d’orzo, frumento e riso. L’aromatizzazione è di stampo molto orientale, con l’impiego di tè verde giapponese e fiori di gelsomino, mentre a livello tecnico fa ricorso alla SSF (saccarificazione e fermentazione simultanea) ottenuta sia con ceppi da birrificazione, sia con muffe koji usate per il sake. Il risultato è una bevanda leggera e rinfrescante, elegantemente aromatica, che si presenta con un colore giallo pallidissimo, quasi bianco. Un esperimento davvero interessante.

noir stoutFresco di un impianto di produzione rinnovato, il birrificio Elav può ora dare maggiore sfogo alla propria creatività. Non è quindi un caso che recentemente ha annunciato una nuova creazione, che rientra nella tipologia delle Oatmeal Stout. Questo sottostile deriva ovviamente dalle Stout, ma si caratterizza in generale per un corpo più morbido grazie all’impiego di avena (“oatmeal”, per l’appunto). Oltre all’ingrediente “speciale”, la Noir Stout di Elav è realizzata con malti Maris Otter e Chocolate e Roasted Barley. Il luppolo impiegato è invece il Willamette, ma chiaramente rimane in secondo piano rispetto al carattere derivante dai malti scuri. Dovrebbe essere disponibile da marzo.

jungle feverTra le etichette più belle viste in giro recentemente a mio avviso rientrano quelle di Jungle Juice. Splendida è infatti anche quella della Jungle Fever, ultima nata nella gamma della giovanissima beer firm romana e realizzata in collaborazione con il birrificio La Fucina. Si tratta di una Black Ipa da 6,4% alc., brassata con luppoli Mosaic, Galaxy, Summit e Columbus. Le note tostate rimangono molto in sottofondo e a prevalere sono i luppoli, con un profilo aromatico discretamente intenso e un finale decisamente amaro e persistente (sfumature resinose). Il corpo è medio. È stata presentata la scorsa settimana al Tree Folk’s di Roma.

saleMolto giovani sono anche le realtà dietro la collaboration brew battezzata Sjavàr Bjòr: uno è The Wall di Venegono Inferiore (VA), l’altro Argo di Lemignano (PR). La birra è molto originale, perché viene definita una Salty Amber Ale. Il “salty” deriva proprio dall’utilizzo di sale alla liquirizia dell’Islanda, che dona a questa Amber Ale sfumature assolutamente particolari. Il grado alcolico è nella media (5,2%), mentre le unità di amaro 25. Se non ricordo male il nome in islandese significa “birra del mare”, mentre la presentazione ufficiale è avvenuta durante Beer Attraction. Dopo le varie Gose italiane (più o meno in stile) nate negli ultimi mesi, ora il sale diventa protagonista quindi di altri esperimenti.

InokiSi chiama invece Inoki – proprio come il leggendario wrestler giapponese – l’ultima nata in casa Birrificio Geco. Per l’azienda di Cornaredo (MI) è il debutto nell’inflazionatissimo stile delle American Ipa, che ha interpretato con una birra leggermente ambrata, non proprio leggerissima (6,6%) e realizzata con soli luppoli statunitensi. A livello organolettico si distinguono aromi di frutti di bosco e frutta gialla, mentre nel finale emerge un amaro deciso, come da copione. L’etichetta è di sicuro impatto, un po’ come i colpi del mitico Antonio Inoki 🙂 .

Opus Grain FronteE terminiamo come avevamo cominciato, cioè con una birra a cui ho accennato già ieri nel mio resoconto su Beer Attraction. Opus Grain, una delle prime beer firm della Puglia, ha presentato la sua Vainell, una Saison aromatizzata con carrube. Il frutto è aggiunto a fine bollitura, sia intero, sia in forma di sciroppo ottenuto dalla macerazione e bollitura dello stesso. La base fermentabile prevede non solo malto d’orzo, ma anche una percentuale di farro. Il risultato è una Saison dal carattere particolare, con un tocco delicato di carrube capace di ampliare la profondità aromatica della birra.

Avete assaggiato alcune di queste novità, magari proprio durante Beer Attraction?

 

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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6 Commenti

  1. La Koji…sinceramente 2 gettoni buttati…

  2. A costo di palesare la mia ignoranza ,chiedo: Ma Koji sarebbe un gioco di parole con Cogli il riso?
    Nel caso continua la deriva di nomi assurdi dati alle birre italiane,sembrano tutti usciti da un film di Lino Banfi anni 80 (per altro dei capolavori del genere)

    • Sinceramente non saprei

    • io l avevo inteso KOJI => COCI => CUOCI e sinceramente mi sembrava a. un nome simpatico di chi fa le cose seriamente senza prendersi sul serio! b. un nome molto indicativo (due ingredienti nel nome credo sia evento più unico che raro!)
      Copper mai una volta che io e te si viaggi sulla solita idea di pensiero!!! 😉

  3. Koji dovrebe essere il nome in giapponese di quel fungo i cui enzimi fanno fermentare il riso http://en.wikipedia.org/wiki/Aspergillus_oryzae

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