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Storia nel bicchiere: bersi il capostipite di uno stile birrario

Uno degli aspetti più affascinanti della nostra bevanda preferita è l’immensa varietà di incarnazioni che può assumere. Esistono decine di stili appartenenti alle tradizionali culture brassicole del mondo, che nel tempo sono evoluti e cambiati in base a diversi fattori. Spesso la storia di ogni tipologia brassicola si perde nei secoli, al punto che risulta impossibile risalire alle relative origini in modo preciso. In altre situazioni, invece, uno stile nasce da una birra precisa, magari studiata a tavolino come accadde per le Pils. Oppure esistono birre che, anche se non rappresentano il primo esempio di uno stile, sono unanimemente riconosciute come identificative dello stesso. Oggi daremo un’occhiata a questi “modelli” birrari, per scoprire, tra le altre cose, se possiamo ancora ritenerli prodotti validi.

Pilsner Urquell (Pils)

Può bastare sedersi a tavolino e progettare una ricetta per destabilizzare nel profondo un settore esistente da secoli? A quanto pare sì, visto che lo stile delle Pils ha ovunque rivoluzionato il modo di intendere la birra. Grazie al suo geniale creatore, Josef Groll, la Pilsner Urquell è stata il capostipite di una tipologia alla quale oggi appartiene la stragrande maggioranza della birra in commercio. Un successo che ha trasformato il birrificio di una piccola città ceca (Plzen) in uno dei marchi più conosciuti al mondo, ma che ha anche attratto le mire espansionistiche delle multinazionali. Oggi la Pilsner Urquell è di proprietà di SABMiller e ha perso progressivamente il suo fascino: quella che potete trovare oggi in Italia è solo una pallidissima imitazione, al punto che può tranquillamente essere trascurata. Diverso è il discorso se vi recate in Repubblica Ceca, dove molti locali la propongono in versione non pastorizzata… in quel caso prendetevi pure mezza giornata per godere al cospetto della birra che ha cambiato la birra.

Westmalle Tripel (Tripel)

Nella storia mondiale della birra i monaci hanno rappresentato un elemento fondamentale, spesso con una forza innovatrice senza precedenti. Tra gli stili ad essi associati non si può non citare quello delle Tripel, il cui nome fu utilizzato commercialmente per la prima volta nel 1956 dal monastero trappista di Westmalle. Grazie al suo eccezionale livello qualitativo, la Westmalle Tripel non solo è diventata la birra rappresentativa dell’abbazia, ma ha anche spinto numerosi birrifici – non necessariamente “religiosi” – a cimentarsi con ricette simili. A distanza di decenni, la Westmalle Tripel rimane un prodotto straordinario, splendido capostipite di uno stile spesso trascurato.

Hoegaarden (Blanche)

Quando lo stile delle Blanche scomparve a causa della chiusura di tutti i tradizionali produttori belgi, in pochi forse avrebbero scommesso che in un tempo relativamente breve sarebbe ricomparso e si sarebbe diffuso su scala mondiale. Come raccontato in passato, il merito della rinascita è da ascrivere a Pierre Celis, venuto a mancare giusto qualche mese fa. La sua Hoegaarden diede nuova linfa a uno stile prettamente estivo, ottenendo un successo pressoché insperato. Le multinazionali hanno subito fiutato l’affare e acquistato il marchio di Celis: oggi la Hoegaarden è una Blanche davvero poco interessante e probabilmente anche poco rappresentativa dello stile – a causa ovviamente delle modifiche imposte alla ricetta per incontrare una sempre maggiore fetta di consumatori. Se volete assaggiare una Blanche, meglio puntare a qualche altro prodotto…

Anchor Steam Beer (California Common)

Le Steam Beer condividono con le Blanche una storia molto simile, con la differenza che rappresentano uno dei pochi stili “indigeni” degli Stati Uniti. Anche in questo caso in passato vi ho raccontato come rinacquero da un destino che ormai sembrava segnato: l’inversione di tendenza fu merito dell’intuizione commerciale del birrificio Anchor, che non solo riesumò l’antica ricetta, ma acquistò anche i diritti di sfruttamento del nome identificativo dello stile. Al punto che oggi, per contraddistinguere tutte le moderne interpretazioni di Steam Beer, si usa la definizione di California Common. Questioni legali a parte, la Anchor Steam Beer rimane una birra eccellente, che può essere considerata giustamente un modello di riferimento.

