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Grande Italia al Brussels Beer Challenge: 19 medaglie di cui 11 d’oro

Come saprete se seguite i canali social di Cronache di Birra, negli scorsi giorni sono stato ad Anversa per partecipare come giudice al Brussels Beer Challenge. Si tratta di un concorso internazionale giunto alla sua quarta edizione, che in breve tempo è riuscito a ottenere grande attenzione da parte della comunità globale della birra. Per me è stata la seconda partecipazione al contest dopo il debutto dello scorso anno: è stata un’esperienza straordinaria sia dal punto di vista professionale che umano, di cui vi racconterò qualcosa nel post di domani (oltre che dei luoghi che abbiamo visitato ad Anversa). Oggi invece mi concentrerò sui risultati del concorso, che sono stati eccellenti per i nostri birrifici ma che – tanto per cambiare – hanno alimentato qualche polemica. Vediamo perché…

I riconoscimenti complessivi assegnati ad Anversa sono consultabili sul sito del Brussels Beer Challenge, quindi in questa sede mi limito a riassumere quelli ottenuti dai produttori italiani:

Dubbel
Oro: Nucis di Kamun

Black Ipa
Oro: Hopfall di Ebers

Fruit Beer
Oro: Malagrika di B94

Herb & Spice
Oro: Fleur Sofronia di MC77

Smoked Beer
Argento: Arsa di Birranova
Menzione: Smoked Revolution di Birranova

Sweet Stout
Oro: Nocturna di Kamun

German Pils
Menzione: Viaemilia di Ducato

Helles
Oro: Ichnusa cruda di Heineken
Bronzo: Brixia Lager di La Curtense
Menzione: Ichnusa di Heineken

Amber Ale
Oro: Brevis Furor del Birrificio dei Castelli

Best Bitter
Bronzo: Punks do it Bitter di Elav

American Red Ale
Argento: Route77 di Il Mastio
Menzione: American Pale Ale di Ebers

Irish Red Ale
Bronzo: Barbarossa di Svevo

Hybrid
Oro: Sun Barley Bio Blonde di Castel del Monte
Argento: Karibu di Decimoprimo

American Stout
Oro: Calix Niger del Birrificio dei Castelli

Porter
Oro: Magarìa di ‘a Magara
Menzione: Turkunara di P3 Brewing

Russian Imperial Stout
Argento: Mìerula di ‘a Magara
Menzione: Nautilus di Mezzavia

Gose
Argento: Sun Barley Bio Blanche di Castel del Monte

White Ipa
Menzione: Sirena del Birrificio della Granda

Witbier
Oro: Montelago Litha de Il Mastio

La pioggia di medaglie italiane si può riassumere in 11 ori, 5 argenti, 3 bronzi e 7 menzioni, che rappresentano non solo la migliore prestazione tricolore al Brussels Beer Challenge, ma anche uno spaventoso passo avanti rispetto al modesto bottino del 2014 (5 ori, 4 argenti, 3 bronzi e 1 menzione). Ancora una volta in grande spolvero si sono dimostrati i birrifici pugliesi, presenti in massa al concorso, ma anche capaci di iscrivere birre in ottima forma. Tra i migliori segnalo il birrificio Castel del Monte (un oro e un argento), che personalmente non conoscevo prima di ieri. I più premiati sono stati invece Kamun e Birrificio dei Castelli, entrambi con due ori. Ma in generale è tutto il centro sud brassicolo (Sardegna compresa) ad aver ottenuto splendidi piazzamenti, segno che il patrimonio della birra italiana non è più un discorso ad appannaggio soltanto del Settentrione.

Come succede spesso diventa più interessante concentrarsi su una singola nota stonata piuttosto che celebrare le notizie positive. Ecco quindi che l’attenzione di molti si è concentrata quasi esclusivamente sulla categoria delle Helles, dove ha trionfato l’Ichnusa cruda e ha ottenuto una menzione l’Ichnusa “standard”. Come può il marchio del gigante Heineken essere considerato migliore di tanti prodotti artigianali? Di risposte ce ne sono diverse e non necessariamente devono tirare in ballo i complotti internazionali, la competenza dei giudici o la validità del concorso. Anche a me il risultato ha lasciato perplesso, ma le spiegazioni si possono trovare facilmente, sempre che naturalmente si abbia voglia di ascoltarle.

