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Devozione birraria: quando un birrificio sposa un determinato ingrediente

Con oltre mille marchi presenti sul mercato, il settore della birra artigianale italiana impone ai birrifici di trovare una propria identità, per distinguersi dai competitor e stagliarsi sulla concorrenza. Alcuni ci riescono con la grafica e il packaging, altri coltivando uno stretto rapporto con la comunità di riferimento, altri ancora rivolgendosi a super nicchie di consumatori (appassionati di birre acide, beer geek, ecc.). Una soluzione alternativa, prettamente italiana, è cavalcare il legame col proprio territorio, favorito dalla biodiversità del nostro paese: quasi ogni produttore italiano vanta almeno una birra realizzata con un ingrediente speciale, proveniente dalla zona di attività. In alcuni casi, tuttavia, questo aspetto è talmente enfatizzato da determinare la totale devozione di un birrificio per una materia prima specifica. In certe situazioni la gamma presenta diversi prodotti caratterizzati dal medesimo ingrediente (o dalle sue variazioni), che rende tali fattispecie estremamente peculiari. Vediamone alcune…

La Petrognola – Farro

Probabilmente il primo caso di birrificio “monografico” è rappresentato da La Petrognola, azienda fondata da Roberto Giannarelli nel 2005 a Colognola, in provincia di Lucca. Roberto ebbe l’idea di utilizzare farro in aggiunta al malto d’orzo sin dai tempi dell’homebrewing, mantenendo questa vocazione una volta diventato birraio a tutti gli effetti. La varietà di cereale impiegato è ovviamente quello IGP della Garfagnana, coltivato con tecniche tradizionali e senza l’ausilio di concimi chimici, fitofarmaci e diserbanti.

Chiaramente il farro non è protagonista in tutte le birre de La Petrognola, tuttavia entra in gioco in ben otto ricette diverse: Metra (IPA da 6,2%), Cinghiale Nero (che potremmo definire una Baltic Porter), Monte Fiore (ispirata alle Blanche belghe), Sandy (un’ambrata con spezie, avena maltata e farro crudo), Sasso Rosso (una “rossa” da 5,5%), Tambura (APA da 7%), Weizen di Farro e 100% Farro (che non prevede malto d’orzo).

Birrificio Oltrepò – Miele

Le birre al miele sono un po’ come quelle alla zucca o alle castagne: c’è chi le ama e chi non può neanche sentirne parlare. È dunque una scelta coraggiosa quella del Birrificio Oltrepò, situato chiaramente nell’Oltrepò Pavese, che ha deciso di dedicare gran parte della sua produzione a questo ingrediente. Un ingrediente che, a differenza di quanto si pensi, è tutt’altro che monocorde: esistono decine di varietà differenti, con caratteristiche organolettiche ben definite. Perciò le possibilità di applicazione all’arte brassicola sono sconfinate, con risultati talvolta sorprendenti.

Sono diverse le birre al miele del Birrificio Oltrepò. La Castana (6,5%) impiega miele di castagno ed è presente con tre variazioni sul tema: la Castana Hiver è la sua interpretazione invernale (20% in più di miele e aromatizzazione con anice stellato), la Castana Barrique (7,4%) prevede un affinamento di un anno in botti di rovere francese, la Hiver Barrique, infine, è un incrocio delle precedenti due (Castana Hiver in legno). Nella gamma troviamo poi Taraxa (Saison al miele di tarassaco), Astuta (Stout al miele di melata), Lapa numerouno (APA con miele di erba medica) e Lapa numerodue (APA con miele di tiglio).

Amiata – Castagne

Negli anni il Birrificio Amiata ha sviluppato una gamma così ampia che oggi è difficile considerarlo un produttore “monografico”, eppure la sua devozione nei confronti delle castagne è un aspetto che ha da sempre identificato l’azienda toscana. Il motivo è da ricercare nella qualità locale del frutto, quello del Monte Amiata, varietà IGP che nei secoli ha alimentato una fiorente attività di castanicoltura. Il birrificio aprì i battenti nel 2006, nel momento d’oro per le birre delle castagne in Italia: oggi che questa tipologia è passata ampiamente di moda, i fratelli Cerullo hanno mantenuto la loro fedeltà al frutto.