Paulaner Salvator (Doppelbock)

Come le Tripel, anche le Doppelbock rappresentano uno stile inventato dai monaci, sebbene in questo caso la nazione di appartenenza sia la Germania e non il Belgio. Il birrificio Paulaner del convento Neudeck ob der Au di Monaco fu il primo a produrre una bassa fermentazione ambrato scura, caratterizzata da un contenuto alcolico molto pronunciato. Le Doppelbock ottennero ampi consensi, al punto che ben presto altri birrifici iniziarono a produrre la loro interpretazione, mantenendo l’usanza del suffisso “-ator” nel nome. Oggi Paulaner non è considerato un birrificio di primo livello, soprattutto perché passato sotto il controllo delle multinazionali. Se volete assaggiare una Doppelbock, forse potete trovare esempi ben più appaganti, sebbene quella in oggetto non sia tutto sommato una birra da buttare.

Quali altri esempi di birre capostipiti di stili vi vengono in mente? Un loro assaggio è consigliabile ancora oggi?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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50 Commenti

  1. La Pliny the Elder di Russian River potrebbe essere considerata il capostipite delle DIPA.
    La Blackwatch dovrebbe essere invece la mamma di tutte le Black IPA.

  2. Nel caso della Pils era stata progettata la ricetta di una Lager, ma la variabile introdotta è stata quella dell’utilizzo degli ingredienti Cechi e casualmente è stata scoperta la birra che ha sorpreso il mondo. C’è quindi stata una progettazione a tavolino, ma il risultato è stato diverso da quello preventivato, andando oltre ogni più rosea aspettativa.

    In pratica le differenze tra Pils e Lager stanno nella provenienza degli ingredienti. Tedeschi per le Lager e Cechi per le Pils. Ad onor del vero bisogna anche dire che, mentre la Pils, adotta ancora metodi di lavorazione tradizionali, quali la decozione multipla, nelle Lager il metodo è cambiato negli anni. Complice del mantenimento della tradizione, il regime che ha chiuso la Rep. Ceca, come gli altri Paesi dell’Est Europa, ai mercati esteri.

    Ecco perché insisto nel dire (disco rotto) che le Pils vere sono solo quelle fatte con ingredienti Cechi, perché questa è l’unica differenza tra Pils e Lager, difatti la Pils è ritenuta un sotto-stile delle Lager e non una vera e propria tipologia a sè.

    Poi le Bavarian, le Belgian, le American ed anche le Italian Pils sono magari buone, magari buonissime, ma se non impiegano gli ingredienti Cechi, non hanno ragione di essere chiamate Pils, essendo di fatto Lager. Il motivo per il quale vengono chiamate Pils è puramente commerciale (marketing) ed hanno la caratteristica di essere un po più luppolate delle versioni Lager.

    Questa maggiore luppolatura vorrebbe imitare l’amaro marcato, tipico dei luppoli SAAZ, (miscela di tipi di luppolo, non unico luppolo) che però ha la caratteristica unica di avere una chiusura dolce, che lascia desiderosi di una seconda bevuta. Cosa che con altri luppoli può essere solo una timida imitazione.

    Se andate in Rep. Ceca oltre alla Pilsner Urquell, trovate una miriade di Pils, anche migliori. Consiglio su tutte Holba e Zlatovar che trovate però solo in Moravia (Brno, Olomouc, Opava, Ostrava, Přerov, Prostějov ecc.). Oltre ai microbirrifici naturalmente. Non troverete mai la dicitura Pils, riservata da una stupida legge alla Urquell, ma Světly Lezak (chiara maturata) o Lager.

  3. La famiglia delle Lager è come la famiglia delle Ale, esiste però la Lager come tipologia, così come la Ale. E’ giusto dire che tutte le Pils sono delle Lager, ma non che tutte le Lager sono delle Pils.

    • Parlare di Lager o di Ale in generale, come distintive di un “tipo” di birra con caratteristiche proprie, è errato, per quanto possa essere ammesso entro certi limiti nel “linguaggio comune”, diciamo così. Se si parla nello specifico di uno stile (in questo caso le Pils) è fuorviante contrapporle a un generico Lager, perché non significa niente. Anche una Doppelbock è una Lager.
      Chiuderei qui con l’OT, mi sembrava giusto fare questa precisazione.

      • Hell e Keller sono altri modi per chiamare una Lager, che rimane come denominazione della tipologia. Molte birre la citano in etichetta come tipologia, così come avviene con la Real Ale nel Regno Unito. Quindi secondo te non esiste la Lager o le Ale deve esserci per forza una dicitura ulteriore di riferimento?

        Sia uno che l’altro termine identificano una tipologia capostipite di una famiglia. Pertanto con detti termini s’identifica sia un tipo, sia una famiglia di birre, comprendenti gli stili derivati ed appartenenti alle famiglie stesse.

