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“Me dai ‘na scura?”: il mio resoconto

Come vi avevo segnalato in passato, mercoledì scorso ho condotto al Blind Pig il secondo appuntamento con la serie di degustazioni “I colori della birra”, format ideato da Riccardo Vargetto e finalizzato a scoprire il variegato universo della bevanda di Cerere, sfatando uno dei malcostumi di chi si avvicina a questo mondo. Il titolo della serata pensato da Riccardo, “Me dai ‘na scura” sottolinea proprio l’atteggiamento dei neofiti nei pub, che spesso tendono a scegliere una birra in base al colore, come se questo elemento servisse a guidare il publican. In realtà il colore non offre altro che una minima indicazione sulle caratteristiche di una birra: questo concetto è stato spiegato assaggiando quattro “scure”, visivamente molto simili tra loro ma decisamente diverse a livello organolettico. Protagoniste quattro produzioni italiane, tutte lanciate sul mercato solo di recente.

Abbiamo quindi bevuto nell’ordine: Daliha di Turan, Working Class di Toccalmatto, Castigamatt di Rurale e Deliria di Acelum. Devo ammettere che Riccardo è stato molto bravo nello scegliere le birre: a parte l’ultima, di colore ambrato molto carico, le altre sono tutte cromaticamente simili, con variazioni quasi impercettibili, sebbene siano estremamente diverse a livello olfattivo e gustativo. Inoltre in nessun caso erano rappresentati gli stili scuri classici: niente Stout, né Porter o Imperial Stout. Un modo per spiegare che le birre nere non sono necessariamente impegnative, anzi possono risultare estremamente beverine. Insomma, una serata dalla forte impronta didattica, ma anche divertente, dove la cucina del Blind Pig ha proposto un piatto in abbinamento a ogni birra.

Siamo dunque partiti con l’ultima nata in casa Turan, birrificio laziale che ha festeggiato un anno di vita solo recentemente. Il nome è un acronimo che sta per Dark Ale Late Infusion Hopped Amarillo: è dunque una scura di ispirazione statunitense, che ricorre a una sola qualità di luppolo (l’americano Amarillo), aggiunto verso la fine della bollitura. Si caratterizza per un contenuto alcolico molto contenuto (3,2%) e per l’impiego di un 10% di malti tostati a bassa temperatura in modo tradizionale. Proprio i malti sono protagonisti inizialmente, con profumi netti di cioccolato e cacao, oltre ai quali, in modo più timido, si avvertono le note agrumate dell’Amarillo. Al palato è avvolgente nonostante il tenore alcolico basso e si conclude con un lungo finale amaro, nel quale convivono le tostature del malto e gli aromi del luppolo. Molto gradevole, splendidamente beverina, ottimamente bilanciata: bel colpo! Davvero particolare l’abbinamento proposto: due cioccolatini “salati”, il primo con un ripieno di parmigiano, il secondo di gorgonzola.

Con la Working Class siamo passati a uno stile tipicamente anglosassone, quello delle Mild. Queste birre rappresentarono la tipologia più diffusa in Inghilterra nel XIX secolo ed era la bevanda per eccellenza della classe operaia (da qui il nome). I lavoratori, dopo una giornata di fatiche in fabbrica, desideravano ristorarsi con una birra che fosse facile da bere, ma anche saporita e ristoratrice. Fu così che le Mild si diffusero in tutto il paese, prima del crollo verticale che subirono dall’inizio degli anni ’60, causato dalle trasformazioni socioeconomiche in atto nel Regno Unito e nel resto del mondo. E’ uno stile che ha rischiato l’estinzione, ma che per fortuna è stato recuperato prima in Inghilterra (grazie soprattutto alla campagna di sensibilizzazione del Camra) e poi nel resto del mondo. La Working Class è un’ottima interpretazione dello stile, con un naso caratterizzato da note di caramello, mou e miele, realizzata con l’impiego di luppoli Bramling Cross e Sorachi Ace. Al palato ciò che colpisce è ovviamente il corpo decisamente “watery”, che scorre via veloce prima del finale in cui il luppolo diventa protagonista, ma senza eccessi che sarebbero risultati fuori luogo. Interessante l’abbinamento con un risotto cucinato con la stessa birra e condito con semi di papavero e guanciale croccante. E’ solo la terza Mild italiana – i precedenti appartengono a White Dog e La Gastaldia – ed è stata fortemente voluta da Bruno Carilli, patron di Toccalmatto, come “provocazione” nei confronti delle muscolari Cascadian Dark Ale, appartenenti a un nuovo stile emergente americano.

