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I lieviti insoliti di Birra dell’Eremo: il progetto #Nonconventionalyeasts

Tra le novità presenti al recente Beer Attraction che ho illustrato ieri, ho volontariamente tralasciato il nuovo progetto di Birra dell’Eremo denominato #Nonconventionalyeasts. Il motivo della mia scelta risiede nella volontà di dedicargli un articolo specifico, in quanto nasce da un’idea ambiziosa: utilizzare in fermentazione primaria dei lieviti non convenzionali, cioè diversi dal classico Saccharomyces (Cerevisiae o Pastorianus). A dir la verità il punto di partenza non è particolarmente originale, anzi segue una moda piuttosto in ascesa nel movimento birrario internazionale, Italia compresa: uno degli esempi più recenti è il giovane Ca’ del Brado con le sue Piè Veloce (100% Brettanomyces), ma simili esperimenti stanno addirittura conquistando il mondo dell’homebrewing. Il progetto di Birra dell’Eremo, pur perseguendo gli stessi obiettivi di queste produzioni – poi vedremo quali – inserisce degli elementi di novità che lo rendono assolutamente unico, almeno nel panorama italiano.

La scelta di usare lieviti non ortodossi nasce dalla voglia di aggiungere nella birra un profilo aromatico insolito, non proveniente dagli ingredienti a cui spesso si ricorre in questi casi (luppolo, spezie, aromatizzazioni). Quasi sempre ci si rivolge ai Brettanomiceti, che nel mondo brassicolo sono ampiamente diffusi e che, se usati con padronanza, possono regalare al prodotto finale delle sfumature organolettiche assai intriganti. Il rischio però – ne parlavo con Paolo Celoria a Birra dell’anno – è che queste birre finiscano per somigliarsi tutte da un certo punto di vista. Problema che tuttavia non si pone con il progetto di Birra dell’Eremo, poiché il birraio Enrico Ciani ha utilizzato dei lieviti poco o per niente diffusi nella produzione brassicola.

L’opportunità gli è stata concessa dalla collaborazione di lunga data con la dottoressa Laura Canonico dell’Università Politecnica delle Marche, dipartimento DiSVA. La sua tesi di dottorato è stata incentrata proprio sullo studio e la selezione di lieviti da impiegare nelle bevande alcoliche fermentate, trovando nell’incontro con Birra dell’Eremo un ottimo modo per mettere in pratica le sue ricerche. Il primo effetto di questo lavoro si è avuto con la selezione dei lieviti per le birre Saggia e Fuoco, poi con il percorso che oggi ha portato alla nascita del progetto #Nonconventionalyeasts.

Così, tra i vari lieviti isolati, ne sono stati selezionati tre per creare altrettante birre. Al fine di esaltare le potenzialità e l’impatto aromatico di ognuno di essi, i lieviti hanno fermentato un identico mosto, realizzato con solo malto Pilsner e luppolo Cascade. Sono state così ottenute tre birre con gradazione alcolica simile (5%) e stessi IBU (20), ma ognuna con una propria identità e una propria impronta data dal bioflavour del microrganismo impiegato. Per capirci qualcosa di molto simile a ciò che propose Mikkeller anni fa con la sua Yeast Series (eravamo nel 2013 o giù di lì), ma in quel caso i lieviti erano molto più ortodossi (Lager, English Ale, American Ale, Saison e due tipi di Brett). Qui invece è proprio l’utilizzo di lieviti non convenzionali a rendere il progetto di Birra dell’Eremo particolarmente interessante.

È importante precisare che le birre non sono fermentate solo con questi lieviti speciali, ma anche con un ceppo piuttosto neutro del tradizionale Saccharomyces Cerevisiae. La parte più complicata dello studio ha riguardato proprio individuare il giusto rapporto tra lieviti Sacch e non-Sacch, così da ottenere una buona attenuazione senza penalizzare il contributo aromatico dei microrganismi atipici.

Dopo la doverosa introduzione, è il momento di parlare delle birre e dei rispettivi lieviti utilizzati. La To2 ricorre a Torulaspora delbrueckii ed è caratterizzata da note pepate che ben si accompagnano a leggere sensazioni fruttate e di crosta di pane. Al palato il lievito si esprime con sfumature speziate, valorizzate dalla carbonazione vivace. La Ko2 nasce invece dal lavoro del Kluyveromyces thermotolerans e presenta delicate note floreali e fruttate, che in bocca si accompagnano a un’elegante acidità con sensazione sapide. Per la We2, infine, è stato impiegato Wickerhamomyces anomalus, che regala profumi di crosta di pane e frutta matura (pera e banana) e un gusto speziato con una grande secchezza in chiusura. Ho avuto modo di assaggiarle durante Beer Attraction e devo ammettere che mi hanno tutte positivamente colpito, con il lievito che esce in maniera decisa e incredibilmente pulita.

Dove sarà possibile bere le birre del progetto #Nonconventionalyeasts? Se avete mancato l’anteprima per gli operatori a Rimini, vi segnalo che al Ballo delle Debuttanti di domenica 5 marzo qui a Roma (l’evento inaugurale della Settimana della Birra Artigianale) potrete provare la Ko2, che sarà regolarmente attaccata alla spina insieme alle altre 12 birre inedite della serata. Intanto complimenti a Birra dell’Eremo perché si conferma un birrificio solido e con ottime idee, supportate, tra l’altro, da un convincente lavoro di marketing. Se ne volete sapere di più potete fare riferimento al blog di Birra dell’Eremo.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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2 Commenti

  1. Interessante, mi chiedo però quanto sia riproducibile nel tempo… Orval as esempio usa lieviti diversi in momenti diversi, ma con risultati assolutamente riconoscibili e riproducibili. Questi esperimenti mi sembra che difficilmente possano andare oltre la one-shot curiosa.

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