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Sul concetto di birra agricola: intervista a Giovanni Bernardini

Come forse saprete, lo scorso settembre la birra è diventata per la legislazione italiana un prodotto agricolo a tutti gli effetti. In questo breve periodo abbiamo dovuto rapidamente prendere confidenza con l’emergente concetto di “birra agricola”, prodotta cioè all’interno di aziende agricole. In pochissimo tempo è dunque apparsa all’orizzonte una nuova definizione brassicola, accompagnata da una serie di quesiti, dubbi e perplessità. Proprio per cercare di fare chiarezza, pubblico oggi un’intervista a Giovanni Bernardini, Presidente Regionale della COPAGRI Marche. Questa organizzazione ha avuto e sta avendo un ruolo chiave nel progetto, grazie anche alla collaborazione con Co.Bi. (Consorzio Produttori dell’Orzo e della Birra), presieduto da Fabio Giangiacomi. Sebbene molti aspetti siano già stati affrontati in passato nei commenti a miei articoli dedicati all’argomento, ritengo sia utile riassumere tutto nell’intervista che segue.

Cos’è la “birra agricola”?

La birra agricola è un prodotto ottenuto dalle aziende agricole attraverso la lavorazione del proprio orzo. Affinché un prodotto trasformato possa essere considerato agricolo è necessario che almeno il 51% delle materie prime necessarie alla sua produzione provenga dall’azienda agricola. Questo in linea di massima, per quanto ci riguarda nel disciplinare di produzione allegato alla registrazione del marchio effettuata dalla COPAGRI e dal CO.BI., la percentuale di malto necessaria deve arrivare al 95%.

Com’è partito il progetto birra agricola e come si è arrivati alla definizione legislativa?

Il Progetto è nato intorno al 2003 quando la COPAGRI Marche lanciò un progetto, “Cose Nuove in Agricoltura”, co-finanziato dalla Regione Marche. Era volto a sviluppare nuove opportunità per le aziende agricole, tra queste vi era quella della valorizzazione dell’orzo. Le Marche erano tra le regioni italiane con un’alta percentuale di superficie agricola a seminativi, ma la conformazione geografica non la rendeva sicuramente competitiva in termini di costi di produzione con le grandi pianure cerealicole del nostro e di altri paesi. L’allora Presidente della Copagri Marche, Landi Emilio pensò alla valorizzazione di orzo, dapprima riscoprendone le proprietà come bevanda o come alimento ed in seguito arrivando alla trasformazione dell’orzo in malto e infine nel prodotto birra.

Da quel momento è iniziato per la COPAGRI Marche un lunghissimo confronto con le istituzioni ferme su norme di 30 anni fa, che non vedevano nella produzione della birra un’alternativa per il settore agricolo né una vera attività agricola. Ci furono enormi resistenze su più fronti, arrivando addirittura a chiedere agli agricoltori di iscriversi alle Camere di Commercio come Artigiani. Ciò avrebbe potuto causare gravissimi danni all’agricoltore che era autorizzato ad operare con autorizzazioni connesse all’attività agricola rischiando nei casi limite di dover subire ordinanze di demolizioni dei birrifici da parte dei Comuni. Sono stati anni di continui confronti con le istituzioni, spingendosi fino all’allora ministro dell’agricoltura On. Zaia, per sensibilizzarlo sulla questione. L’epilogo positivo è arrivato solo con il decreto del 5 agosto 2010 dove finalmente la birra è stata riconosciuta prodotto agricolo. E’ stata dura, ma abbiamo tenuto la barra dritta e alla fine il buon senso ha avuto la meglio su tutto il resto.

Di quali sovvenzioni pubbliche e sgravi fiscali gode chi produce birra agricola?

Sovvenzioni pubbliche nessuna specifica, salvo qualche bando di accesso a contributi comunitari da parte della Regione Marche, ad esempio. Sono contributi a cui può accedere qualsiasi azienda che possiede i requisiti richiesti dai bandi. Sono contributi che vengono erogati per la realizzazione dei birrifici, ma anche panifici, pastifici, agriturismi, fattorie didattiche, etc. Sono fondi che l’Unione Europea mette a disposizione per la diversificazione delle attività agricole. Le aziende finanziate non sono molte, tutte le altre normalmente realizzano l’investimento con risorse proprie o provenienti attraverso l’accesso al credito.

In merito all’inquadramento fiscale non è corretto parlare di sgravi ma di regime fiscale agricolo. Infatti tutti gli agricoltori che sono in regime agricolo nel calcolo delle imposte sul reddito utilizzano come base imponibile il reddito Dominicale ed Agrario del proprio terreno. Anche il regime IVA non può essere considerato uno sgravio, ma una modalità di calcolo diversa rispetto ad altri settori. Infatti l’agricoltore nella determinazione dell’IVA anziché sottrarre all’IVA delle vendite l’IVA degli acquisti, sottrae l’aliquota compensativa, ossia percentuali di IVA da abbattere decise a livello ministeriale prodotto per prodotto. Per la verità per quanto riguarda l’IVA quasi tutti gli agricoltori che effettuano investimenti optano per l’applicazione IVA in regime “normale” e cioè pagano l’IVA con lo stesso metodo del commercio.

Quali parti dell’attività brassicola possono essere soggette a esternalizzazione senza che il prodotto perda la definizione di birra agricola?

La fase della maltazione potrebbe essere esternalizzata, ma in tal caso sarebbe necessario avere la garanzia che il malto prodotto provenga dall’orzo dell’azienda che lo ha prodotto. E questo con le malterie esistenti è praticamente impossibile. Vorrebbe dire avere impianti in grado di lavorare piccole quantità di cereale con costi di produzione sicuramente non sostenibili, anzi direi antieconomici. L’alternativa è far maltare il proprio cereale presso una malteria cooperativa, come nel caso del Consorzio Produttori dell’Orzo e della Birra (COBI), dove il produttore socio ha come unico obbligo di conferire almeno un quantitativo pari a quello necessario a produrre il malto da utilizzare nella trasformazione della propria birra agricola.

Una delle critiche più ricorrenti nei confronti della birra agricola riguarda la qualità dell’orzo e del malto da esso ottenuto. Credi che questo aspetto possa rappresentare un problema?

