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Guida alle Birre d’Italia 2013: la mia recensione

Il caso editorial-birrario dell’anno è sicuramente rappresentato dalla Guida alle Birre d’Italia 2013 di Slow Food. Se siete lettori assidui di Cronache di Birra e di altri organi d’informazione tematici, conoscerete bene le polemiche che si sono susseguite all’annuncio dei riconoscimenti attribuiti dalla guida ai birrifici. Il fatto curioso è che tutto questo tam-tam si è prodotto senza che nessuno avesse ancora letto la tanto chiacchierata opera, in alcuni casi arrivando paradossalmente ad esprimere giudizi semplicemente sulla base dei “premi” assegnati. Negli scorsi giorni ho avuto la possibilità di mettere le mani sul libro e di analizzarlo dettagliatamente, così da potermi fare un’idea precisa di tutto il lavoro compiuto al di là dei semplici riconoscimenti. Se siete interessati a saperne di più, continuate a leggere…

Come già largamente annunciato, le novità rispetto alle precedenti edizioni sono tantissime. La più evidente è relativa ai metodi di valutazione di birre e birrifici, ma in realtà le modifiche sono diverse e riguardano la struttura stessa dell’opera. In particolare, la parte introduttiva è estremamente concisa: rispetto ai tanti articoli di apertura del passato, intesi a coprire diversi aspetti dell’universo birrario, in questa edizione troviamo solo una prefazione a firma dei due curatori (Luca Giaccone ed Eugenio Signoroni) e un godibilissimo pezzo di Kuaska, nel quale il “guru” fa il punto della situazione birraria nazionale. Niente fronzoli e nessuna divagazione: i protagonisti sono i birrifici e le loro produzioni, quindi è apprezzabile l’idea di puntare subito al succo del discorso.

Dopo l’imprescindibile legenda e il riassunto di tutti i riconoscimenti attributi, si passa alle schede dei birrifici, che in pratica occupano tutto lo spazio della guida. La suddivisione è su base regionale e per ogni azienda è riportata un’infinità di informazioni: non solo i classici dati “anagrafici”, ma anche quelli relativi a produzione annua, dimensione della sala cottura, anno di fondazione, tipologia (birrificio, brewpub, beer firm, ecc.). Questi dettagli potrebbero sembrare un mero orpello, invece sono a mio parere molto interessanti ed estremamente preziosi per capire come si caratterizza il settore italiano: spulciandoli, ad esempio, a volte si rimane impressionati sulle capacità ridotte di alcuni birrifici che invece godono di un certo prestigio nell’ambiente – e, di conseguenza, di una richiesta di mercato non indifferente.

Successivamente si passa a informazioni più descrittive, divise in tre paragrafi che raccontano nell’ordine la storia del birraio, quella del birrificio e le caratteristiche della gamma produttiva. Questa è un’altra novità rispetto al passato, quando il tutto confluiva in un solo paragrafo, che tendeva a concentrarsi quasi esclusivamente sul birrificio. E’ una soluzione che apprezzo molto, perché restituisce prestigio alla figura del birraio, che ovviamente non è mai un parametro irrilevante in un birrificio artigianale. Anche il paragrafo sulle birre è molto interessante, perché permette di comprendere subito quali sono le peculiarità della gamma del produttore in questione. I birrifici insigniti di uno dei tre riconoscimenti (su cui tornerò più avanti) sono contraddistinti da un’iconcina distintiva facilmente comprensibile.

Di ogni birrificio sono riportate le birre più meritevoli, con una descrizione degustativa e alcune informazioni tecniche: nome, tipo di fermentazione, colore, gradazione alcolica. Mentre i “premi” per i birrifici sono indicati con piccole illustrazioni, quelli delle birre utilizzano la formattazione e il colore del testo: grassetto nero per le “grandi birre”, grassetto grigio per le “birre quotidiane”, grassetto arancio per le “birre slow”. Una soluzione che non ho gradito perché confusionaria, ma anche su questo aspetto tornerò più avanti.

La parte finale dell’opera è occupata da tre indici: uno per i birrifici, uno per le birre e uno per le birre divise per colore. Dell’ultimo non comprendo l’utilità e, a dirla tutta, mi sembra anche piuttosto fuorviante.

