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Claudio Cerullo (Amiata) al GABF: il suo diario di bordo (seconda parte)

Dopo la prima puntata del diario di Claudio Cerullo (birrificio Amiata) al Great American Beer Festival, ecco la seconda e ultima parte della sua visita al più importante evento birrario degli Stati Uniti. Venerdì siamo entrati nell’atmosfera della manifestazione e abbiamo avuto conferma del grande spirito che anima il movimento americano; oggi invece Claudio dedicherà il suo resoconto alle birre più meritevoli tra le tante presenti al GABF, rivelandoci anche qualche dettaglio sul tipo di pubblico presente e sul fermento che anima la città di Denver durante il festival. Buona lettura, ci risentiamo più tardi per i vincitori del concorso collegato all’evento. Ne approfitto per ringraziare pubblicamente Claudio della sua grande disponibilità e puntualità.

Il Great American Beer Festival è un grande evento, capace di far muovere i birrifici e gli appassionati dai luoghi più remoti degli Stati Uniti, convogliandoli in un unica grande città, che per un lungo weekend vive dell’evento stesso. Infatti la manifestazione chiude alle 22 e c’è tutto il tempo per i partecipanti di andare a cena fuori insieme e poi ritrovarsi nei vari pub o locali alla moda, che per l’evento si sono organizzati con feste dedicate ad uno specifico birrificio oppure praticano sconti ed offerte speciali ai visitatori del GABF. Posso confermare, pur non avendo fatto parte integralmente della movida, che la notte, alla vita normale della città si univa una moltitudine di persone allegre e festanti.

Sono queste le persone che animano il GABF! La fascia di età è tra i 21 anni (i minori di questa età non potevano entrare…) e i 60, ma la grande maggioranza di persone (in eguale percentuale tra maschi e femmine) tra i 21 ed i 40, che prendono la birra artigianale per quello che è: un momento di piacere, di gioia e di festa, quel tocco in più che rende ancor più piacevole passare una serata con gli amici. C’erano anche i vari con i blocchetti, che tentavano di prendere appunti, magari raters o giornalisti del settore, ma già il venerdì presso certi birrifici c’erano file di centinaia di persone. Gente che voleva assaggiare, che faceva festa, non ho rilevato anche al termine persone ubriache tipiche di certe feste della birra più anonime. Sicuramente in città a notte inoltrata di ubriachi ce ne saranno stati molti, ma non all’uscita dal GABF, a meno che il servizio di sicurezza, peraltro commisurato alla grandezza dell’evento, non li avesse fatti sparire. Probabilmente perchè la qualità era comunque altissima da parte dei birrifici e medio buona dei brewpub, non c’era gente che faceva i raggi X alla birra, ma semplicemente assaggiava incuriosita e conforntava con la precedente o la successiva o con la birra presa dall’amico.

Una festa che a volte rasenta l’allegra carnevalata o il party in maschera, visto che gira gente vestita da pirata, da marinaio, da strega, in pigiama, con i cappelli o le collane più strane. Ed anche questo rende divertente osservare la kermesse.

Dal punto di vista organizzativo, ogni birrificio, in funzione del numero di ettolitri prodotti e di qualche parametro, paga per uno spazio nel padiglione una cifra (girava voce che i più importanti pagassero intorno ai 10.000 dollari), più l’iscrizione delle birre al concorso. In più deve fornire della birra per abbinamenti cibo-birra o per i laboratori ed anche la birra offerta agli avventori la mette il birrificio. I fusti o le bottiglie sono tenute in più celle refrigerate: man mano che vengono portate allo stand, vengono inserite in grossi secchi di plastica (tipo quelli da immondizia) ricolmi di ghiaccio, in modo che si mantenga stabile la temperatura. Non ci sono banchi di spinatura sofisticati, semplicemente si spina in una brocca e poi si offre ai visitatori che sono davanti al banco. Ogni visitatore paga 60 dollari al giorno o più (si, c’erano anche qui i bagarini!) ed ha diritto alla guida, al bicchiere in plastica nel quale il birrificio deve versare un oncia di birra, non di più, per la degustazione. Può bere una serie illimitata di assaggi. Paradossalmente il giorno in cui si può bere di più, volendo, perchè c’è meno fila, è il giovedì. Gli altri giorni le file limitano abbastanza. Il sabato poi, dopo l’annuncio dei vincitori, immagino che si riuscirà ad assaggiarne, se armati di buona volontà, non più di una decina di quelle vincenti.

Una bella fonte di finanziamento per Brewers Association e per l’American Homebrewers Association. Se si pensa a 60 dollari per 60.000 persone ed ad una media di 4.000 dollari per 2.400 espositori, possiamo avere un’idea delle entrate (anche se una manifestazione di questo genere indubbiamente costa moltissimo).

