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“Il” Lambic o “la” Lambic? E di altri dubbi linguistici sulla birra

Quante volte siete inorriditi di fronte al nome di una birra scritto male? Quante volte avete incenerito con lo sguardo chi ha pronunciato uno stile birrario sbagliando completamente? Lo devo ammettere, in quei momenti forse sarete sembrati un pochino snob 🙂 però ciò che vi ha spinto a reagire in quel modo è stata una passione smodata per il vostro hobby. E non è sbagliato: è sacrosanto pretendere che le cose vengano chiamate col giusto nome – magari un po’ meno reagire come Sgarbi di fronte a un dipinto non di suo gradimento, ma questo è un altro discorso… Pertanto con il post di oggi vediamo di fare chiarezza su alcuni dubbi che incontra chi si trova a scrivere o a parlare di birre. In molti casi non esistono regole precise, perciò premetto che quasi sempre mi rifarò alle mie considerazioni personali o a quelle di esperti del settore.

“Il” Lambic o “la” Lambic?

Da quando gli appassionati italiani hanno iniziato a bere le birre acide del Belgio, si sono sempre domandati quale articolo usare davanti al nome del prodotto a fermentazione spontanea per eccellenza. Colui che ha fatto conoscere queste birre nel nostro paese – e non solo, salvandole da un probabile estinzione – ci tiene a sottolineare che il termine Lambic vuole solo ed esclusivamente l’articolo maschile. Ovviamente la persona in questione è Lorenzo Dabove aka Kuaska, che ci ricorda sempre che si dice “il” Lambic e non “la” Lambic – che tra l’altro è un’espressione assai peggiore da un punto di vista eufonico. Come per quasi tutti gli altri stili birrari, il femminile si usa invece con le derivazioni del Lambic: “la” Gueuze, “la” Kriek, “la” Framboise. Unica eccezione: “il” Faro, prodotto aggiungendo zucchero candito al Lambic.

“Gueuze” o “Geuze”?

I due termini indicano la stessa cosa, e cioè un assemblaggio di (solitamente tre) diversi Lambic a diversi gradi di invecchiamento. Alcuni produttori belgi utilizzano la prima variante del nome, altri preferiscono eliminare la “u” subito dopo la “g”. Se non ricordo male lo stesso Kuaska afferma che il nome autentico è “Gueuze” e quindi possiamo tranquillamente rispettare questa denominazione.

“Schlènkerla” o “Schlenkèrla”?

Il più famoso produttore di Bamberga, conosciuto per le sue birre affumicate, ha un nome quasi impronunciabile in italiano. Ha un’origine onomatopeica, in quanto secondo la leggenda farebbe riferimento a uno dei primi birrai, sofferente di un problema fisico che lo costringeva a zoppicare (in dialetto locale “Schlenkern”). A complicare le cose, c’è il dubbio su dove porre l’accento tonico quando si pronuncia il nome. Molti sbagliano, pensando che l’accento vada sulla seconda “e”. In realtà – se i miei ricordi di fonetica non mi ingannano – si tratta di una parola sdrucciola, con l’accento posto sulla prima “e”. Insomma, peggio di uno scioglilingua 🙂 .

“Carbonazione” o “carbonatazione”?

Per noi birrofighetti, utilizzare termini quali “frizzantezza” e “gasatura” è troppo plebeo 😛 , quindi nel tempo si è affermato un sinonimo più aulico. O meglio, due sinonimi, che indicano la stessa cosa e che vengono utilizzati secondo il gusto personale: c’è chi parla di “carbonazione” e chi di “carbonatazione”. Ritengo che l’origine di queste espressioni derivi dall’inglese “carbonation”, che indica il processo di dissolvimento dell’anidride carbonica in un liquido (birra nel nostro caso). Il problema è che la parola “carbonazione” in italiano non esiste, mentre “carbonatazione” indica un altro fenomeno, come spiega Wikipedia:

La carbonatazione è un processo chimico, naturale o artificiale, per cui una sostanza, in presenza di anidride carbonica, dà luogo alla formazione di carbonati.

