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Intervista a Simonmattia Riva, campione mondiale dei Biersommelier

Simonmattia nel momento di spiegare la Nora di Baladin durante la prova finale del campionato.

Come probabilmente avrete letto di recente, negli scorsi giorni un italiano si è laureato campione del mondo nel concorso internazionale per sommelier della birra organizzato dalla Doemens Akademie. Il suo nome è Simonmattia Riva ed è un appassionato molto conosciuto nell’ambiente nazionale: oltre a essere attivo in diverse associazioni, è docente, giudice e da poco anche gestore di un locale a Bergamo. Personalmente ho avuto modo di conoscerlo a inizio anno quando siamo stati compagni di giuria a Birra dell’Anno – ricordo in particolare una devastante serata in hotel passata a suon di mezcal e gin canadese 🙂 – così ho pensato di intervistarlo per saperne di più sulla sua straordinaria vittoria. Se volete sapere come si svolge il concorso, chi vi partecipa e come si arriva a ottenere un risultato del genere, vi consiglio di leggere attentamente le sue risposte.

Ciao Simonmattia, innanzitutto complimenti! Per noi appassionati italiani è un vero orgoglio scoprire che un nostro connazionale è stato incoronato Campione Mondiale dei Sommelier della Birra. Per te invece cosa significa questo risultato?

Per me questo risultato è ovviamente una grandissima fonte di gioia e soddisfazione, soprattutto perché è giunto del tutto a sorpresa: era la prima volta che partecipavo al Mondiale e quindi già in partenza ritenevo di avere poche speranze di vittoria. Una volta arrivato in Brasile, inoltre, mi sono trovato fianco a fianco con mastri birrai, degustatori e Biersommelier, figura professionale creata dalla Doemens Akademie e che nei paesi di lingua tedesca si trova già frequentemente presso birrifici e ristoranti, di grandissima esperienza e competenza, soprattutto provenienti da Germania e Austria: questa nazione era rappresentata, tra gli altri, dal campione del mondo 2009 Karl Schiffner. Anche la rappresentanza statunitense era molto qualificata, con il vicecampione uscente Donald Lindsay.

Il campione in carica, il tedesco Oliver Wesseloh, come da regolamento, non ha partecipato alla competizione ma era al nostro fianco nei giorni precedenti la gara e ha fatto parte della giuria per la prova finale. Guardandomi intorno i primi giorni a San Paolo il mio pensiero era: “ok, sono qui per godermi il Brasile e per imparare qualcosa da tutte queste persone”. Solo quando il mio nome è stato letto tra i tre primi finalisti ho pensato per la prima volta di potercela fare.

Ci spieghi come funziona il concorso? Da chi è organizzato? Come vengono selezionati i partecipanti? Come sono strutturate le varie prove?

Il concorso, che è giunto alla quarta edizione, è organizzato dalla Doemens Akademie di Monaco, che forma da oltre cent’anni mastri birrai e da undici anni Biersommelier, organizza seminari specialistici sulla produzione e gli ingredienti della birra nonché il concorso European Beer Stars e detiene un laboratorio d’analisi e una banca dei lieviti tra i più importanti al mondo. I partecipanti devono avere ottenuto la qualifica di Biersommelier seguendo il relativo corso, che si tiene in Germania, Austria, USA e Brasile e, da sei anni, anche in Italia grazie al lavoro di Stefan Grauvogl, mastro birrario e consulente per birrifici in tutto il mondo. A questa costellazione di nazioni si e’ ora aggiunta anche la Corea del Sud, dove da poco sono stati avviati i primi corsi. Il corso tocca una lunga serie di tematiche e argomenti: dalla produzione, che viene studiata in modo molto dettagliato, alle tecniche di degustazione, alla storia e agli stili fino alle tecniche di conservazione, spillatura e servizio e ad aspetti legati al marketing e alla compatibilità del consumo di birra con la tutela della salute.