Stile che abbiamo affrontato con la terza birra, la Castigamatt di Rurale. Presentata come la Daliha durante la passata Settimana della Birra Artigianale, la Castigamatt è una degna rappresentante delle Cascadian Dark Ale, capaci di fondere le peculiarità delle IPA con le caratteristiche dei malti scuri. Queste birre sembrerebbero la “next big thing” del movimento brassicolo internazionale, nate nella regione della Cascadia (una fascia della costa pacifica che abbraccia gli stati del Washington e dell’Oregon e la regione canadese della Columbia Britannica) e ora in propagazione in tutto il mondo. La produzione a firma Rurale sorprende per profumi inaspettati, in cui i malti scuri passano decisamente in secondo piano rispetto a un’evidente nota fruttata, che ricorda gli agrumi ma soprattutto la frutta esotica. Al palato risulta molto beverina nonostante un tenore alcolico non indifferente (7,5%), nel quale tornano le note fruttate, prima di un finale lungo e complesso, amaro ed erbaceo. Abbinata a spiedini di pollo “ubriaco”, marinati con Castigamatt e lime.

Infine abbiamo concluso con la Deliria di Acelum, birrificio piuttosto giovane. La Deliria è una Belgian Strong Ale scura, molto alcolica (9%), definita, con un’espressione a dir poco inflazionata, “birra da meditazione”. Ma non si può negare che sia una definizione azzeccata: dopo tre birre dalla facile beva, la Deliria si pone interpreta una filosofia completamente opposta, invitando a un consumo lento e rilassato, fatto di piccoli sorsi in tutta tranquillità. Si presenta molto complessa, con l’alcool sempre in evidenza, che si fonde con note nette di frutta sotto spirito e frutta secca. In bocca è calda e avvolgente, mentre il taglio finale contribuisce a non renderla pesante nonostante il contenuto alcolico. Gli esteri dei lieviti sono croce e delizia: regalano una speziatura molto gradevole, ma al contempo “sporcano” un po’ il risultato finale. La ricetta merita qualche aggiustamento, nonostante siamo già ora al cospetto di un buon prodotto. E’ stata abbinata a un pudding con frutta secca, noci e spezie.

Conclusa la seconda puntata de “I colori della birra”, con Riccardo già siamo protesi verso la prossima degustazione, che vedrà protagoniste le chiare. Ovviamente ne avrete notizia su Cronache di Birra. Ringrazio tutti i partecipanti e l’ottimo lavoro dello staff del Blind Pig.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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5 Commenti

  1. Ah visto che parliamo di Blind Pig, ne approfitto per segnalarvi (poi spero di riuscire a farlo meglio nei prossimi giorni) la serata di degustazione organizzata da ADB con il birraio di Glazen Toren, ottimo produttore belga. Appuntamento martedì 12 aprile.

  2. La serata è stata interesante e ben organizzata, peccato che verso la fine, gli avventori del locale non del tutto interessati alla degustazione hanno “sporcato” l’atmosfera tranquilla che c’era all’inizio.
    Comunque, ottimo cibo, ottimo locale, ottimo docente 😉 e ottime birre, anche se forse al posto della Deliria avreo optato per qualcosa di più in linea con lo scuro.
    Al prossimo colore! 🙂
    Ciao ciao

  3. Il Blind Pig è un luogo dove poter conciliare una bella scelta di birre e un clima tranquillo che ti permette di parlare con chi ti sta di fronte.

    Complimenti Riccardo e grazie del “succoso” report Andrea

  4. Filippo Garavaglia

    ebbravo andrea, un peccato ch’io sia nella, paradossalmente in questo momento, calda milano.

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