Verificato quindi che parlare di “carbonatazione” è errato, non rimane che chiedersi da dove nasca il termine “carbonazione”. Ebbene, si tratterebbe di un neologismo diffusosi nell’ambiente dell’homebrewing italiano e poi ripreso da alcuni autori. Illuminante in questo senso è un vecchio post di Massimo Faraggi su MoBI:

Io negli anni ho quasi sempre detto/scritto carbonazione, con il sospetto di stare forse sbagliando ma senza preoccuparmene troppo. Scrivendo il libro (La tua birra fatta in casa ndr) mi sono preoccupato un po’ di piu’ 😉 . Quindi ho fatto qualche verifica e ho visto che il termine carbonaTAzione esiste ma ha un significato del tutto diverso. A quel punto non trovando altri termini convincenti ho optato per il classico carbonazione, considerandolo un neologismo derivato da carbonation (che in inglese ha il significato corretto, da notare che esiste anche carbonaTAtion con significato uguale a carbonaTAzione).

Nel Catechismo del Birraio (1958) si parla di carbonizzazione ma il termine mi sembrava ancora meno appropriato, ed in ogni caso veniva usato specificatamente per l’inserimento “artificale” di CO2. L’origine del “neologismo” carbonazione potrebbe risalire proprio agli albori dell’homebrewing, non escludo di esserne (cor)responsabile a causa di qualcosa che abbia scritto a suo tempo su IHB, faq o mio sito…

Per tutti questi motivi personalmente mi sembra corretto utilizzare il termine “carbonazione”.

“Tripel” o “Triple”?

Lo spostamento di una consonante può essere fondamentale, come nel caso in questione. Se vogliamo indicare lo stile birrario belga, dobbiamo usare il termine “Tripel”, con la “e” prima della “l”. Diverso è il discorso se facciamo riferimento a nomi di particolari birre: in quel caso possiamo trovare una o l’altra variante secondo le scelte del produttore. Questa arbitrarietà si riscontra anche tra gli stessi trappisti: abbiamo la Westmalle Tripel – non per niente considerata capostipite dello stile – così come la Chimay Triple, che invece preferisce una denominazione più “internazionale”. In ogni caso, evitate di entrare in un pub e chiedere una “traipol”: allora sì che farete una magra figura 😉 .

Eravate al corrente di queste differenze? Vi vengono in mente altre dicotomie linguistiche?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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36 Commenti

  1. Io mi fermavo a Il lambic e Gueuze. Ora imparo tutto il resto 🙂

  2. se volete vi posso citare qualche chicca che mi e’ capitato di sentire mentre lavoravo all’IBF di Bologna quest’estate:

    – “Ce l’hai quella con le bucce di banana?” [weisse]
    – “Ce l’hai una…eh…Staunt…Stolt…?” [stout]
    – “Volevo una Postel…” [porter]
    – “Fammi una Schwass piccola” [weisse]

    in un mese di festival ne ho sentite di tutti i colori, ovviamente me ne ricordo solo poche

  3. My two cents.
    Curioso che in vallone – cioè nella parte del Belgio di lingua francese, fra cui anche parte della regione della Senne se non mi sbaglio – sia molto comune il femminile per Lambic. Quindi consoliamoci un po’ 🙂

    Ci vorrebbe uno storico della lingua per spiegarne il punto di vista grammaticale, se si considera il genere dell’apposizione “la birra lambic” o no (simile discorso per il dibattutissimo e litigiosissimo tema “la barbera – uva” VS “il barbera – vino”, anche se essendo questo caso un uso storico vale, appunto, l’uso). La lingua italiana si può per fortuna modificare, ma ha anche lei le sue regole.

  4. Oddio la “traipol”… non sai quante volte l’ho sentito dire, e le risate che mi sono fatto! 😀 Bisogna dire che è abbastanza triste sentir dire “traipol” 😀

    Ottimo articolo!

  5. Assodato che si dice “IL” lambic, si potrebbe anche considerare “la” (birra) lambic. Ma poi entreremmo nel discorso se il IL lambic è da considerare uno stile birrario o uno stile di vita 😀

  6. ma onomatopeico non significa che il nome e’ ricavato dal suono a cui fa riferimento? Quindi o Schlenkern ricorda il suono dello zoppicare o non ha niente a che vedere con una onometopea…

    • Non ricordo dove lessi che il termine dialettale era onomatopeico… a me non sembra tanto improbabile… senti quel suono? schlenk… schlenk… 🙂

  7. era indifendibile come posizione, ma hai vinto 🙂

  8. Qua impazza il termine “birra cruda” per identificare la birra artigianale in generale senza sapere cosa significhi l’appellativo “cruda”!