Penso proprio di no. Anzi ad oggi il malto prodotto dal COBI è tra i migliori sul mercato, e non siamo noi a dirlo ma birrifici e mastri birrai esperti che l’hanno testato. In realtà, come per i processi di maltazione e di birrificazione, abbiamo studiato e approfondito molto. Abbiamo fatto dei viaggi nel nord-est, in Germania e in Belgio, e selezionato le varietà di orzo con le performance migliori. Per la produzione di malto ad esempio è meglio una varietà con una bassa percentuale di proteine al contrario dei cereali utilizzati per altri fini.

Cosa rispondi a chi afferma che non è giusto che le aziende agricole possono produrre birra con regole diverse rispetto ai normali microbirrifici?

Ognuno ovviamente ha diritto a difendere la propria categoria ma vorrei sottolineare che le regole già menzionate non sono specifiche per la birra, ma riguardano la produzione di vino, formaggi, pane, olio, farine, ortaggi… insomma sono le stesse per tutte le produzioni agricole. Infatti il ruolo dell’agricoltura è pubblico ed è rivolto verso la collettività e i cittadini. L’agricoltore svolge un ruolo di guardiano dell’ambiente, di presidio e cura del territorio. Io credo che fin quando un giovane agricoltore sceglie per passione di restare a fare agricoltura gli si debba offrire una possibilità per il servizio che decide di svolgere per tutti.

Secondo te è vero che la legge, per come è formulata, invoglia a entrare nel mercato chi fino a ieri non aveva nulla a che fare con la birra e la sua produzione?

No, non credo sia così, altrimenti la stessa regola varrebbe per il vino e ciò non accade, in fondo le regole sono le stesse. Certamente consente a chi, per passione, ama il mondo della birra ed è un agricoltore di diventare un produttore senza necessariamente diventare industriale. Inoltre dal mio punto di vista consente ai giovani, figli o nipoti di agricoltori di restare sul territorio “in campagna” con una possibilità di riuscire ad avere un reddito dignitoso, proseguendo il lavoro dell’azienda di famiglia, senza essere costretto ad allontanarsi.

Fermo restando che le domande probabilmente non saranno esaustive per avere una piena visione dell’argomento, spero che l’intervista sia in grado di offrire una visione d’insieme del concetto di birra agricola e di rispondere ad alcuni quesiti che si sono rincorsi in questi mesi. Ringrazio Giovanni Bernardini per la sua grande disponibilità. Se avete altre domande potete usare lo spazio dei commenti.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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61 Commenti

  1. Stando all’intervista questo è un risultato di un attività lobbistica partita nel 2003, quando la maggior parte dei birrifici artigianali italiani nemmeno esisteva.
    Se la collochiamo in quell’ambito, potrebbe sembrare una cosa sensata.
    Purtroppo nel frattempo la situazione è RADICALMENTE cambiata.

    Per il resto si ribadiscono cose più o meno già sottolineate. E che personalmente non condivido.

    Io punterei ad incentivi per la produzione di materia prima ma non della birra.
    al limite cerchiamo di abbassare le tasse ai birrifici. Forse, se si inizia adesso, entro 10 si riuscirà nella cosa 😐

  2. Penso proprio di no. Anzi ad oggi il malto prodotto dal COBI è tra i migliori sul mercato, e non siamo noi a dirlo ma birrifici e mastri birrai esperti che l’hanno testato.

    Mi piacerebbe sapere dove sono tutti sti mastri birrai esperti che l’hanno testato. Se poi mi si dice che questo malto sia migliore del malto commercializzato in Italia, non stento a crederci. In Italia non è che ci sia tutta sta qualità proveniente dall’estero, confrontatelo con i migliori malti esteri, non con quelli commercializzati in Italia.

    No, non credo sia così, altrimenti la stessa regola varrebbe per il vino e ciò non accade, in fondo le regole sono le stesse.

    Gli agricoltori interessati alla cosa e ne ho sentiti diversi visto di cosa mi occupo, sanno che il vino non è facile da farsi, mentre pensano che fare la birra, sia una passeggiata di salute. E’ vero che la parte agricola del vino è più difficile rispetto a quella della birra, ma per la parte produttiva vale l’esatto contrario. Nel vino si scrive l’annata, se l’annata è pessima pazienza, mentre la birra deve essere sempre uguale e va stabilizzata, ma queste cosa i contadini non possono saperle, convinti che fare birra sia come fare un’orzata frizzante. Ad ogni modo resta il fatto che se l’uva è buona, probabilmente sarà buono anche il vino, se l’orzo è buono non è detto che la birra lo sarà.

    Poi sinceramente pensavo che questa facility fosse fatta espressamente per avvicinare anche alla birra, agricoltori che precedentemente non ne aveva a che fare. Vi assicuro che gli agricoltori che mi hanno contattato con la birra non avevano niente a che fare, come peraltro molti neo-imprenditori interessati ai birrifici

    E’ comunque ammirevole il lavoro degli agricoltori ed il fatto che se un giovane decide di buttarsi in questo settore, fornisca un servizio a tutta la società, ma che gli agricoltori possano diventare di punto in bianco ottimi birrai, la vedo dura.

    In un precedente post, sempre su Cronache, si dibatteva sul legame territoriale della birra, su provenienza di ingredienti ed appartenenza agli stili. Per l’agribirra naturalmente tutto ciò non vale, che stili usciranno dagli ingredienti Italiani? Ancora da inventare? O forse si farà come Moretti che dichiara in pubblicità: “100% malto Italiano”, come se la cosa fosse un vanto e sopratutto come se fosse una birra 100% di solo malto, mentre sappiamo che almeno il 40% non è malto d’orzo, ne Italiano, ne estero.

    Stento a credere che la birra agricola sia un bene per il settore, sicuramente aumenterà il numero di birrifici, ma la qualità generale e la percezione della massa nei confronti della birra artigianale, rischia di cambiare e non in meglio.