        Dove il capostipite viene definito semplicemente Lager o Ale. Anche le Weizen sono una famiglia comprendente Weizen, Kristallweizen, WeizenBock, WeizenDunkel, ma Weizen identifica anche semplicemente la birra Tedesca di frumento che esiste come tipologia singola.

        Sarà anche OT, ma se decidi di non pubblicare rimane in calce una cosa non corretta. Che sul tuo blog non si dovrebbe leggere.

        • Sarai pure il massimo conoscitore di Pils in Italia, ma sul resto hai grandi lacune e scrivi una marea di informazioni errate. Non sono io a dirtelo, ma decine di libri pubblicati in tutto il mondo.
          Le Helles sono uno stile, le Keller sono un altro stile. Entrambe sono Lager in quanto a bassa fermentazione e tra di loro esistono parecchie differenze. Lager è un modo per indicare una famiglia di prodotti, così come le Real Ale non sono uno stile ma un modo di identificare le tradizionali birre anglosassoni. In Italia sulle etichette c’è scritto “birra artigianale”, ma non significa che sia uno stile.
          Insomma, fai davvero parecchia confusione.
          In più mi sembra che non riesci a placare la tua continua frenesia ad andare fuori argomento, quindi eviterò di approvare ulteriori commenti su una questione assolutamente secondaria e – credo – noiosa.

  4. la Tipopils dei B.I., capostipite dello stile Italian Pilsner. che le German e le Bohemian son mica la stessa cosa

    ok, è un auspicio

    non so se ne parlavo o solo ci pensavo, ma dopo riflessioni credo che in mezzo a tanti ameni tentativi di caratterizzazione nazionali, questo sia uno dei pochi stili che già abbiamo, che ha un senso compiuto, la sua identità (identità all’americana se volete, un po’ come le Robust Porter) e avrebbe senso diffondere. e che avrebbe un grossissimo appeal sul mercato, e soprattutto sono buone e piacciono alla gente. Magut, ViaEmilia e Breva

    lo so che sono OT per il momento, ma se un giorno diventa stile io il capostipite me lo sono bevuto

    • Bella intuizione Stefano, anche se bisognerebbe in qualche modo codificare le caratteristiche di queste Italian Pils

      • a volerlo, si può anche fare. si modifica il BJCP per le altre pils e il gioco è fatto

        il mio commento è un’invito, un’intuizione, per i birrifici italiani. se molti puntassero a quello, credo che il panorama e la diffusione del prodotto cambierebbe radicalmente. il migliore dei grimaldelli

        • cmq se devo identificare dei tratti salinti, direi secchezza, amaro pronunciato spesso superiore alle tedesche e luppolatura a freddo, con uso di luppoli della tradizione. leggera velatura

          • Il problema è che quasi sempre una “specializzazione” regionale di uno stile si identifica anche con materie prime locali, cosa che in questo caso non è possibile. Le tue considerazioni sono condivisibili, ma bastano per codificare un sottostile?

          • Secondo me no. Le osservazioni di andrea sono le stesse che farei io.

          • direi di sì, ci sono stili che non hanno necessariamente una connotazione territoriale, prendi ad esempio la Robust Porter che altro non è che una Porter “bomabata” all’americana, perchè loro tendono a calcare sempre un po’ la mano. se ci pensi è l’esatta genesi di certe Pils all’italiana. trovo anche che l’idea che uno stile “tecnico” debba essere legato al territorio sia piuttosto superata. in Italia ci resterebbe solo da coltivare il luppolo a casa nostra (buono o gramo che sia) o usare le lenticchie di castelluccio… e poi come la mettiamo con American Belgo Ale (o Belgian IPA o come diavolo le chiamano adesso) che sono un ibrido? uno stile in senso “tecnico” è un modo di catalogare un prodotto che ha una sua precisa identità e diffusione a mio modo di vedere. se qualcuno si prendesse la briga di codificare Italian Pils, potrebbe essere uno stile non necessariamente legato ad un luogo, esattamente come Robust Porter che puoi fare ovunque, e fondamentalmente usando i luppoli che vuoi

            intendiamoci: sto parlando di stili alla BJCP, o forse più ancora alla Brewers Association, per entrare nella porta della storia, quella vera, ci vogliono altre cose, prima di tutto i decenni. e tutti sanno che non amo il proliferare di idiozie senza senso. però, da un punto di vista sia organolettico che commerciale, mi farebbe comodo e avrebbe pieno senso sapere se sto bevendo una “Pils all’italiana” piuttosto che alla bavarese o alla ceca. volendo – e non è fondamentale – servire anche nei concorsi. insomma, mi pare che le differenze con altre pils o lager sia evidenti, perchè non metterle nero su bianco?

            poi, potrebbe essere anche Pils all’americana, per chi ha assaggiato Victory o Sly Fox. per questo occorrerebbe darsi una svegliata e prendere l’iniziativa prima che ci pensino altri…

          • Si un po come le Pils Messicane servite col limone.