    A questi inautorevoli sedicenti risponderei: “Capra, Capra, Capra!”

    ps. anche débito, débole, tégola, fégato sono sdrucciole ma fanno eccezione…come la mettiamo? 😉

  9. Curioso che in un articolo sui dubbi linguistici ci sia un refusone in un titolo di paragrafo: “Geuze”, non “Gezue”…

    Poi non definirei “arbitrario” l’uso di “Tripel” o “Triple”: semplicemente il primo è fiammingo, il secondo vallone…

    • Eh sì, diciamo che ho sbagliato a scrivere il nome sbagliato 🙂

    • Francesco Donato

      Concordo, inoltre su Triple/Tripel riporto un prezioso e memorabile post di Schigi sul forum del MoBI:
      “Eh…ma tra quella vocale che si sposta in Belgio può scorrere il sangue…
      E soprattutto cambia completamente la filosofia dell’interpretazione dello stile, i Valloni speziano spesso, i Fiamminghi, almeno a parole,mai!
      Le Triple sono più dolci, le Tripel assolutamente più secche ed un filo più amare”.

  10. vi segnalo questo articolo di M.J dove chiama il lambic al femminile…
    http://www.mondobirra.org/famiglialambic.htm

  11. @paolo
    è il traduttore che ha (erroneamente) utilizzato il femminile, non MJ..

  12. Mi hai fatto ricordare una scenetta di metà anni ottanta: locale nei dintorni di Firenze con una scelta di bottiglie eccezionale per l’epoca (oggi ha meno scelta ma ha puntato su artigianali italiane) con tanto di carta delle birre (che ancora non si chiamava così).
    Un paio di miei amici ordinano delle birre e vengono corretti dal cameriere poliglotta che ripete la pronuncia corretta …io indico la riga della Chimay e dico “non mi azzardo a leggerla perché non so la lingua” , il cameriere “è francese, scimè” (e avrebbe avuto anche ragione) ma io “ah bene, appunto non sapevo se è francese o fiammingo o essendo fatta dai frati magari è latino) …il cameriere non corresse nessuna delle successive pronunce maccheroniche degli altri amici 🙂

  13. In genere si dice IL LAMBIC ma vi è una curiosa espressione del Payottenland che definisce il Lambic ‘De Moeder van allen Bieren. ossia ‘ la madre di tutte le birre’, poiché è dal Lambic che discendono le Gueuze, le Kriek, le Framboise, i Faro (non a caso vi è una confraternita detta ‘du Père Faro’) e in generale tutte le birre a fermentazione spontanea che, essendo diacronicamente la prima, fa da capostipite alle altre birre a fermentazione alta e bassa. Per quanto riguarda il secondo quesito sulla esatta ortografia di Gue(u)ze la risposta è semplice: Gueuze è francese (vallone), Gueze è fiammingo. Infatti in francese ‘eue’ si pronuncia o palatalizzata, proprio come accade in fiammingo con il dittongo ‘eu’. Pertanto quindo le due diverse ortografie sono entrambe esatte, proprio come Tripel e Triple, che già Giacu ha provveduto a spiegare, sostenendo a ragione che Tripel è fiammingo e Triple è vallone. Per quanto riguarda infine l’esatta accentazione di Schlénkerla o Schlenkèrla possiamo con tranquillità dire che gli italiani tendono ad accentarlo sulla seconda ‘e’ perché di base l’italiano è una lingua con accentazione piana ma il tedesco è una lingua ad accentazione di base protosillabica, per cui l’esatta pronuncia è ‘Schlénkerla’. PROSIT!