Tornando al mondiale, i partecipanti sono 50: ciò significa che alcune nazioni come Germania, Austria e Brasile hanno dovuto svolgere una prova eliminatoria nazionale per scremare tra le tante candidature, a noi italiani quest’onere non è toccato perché eravamo solo in quattro ad aver deciso di provare questa avventura. Le prove, disputatesi presso l’Accademia Barbante de Cerveja di San Paolo, un importante centro di formazione birraria, sono state inizialmente tre:

  1. Degustazione di birre alla cieca con 10 bicchieri sul tavolo e 30 etichette possibili tra cui effettuare il matching. Ovviamente si trattava di birre provenienti da tutto il mondo, prodotte da birrifici di qualunque dimensione, dai più grandi colossi industriali a piccole realtà craft e appartenenti a vari stili, con notevoli possibilità di fraintendimento.
  2. Test scritto a multiple choice, consistente in 50 domande da affrontare in massimo 50 minuti su storia della birra, produzione, stili, mercato e abbinamenti gastronomici. Brasiliani austriaci e tedeschi hanno potuto svolgerlo nella lingua madre, gli altri, compresi noi italiani, in inglese.
  3. Riconoscimento di off flavour: sul tavolo 10 biccheri di birra “neutra” in cui erano stati inseriti dei difetti e 30 nomi di possibili off flavour tra cui effettuare il matching.

Sulla base dei risultati di queste tre prove, tre persone sono andate in finale: io, il tedesco Franck Lucas, che sarà poi il vice campione, e il brasiliano Rodrigo Sawamura. A questo punto ho cominciato a pensare di poter vincere, specie dopo aver ricevuto i complimenti di un’autorità della Doemens come Michael Zepf, che mi ha sorriso e mi ha detto “you did a super performance in all the three tests”.

A questo punto noi tre finalisti siamo momentaneamente usciti di scena mentre gli altri partecipanti han sostenuto due prove di spareggio: in primo luogo la descrizione di una birra alla cieca. Assaggiandone un bicchiere era pertanto necessario indovinarne lo stile, descriverla sensorialmente e proporre un abbinamento gastronomico, al termine di questa prova sono stati selezionati altri 2 finalisti, il  brasiliano André Soares Rodrigues e la tedesca Irina Zimmerman, futura terza classificata.

Dopo l’ulteriore qualificazione, i 45 concorrenti ancora in gara si sono giocati l’ultimo posto in finale con un test di abbinamento gastronomico consistente in una multiple choice basata su sei piatti, per ciascuno dei quali era necessario creare un abbinamento convincente scegliendo tra quattro diversi stili birrari, il concorrente doveva, naturalmente, anche giustificare la sua scelta. Con questa prova è stato selezionato come sesto finalista lo svizzero Roger Brugger.

Per la finale tutti i partecipanti sono stati accompagnati presso la Fiera birraria De Gusta: i sei finalisti sono stati lasciati soli in una stanza mentre il pubblico (gli altri Biersommelier, appassionati brasiliani, visitatori della fiera, blogger e giornalisti) aspettava davanti al palco, su cui sedeva una giuria di 6 persone: l’amministratore delegato della Doemens, Wolfgang Stempfl, la direttrice della fiera di Monaco Petra Westphal, il campione uscente Oliver Wesseloh, un giornalista brasiliano, la terza classificata uscente, la brasiliana Tatiana Spongis e una ricercatrice dell’accademia Bart Haas, l’austriaca Elizabeth Wiesen. Una splendida e simpaticissima ragazza, la Biersommelier brasiliana Aline Araujo, veniva a prenderci uno per volta (la successione dei relatori è stata estratta a sorte, io sono stato il penultimo) e sul tavolo ciascuno di noi si trovava di fronte tre birre in bottiglia, la prova consisteva nello sceglierne una e presentarla in 5 minuti fornendo informazioni sullo stile, una descrizione sensoriale e possibili abbinamenti gastronomici. Il pubblico presente in sala aveva prima sentito una breve presentazione delle birre da parte di Michael Zepf, quindi eventuali errori da parte del concorrente sarebbero stati subito notati dalla giuria e dall’uditorio.