    • Carissimo, quando dico che non è la norma che spinge ad investire 200.000/300.000 solo per l’impianto voglio dire che se un agricoltore, anche giovane come ho affermato, non ha la passione è difficile che solo per la modalità in cui viene calcolato il reddito imponibile scelga di realizzare un birrificio.
      In merito alla qualità per me è facile parlare, certo… ma vi invito davvero ad provere il prodotto, sia il malto che la birra… poi potete fare tutti i commenti che volete sulla qualità. Certo nessuno come ho detto in altri post nasce “imparato” e non tutte le ciambelle “riusciranno col buco” dipende dalla passione che ognuno di noi mette nel lavoro che fa, ma questo prescinde dalla produzione di birra.

  3. Io spero in ottima birra a prezzi competitivi, non penso che i birrifici agricoli rovineranno il mercato agli altri, dovranno comunque fare un buon prodotto perchè l’investimento valga la pena, inoltre, usando canali di distribuzione diversi, forse convertiranno qualche bevitore di roba di massa a bere meglio! Se poi la birra non è buona rimane comunque negli scaffali visto che pur avendo delle agevolazioni non riuscirannio a competere con prodotti industriali.
    Inoltre le poche eccellenze che riusciamo a raggiungere in Italia sono proprio nel settore alimentare, non vedo perchè non dovremmo riuscire anche a produrre materie prime eccelse per la maltazione.

    • Infatti vedi Heineken, Peroni, Moretti non si vendono non c’è verso.
      La teoria che si vendano solo prodotti buoni è utopia, si vendono prodotti proposti bene, se poi sono anche buoni tanto meglio, ma ahimè la bontà non basta e purtroppo a volte non è nemmeno necessaria.

      Le eccellenze Italiane nel settore alimentare sono frutto di secoli di tradizione e quindi profonda conoscenza di metodi e ingredienti, ciò che si definisce know-how, cosa che sulla birra non abbiamo, ne la tradizione, ne il know-how da qui il legittimo dubbio, che si amplia con la conoscenza della complessità di alcuni processi. Ciò che potrebbe sembrare pessimismo, conoscendo le difficoltà diventa realismo.

    • Condivido con il tuo punto di vista , se uno e’ bravo e motivato puo’ affrontare un progetto che vede come meta pa produzione di birra agricola.
      Poi siamoo no in un epoca del libero mercato e siamo o no in una fase di grossa crisi economica che vede giovani e non perdere posti di lavoro senza possibilità di rientrare nel mondo del lavoro ?
      Allora forza agricoltori sfruttiamo questa opportunitaà e buona birra a tutti.

      Enrico

  4. Ma perché tutta questa paura ?!? Io e mio fratello gi’ abbiamo un birrificio ed a noi interessa principalmente accorciare la filiera e produrci il nostro orzo per caratterizzare la nostra birra e perché no, farci anche dei malti speciali, noi abitiamo ed abbiamo il locale in campagna, in una zona completamente agricola ed oltre ad un ristorante/pizzeria con birrificio annesso abbiamo da generazioni anche una azienda agricola quindi per noi il passaggio è naturale, sarebbe stupido non farlo. Poi si sa ci sono dei benefici fiscali (dei quali comunque già godiamo per le altre produzioni di uva valpolicella ed olive da frantoio). Altro discorso invece sono i birrifici agricoli che apriranno per entrare in graduatoria e prendere i contributi dei vari PSR (piani di sviluppo rurale) e magari la birra non sanno nemmeno cosa sia.
    Quindi io direi di evitare di far di tutta l’erba un fascio, per me ci saranno dei birrifici agricoli che faranno delle birre notevoli (trainati dalla passione maturata con anni di homebrewing) e degli altri (98%)dei quali non si sentirà nemmeno parlare perché nati solo dall’esigenza di portare a casa un contributo… Ma si sa, siamo in Italia… per me non c’e da aver paura di nulla
    Leggo addirittura che la birra agricola non sara’ un bene per il settore.. Per me non cambierà nulla se non un gran bel giro di impianti e fermentatori usati.
    Ma giustamente io sono solamente un agricoltore-pizzaiolo-birraio e non faccio testo…

    • In Francia le Cooperative Agricole hanno storicamente creato delle Multinazionali del settore cerealicolo che dominano la scena europea e mondiale…..anche nel Settore della Produzione del Malto…ma si limitano a quello…..non si mettono a produrre Birra ….ma lo fanno bene e con una struttura costi competitiva….
      In Italia abbiamo fatto fallire la Federconsorzi……e gli unici produttori industriali di malto non se la passano benissimo—–
      In Italia si vorrebbero fare delle piccolissime strutture produttive che non potranno mai avere un futuro senza sovvenzioni pubbliche…..
      Già in questo momento in Europa conviene coltivare Orzo da Foraggio piuttosto che Orzo da Birra…..
      Per l’agricoltura italiana il futuro deve andare verso la valorizzazione sui mercati internazionali dei prodotti che sappiamo fare meglio e che hanno un così alto grado di accettazione da parte dei consumatori di tutto il mondo….ma per far questo gli Agricoltori dovrebbero disfarsi di una classe politica inetta che li ha parassitizzati da almeno 40 anni….e che con la storia dei finanziamenti agevolati e delle raccomandazioni li tiene imbavagliati e li ricatta quotidianamente…..
      Invece di mettervi a fare una cosa che non sapete fare investite in Marketing in Paesi come gli Stati Uniti, Russia …etc…fate prodotti italiani…..che hanno un alto valore aggiunto….e date un calcio nel culo ai soliti Direttori e Presidenti dei vari consorzi di tutela…..che sono nella migliore delle ipotesi Politici Trombati messi in aree di parcheggio…. Sviluppate i Mercati Agricoli …
      Al limite fate del Malto buono,sano e con prezzi di mercato…..(nella migliore dell’ipotesi i margini saranno bassissimi…ed al minimo scrollone andrete sottocosto…)….