In primis l’Ichnusa era iscritta al concorso perché il Brussels Beer Challenge (come quasi tutti i contest birrari internazionali) permette la partecipazione anche ai marchi industriali. In secondo luogo assaggiare una birra in un concorso significa valutarla con criteri diversi (o comunque aggiuntivi) rispetto a quanto si farebbe a casa o al pub. Non si tratta solo di capire se la birra è buona o meno, ma anche se rispetta determinati criteri. Se ad esempio un microbirrificio produce un’ottima Helles, ma troppo spinta sull’amaro e sul luppolo rispetto alle linee guida generali, sarà sicuramente penalizzata. Ci sono giudici più permissivi e altri meno, ma in generale per valutare se una birra è sensata o meno nella categoria di iscrizione si analizzano con attenzione diversi parametri. Per questo talvolta in categorie del genere un buon prodotto dell’industria può battere l’artigianale: accettarlo non è facile, ma non mi sembra neanche il caso di gridare allo scandalo. Anche perché personalmente ho l’onestà di dire che non ho mai assaggiato l’Ichnusa cruda, quindi non mi sento di esprimere un giudizio al riguardo.

A chi crede che questi concorsi non servano a niente e che i premi vengono assegnati più per caso che per l’effettivo valore dei prodotti, posso rispondere con un esempio che mi ha coinvolto in prima persona. Il primo giorno di assaggi (ricordo che vengono compiuti alla cieca) il mio tavolo se l’è dovuta vedere con la categoria delle Saison. Come immaginerete è una categoria molto ampia e numerosa, dove si rischia di trovare un po’ di tutto. In generale sono rimasto parecchio soddisfatto della qualità media delle 36 Saison iscritte e insieme agli altri 4 “colleghi” non abbiamo avuto dubbi nell’assegnare l’oro. Immaginate la mia soddisfazione quando ho scoperto che tra quasi quaranta Saison avevamo premiato proprio la Saison Dupont Biologique, che ritengo (e non sono sicuramente l’unico) la migliore Saison al mondo. Birra che giusto per la cronaca ha anche conquistato il premio come miglior produzione belga al Brussels Beer Challenge.

In conclusione credo che i concorsi, quando organizzati con puntualità e competenza, siano iniziative molto preziose. La degustazione alla cieca rimane per me lo strumento di valutazione più democratico al mondo e forse per questo difficile da accettare: le sorprese non mancano mai perché si assaggia senza pregiudizi, nel bene e nel male.

Quindi Ichnusa a parte, complimenti vivissimi ai nostri birrifici che hanno permesso all’Italia di piazzarsi subito dopo Belgio e USA per numero di riconoscimenti conquistati. Il passo avanti rispetto all’anno scorso è evidente e di questo non possiamo che rallegrarci.

Che ne pensate di questi risultati?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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14 Commenti

  1. Quindi fatemi capire, la cruda di Ichnusa è a ragion veduta la regina tra le lager che hanno partecipato?
    Io conosco la lager prodotta dai ragazzi del Birrificio Curtense e credo che possa meritare la posizione guadagnata.
    Nutro però numerosi dubbi riguardo la posizione raggiunta dalla Ichnusa. Rimedierò provandola per giudicare di persona, ma è reperibile nella grande distribuzione o si tratta di una produzione limitata?

    • La categoria non era generalmente Lager, ma Helles. Se vuoi trarre una conclusione può essere più o meno questa: la Ichnusa Cruda è la regina tra le Helles che hanno partecipato secondo il giudizio dei giudici che l’hanno valutata. Credo si trovi regolarmente in commercio e non dovrebbe essere una produzione limitata.

  2. Il movimento italiano è indubbiamente in crescita, aia per qualità delle birre ptodotte che per quantità di birrifici, e questi risultati lo confermano!
    P.s.: sono almeno 4 anni che non bevo una Ichnuaa…. mi sono forse preso qualcosa?!?! 😉

  3. Scorrendo l’elenco dei premi vedo medaglie assegnate ad Affligem Blond, Cisk, San Miguel e Asahi Super Dry. E a suggello di tutto l’Ichnusa Cruda (che ho bevuto in Sardegna e mai più lo rifarò: a quel prezzo Paulaner tutta la vita). Non si contesta l’abilità/competenza dei giudici, ma qualcosa che non torna c’è. Personalmente ho 2 soluzioni:
    1) i birrifici che contano davvero non hanno iscritto le birre (e quindi il risultato non ha valore: è come dire che vinco il mondiale facendo partire ultimo il miglior pilota e con un altro pilota che mi fa da tappo rispetto a chi mi potrebbe superare);
    2) i birrifici vincitori hanno portato al concorso delle “super cotte” al posto di ciò che normalmente imbottigliano (e come consumatore mi sentirei davvero preso in giro).

    • Enrico considera che alcune categorie sono da sempre ad appannaggio dell’industria in tutti i concorsi, perché semplicemente non appartengono al patrimonio artigianale. Mi riferisco in particolare alle International Lager, dove l’oro è andato ad Asahi. Gli altri riconoscimenti sono tutte posizioni secondarie (Ichnusa a parte ovviamente) in categorie molto specifiche dove non è escluso che un industriale possa piazzarsi bene. I motivi sono quelli che ho spiegato nell’articolo e che ha confermato Gianriccardo qui nei commenti.