  14. E le pronunce dei nomi delle birre? Sarebbe interessante sciogliere alcuni dubbi! 🙂

  15. Il termine lambic (forse dal villaggio di Lembeek) è maschile e non è birra (lambik is geen bier, het is lambik!” http://www.pajottenland.be/Data/Web/Versie2/mysterielambik.php.
    Si scrive lambic in francese (lingua più usata a Bruxelles) e si pronuncia con forte m nasale e con accento sulla i mentre in fiammingo (lingua del Brabante Fiammingo, regione cui appartiene tutto il Pajottenland) si scrive lambik e si pronuncia senza nasale ovviamente e con accento duro e secco sulla i. Esiste una variante locale, lambiek, che si pronuncia come lambik ma con accento duro e secco sulla e.
    Chi ha cone lingua madre l’inglese pronuncia lembic con l’accento sulla a ma sinceramente non capisco perché spesso lo senta pronunciare con l’accento sulla a anche da italiani, specie emiliani e romagnoli ,ma non solo.
    Il termine gueuze (dal francese gueux, cioè pezzente) è di genere femminile e si scrive gueuze a Bruxelles e zone francofone mentre si scrive geuze (MAI gueze!) in fiammingo e si pronuncia aspirando la g iniziale che si elimina e lascia un suono gutturale tipo “hos”. Non mancano anche varianti dialettali locali come il termine arcaico “gees” usato dai miei amici Arjaun http://www.arjaun.be/wat.htm
    Kriek e framboise (framboos o frambozen) sono invece termini femminili , probabilmente per il genere femminile che hanno i frutti che le caratterizzano, la griotte e la framboise in francese.
    Il termine faro è maschile, credo per il vino portoghese faro, lo credo perché mi fu detto, a inizio anni ottanta, dai miei informatori preferiti, i vecchietti sdentati del Pajottenland
    Comunque, in qualsiasi modo lo si pronunci (da Shakespeare, tramite un episodio di Star Trek: “quella che chiamiamo rosa, pur con un altro nome, lo stesso profumo avrebbe”) l’importante è che amiate e predichiate il lambic e i suoi derivati. Ne approfitto, anzi, per ringraziare tutti coloro (tantissimi!) che si battono questa straordinaria bevanda, in quanto l’Italia è stata posta in testa alla classifica dei paesi che supportano il lambic tradizionale, in una graduatoria stilata da Tim Webb. Per curiosità vi dico che gli Stati Uniti sono al secondo posto mentre il Belgio è addirittura settimo!
    Auguro a tutti un Buon Natale e un Felice 2012 e vorrei rassicurare il Turco che risponderò alle domande dell’intervista/chiarimento sui blog (che oltretutto avevo richiesto io) ma finora non ho avuto tempo di fare con la dovuta concentrazione e calma che spero di poter trovare nel periodo natalizio
    Kuaska
    PS: ho scattato un po’ di foto di bicchieri di lambic, gueuze ecc., tratti dalla mia collezione, che metterò appena potrò, sulla nuova pagina facebook sulla quale sto forzatamente traslocando per i quasi 5000 amici raggiunti, con oltre 300 in attesa.

    • Grazie per la splendida lezione sulla pronuncia delle fermentazioni spontanee!
      Buon Natale e Felice 2012 a te, ma ci faremo gli auguri presto a Roma di persona
      Per l’intervista no problem ovviamente, io sono sempre qui 🙂

      • Io voto per un’intervista doppia Kuaska-Belen perché a suo dire quest’ultima sa come riconsocere il lattacido nelle birre. Vedi serata acida allo Sherwood Nibionno…

  16. Alberto Parmigiani

    Beh..anche sentir chiedere una dabel mi è capitato spesso! anzi una volta mi hanno anche corretto, la barista mi ha detto: non si dice dubbel, ma dabel, è inglese!!!
    grasse risate!

    Ciao!

  17. “Gueuze” o “Geuze”, io sapevo che uno dei due è fiammingo

  18. Vi è mai capitato di sentire zuccheri”fermentiscibili”anzichè”fermentabili”?Secondo voi qual’è la più giusta?

    • E’ usato nel titolo di un capitolo del libro “Le accise sugli alcoli e le bevande alcoliche” edito da Tecniche Nuove. – Personalmente ignoro quale sia la dizione più corretta o eventuale differenza di significato 🙂

    • ma volendo parlare di “lemmi birrai”, che ne pensate di “beverina”, “di grossa/facile beva” o, capolavoro IMO, “beverinità”?
      Io li trovo “di grossa” cacofonia. E dire che i termini corretti sono a disposizione nel dizionario, pronti per essere usati.

  19. Come si pronuncia Chimay?

  20. beviresponsabile

    Mi spiace ma delle due l’una:
    – o Lambic non è una birra e allora si mette l’articolo di quel che è
    – o è una birra e allora va benissimo al femminile, perché dire una Lambic significa una birra di tipo Lambic (come per ogni altro caso simile in lingua italiana; boh chessò le arance Tarocco: le cultivar cioè gli alberi sono al maschile, la frutta al femminile : una Tarocco sottinteso arancia)

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