      • non hai tutti i torti… il mondo agricolo è abbastanza marcio e come ho già detto il 98% lo fa solamente per i fondi europeri ma io parlo a nome di quel 2% che lo fa non per fare la “cresta” sul finanziamento ( ricordo che attualmente i psr sono chiusi e la comunità europea a fatica manderà $$ all’italia) ma per portarsi a casa una birra caratteristica non essendo legata alle materie prime standard che si trovano in commercio.
        Il paragone con il vino la dice lunga, ogni azienda agricola che ha un vigneto oramai ha una cantina, e non stanno di certo pensando di monopolizzare i mercati… il discorso della birra agricola è uguale, se io ho un birrificio ed ho la possibilità (perchè fatalità ho anche un’azienda agricola) di coltivarmi senza nessun problema l’orzo, trovo giusto che la mia birra possa chiamarsi agricola, non voglio far del male a nessuno ma nemmeno sentirmi messo in croce da analisti che pensano agli agricoltori come a dei cospiratori che vogliono dominare il mercato brassicolo italiano o per colpa di un qualcosa, mandarlo a rotoli..
        Esempio: Corte pilone a Mantova, si fa la sua birra agricola da tempo e non fa del male a nessuno
        Beviamoci sopra

        • Il problema non è il singolo agricoltroe….ma sono proprio i grandi gruppi…..

          o i soliti specultaori all’italiana…preparatevi…..

  5. 1- problema economico. pensare che l’autoproduzione sia inefficace solo perché esistono le multinazionali è avere una visione del futuro molto limitata.
    siamo alla vigilia di un mercato alimentare che dovrà essere sempre meno globale
    per pura esigenza di sostenibilità.
    avere un futuro dipende da che giro di mercato si vuole avere e quali profitti si vogliono avere. se le aspettative son molto alte, forse bisognerebbe collaborar tutti con Heineken e non pensarci più.

    2- problema produttivo. l’Italia importa già i prodotti che in teoria dovrebbero essere di eccellenza. “eccellenza” in campo agricolo non è qualcosa di universalmente percepito. non lo è in Italia, dallo stesso consumatore, non lo è certamente in Europa.

    3- l’approccio di molti esperti del settore sembra sempre quello da notaio che difende la categoria.

    4- chi parla di percezione del consumatore, mi sembra l’Annunziata che ad Annozero ha detto “bisogna guidare l’opinione della gente”.
    capisco che da fastidio, ma la gente per fortuna ha la sua testa.

  6. In pratica stiamo dicendo che ci sono incentivi a chi coltiva l’orzo e si vuol fare la birra (spinto da passione ecc ecc)
    Posso fare una domanda?
    Ma se uno alleva maiali ha gli stessi incentivi per aprire un salumificio?
    O se uno ha due campi di mais può metter su una fabbrichetta di popcorn?
    Quello che non capisco è perchè un’azienda dovrebbe essere aggevolata a fare di più e diverso invece che essere agevolata a fare meglio quello che sa già fare.

    • lassa stare, è un ginepraio… io ricordo ettari di campi di soia seminati e lasciati marcire solo per intascare le sovvenzioni europee… finite le sovvenzioni, finita la soia. ricordati che vivi in Italia dove alla voce politica industriale/commerciale/agricola/qualsiasi cosa ci trovi una pagina di Playboy

    • Si ho gli stessi incentivi se uno vuole realizzare un salumificio… si in linea di massima ha gli stessi incentivi chi pensa di mettere su una trasformazione per il masi e produrre popcorn.

      In merito al motivo per il quale un agricoltore dovrebbe fare di più è presto detto…. l’agricoltore non riesce più ad avere un reddito accettabile, perchè il margine lo assorbe tutto la trasformazione e la grande distribuzione. Quindi uno dei modi per riuscire ad avere un margine accettabile è accorciare la filiera ed arrivare al consumatore finale con il proprio prodotto.

      • Caro Giovanni…è corretto ciò che dici …ma occorrerebbe avere le stesse regole e la stessa tassazione di uno che nel settore c’è già e non è stato incentivato in alcun modo e che deve subire un trattamento fiscale ben diverso dal vostro….non lo trovo giusto…è un fatto di equità ….

        • Agricoltura Italiana ….stendiamo un velo pietoso….
          Credo che sarebbe bene che Vi facciate ben più di un esame di coscienza….
          Io sento parlare di Sistema Agro Alimentare da 30 anni ed ho fatto anche un Master ad Hoc a Cremona…..ho collaborato con un ex Ministro dell’Agricoltura…….ma in questi 30 anni ho visto solo buttar via delle opportunità…
          Le fasi di Distribuzione….Trasformazione dei prodotti alimentari …ce le siamo giocate già da tempo…..
          Non è che facendo Malto si risolva un gran che …se poi costa di più della concorrenza …capite che durerà poco…..finiti i soldi pubblici finito il Malto….

        • Ma scusami perchè continui a parlare di equità, nella produzione di birra e non nella produzione di formaggio o vino… non è la stessa cosa?

          E’ equo secondo te che io che ho un reddito tassato al 27% devo confrontarmi con il pinco pallino di turno che ha il mio stesso reddito ma tassato al 12,5% perche gli proviene da una rendita finaziaria (senza tra l’altro nemmeno dover effettivamente lavorare)? Quando io andrò a comperare una Punto piuttosto che una GOLF la pagherò meno di pinco pallino??? No non credo anzi è forse vero il contrario. Quindi non parliamo di equità e di concorrenza sleale in questo frangente, perchè non regge.
          Secondo te la Fiat produce le auto con gli stessi costi di produzione della Volkswagen?? No non credo…qualcuno dice che la Fiat fa concorrenza sleale alla VW? E sapete perchè? Perchè è una politica economia, è una scelta di un governo, o dell’unione europea per far sviluppare più o meno settori o industrie che la collettività ritiene strategiche. Se tu sei uni di quelli che pensa che se un agricoltore c’è o non c’è in italia non cambia nulla… allora ok fai bene a ragionare così. Se non è così e credi che l’agricoltura serve all’italia e agli italiani.. allora dobbiamo essere conseguenti con le politiche economiche.

          • Quindi sei d’accordo.
            Eliminiamo TUTTE le disparità!
            O sei contrario solo alle “altre”?

          • ” Livingstone
            Quindi sei d’accordo.
            Eliminiamo TUTTE le disparità!
            O sei contrario solo alle “altre”?””