Il concorso vede 83 categorie di birra, di cui 79 effettivamente coperte, esaminate da un pannel di circa 170 giudici provenienti per la maggiore dagli US e Canada, ma con un 10 – 15% di Europei (per l’Italia Kuaska). I giudici vengono tarati il primo giorno e poi vengono suddivisi per i vari stili. Si pensi che c’erano in concorso 109 APA, 84 strong APA, 142 IPA e 97 Imperial IPA! Di che inattivare le papille dei giudici per qualche settimana (viste le IBU, le unità di amaro che girano da queste parti).

Assaggiare anche una sola birra per ogni birrificio, sarebbe stato impensabile. Si cerca di programmare a tavolino qualche birra da assaggiare, inevitabilmente si riassaggia qualcosa di conosciuto e poi ci si affida al caso, alla posizione spazio temporale di quel determinato momento, a dove c’è meno o più fila.

Farò qualche citazione sparsa. Quelle che non cito è perchè non le ho assaggiate, non perchè non valesse la pena manzionarle. Sicuramente dimenticherò di citarne qualcuna, mi scuso fin da ora.

Left Hand, di Longmont, ottime la Nitrouna milk stout morbidissima e la Fade to Black volume II, una baltic porter leggermente affumicata di grande fascino

Magnolia di San Francisco, una piacevole scoperta, la Ground IPA veramente “terrigna” da non dimenticare, piacevoli la Sara’s Ruby, una mild e la Branthill ESB.

New Belgium di Fort Collins, la Super Cru su tutte, una birra di 10° con l’aggiunta di pere e lievito Saison. Mi aspettavo poi di più dalla Fat Tyre, una amber ale.

Odell di Fort Collins, ottima la Bourbon Barrel Stout, un’edizione speciale di una Imperial stout invecchiata in botti di Bourbon del Kentucky e la Mountain Standard, una double black IPA

Copper Kettle di Denver. Interessante la Roggenbier, una ambrata alla segale, purtroppo la Mexican Chocolate Stout mi ha costretto a bere diversi bicchieri d’acqua per togliere il sapore.

Stone di Escondido, veramente buona la Stone 15th Anniversary, una Imperial Black IPA e la IPA double dry hopped, un IPA profumatissima di Citra e Centennial

Boulder Beer di Boulder, buona la MoJo India Pale Ale, molto profumata e la Kinda Blue Blackberry Wheat, interessante per il profumo di frutti di bosco

Brooklin Brewery NY, fantastica la Black Ops, profumata, morbida ed avvolgente, molto buona la Sorachi Ace, una golden Ale con il luppolo non proveniente dal Giappone, ma da una fattoria dell’Oregon

Cigar City di Tampa. C’era sempre una fila incredibile, non sono riuscito ad assaggiare nulla

Dogfish Head di Milton, la World Wide Stout, complessa, ricca di corpo, molto piacevole

Eel River di Fortuna, fanno birre biologiche, buona la Organic IPA, anche se avrei gradito un maggiore profumo.

Firestone Walker di Paso Robles. Devo confessare la mia ignoranza, non li conoscevo, ma sono stati forse la più bella scoperta. Lavorano il malto Pale Ale in maniera incredibile. Un corpo, un sapore unici. Union Jack e Double Jack assolutamente da provare, così come la Velvet Merkin. Ho avuto la fortuna di assistere all’apertura di una bottiglia di Parabola, una Imperial Stout invecchiata in botte, dai sapori di bourbon, tabacco, cioccolato e quercia.

Flix Brewhouse degna di menzione perchè ci lavora da qualche settimana Justin Rizza, il birraio che aveva lavorato per 9 mesi con noi ad Arcidosso. Buone sia la Lupulus IPA che la Olden Ale.

Great Divide Denver, una conferma da sempre la Titan IPA, così come la Yeti invecchiata in botte

Rogue Ales di Newport, veramente molto buona la Double Chocolate Stout.

Una menzione poi ai 2 birrifici top per le birre acide che amo particolarmente: Russian River e Jolly Pumpkin. Grazie per avermi concesso… diversi giri.

Se siete arrivati in fondo…complimenti e grazie. Si può concludere dicendo che IPA, APA, Imperial IPA sono sempre le preferite dagli americani, anche se le black IPA e le Imperial Stout stanno crescendo notevolmente. Non resta che attendere i vincitori. Non ho i biglietti per la premiazione, per cui la vivrò come voi online, andando a visitare qualche birrificio nell’area di Boulder e Fort Collins.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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Un commento

  1. Wow.. che dire.. niente, solo un pò di invidia 🙂 spero di riuscire ad andarci prima o poi.
    Firestone da quello che so ancora non arriva quì in Italia, ma sapevo che avevano vinto parecchio nell’edizione 2010.
    Per quanto riguarda Cigar City, avrei fatto in modo di entrare tra i primissimi per piazzarmi in pole davanti il loro stand. A proposito, a che ora si aprivano le danze?

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