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Alla scoperta della segale, l’ingrediente brassicolo del momento

Parlando lo scorso lunedì delle nuove birre italiane, abbiamo citato la Rye’ccomi di Amiata realizzata in collaborazione con Mike Murphy. Il nome è un gioco di parole tra il (temporaneo) ritorno in Italia del birraio di Philadephia e lo speciale ingrediente utilizzato per questa creazione: la segale. Curiosamente il cereale in questione è diventato molto di moda negli ultimi mesi, tanto che di recente tantissimi birrifici, italiani e stranieri, hanno annunciato una o più produzioni con l’impiego di segale. Nonostante sia un trend del momento, il ricorso a questo ingrediente è antico quanto la birra e i birrai di oggi lo utilizzano per ottenere determinati risultati. Per saperne di più sulla sua storia e il suo contributo a livello brassicolo, continuate a leggere…

La segale (Secale cereale) è un cereale assai resistente e ampiamente diffuso nelle zone temperate. Affonda le sue radici nella storia dell’umanità, essendo stato uno dei classici cereali della civiltà umana sin dai suoi albori. Grazie alla sua abbondanza, l’uomo l’ha utilizzata per diversi scopi di sussistenza, in primis come ingrediente per la produzione di pane e come mangime per gli animali. Tra le destinazioni alimentari c’è ovviamente anche la birra, al pari di altri cereali di grande diffusione. Essendo infatti una bevanda ottenuta dalla fermentazione dei cereali, la birra è storicamente prodotta con ingredienti diversi in base alla regione di appartenenza: pensiamo ad esempio all’Africa, dove popolazioni locali utilizzano il miglio con questa finalità.

In particolare la segale fu così diffusa nell’arte brassicola europea che in Germania si sviluppò un vero e proprio stile birrario. Mi riferisco alle Roggenbier – “roggen” in tedesco significa segale – che erano birre ampiamente diffuse durante il Medio Evo. E’ ipotizzabile insomma che come ingrediente alternativo all’orzo, la segale avesse la stessa importanza del frumento.

Poi il suo utilizzo in Germania crollò d’improvviso, in concomitanza con un evento ben preciso. Come molti avranno capito, la rivoluzione nelle abitudini brassicole arrivò nel 1516 con la promulgazione della Reinheitsgebot (l’editto della purezza), che impedì ai birrai di utilizzare cereali diversi dall’orzo maltato – con l’eccezione di percentuali di frumento, ammesse per salvaguardare le Weizen. Come giustamente fa notare Paul Hightower, l’editto della purezza non puntava ad assicurare l’uso del malto nel processo brassicolo, ma a evitare il ricorso ad altri cereali più adatti alla panificazione.

Si può pensare che da quel momento l’utilizzo della segale scomparve tra i birrai, non solo operanti in territorio tedesco. La sua riscoperta in ambito birrario è storia dei nostri giorni. Secondo il sito Home Brewing Wiki, le Roggenbier rinacquero in Germania nel 1988, grazie all’interesse di alcuni birrai nella riscoperta delle tradizioni brassicole della loro terra. Le Roggenbier vennero riproposte come una sorta di Dunkelweizen (birre di frumento scure), sebbene non si sappia quanto le incarnazioni di oggi siano coerenti con le Roggenbier dell’antichità.

La seconda nazione che si interessò nuovamente all’impiego di segale nella birra furono gli Stati Uniti. La rivoluzione della birra artigianale in America si è da sempre caratterizzata per aver tratto grande ispirazione dall’Europa: i birrai statunitensi in più occasioni hanno addirittura cercato di scavare nelle tradizioni brassicole del Vecchio Continente, riscoprendo usanze e tecniche ormai quasi completamente scomparse. La nascita e la successiva diffusione delle Rye Ale segue proprio questa tendenza, sebbene qui le birre alla segale abbiano assunto un carattere ben diverso dalle Roggenbier tedesche.