            Per quello che mi riguarda, semplicisticamente potrei dire togliamo tutte le disparità in tutti i settori e per tutte le categorie. Ma è utopia, non è possibile e forse non è nemmeno giusto, voglio dire ogni agevolazione o imposizione fiscale ha un effetto sull’economia di un paese o di un settore…. ci sono persone ben più preparate di me che prendono determinate decisioni che si spera vengano sempre prese per il bene di tutti (anche questa forse è utopia). La mia era solo una constatazione di fatto, cioè che comportamenti fiscali diversi ci sono per settori, per soggetti e per tipologia di reddito, non posso dire che sia giusto o sbagliato ma non si può colpevolizzare una categoria (gli agricoltori) perchè producono un prodotto (la birra) con un regime fiscale diverso da un altro soggetto.

          • ….la disparità ci sarebbe eccome se la “sua” rendita finanziaria fosse tassata al 12,5% e la tua (sempre rendita finanziaria), come agricoltore, al 27%…..

            questo, credo, sia il dubbio che viene a tutti

    • DRACHEN:
      Percezione del Consumatore: si può dire in tanti modi diversi….ma se il prodotto alimentare italiano all’estero ha una elevata immagine è un cosa molto positiva (o no?)….e quindi è senz’altro una grande opportunità quella di avere la possibilità di esportare in paesi ricchi e con capacità di spesa (o no?)…..allora mi dici perchè non si fà ?
      Una prima risposta te la dò io……non si fà:
      – per mancanze di know how manageriali (in piccola parte…)
      – per mancanza di finanziamento da banche ed enti pubblici (in parte…)
      – per mancanza di interesse di chi detiene il potere commerciale e politico (significherebbe perdere importanza e capacità di ricatto..) ed a questi personaggi i nostri agricoltori hanno da tempo venduto l’anima……

      Ti porto un esempio che conosco bene:
      se il Consorzio del Parmigiano Reggiano invece di spendere in 5 anni quasi 60Milioni di Euro in comunicazione inutile sul territorio nazionale (è come fare pubblicità al sale ..non serve un cacchio…serve solo alla grande distribuzione..)avesse investito meno della metà in comunicazione sui mercati esteri ….probabilmente occorrerebbe allargare l’area di produzione a tutta la pianura padana……ma questo non si fà perchè non si vogliono mutare gli equilibri economici e di potere nella filiera…..ed intanto si mette a credere ai contadini che conviene fare Biogas o Birra Artigianale…….

      • all’estero puoi mettere la bandierina italiana su una cacca di montone che forse per i primi tempi gliela vendi lo stesso.
        il prb è che spesso gli abbiamo venduto CACCA di montone.
        qui magari i ragazzini ti comprano l’American Pizza invece.

        continui a ragionare in ottica di efficientismo economico che con la qualità va poco d’accordo.
        siamo al libero scambio alimentare, una roba che è insostenibile.
        cerco di guardare leggermente oltre a questo, perdonami.

        parli di parmigiano-REGGIANO, e parli di export, allargamento di produzione, cose che già attirano critiche al Consorzio per le dimensioni e le capacità di ricatto non dissimile alla GDO.
        ed avrebbe senso allargare una cosa che è già un Titanic?
        che poi si sono dovuti difendere il marchio in sede EU…
        raccontiamocela pure, ma il prezzo del PR-RE è uno dei limiti all’export.
        è un prodotto di lusso e la cultura alimentare straniera (vedi anche percentuale del salario speso per il cibo) non è minimamente paragonabile alla nostra. in Italia il Consorzio ha ben altri concorrenti….

    • non ci sono incentivi per forza
      il psr dà gli incentivi in base a progetti validi
      inoltre è diviso in più categorie e solo una percentuale dei soldi che vengono stanziati ad ogni regione vengono utilizzati per questi progetti, chi crede che sia facile ottenere finanziamenti dal psr si sbaglia.
      ci sono incentivi forti per i giovani che si insediano a capo di aziende agricole e per quelli che hanno un buon progetto.

      nelle filiere gli agricoltori sono quelli che guadagnano meno; i prezzi dei prodotti sono spesso bassi e le attrezzature costano quindi se l’agricoltore chiude la filiera guadagna su tutti i passaggi .
      l’agricoltura “semino,raccolgo,vendo” è finita (in italia) e gli agricoltori cercano alri metodi per riucire a viv

  7. DRACHEN:
    1) Cosa c’entrano le multinazionali? Non c’è niente contro l’autoproduzione anzi….ma si deve sostenere economicamente da sola….qui non si tratta di fare filosofia….mi pare chiaro che l’Italia si sia giocata nel tempo la possibilità di fare Agricoltura seria perchè ha dismesso tutto il settore delle trasformazioni dei prodotti agricoli (dall’ affare SME….alla Galbani ….alla Parmalat….al crac Federconsorzi…)….e adesso si inventano le Malterie Cooperative…che secondo me non avranno la possibilità di reggere sul mercato solo perchè non avranno la struttura necessaria per essere seriamente competitive….comunque se le fanno con soldi loro …non mi interessa…se le fanno con i soldi nostri …la cosa mi fà incazzare……

    • scusa non capisco.
      1- non sempre l’efficienza economica è la miglior risposta per tutto.
      è un approccio che non condivido e non per filosofia, ma per realtà fattuale.
      è semplicemente capire come avviene l’alimentazione umana e se sostenere o meno lievi correzioni di tendenza.
      2- dici che non sei contrario all’autoproduzione ma poi stabilisci un confine per cui l’autoproduzione va bene solo se regge da sola senza considerare che “per ipotesi” è un tipo di azienda concettualmente virtuosa.
      è un po’ come dire che ti stanno sulle balle gli incentivi sulle rinnovabili perché svantaggiano i petrolieri.
      3- lo Stato ha tutto il diritto di avvantaggiare settori e tipologie di produzione se le reputa strategiche. (poi possiamo parlare delle singole scelte, ma questo è un fatto).
      4- il virtuosismo (in teoria) non è nel fare più cose, ma nell’importare di meno e
      fare produzioni alternative.
      5- se partiamo dal concetto che “si devono sostenere da soli” allora possiamo mandare a ramengo moltissimi casi di eccellenza agricola/alimentare.
      secondo questa ottica il CAMRA non avrebbe mai dovuto salvare i microbirrifici dal fallimento.
      6- se poi queste politiche si siano sempre fatte male e con loschi traffici è altra questione, che tra l’altro NON riguarda non solo l’Italia, ma in generale tutto il mondo industrializzato. pecunia non olent.

      stando a quanto scritto, è il regime fiscale ad essere diverso, non mi pare vi siano incentivi di sorta.

