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Martin Lutero e la Riforma che 500 anni fa cambiò per sempre… la birra

Ripercorrendo la straordinaria storia della nostra bevanda, si incontra un periodo molto interessante che cade intorno al XVI secolo e che fu caratterizzato da alcuni avvenimenti fondamentali. Il più importante fu sicuramente la promulgazione del Reinheitsgebot, risalente al 1516: il famoso Editto della Purezza cambiò per sempre il modo di fare birra in Baviera e successivamente nel resto della Germania, finendo per influenzare le abitudini brassicole di un’ampia parte d’Europa. Nello stesso periodo però accadde qualcos’altro, che ebbe profonde ripercussioni sulla vita e l’evoluzione dell’intero continente e che, secondo la tradizione, cominciò proprio l’anno successivo. Stiamo parlando della Riforma protestante, la cui scintilla si fa coincidere con l’affissione delle 95 Tesi di Martin Lutero sul portone della Chiesa di Ognissanti a Wittenburg, esattamente 500 anni fa (e qualche giorno). Ma cosa c’entra la birra con tutto questo? Ebbene è possibile che la figura di Martin Lutero e la sua opera teologica abbiano avuto profonde ripercussioni sul modo di intendere la bevanda nei secoli a venire.

Come racconta Nina Martytis su The Salt, già nel periodo precedente alla Riforma protestante la Chiesa Cattolica era in grado di esercitare un ferreo controllo sulla produzione brassicola, possedendo il monopolio sulla vendita e la tassazione del gruit. Per chi non lo sapesse, il gruit era un mix di erbe e spezie (artemisia, achillea, edera terrestre, marrubio, erica, ecc.) che anticamente si usava per aromatizzare la birra, al pari del luppolo impiegato al giorno d’oggi. In realtà il ricorso al luppolo era già diffuso da tempo immemore, solo che (tranne rare eccezioni) non era previsto nella composizione del gruit regolamentato dalla Chiesa Cattolica. Il suo uso infatti era esente da tassazione: un aspetto che, oltre alla sua capacità di preservare il prodotto finale, lo rese piuttosto appetibile ai birrifici europei. Ma nella pratica le leggi vigenti ne impedivano l’utilizzo.

Ciononostante l’impiego del luppolo aveva cominciato a diffondersi in alcune zone del continente sul finire dell’XI secolo. Vi ricordate gli studi di Santa Ildegarda sulla preziosa pianta? Risalgono proprio a quel periodo e le prime regioni europee ad adottare costantemente il luppolo nella produzione brassicola furono quelle meno soggette al controllo del Sacro Romano Impero. La successiva adozione del luppolo nelle altre nazioni d’Europa può essere letta come un atto rivoluzionario nei confronti della Chiesa Cattolica, che all’epoca della Riforma protestante aveva già raggiunto un’espansione considerevole. In effetti lo stesso Editto della Purezza citava espressamente il luppolo tra i tre soli ingredienti ammessi nella produzione brassicola.

Così come la già citata Ildegarda non fu la sola responsabile per l’uso del luppolo nella birra, favorendone piuttosto l’adozione grazie alle sue ricerche, allo stesso modo il lavoro di Martin Lutero non fece altro che velocizzare un fenomeno già in atto, soprattutto in alcune zone del Vecchio Continente. La Chiesa Cattolica non amava il luppolo e così la pianta divenne uno dei tanti simboli per opporsi alle imposizioni ecclesiastiche, per di più in un’attività, quella brassicola, profondamente legata alla vita quotidiana della popolazione europea. Come precisa Will Bostwick, esperto del Wall Street Journal, il Protestantesimo probabilmente non promosse esplicitamente l’uso del luppolo, ma quasi sicuramente lo incoraggiò.

Insomma, nell’impiego del luppolo entrarono in gioco questioni che andavano ben oltre i diretti vantaggi per il prodotto finale. È ancora Bostwick a spiegarne le connessioni con le dinamiche sociali, religiose, economiche e culturali:

Tutte le erbe e le spezie possiedono qualità conservative, ma grazie al luppolo la birra poteva viaggiare piuttosto bene. Così esso diventò un’unità del commercio internazionale, simboleggiando l’ascesa della classe borghese che era incidentalmente connessa con l’etica del lavoro e la visione capitalista favorite dal Protestantesimo.

La perdita del controllo della Chiesa Cattolica sulle abitudini delle popolazione europee e sui destini del continente passò dunque anche per l’ascesa delle birre luppolate.

Infine vale la pena sottolineare il forte legame che esistette tra Martin Lutero e la nostra bevanda. Come molti suoi contemporanei era un consumatore abituale, ne fece riferimento in molti suoi scritti e ricevette due botti di birra di Einbeck come regalo di nozze “istituzionale”. Ma soprattutto ebbe la fortuna di sposare una donna, Katharina von Bora, che aggiunse la birrificazione casalinga tra le sue non poche attività domestiche. A quanto pare le prime creazioni non furono particolarmente apprezzabili, ma col tempo Katharina imparò l’arte brassicola al punto da realizzare birre molto valide.

A 500 anni dalla pubblicazione delle 95 Tesi, uno degli episodi più importanti nella storia dell’Occidente, possiamo quindi inserire Martin Lutero tra quelle figure che hanno contribuito a trasformare la birra nella bevanda che conosciamo tutt’oggi.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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4 Commenti

  1. Ovviamente le due botti inviate da Einbeck a Lutero contenevano dell’ottima bock 🙂

  2. Interessante, sinceramente non sospettavo questa passione per la birra da parte di Lutero. Bell’articolo.

    Un saluto

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