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Serata Lambrate in Taberna: il mio resoconto

1546369_10203128484875345_1306545896_nCome vi avevo anticipato venerdì scorso, ieri ho avuto il piacere di condurre la serata dedicata al Birrificio Lambrate presso la Taberna di Palestrina (RM). Come in altre occasioni analoghe, sono state assaggiate cinque birre abbinate ad altrettanti accostamenti gastronomici, il tutto accompagnato dagli interventi dei rappresentanti dell’azienda: i soci Giampaolo e Alessandra e il responsabile del laboratorio di analisi chimiche e del controllo qualità, Ivo. Come ho avuto modo di raccontare ieri sera, è stata una serata davvero speciale, perché il programma prevedeva alcune tra le birre storiche del Lambrate e i piatti sono stati creati seguendo fedelmente il nuovissimo Manuale pratico di cucina lambratese, pubblicato recentemente dal birrificio. Tutti ingredienti che hanno permesso di tuffarsi nell’atmosfera unica di uno dei più importanti produttori d’Italia, capace di influenzare il modo di bere birra di tanti milanesi.

In effetti il Lambrate va di diritto inserito tra i pionieri del movimento nazionale: è nato addirittura nel 1996 ed è stato il primo brewpub della città di Milano. In questi diciotto anni di militanza è cresciuto notevolmente, al punto che oggi è uno dei maggiori microbirrifici italiani in termini di ettolitri prodotti. Ciononostante l’anima dell’azienda è sempre rimasta inalterata, configurandosi, oggi come ieri, come una grande famiglia dove ognuno ha dei compiti ben specifici che porta avanti con devozione e grande passione. Questo senso di intimità è stato amplificato negli anni dal locale originario di via Adelchi, un luogo magico dove ognuno può sentirsi perfettamente a casa propria. Una decina di anni fa mi trasferii a Milano per alcuni mesi e il Lambrate era l’unico posto in città dove riuscivo a sentirmi a mio agio: oggi è ancora così, nonostante quante cose siano cambiate nell’ambiente in tutto questo tempo.

1013221_10203128662239779_1448678078_nSicuramente la forza del birrificio è stata quella di puntare molto all’identificazione con la città e in particolare col quartiere da cui prende il nome, in cui i soci sono nati e cresciuti. Il Lambrate è da tempo un’istituzione non solo nella zona, ma in tutta Milano e sono convinto che tanti milanesi abbiano conosciuto la birra artigianale grazie a questo brewpub, potendo apprezzare le sue splendide birre. Oggi molti birrifici si definiscono legati al territorio per il fatto di utilizzare questo o quell’ingrediente locale, ma forse il vero legame, quello più autentico, è con la vita e la gente che animano i luoghi di appartenenza. E questo è sicuramente uno dei fattori che hanno decretato l’ascesa e il successo del Lambrate.

In quest’ottica è stato assolutamente prezioso poter assaggiare le creazioni che hanno scritto la storia del birrificio, cioè le primissime birre prodotte in loco: Montestella, Porpora, Lambrate, Ghisa e, in tempi più recenti, Imperial Ghisa. Oggi la gamma è composta di una trentina di diverse produzioni tra standard, one shot e stagionali, ma in realtà per diversi anni la produzione è rimasta legata solo a cinque o sei birre, quelle identificative della filosofia brassicola dell’azienda. Poterle riassaggiare (quasi) tutte insieme ieri sera è stata una bella esperienza.

1896904_10203128512956047_502455019_nVelocemente vi racconto allora cosa abbiamo bevuto e mangiato. Siamo partiti dalla Lambrate, abbinata a involtini di gamberi al curry rosso, per poi passare alla Ghisa, accompagnata da una variazione di manzi alla birra. Una curiosità: la Lambrate è stata la prima birra dell’azienda ad avere un nome identificativo, che non solo richiama quello del birrificio e del quartiere, ma nasce come storpiatura della richiesta degli avventori quando veniva ordinata al banco (“l’ambrata”). La Ghisa invece è stata per me la birra più identificativa del Lambrate: quando avevo cominciato a bere artigianale mi arrivavano gli echi di questa Stout affumicata prodotta a Milano e la vedevo come una splendida chimera. Il primo assaggio non fece altro che confermare le mie aspettative.