Qual è stato il momento più difficile e il momento più facile (ok, diciamo meno difficile) durante lo svolgimento delle prove?

Il momento più difficile è stato il primo test, sia perché naturalmente la tensione era al massimo livello sia perché, dopo aver consegnato, mi son reso conto di aver quasi sicuramente commesso un errore banale. Il momento più facile è stato, paradossalmente, proprio la finalissima, sia perché presentare una birra in pubblico non è per me una novità dl momento che sono docente in numerosi corsi di introduzione alla degustazione birraria e ho presentato varie serate organizzate dalla Compagnia del Luppolo di Bergamo, di cui sono consigliere così come di MoBi, sia perché, dopo l’accesso alla finale, la mia soddisfazione era così grande che avrei ritenuto un successo qualunque piazzamento.

Nella finalissima ho avuto anche un colpo di fortuna, che naturalmente è indispensabile in questo concorso come in qualunque altra prova d’esame che si possa affrontare nel corso della vita: tra le tre birre a mia disposizione c’era infatti la Nora di Baladin, che conosco molto bene perché l’ho utilizzata varie volte per lezioni sulla storia della birra e mi ha permesso di parlare del birrificio e di Teo Musso. Le altre due birre tra cui avrei potuto scegliere erano la Ola Dubh 30 di Harviestoun, che amo moltissimo ma non mi avrebbe consentito di discorrere approfonditamente del birrificio, e la Berliner Weisse di Kindl.

Il momento più bello è stato prima di salire sul palco per ritirare il premio: Guido Grote, direttore commerciale della Schneider Brauerei e Biersommelier partecipante al concorso, con cui avevo stretto un sincero legame d’amicizia nei giorni precedenti, mi ha stritolato con un fortissimo abbraccio e mentre mi diceva “You are the Biersommelier world champion!” aveva le lacrime di gioia agli occhi. Vedere una persona più anziana ed esperta di me che provava questo sentimento per un italiano che aveva appena superato due suoi connazionali mi ha messo i brividi.

La tua vittoria ha creato un elemento di discontinuità nel palmares del concorso, finora dominato solo da tedeschi e austriaci. Pensi che essere cresciuto professionalmente in una realtà emergente e priva di tradizioni brassicole come quella italiana sia stato per te d’aiuto?

Penso che l’assenza di una tradizione brassicola secolare possa facilitare l’apertura mentale nei confronti di sperimentazioni che trascendono gli stili e quella “sensoriale” verso accostamenti gustativi insoliti: ciò può senz’altro essere d’aiuto per un degustatore e un Biersommelier come lo è per i nostri migliori birrai.

C’è però un altro verso della medaglia: la non rigida adesione agli stili da parte dei birrifici italiani può ostacolare il training specifico in vista di una competizione come il campionato mondiale di Biersommelier, nelle cui prove di degustazione alla cieca sono sovente presenti anche birre portabandiera dei propri stili accanto a produzioni craft e sperimentali. Personalmente ho cercato di colmare le mie lacune sulle più classiche birre inglesi, che sono poco importate in Italia, specie in fusto, e che conosco meno rispetto a quelle tedesche e belghe a causa di un molto minore numero di viaggi nella loro patria, acquistando alcune etichette rigidamente in stile e allenandomi a riconoscerle.

Ovviamente risultati del genere non si ottengono per caso e si raggiungono solo con tanto studio e un’enorme passione. Puoi raccontarci qualcosa sulla tua formazione birraria? Quale aspetto ritieni più importante per la crescita personale nel mondo della birra?

Il mio amore per la birra è nato più di vent’anni fa assaggiando una Chimay Blu e pensando: “Ah, quindi la birra può essere sia la chiara, frizzante e rinfrescante Pils (che come molti italiani, ritenevo all’epoca essere “la birra”), sia questo meraviglioso liquido scuro dai riflessi rubini che profuma di cioccolato e fichi secchi? Voglio sapere il più possibile su questa bevanda”. Naturalmente in quegli anni non era possibile assaggiare moltissimo, rispetto ad oggi, semplicemente, mentre i miei amici bevevano tendenzialmente sempre la stessa birra, io cercavo di scegliere sempre etichette diverse per sperimentare nuovi sapori e allargare la mia conoscenza.