Il fatto che le Roggenbier odierne siano simili alle Dunkelweizen non è un caso, in quanto segale e frumento hanno molti punti in comune e solitamente il loro uso in ambito brassicolo comporta problemi simili per i birrai. In particolare, la segale è in grado di amplificare la complessità aromatica di una birra, fornendo gusti speziati e rustici, oltre a una generale freschezza. Solitamente il suo impiego si limita a un 10%-20% sul totale del fermentabile, nonostante gli homebrewer talvolta arrivino anche al 50%.

Come detto, in Germania la segale è utilizzata come “surrogato” del frumento, per realizzare birre assimilabili a Weizen scure. In America invece le Rye Ale sono profondamente diverse e la segale serve per ampliare il ventaglio aromatico di birre riconducibili allo stile delle APA. Se avete assaggiato la Rye’ccomi a cui ho accennato in apertura, sapete di cosa stiamo parlando.

Oltre che negli esempi visti fino a qui, la segale è stata da sempre utilizzata anche per altre bevande alcoliche, come la vodka o il whisky. Per restare nei dintorni del mondo birrario, la segale è l’ingrediente principale del Sahti (bevanda finlandese imparentata con la birra) e del Kvas russo (oltre che dei suoi “derivati”).

C’è qualche birra alla segale che avete apprezzato recentemente? Ma soprattutto, quanto tempo passerà prima che un birrificio italiano lanci la sua Rye Ale chiamandola SegAle? 🙂

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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21 Commenti

  1. Da sempre Opperbacco produce due birre con segale: L’Una Bianca e L’Una Rossa.

  2. io ricordo con molto piacere la Birra per l’Abruzzo di Marcos dal Piccolo Birrificio; non recente, ma una ottima produzione

  3. Leggo sempre più dell’utilizzo di segale anche in stili come porter, imperial stout e barley wine.
    Personalmente ho assaggiato la Beer Here Mørke Pumpernickel Porter, e quel tono rustico e rotondo lo vedo come un bel ritorno ad un genuino passato, inverso ad una tendenza che spesso spinge nella direzione dell’amaro.

    Credo possa essere considerata rye ale anche la Hobo di Bad Attitude, con il 29% di segale.

  4. Anche l’Aldobrandesca di Birra Amiata contiene segale, anche non saprei dire in che percentuale.

  5. Qui al Birrificio Leonessa nella nostra American Rye usiamo un bel 15% di segale non maltata coltivata nella vicina Valcamonica. In futuro è prevista una birra con il 50% di segale, già battezzata Mezza Segale.

  6. La più pubblicizzata è la Ruthless Rye di Sierra Nevada, che però non sono ancora riuscito a trovare qui in Italia, per ora ho assaggiato solo la (molto buona) Hobo di Bad Attitude.

  7. Scusa la domanda da collezionista “malato”… ma i sottobicchieri in foto sono dei Löwenbräu o davvero dei Paulaner (…allora mi manca 🙂 ).

  8. Cronachedibirra=Birripedia!!

    ps. assaggerei volentieri la birra di Amiata&Murphy se potessi trovarla qui al Nord..

  9. Beer Here Moke Porter, Beer Here Hop Fix (aka Ølfabrikken Rug Ipa) , Fano Julebryg….potrebbero già bastare….

  10. Mi ricollego alle APA&Co citando la Caterpillar BeerHere/Brewfist, che anche se devo dire non mi abbia fatto impazzire è un buon esempio di come un leggero tono rustico della segale maltata si addica bene con lo stile.

  11. Mi risulta che anche la Saison di Extraomnes abbia una discreta percentuale di Segale.

  12. Ieri sera parlavo con un paio di amici riguardo a come la segale caratterizzi le birre. Ho riassaggiato la Caterpillar di Beer Here/Brewfist ieri sera, francamente non mi è particolarmente piaciuta, lasciandomi un retrogusto esageratamente “sporco” ed “oleoso”…nella Hobo questo aspetto non esce prepotentemente, pur mantenendo un carattere “rude”.

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