Terza birra della serata è stata la Montestella, a cui sono state abbinate delle orecchiette al ragù bianco di salsiccia alla birra Magut. In seguito siamo passati alla Porpora, accostata a un agnello alla Porpora, prima di finire con l’Imperial Ghisa e un tortino di cioccolato e peperoncino. La Montestella, come quasi tutte le altre birre del Lambrate, deve il suo nome alla vita milanese: nella fattispecie indica l’omonima collinetta artificiale in zona San Siro. Stesso discorso per la Porpora, che identifica sì il colore della birra, ma anche una delle principali vie di Lambrate: era la strada delle meretrici del quartiere. Infine l’Imperial Ghisa è una versione evoluta e più intensa della Ghisa, ma prodotta bassa fermentazione: appartiene allo stile delle Baltic Porter, troppo spesso ignorato dai birrifici italiani (e non solo).

1653344_10203129570102475_1283912170_nSe le birre di ieri ci hanno riportato indietro ai primi anni di vita del Lambrate, nel frattempo sono cambiate tante cose. Ad esempio si è deciso di puntare forte sulle analisi chimiche e sul controllo di qualità, aspetti che Ivo segue con attenzione maniacale e grande preparazione. Questo aspetto ha ulteriormente alzato l’asticella del livello qualitativo del birrificio, già elevatissimo in passato. Altra novità degli ultimi anni è stata l’apertura del locale di via Golgi, che ha permesso di dare temporaneo respiro al brewpub originario: in realtà entrambi i luoghi sono così affollati che c’è poco da respirare 🙂 . È proprio con il nuovo pub che è partito un discorso molto più approfondito sul fronte gastronomico, proponendo una cucina alla birra da accompagnare alle produzioni della casa. Il ricettario citato in apertura ha rappresentato dunque una tappa naturale in questo percorso in forte ascesa.

Ma nonostante tutti questi cambiamenti – altri ancora ce ne sarebbero, come la rivisitazione completa di intere ricette brassicole – il Lambrate è rimasto sempre fedele alla sua filosofia, mantenendo quei caratteri che lo hanno reso uno dei birrifici più amati non solo a Milano, ma in tutta Italia. Non è solo un birrificio, non è solo un locale: forse davvero è più simile a una grande famiglia, nella quale chiaramente si producono grandissime birre 🙂 .

Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno partecipato alla serata e hanno avuto la pazienza di seguirmi. Ovviamente i ringraziamenti sono esteri a Giampaolo, Alessandra e Ivo del Lambrate, a Marco, Irma, Max e tutto lo staff della Taberna, ai loschi personaggi (Mastro Titta, Il Serpente, Birrifugio, ECB) seduti al tavolo attiguo al conduttore della serata 🙂 . Un ringraziamento infine ad Alfonso, che ha avuto l’onere di spillare e soprattutto di scorrazzare il sottoscritto da Roma a Palestrina e viceversa.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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7 Commenti

  1. Grande serata e grande Ghisa!

  2. stavo giusto pensando se andare ad assaggiare le birre di Lambrate questo fine settimana al Macche..ora non ho più dubbi! cheers!!

  3. Ma questo Ivo esiste davvero? O è come il fantomatico Yves di Extraomnes 😀 ?

  4. La Ghisa è La Birra

  5. Ho letto sul barbiere che adesso Lambrate fa tutte birre a bassa fermentazione, Voi ne sapete qualcosa?

    • L’altra sera abbiamo parlato del passaggio di Lambrate e Montestella da alta a bassa, ma chiaramente vengono ancora prodotte alte

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