La capostipite delle birre alle castagne di Amiata è la Bastarda Rossa (7%) realizzata con un 20% di castagne locali. Negli anni sono nate molte sorelle minori: Bastarda Doppia (doppia quantità di castagne e più amara), Tripla Bastarda (Tripel con un 15% di caldarroste), Vecchia Bastarda (Bastarda Doppia affinata 9 mesi in botte), Vecchia Bastarda Vintage (come la predente, ma con 15 mesi di affinamento e rifermentata con batteri acetici), Bastarda Nera (Imperial Stout con castagne e rifermentata con miele di castagno), Bastarda Nera Barrique (come la precedente con affinamento in legno) e Suor Bastarda (Bastarda Rossa affinata in botte). All’elenco occorre poi aggiungere Intrigante (sorta di Blanche con farina di castagne e cardamomo), Marronbona (per la linea Birra del Buttero) e Tramonti (con castagna della costiera amalfitana).

Barley – Mosto d’uva

Foto: Fermento Birra

La gamma base del birrificio sardo Barley è piuttosto normale, tuttavia è unanimemente riconosciuto apripista della tipologia Italian Grape Ale grazie alla sua BB10, realizzata con sapa (mosto cotto) di Cannonau. Negli anni Nicola Perra ha confermato la sua nomea di padre della tipologia creando altre birre con mosto d’uva e sviluppando un’invidiabile esperienza nel campo. È impossibile dunque non inserire anche l’azienda di Maracalagonis (CA) in questa rassegna, sia per la particolarità dell’ingrediente utilizzato, sia per l’influenza che la sua attività ha avuto nella scena brassicola italiana e internazionale.

Oltre alla già citata ammiraglia della casa, le birre di Barley create con uva sono svariate: BB Evò (con sapa di uve Nasco), BB9 (con sapa di uve Malvasia), BB Boom (con sapa di uve Vermentino), BB7 (con mosto fresco di uve Moscato), BB6 (con mosto concentrato a freddo di uve Malvasia di Cagliari), BB5 (Saison con mosto cotto e mosto concentrato a freddo di uve Nuragus), BB Anniversario (Scotch Strong Ale alla sapa di Nasco) e Baccusardus Beer (anch’essa con sapa di Nasco, realizzata per l’enoteca Baccusardus di Villasimius). Da notare che in tutti i casi le uve scelte da Nicola Perra sono di provenienza locale.

Avete altri birrifici da inserire in questa rassegna? Cosa ne pensate di certe scelte di mercato?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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8 Commenti

  1. Grazie Andrea dell’articolo.
    Per completezza d’informazione, segnalerei che la gamma si è ampliata ulteriormente, negli ultimi 2 anni con la BB6 (con mosto concentrato a freddo di uve Malvasia di Cagliari) e la BB5 (saison con mosto cotto e mosto concentrato a freddo di uve Nuragus).

    • Grazie Nicola, in effetti avevo il ricordo lontano di altre produzioni. Integro il pezzo.

      • Ed ho omesso la BB Anniversario (scotch strong ale alla sapa di Nasco), poiché la faccio solo una volta all’anno (non più di 1000 bottiglie) Grazie a te!

  2. Almond 22 per i vari tipi di pepe che usa Jiurij e le spezie.

  3. Segnalo San Gabriel (TV) che utilizza il radicchio di Treviso e Valscura (PN) che usa il Figo Moro di Caneva

    • Grazie. Ok per San Gabriel, ma Valscura in quante birre usa il Figo Moro? Ho trovato solo la Fich

      • Che io sappia, di “listino” fa solo la Fich, anche se ricordo che qualche tempo fa aveva proposto delle varianti alla spina lì nel birrificio, col Figo Moro e le castagne locali.

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