      • Gli incentivi sulle rinnovabili passano da Enel ed ENI……io voglio una politica seria sulle rinnovabili….qui ci stanno solo prendendo per i fondelli…sveglia.

        Il CAMRA non è lo stato inglese…..ed i soldi sono quelli degli associati e dei vari benefattori….non è una struttura parassitaria ma serve a fare comunicazione….non a dare incentivi a babbo morto…

        E’ sacrosanto che lo Stato dia degli obiettivi di indirizzo economico e che dia aiuti a settori bisognosi e/o strategici……mo non che butti via i soldi su iniziative di poco conto……

        • tu continui a criticare il metodo (e magari hai le tue ragioni) ma non il concetto. io sto parlando che concettualmente è virtuoso chi fa birra producendosi il malto da solo.
          punto e a capo.

          il CAMRA se salva un microbirrificio fa “de facto” concorrenza sleale ad un birrificio medio-grande. non so se prenda qualche sovvenzione pubblica (o europea….) ma già il fatto che ci sono state leggi attuate su sua pressione (quindi di categoria, oh yes, e quindi di alcuni settori a svantaggio di altri, oh yes) non lo pone al di fuori della ns. discussione.
          l’esempio resta valido. tant’è che si è scontrata diverse volte con l’OFT (organizzazione equo commercio in UK).
          detto questo, è evidente il motivo per cui non c’è un vero equivalente del CAMRA in Italia…. ^^

          poi ripeto, possiam parlare delle singole cose (fatte bene, fatte male), ma non famo confusione.
          1- l’EU non è lo Stato. quindi semmai pigliatela con l’Europa. ^^
          2- il regime fiscale agricolo vale per ogni azienda agricola.

  8. Dispiace leggere tanta aggressività, chi parla con così tanto astio del mondo agricolo è forse viziato da luoghi comuni che non rispondono più al vero da molti anni… mi riferisco all’allusione di “arricchirsi” con i contributi pubblici… al contrario gli agricoltori sono stati sempre più depredati dai grandi gruppi o da multinazionali che impongono loro il prezzo del prodotto (grano, orzo, latte etc.etc.) e spesso sono anche vittime di grandi speculazioni finanziare (si pensi all’impennata del grano di qualche anno fa) dove a guadagnarci non sono certo gli agricoltori ma i grandi speculatori. In merito ai parassiti sugli agricoltori… si è vero ce ne sono stati e ce ne sono ancora.. ma vi prego di contastualizzare certe affermazioni e non fare della demagogia con “tutt’erba è un fascio”.
    Poi a mio modesto parere (ma io non sono nessuno sicuramente non capirò nulla di birra o di altre grandi manovre) la categoria degli artigiani e degli agricoltori dovrebbero essere alleati in certe situazioni e non farsi la “guerra tra poveri”. Io nella vita di tutti i giorni vedo sempre affinità tra chi fa lavori artigiani e chi fa lavori agricoli… ne vedo sempre meno tra agricoltori e industriali o tra artigiani e industriali. Ma se poi queste aggressioni credete possano giovare al mondo della produzione artigianale della birra fate pure (si perchè anche la birra agricola in fondo è una produzione artigianale la differenza sta solo nell’origine del rpodotto e nel soggetto).

    • Non si tratta di aggressione…..ma di discussione…..

      E’ evidente che mi girano gli zebedei a pensare che qualcuno mi farà concorrenza sleale….mi risulta che anche ai fornai girano molto gli zebedei…..

      Immagine del Mondo Agricolo Italiano: mi pare evidente che l’immagine non sia positiva….ma questo è solo responsabilità del mondo sindacale/politico che doveva tutelare gli interessi degli agricoltori italiani e non lo ha fatto….
      Avevamo una Federconsorzi (all’epoca i francesi non avevano una struttura simile ma nel tempo ci hanno surclassato ed oggi controllano il mercato cerealicolo europeo…ma sono stati bravi..) che abbiamo fatto fallire rovinosamente facendone la più grande speculazione immobiliare del secolo…
      Avevamo un Gruppo Ferruzzi….un Gruppo SME…..tutto svenduto e fallito…grazie a sporche operazioni di corruttela pubblica….
      Avevamo un Settore Agrumicolo….un settore Ortofrutticolo….etc…ormai tutto in mano a gruppi para mafiosi…..
      Gli altri paesi hanno delle politiche e strategie che sono orientate al mercato….noi no…
      Poi dopo tutti i fallimenti politici si vorrebbe convincere gli agricoltori che basta farsi le produzioni nella propria azienda per risolvere tutti i problemi…
      Della serie pensateci voi …organizzatevi a fare qualsiasi cosa…
      QUESTA E’ LA STORIA DI UN GRANDE FALLIMENTO!

      Mi ravvederò nel momento in cui vedrò qualche agricoltore che prenderà a calci nel culo i propri para-rappresentanti sindacali (alla Francese…lì quando si incazzano …menano…)….

      • Catalizzatore…. ci sono rappresentanti e rappresentanti, scusami ma continui ad aggredire, la federconsorzi …..c’è un nome dietro il fallimento di federconsorzi!!! Fallo!! Non generalizzare!!
        Dietro la “fuga” di SADAM Eridania dalla produzione di zucchero (Con la chiusura di ben 2 zuccherifici nelle Marche) c’è la responsabilità di qualcuno ma per quanto riguarda la Copagri abbiamo la coscienza a posto abbiamo lottato fino alla fine… abbiamo cercato anche di assicurare una produzione minima per garantire l’economicità delle due industrie.. ma non c’è stato nulla da fare… i contributi erogati dall’unione europea per la dismissione erano molto più “potenti” ed il silenzio di qualche rappresentante era altrettanto potente…. quindi non mi parlate di fallimenti di grandi industrie nel settore agroindustriale… o almeno non ne parlate in questo contesto… parlatene con chi ha delle responsabilità in tal senso.