  5. …La Steam la rispetto ma il suo gusto non mi fa impazzire!

    domanda: E la capostipite dello stile italiano “alle castagne” chi sarebbe?!

    • Busalla?
      o la Strada San Felice di Grado Plato ?

      • Kuaska cita sempre come prima birra alle castagne quella dei Soci dea Bira, brassata da Paolo De Martin e battezzata Malphapana. In realtà la prima assoluta dovrebbe essere la corsa Petra. Dettagli su Fermento Birra http://www.fermentobirra.com/la-birra-italiana/la-birra-alla-castagna-italiana

        • Si infatti la prima birra di castagne in commercio si chiama Pietra, anche se trattasi ormai di birra industriale. Bisognerebbe capire se lo stile racchiude le diverse fazioni (artigianale – industriale) infatti se lo stile le racchiude entrambe Pietra ne è il capostitpite, per le artigianali direi Busalla. Poi anche sulle castagne ci sono 2/3 versioni che vanno catalogate, quelle con la farina (pietra ad es), quelle con le castagne secche macinate grosse e abbrustolite, e quelle al miele di castagno che come ho detto in altre occasioni, secondo il mio modestissimo parere non è da attribuire allo stile di cui parliamo ma al limite nelle birre al miele.

  6. Beh se parliamo di stout, il capostipite è sicuramente la guinness. Poi magari mi sbaglio, ma quando penso al capostipite delle american pale ales penso sempre alla sierra nevada pale ale. mi sbaglio? 😛

  7. Guinness
    Sierra Nevada pale ale
    Saison Dupont (non so se è capostipite, ma sicuramente la più rappresentativa)

    • Sono nel dubbio che nominare birre capostipiti nel loro stile corrisponda a nominare birre iniziatrici di un proprio stile. Spesso può esserlo stato proprio per merito/colpa delle tanto odiate gestioni industriali su larga scala ad aver provocato ciò.
      Mi riferisco anche a Guinness, appunto, oltre che a Pilsner Urquell, ma penso anche alle porter o alle bitter, che in realtà sono frutto della tradizione britannica nei secoli ma che sono rimasti senza mascotte da sbandierare (ed è meglio).

      La Anchor Steam, invece, la considero davvero capostipite in tutti i sensi, in quanto frutto di sperimentazione non sfociata, poi, in un successo intergalattico che ne abbia stravolto la natura iniziale.

      • Beh per la Urquell c’è poco da fare, è stata lei la prima Pils. Allo stesso modo è indubbio che sia stata snaturata nel tempo e oggi non possa essere considerata modello di riferimento dello stile (almeno ad eccezione delle sue versioni non pastorizzate). Essere capostipite non significa essere necessariamente un modello, per questo è bene sapere se quella birra è ancora valida. E’ ciò che ho provato a indicare per ogni esempio fatto.

      • Secondo me andrebbe differenziato tra chi ha inventato realmente uno stile e chi ne rappresenta l’icona o l’inizio della diffusione di massa.

        Che poi è pur vero che IRS o IPA sono stili che esistono da secoli, ma sono anche birre che senza una seconda rinascita sarebbero finite nei libri di storia definitivamente.

        • Sì in effetti alcune di quelle che ho citato (Hoegaarden, Anchor) sono capostipiti della rinascita dei rispettivi stili, o comunque capostipiti dell’interpretazione moderna del loro stile di riferimento.

          • Sì Andrea, comprendo benissimo il tuo intento, e lo condivido.

            Credo possa anche essere d’aiuto distinguere, come diceva Indastria, chi ha fatto partire uno stile e chi lo ha diffuso.
            Non per altro, ma solo perchè magari un consumatore qualsiasi crede che la Pilsner Urquell (quella in bottiglia che arriva in Italia, non quella favolosa servita a U Zlateho Tygra di Praga, per esempio) sia “la” Pils oggi, quando in realtà “era la” Pils…non so se ho reso…