La vera svolta è arrivata nel 2004, con un breve corso organizzato a Macherio da Franco Re e dai suoi collaboratori e, pochi mesi dopo, con una degustazione al Mulligan’s Pub di Milano con Kuaska, a cui ne son seguite molte altre: Lorenzo mi ha aperto la mente sui birrifici artigianali italiani e sull’universo belga. Da allora è stato tutto un susseguirsi di viaggi birrari, assaggi, letture su storia, stili e produzione. Una tappa fondamentale sono stati i corsi Unionbirrai, che ho svolto nel 2007 e, due anni fa, la decisione di svolgere il corso per Biersommelier della Doemens Akademie, in cui l’approccio alla birra ha un taglio decisamente professionale e che va oltre la dimensione craft. Personalmente continuo a bere pressocché solo birre artigianali, ma è giusto conoscere anche punti di vista, prospettive e tecniche proprie di chi opera nell’industria.

Per quanto riguarda la crescita personale, ritengo che l’aspetto più importante siano lo studio, gli assaggi e la giusta disposizione mentale: il punto è non pensare mai di essere arrivati, di potersi permettere di dire “Ok, ora sono un espertone e le so tutte”. Ogni persona, ogni birra che si incontra nella vita ci insegna qualcosa di nuovo. Naturalmente, una viscerale passione per la birra è l’indispensabile “primo motore immobile”, come avrebbe detto Aristotele, la causa e il fine che possono condurre una persona a dedicare tanto tempo ed energie alla conoscenza di questa bevanda.

Come da copione, dopo una vittoria del genere non rimane che chiudere con la fatidica domanda: quali sono ora i tuoi progetti per il futuro?

Sicuramente portare avanti con ancora maggiore impegno il mio lavoro nel pub, che da un mese esatto, gestisco a Bergamo: si chiama Beer Garage ed è un locale piccolo ma agguerrito con otto spine e una pompa inglese in cui serviamo solo birre artigianali provenienti dall’Italia e da tutto il mondo; in bottiglia abbiamo invece una piccola selezione di fermentazioni spontanee, edizioni speciali e birre più rare.

Nei prossimi due anni avrò inoltre numerosi impegni in concorsi, fiere e manifestazioni birrarie varie: saranno tutte nuove occasioni di apprendimento e crescita professionale e personale che affronterò con immenso piacere. Da ultimo, oltre a continuare il mio impegno per diffondere la conoscenza (e il consumo!) della birra artigianale e di qualità, spero che questa vittoria possa servire al movimento italiano nelle sue varie componenti (birrai, degustatori, blogger e giornalisti, appassionati…) per trovare una compattezza e un’unità d’intenti che troppo spesso ci mancano. È un obiettivo molto molto ambizioso, ai limiti dell’utopia purtroppo, ma mi farebbe immensamente felice.

E con questo auspicio per il futuro si conclude l’intervista. Ringrazio Simonmattia per la disponibilità e la velocità nel rispondere alle mie domande. Ancora una volta complimenti per la vittoria e in bocca al lupo per la sua carriera birraria!

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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7 Commenti

  1. Sono personalmente contento per la felicità di Simonmattia per questa vittoria.
    Credo però che non sia una medaglia che il movimento della birra di qualità italiano dovrebbe appuntarsi al petto.
    La strada da seguire non è quella indicata dalla Doemens.
    Aggiungerei che sono giunto alla convinzione che la mancanza di compattezza e di unità di intenti siano un valore che la birra italiana non dovrebbe perdere in futuro.

    • Schigi perché dici che la strada da seguire non è quella indicata dalla Doemens? Che tipo di approccio ha questa istituzione nei confronti della birra?

  2. Nicola Finazzi

    Sono molto felice per la vittoria di Simonmattia, lui è il mio professore di italiano e storia/geografia, è un grande onore perché lui è uomo molto colto, sincero e onesto

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