        Tornando alla Birra……… vi invito ufficialmente nelle Marche a visitare sia il maltificio che i birrifici, poi se resterete ancora con le stesse convinzioni amen. Almeno potrete fare critiche (o discussioni come le chiami tu) a ragion veduta.

        • Allora operate per cambiare le vostre rappresentanze!

          Vorrei capire quanto è costato il Maltificio e con quali e quanti contributi/finanziamenti pubblici lo avete costruito….

          Perchè sai com’è …

          • L’importo totale dell’investimento non lo conosco, lo si può chiedere al Presidente Gianciacomi che non credo abbia nulla da nascondere, ma so per certo che hanno attinto dal credito ordianario con un mutuo ed in parte con finanziamento dei soci. Per quanto riguarda i contributi, non mi risulta che ancora ne abbiano presi.
            In merito ai nostri rappresentanti, i nostri li cambiamo e li abbiamo cambiati, non posso rispondere per altre organizzazioni. E’ come se andaste a chiedere alla CISL che devono cambiarsi la Cmusso, o viceversa alla CGIL che devono cambiare Bonanni…. ogni organizzazione si sceglie i propri rappresentanti, io quando parlo parlo per i miei ovviamente.

        • Io sono Umbro e da noi si dice: “Meglio un morto in casa che un Marchigiano alla porta”…

          🙂

          Con simpatia….prima o poi verrò…

      • Catalizzatore va bene il confronto, anche acceso, ma evitiamo espressioni che possono recare problemi a te in quanto autore del commento e a me in quanto curatore del sito. Grazie.

        • Puoi spiegare?
          Non vedo aggressioni nè offese.

          In ogni caso si tratterebbe di parole.
          L’aggressione di chi ti uccide a colpi di decreto ministeriale è lecita solo perchè legale?

          Ma forse non ho letto bene.
          Cortesemente spiega, grazie.

          • Livingstone mi riferivo all’aggressione verbale, o se preferisci il modo irruento con cui vengono tenute alcune posizioni.

            Ed in particolare era rifertito ad una frase di Catalizzatore: “Mi ravvederò nel momento in cui vedrò qualche agricoltore che prenderà ….omissis….”
            Non dico che non ci siano situazioni in cui qualche oraganizzazione agricola non abbia strumentalizzato il settore…o che lo abbia parassitizzato…di certo sono situazioni che a noi non ci riguardano… e tuttavia ritengo sia un modo per spostare l’attenzione su altri argomenti. Argomenti che potranno essere anche interessanti ma non c’entrano nulla con “giusta” contrarietà che si può avere verso il prodotto “birra agricola” e tutto quello che significa. Voglio dire che posso comprendere, come ho detto in altri post, il disagio di una categoria (quella degli artigiani) perchè ai loro occhi non si combatte ad armi pari….. ma per argomentare questa tesi non è necessario dire che tutti i “rappresentanti” (o pseudo) degli agricoltori sono degli imbecilli parassiti (sto usando appositamente una provocazione nessuno ha usato questi termini!!!). Ci sono delle criticità di rappresentanza nel settore agricolo…Ma come detto 1° non ci riguardano direttamente 2° non mi sembra corretto parlarne in questo contesto.

            Mi trovo a difendere delle situazioni che noi stessi dentro il settore combattiamo per primi.

          • Caro Andrea ….mi taccio…..però sono consigli veri che dò ai miei beneamati agricoli….in Francia gli agricoltori sono un pò più pugnaci e qualche bel risultato l’hanno ottenuto…

            Qualche stimolo serve anche ai miei colleghi birrai che stanno facendo dei grandi sonni….su questa ed altre questioni…..

            Infine vorrei stesse regole per tutti….forse è vero sarà pure un utopia …ma io non voglio stare zitto…..altrimenti tra breve ci vedremo costretti veramente ad andare a produrre all’estero….

          • Nessuno ti ha chiesto di tacere, così come non mi aspetto una precisazione in termini di “contenuto”. Il mio richiamo riguarda la forma in cui esprimi il tuo pensiero, perché non posso accettare l’uso di espressioni a rischio (e sai bene a cosa mi riferisco)

  9. Perdonate l’intervento demagogico ma io dico…….
    A quanto state dicendo sembra che la “guerra” sela dovrebbero fare i micro-tradizionali contro i micro-agricoli perchè quello o quell’altro ha un regime fiscale che bla bla bla.
    Ma non sarebbe meglio(ed ecco la demagogia forse)che tutte e due le categorie,che in fin dei conti fanno un prodtto a grandi linee analogo lottassero insieme per togliere sempre più quote di mercato alla birra cosiddetta industriale invece di fare,che se solo a parole,una guerra tra poveri per pochi numeretti di quote di mercato??

  10. ho il pc che non funzia scusate il testo.

  11. Un’altra cosa.
    Io capisco tutti gli artigiani che dicono che non possono competere ad armi pari con la nuova realtà della birra-agricola,giuro che li capisco sul serio,e in parte hanno ragione.
    Ma come mai però in più di 15 anni di movimento della birra artigianale in italia non si è mai levata una proposta/posizione univoca verso le istituzioni che tendesse per esempio a ottenere un regime fiscale e condizioni favorevoli(mi scuserete se non sono preciso ma non è il mio campo) per esempio per quei birrifici a livello nazionale che producevano sotto un tot di hl l’anno per mettere questi ultimi in grado di competere con le grandi industrie della birra?
    Come mai nessuna associazione/consorzio/cooperativa ha mai parlato per tutta la birra artigianale in italia facendo rmanere i microbirrifici che ci sono adesso a navigare in mare aperto come fossero gusci di noce nell’oceano?
    Adesso dopo 15 anni vediamo che qualcuno è riuscito a far valere le sue idee e tutti li a dire…………e ma non è giusto,e ma noi siamo fregati e ma loro hanno la fiscalità avvantaggiata.
    Chi è causa del suo male pianga se stesso e questo sono sicuro di poter dire che non è demagogia.
    Non è che per poter giustificare la mancanza di unità di una categoria si puà dare addosso a un’altra.

    • Su questo ultimo punto sono d’accordo !
      Come è successo per il mondo agricolo italiano anche per i microbirrifici denoto una scarsa voglia di mettersi in ballo su questioni comuni….e questo sarà un problema….