      • D’accordissimo con te: ma forse non sono stato chiaro. Che l’industria possa fare buone birre l’ho scritto 1000 volte anche sul tuo blog e non dico nulla di nuovo. Però il punto è che anche tra i prodotti industriali ci sono Helles che personalmente trovo superiori all’Ichnusa (ho citato Paulaner, ma potrei prendere anche Ayinger con la Jahrhundert) senza necessità di scomodare l’artigianale (in tal caso citerei la helles di Southampton). E siccome dico che gente come te, Kuaska Seidl ecc (non so chi abbia giudicato la categoria, ho messo i primi tre nomi che ho colto nella lista) di birra ne capisce e ha palati allenati se fa vincere la Ichnusa forse è per mancanza di competitors di livello (e a quel punto non basta un premio per trasformare una birra pessima in una birra di qualità). Fermo restando che, se per limiti miei, non capisco che la Ichnusa è meglio delle altre birre che ho citato me ne farò una ragione visto che, alla fine, si tratta di gusti.

        • Ah ok perdonami, non avevo capito. Beh sì le birre iscritte in una determinata categoria sono un fattore fondamentale. Comunque ad aver vinto è la Ichnusa Cruda, anche se non avendola mai assaggiata non so quanto è diversa dalla standard

    • Guarda ti dico che fai benissimo a bere paulaner perché probabilmente è l’unica che puoi apprezzare…se hai assaggiato solo una volta l’ichnusa cruda e ne sei rimasto deluso ho due teorie
      1: non ti piace la birra
      2:avevi già bevuto tanto e non ne hai sentito il sapore

      • Vivaddio ho girato 5 continenti in vari beer hunting e ho avuto la fortuna di apprezzare grandissime birre (parlando di Helles… fatti un giro a Southampton – Long Island, NY non UK – e poi ne parliamo). Quanto alle tue teorie… la prima è sbagliata e la seconda pure. Adoro la birra e per quanto mi riguarda la Ichnusa cruda rientra nel novero di quei prodotti che si spacciano per birre di qualità con le motivazioni più improbabili (duecentomia luppoli, non sono pastorizzato, uso mais fighissimo ecc) mentre in realtà – se va bene – sono bevande del tutto anonime. E – se come dice Randy Mosher “ratebeer non è il vangelo ma qualche indicazione utile si trova” – ci sarà un motivo se esistono queste differenze:

        http://www.ratebeer.com/beer/paulaner-original-munchner-hell-premium-lager/2342/

        http://www.ratebeer.com/beer/ichnusa-cruda/180471/

  4. Gianriccardo (scustumatu)

    Non mi sorprende più di tanto il risultato dell’ichnusa cruda. Una birra iscritta in una categoria abbastanza specifica che penso abbia raccolto anche molte iscrizioni. Come diceva anche Andrea, il risultato va visto all’interno del concorso. Se la giuria è stata tarata per valutare birre in perfetta aderenza di stile non mi sorprende che birre simil-Helles (anche ottime) siano state scartate per un dry hopping di troppo o una punta di amaro di troppo. Di Helles nostrane ne ho assaggiate tante buone ma spessissimo un po’ distatanti dalla tradizione ferrea tedesca.
    Ma soprattutto bisognerebbe vedere chi c’era in quella categoria oltre all’ichnusa! Non poche volte in una categoria mi è capitato un livello medio così basso da eleggere alla fine il migliore dei mediocri. NON so però se questo è il caso ovviamente! Altra cosa che si dice poco, ma che è palese, è che l’industria ha degli impianti stellari che la stragrande maggioanza dei micro si sogna e che possono fare la differenza in senso positivo quando si producono basse fermentazioni. L’imbottigliamento è una fase cruciale per esempio e tanti impianti industriali hanno una marcia in più.

    Chi sospetta il complotto può farlo (ovviamente)… io non ci credo minimamente. Chi lo fa però dovrebbe però pensare alla differenza che passa tra ipotesi e fatti. In ogni modo, delle due l’una: o è un complotto, oppure bisogna ammettere che anche l’industria, se vuole, può produrre delle birre decenti che possano superare dei prodotti artigianali. E allora dovremmo pensare che la birra artigianle non esiste? 😉

  5. Io tra le citate conosco le due di Kamun e le ho trovate entrambe ottime!

  6. Cercherò e proverò volentieri questa Icnusa Helles, ma vincere nella categoria Helles quando alla manifestazione non partecipano birrifici tedeschi è come vincere il mondiale di basket quando non giocano gli USA…

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