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Birre di Natale: caratteristiche, origini, luoghi e future evoluzioni

Con le festività all’orizzonte siamo entrati in quel periodo dell’anno dove si sente più spesso parlare di “birre di Natale”. Come accade per molti aspetti della cultura birraria internazionale, l’origine di queste specialità si perde nella notte dei tempi, tanto che non è difficile immaginare che si siano sviluppate nella civiltà umana insieme al concetto stesso di birra. Con la rivoluzione brassicola avviata dai microbirrifici di tutto il mondo, l’interesse per tali produzioni è tornata d’attualità e oggi, soprattutto in certi contesti birrari, è difficile trovare marchi che in gamma non hanno almeno una birra di Natale. In passato abbiamo cercato di capire come le diverse nazioni brassicole interpretano questa tipologia, oggi invece approfondiamo alcuni criteri che spesso sono ignorati o considerati secondari.

Le birre di Natale non costituiscono uno stile… o forse sì?

Parlando di Kerstbier – per usare il termine belga per eccellenza che le identifica – abbiamo sempre affermato che non rappresentano un preciso stile birrario. Costituiscono piuttosto un’ampia tipologia di birre dove le regole sono poche, non sempre obbligatorie e decisamente vaghe. Tuttavia le Style Guidelines del BJCP, il documento utilizzato come riferimento per gli stili mondiali (qui in pdf), cita espressamente le festività natalizie quando affronta le Winter Seasonal Beer, cioè le birre invernali, che a loro volta non possono essere considerate uno stile. I dettagli confermano quanto dicevamo poco fa:

Le birre invernali sono birre che suggeriscono la stagione fredda e le vacanze natalizie e possono includere spezie tipiche del periodo, zuccheri speciali e altri ingredienti che ricordano le aromatizzazioni delle bevande invernali o dei dolci di Natale.

Da notare che nella precedente revisione del documento (2008) il termine “Christmas” entrava come alternativo a “Winter” nella definizione della categoria. La sua assenza nell’ultima edizione delle Guidelines ribadisce come le birre per le festività non possano essere considerato uno stile a parte, ma al massimo una famiglia di produzioni ai fini dei concorsi di degustazione.

Le Christmas Ale

L’immenso Oxford Companion to Beer, una vera e propria enciclopedia di cultura birraria, dedica all’argomento la voce Christmas Ale, mentre evita qualsiasi riferimento alle Kerstbier. La scelta, che può sembrare poco comprensibile, è forse ispirata dal desiderio di parlare in generale di birre di Natale, senza limitarsi all’interpretazione tipica del mondo belga – che tuttavia è il più accreditato in materia. La definizione degli autori è la seguente:

Christmas Ale è un’espressione ampiamente inclusiva derivante dalle specialità brassicole prodotte per le celebrazioni di Natale e Capodanno, spesso con un contenuto alcolico elevato (5,5% – 14%) e caratterizzate dall’impiego di malti scuri, spezie, erbe e frutta.

Come vedete anche in questo caso i paletti sono straordinariamente labili, al punto che la definizione sembra cadere in contraddizione quando parla di tenore alcolico – lo considera “elevato”, ma poi il range parte da estremi decisamente nella norma.

Le antenate delle Christmas Ale

Più interessante è la parte che l’Oxford Companion of Beer dedica alle bevande antenate delle moderne birre di Natale. L’esempio più lampante ci arriva dal Medioevo grazie ad alcuni produzioni battezzate lambswool (letteralmente “lana di agnello”) per la loro tipica schiuma, che venivano preparate con mele arrostite, noce moscata, zenzero e miele. Questa tradizione sarebbe strettamente legata a quella delle wassail, specie di vin brulé (ma la base poteva essere anche birra o sidro) consumate durante i raduni o le celebrazioni per la stagione natalizia.