      Sul fatto dell’irruenza…..credo che ci sia bisogno di tirar fuori gli attributi….
      è proprio per questo falso buonismo o meglio convenientismo……che ci siamo giocati tutta una fetta di patrimonio nazionale (sistema agro alimentare italiano)…e che siamo governati così come ci meritiamo…..
      Se volete… continuate pure così…..io non ci sto !

    • C’è del vero in quello che dici. Ma io parto da un altro presupposto. Sono contrario agli aiuti di stato siano essi diretti agli agricoltori, all’industria e ai microbirrifici.

      Credo nel libedro mercato e non credo nell’assistenzialismo.

      Come vedi non mi piango addosso.

  12. @ Giovanni Bernardini

    Per l’acquisto di un impianto non è necessario investire 200/300.000 € è possibile acquistare un impianto anche con soli € 20.000, chiaramente non parliamo dello stesso impianto. Per il lavoro che faccio vengo contattato giornalmente da gente che ha l’intenzione di avviare una produzione e ti assicuro che molti lo fanno solo per il guadagno.

    Molti altri invece solo per passione, pensando a come fare la birra, ma non a come venderla. Sinceramente non so quale sia il male minore, c’è poi anche una minima parte che invece ha le idee piuttosto chiare.

    Giusto ciò che dici, che se non assaggi non puoi criticare e quando si esprimono dubbi sula qualità della birra agricola, si sta ovviamente generalizzando. Però la conoscenza dei processi e della loro complessità ed il fatto che molti artigiani producano birre pessime, partendo da condizioni migliori, rispetto ai birrai agricoli, non può che far nascere qualche dubbio a riguardo.

    Ti assicuro che la passione non basta, ci vuole i know-how e quello non s’inventa e per fare una birra agricola il know-how necessario è superiore a quello necessario a produrre una birra artigianale.

    Poi specifico che la bontà di una birra è inversamente proporzionale all’abilità degustativa del consumatore. Chi conosce la birra e ne distingue difetti e pregi, troverà nella birra definita buonissima dai più, forse un basso grado di potabilità. La birra prima di farla bisognerebbe imparare a berla e distinguerla. Se poi con la passione e con il know how si produrranno ottime birre agricole sarò il primo ad essere contento di essersi sbagliato.

  13. Io non ne faccio un discorso politico, di giustizia o di disparità e non credo nemmeno che la concorrenza sleale possa ledere gli artigiani. Anzi dal mio punto di vista dovrei gioire, visto che il decreto aumenterà il numero dei birrifici vendibili.

    Ne faccio invece una questione puramente qualitativa e non mi sembra che sia l’ultima delle preoccupazioni. Temo infatti l’invasione del mercato di una moltitudine di birrette fuori stile (difficile averne uno con ingredienti alieni agli stili), di scarsa qualità, proposte alla carlona, che potrebbero essere il primo assaggio di molti consumatori vergini alla birra artigianale, che assaggiandole la prima volta decideranno che sarà anche l’ultima.

    Questo danneggerà gli artigiani molto più della concorrenza sleale o della disparità di trattamento. Chi invoca la collaborazione tra artigiani e agricoltori per rosicchiare qualche quota agli industriali, dovrebbe porsi certi quesiti. Qui dovrebbero entrare in gioco le associazioni, che visto l’ambito in cui operano dovrebbero aver ben presente certe problematiche, cercando di regolamentare e disciplinare ciò che è qualità da ciò che non lo è. Ma ho forti dubbi che ci sia la volontà e la capacità da parte delle associazioni attualmente operanti sul campo, spero di sbagliarmi.

  14. Scusate non voglio monopolizzare la discussione, ma rileggendo i miei post sembra che mi contraddica riguardo alla necessità della qualità della birra agricola ed artigianale, quindi specifico, per vendere la qualità non è necessaria, se il prodotto ha altri valori aggiunti a fare leva sulle decisioni dell’acquirente, vedi il prezzo. Certo che se si pretende di vendere ai prezzi attuali delle artigianali la qualità è d’obbligo.

    • @cerevisia

      Sono d’accordo quando dici che un consumatore che assaggia una birra agricola
      “alla carlona” e decide che per lui sarà la prima e l’ultima volta possa creare un enorme danno al mondo della birra artigianale. Ma questo danno lo crea anche se quel consumatore assaggiasse una birra artigianale pessima. Per quanto riguarda quest’esempio che fai noi lo stiamo già subendo. Perché agricoltori che si sono improvvisati birrai non ce ne sono solo nelle marche, ed in alcuni casi il prodotto è davvero pessimo, oltre che non essere davvero agricolo per tutte le motivazioni che ho esposto negli altri post. Ed in questo momento storico ti assicuro che è molto più facile fare danno alla Birra Agricola che alla birra artigianale, perché è la novità perché è al centro di un dibattito e perché son pochi i birrifici che ci sono. Sono anche d’accordo sul know-how e i birrifici di cui parlo io hanno cercato di acquisirlo

      • Sia in Italia che all’estero, hanno cercato di apprendere da chi esperienza ne aveva da vendere. Ci sono anche birrifici agricoli che si sono avventurati senza know-how ed effettivamente fanno un prodotto di bassa qualità, ma ti assicuro che nel COBI questi furbetti non ci sono. Infine su un’eventuale strategia di alleanza io lo lanciata in quanto spesso ho visto soccombere delle belle realtà a causa dell’industria, grazie al suo potere economico ed alla sua potente lobby… Poi forse sono casi ma dall’altra parte c’erano sempre o cooperative agricole o artigiani.

  15. Avete dato un occhio al sito dei tanto decantati mastri birrai umbri???
    AIUTO

  16. da racconti di agricoltori, si che la coltivazione dell’orzo un tempo, era attuata su terreni pietrosi, aridi, quasi sterili, marginali, o desertici, dove cresceva una rada vegetazione spontanea.oggi l’orzo, non resiste al calore, nè a altri stress ambientali, e costa molto anchecome semente. tornare a varietà di orzo, poco produttive,ma in grado di produrre, nei terreni quasi sterili, nel sud è doveroso.antonio.

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