          • Assolutamente sì, siamo d’accordo

    • Dierei che la Saison Dupont è stata e rimane il capostipite di tutte le Saison, le cui note speziate sono date esclusivamente dal ceppo di lievito utilizzato anche se le “vere” Saison si sono perse nella notte dei tempi…avevano note lattiche,brettate (dovute alle condizioni climatiche particolari ed anche ai non perfetti metodi di raffreddamento del mosto) ed una gradazione intorno ai 3 – 4 gradi, come si può leggere da alcuni testi di Yvan De Baets; proprio il birraio della Brasserie de la Senne ha cercato di riprodurre lo stile originario facendo un blend di Lambic giovane di Cantillon e Zinne Bier, vedi Crianza, ed in futuro dovrebbe uscire con una sua Saison “old style”. Altro esempio potrebbe essere l’ottima Cuvee De Ranke.
      Per tornare ad altri esempi classici consiglio: la Saison Voisin della Brasserie de Geants, la Saison de Ranke e per finire in Italia la Saison di Extraomnes e la Sibilla del Toccalmatto

      • Correzione.

        La “Saison” de la Senne, gradazione 4,3%, è gia uscita come cotta prova qualche anno fa ed è una taglio di lambic Cantillon “vecchi” e birra ad alta fermentazione, con maturazione di 9 mesi in botte di rovere

        La “Crianza”, gradazione 7%, è una taglio di lambic “giovani” di altri produttori e birra ad alta fermentazione, con maturazione di 9 mesi in botte di rovere

  8. La prima Imperial (Russian) Stout? Forse Samuel Smith’s?
    Se è vero che si tratta “solo” di una modificazione effettuata ad uno stile già esistente, è anche vero che il prefisso “Imperial” ha creato di per se una sorta di stile, dato che ora viene appiccicato anche alle Saison..

  9. Buona sera a tutti!
    Vorrei ringraziare Andrea dell’ottimo servizio di divulgazione.
    Questo mio intervento è riferito al fatto che, tempo fà, si è scritto di un locale gestito da persone competenti.
    Rimango nel vago, perchè sinceramente non sò se si possono fare i nomi delle persone, del locale e della città relativa, visto che, purtroppo, ne devo parlare male.
    Premetto che non sono assolutamente un tipo a cui piace fare polemiche o criticare male e spesso!
    Trattasi di un locale, diciamo carino, con delle birre artigianali premiate e di cui se ne parla spesso benissimo.
    Quello che abbiamo notato è che lì qualunque birra (alla spina) è rovinata.
    Sarà la mancata pulizia dell’impianto, i fusti tenuti al caldo, le troppe birre alla spina, non so’.
    Ebbene, uno dei produttori di birra (conosciutissimo) ha parlato dei gestori di quel locale come persone competenti e altre belle parole.
    Ci ho pensato molto prima di scrivere.
    Non sono certo un’intenditore, come tanti di voi.
    Ma conosco quei gestori…
    Sono esattamente il contrario di come affermato.
    altro che competenti…
    e’ corretto che un mastro birraio, di una grande importanza, dice delle falsità (evidenti e ben provabili, vi assicuro!) solo perchè vende a loro le sue birre?
    Sono rimasto molto deluso dal suo intervento

    • Ciao avantidai,
      sorvolando sul fatto che sei OT, nei casi di interventi come il tuo esigo sempre di rendersi riconoscibili, perché ogni tipo d critica vale meno che zero se proveniente da un nick anonimo piuttosto che da una persona che ci mette la faccia. Per chiarimenti puoi contattarmi in privato.

    • Giovanni vittiglio

      La tua ignoranza é inferiore solo alla tua falsa modestia. Io sono il gestore del suddetto locale e ne sono fiero. L impianto viene pulito con regolarità da una persona competente. Per quanto mi riguarda vengo da anni di homebrewing e sono un appassionato non un neofita come te malizioso e anonimo. Per deontologia professionale non ho mai servito birre rovinate perchè amo la birra e quanto può dimostrarlo solo il mio fegato. Quando vorrai confrontarti da uomo e non da fantasma sarò pronto a mostrarti le mie competenze. Probablmente sei solo il gestore di un anacronistico pub anni 80 in preda a qualche distributore/avvoltoio che gira intorno alla tua carcassa che rosica un po. P.S. prima di sparlare di un birraio pulisciti la bocca. Giovanni Vittiglio

      • Mi sembrava giusto lasciare spazio a Giovanni, nonostante i toni. Probabilmente l’errore è stato mio ad approvare il primo commento anonimo, in tal caso mi scuso con gli interessati e con tutti i lettori.

  10. danilo golden pot

    Andrea….perchè non fai la storia della ceres?ah ah ah….

  11. danilo golden pot

    bè si ah a ah….e invece per le hell…o lager che non siano pils chi ci metteresti come capostipide?

  12. Io invece voglio sapere chi e’ il capostipite del suffisso -ale!!

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