La tradizione del Belgio

Come saprete, il Belgio è sicuramente la superpotenza brassicola maggiormente legata alla tradizione delle birre di Natale. I motivi possono essere diversi – gli inverni rigidi, la familiarità con le produzioni particolarmente alcoliche – ma probabilmente la ragione di questo successo, capace di sopravvivere ai pesanti cambiamenti del mercato internazionale, è da ricercarsi nella predisposizione dei birrai belgi nell’impiegare spezie nelle proprie ricette.

Non è un caso che le Kerstbier più famose in assoluto provengano proprio dal Belgio – il termine detto, come accennato, è fiammingo. Il punto di riferimento per tutti gli appassionati è la mitologica Stille Nacht di De Dolle, per la quale ogni anno si genera un’attesa non indifferente. Ma sono tante altre le produzioni che è piacevole ritrovare ogni anno in questo periodo: cito Pere Noel di De Ranke, Avec Les Bons Voeux di Dupont, Canaster di Glazen Toren, Cuvèe Mailleurs Voeux di Rulles e altre ancora.

Le altre nazioni

L’austera Germania non regala molte produzioni dedicate alle festività, anche perché l’Editto della Purezza esclude le spezie e dunque ai birrai non rimane altro che puntare sul contenuto alcolico. Decisamente un po’ poco per decretare una tendenza, anche perché a copertura di certe fattispecie esiste già lo stile Bock (e relative derivazioni). Nel Regno Unito invece c’è una maggiore tradizione, che tuttavia non arriva ai livelli del Belgio: non è un caso che il termine usato per le birre del periodo, Winter Warmer, ignori qualsiasi riferimento al Natale. Più diffuse sono le Christmas Beer negli Stati Uniti, realtà più propensa alla sperimentazione e, soprattutto, più attenta a non lasciarsi sfuggire ogni occasione commerciale. Indovinate quale fu uno dei primi birrifici a inaugurare il trend… Infine l’Italia sembra aver trovato un sua strada con le maturazioni in legno, sempre più diffuse per birre di questo tipo.

Un’usanza in declino?

Se la moda a creare birre per le festività è in aumento, perché parlare di un’usanza in declino? Sembrerebbe un paradosso, a meno finché non si analizzano le caratteristiche delle nuove birre che ogni anno si aggiungono alla famiglia delle Kerstbier. L’impiego di spezie sta diventando sempre meno una costante, o quantomeno si ricorre a ingredienti aggiuntivi che poco o niente hanno a che fare con i sapori del Natale. D’accordo che le spezie del periodo sono sempre le stesse, ma questo desiderio di distinguersi a tutti i costi sta stravolgendo il concetto stesso di birra natalizia.

Persino l’altro criterio, quello dell’alto contenuto alcolico, non è più così scontato. Considerazioni puramente commerciali e ancora la voglia di distinguersi dalla concorrenza sta spingendo alcuni birrifici a lanciare per le festività birre “normali”, o comunque appartenenti a stili che non hanno nulla a che fare col periodo in questione. Non è un caso che nei festival a tema non solo sono recentemente entrate produzioni “off topic”, ma addirittura le classiche Kerstbier rappresentano spesso una percentuale minoritaria. È un controsenso? Sta a voi deciderlo.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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3 Commenti

  1. Tra le Kerst fiamminghe da ricordare (tra le tante) anche la Tsjeeses di Struise, sebbene meno tradizionale delle “classiche monumento” citate, che a mio parere rappresenta un grande esempio di questa tipologia di birre.
    Sulla Germania, in effetti alcuni birrifici (mi viene in mente Zehendner in Franconia ma leggevo qualche giorno fa anche qualche produttore di Alt) chiamano “Weihnachstbier” quelle che di fatto sono bock o comunque declinazioni più alcoliche delle produzioni base: terminologia, senz’altro, per tipologie di birre molto diverse da Paese a Paese.
    Tra le nostrane, la Brighella per me ha la stessa attesa della Stille.

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