E a questo punto passiamo al giudizio sulla guida. A mio parere si tratta di un lavoro impressionante, che va apprezzato anche solo per questo: si parla di 227 birrifici “recensiti”, per la bellezza di 1191 birre assaggiate. Sono numeri eccezionali, che dimostrano lo sforzo che si è voluto mettere in campo per cercare di realizzare una guida autorevole ed esaustiva. Da questo punto di vista mi sembra pacifico che l’obiettivo sia completamente raggiunto.

Mi è piaciuto molto che in questa edizione 2013 si sia deciso di enfatizzare la parte “narrativa” dell’opera, raccontando non solo la storia di ogni azienda, ma anche dei birrai (e quindi delle persone) che ne rappresentano l’anima e delle birre che sono la diretta emanazione della filosofia aziendale. Come già in passato – ma qui ancora di più – quella di Slow Food non è perciò una semplice guida, ma un viaggio tra i protagonisti del movimento birrario italiano. Leggendo le schede di ogni azienda si ripercorre la storia della birra artigianale italiana, dai suoi primi vagiti fino alla situazione odierna. Credo che sia questo il vero valore di una pubblicazione del genere e non stelle e stellette o chiocciole e chioccioline… ma mi rendo conto che le seconde attirano molto più facilmente l’attenzione.

A proposito di riconoscimenti, quelli attribuiti ai birrifici sono tre: la chiocciola, che identifica le aziende considerate migliori “per la qualità e la costanza delle loro birre, per il ruolo svolto nel settore birrario nazionale, per l’attenzione al territorio e all’ambiente”; il fusto, che riconosce i birrifici in cui la produzione spicca soprattutto alla spina; la bottiglia, per le aziende che si distinguono in particolare per la produzione in bottiglia. Non mi interessa fare le pulci ai riconoscimenti assegnati, perché credo che l’aspetto soggettivo in tali casi sia troppo influenzante. Tranne qualche eccezione, direi che tutti i più importanti produttori sono presenti nell’elenco dei “premiati”, quindi si può essere ampiamente soddisfatti. I criteri di assegnazione della chiocciola sono piuttosto eterogenei e a mio parere contribuiscono a restituire una visione del movimento un po’ obsoleta. In altre parole, alcune aziende sembrano presenti più per quello che hanno rappresentato in passato piuttosto che per la loro qualità attuale.

Ancora più soggettivo è il giudizio sui riconoscimenti per le birre, quindi ogni discussione al riguardo mi sembra del tutto inutile. Al di là delle attribuzioni, mi piace invece sottolineare che i “premi” ideati sono assolutamente azzeccati: la “birra quotidiana” enfatizza un aspetto che in una guida del genere rischierebbe di passare in secondo piano, la “grande birra” premia la qualità in senso assoluto, la “birra slow” esalta l’abilità e la filosofia del birraio, oltre all’aspetto emozionale della bevanda. Come accennato, non mi piace invece il modo in cui le attribuzioni sono state rese graficamente: ridurre questo aspetto alla formattazione del testo è esteticamente poco gradevole e contribuisce a creare confusione. All’inizio ho impiegato un po’ di tempo per ricordarmi quale formattazione corrispondesse a quale riconoscimento, mentre non sempre è facile distinguere una grande birra (grassetto nero) da una birra quotidiana (grassetto grigio).

Questi appunti sono a mio parere però di assoluto contorno e non minano la qualità della pubblicazione, che si attesta su altissimi livelli. Utilissimo come strumento di consultazione, la Guida alle Birre d’Italia 2013 riesce anche a essere un vero e proprio libro sulla birra artigianale italiana, con il quale ripercorrere la storia e l’evoluzione del movimento attraverso i suoi tantissimi esponenti. E’ un prodotto che sento di consigliare caldamente a chi non ha mai posseduto le precedenti edizioni, per tutti gli altri invece si pone il dubbio se un “aggiornamento” vale il prezzo dell’acquisto. Spero di aver fornito tutte le informazioni per prendere una decisione al riguardo 🙂 .

Nel 2008 definii la guida “un vero e proprio gioiello editoriale”. Da allora sono passati quattro anni e due edizioni, con una crescita dell’opera sia in termini quantitativi (da circa 350 a 1191 birre) che qualitativi. Fate il rapporto e saprete cosa ne penso in definitiva 😉 .

Ricordo che domenica la guida sarà presentata ufficialmente qui a Roma durante Vinòforum, in un evento in cui si potranno assaggiare tutte le birre premiate con la chiocciolina. Non mancheranno i birrai, i curatori e i recensori. Se volete partecipare, trovate tutte le informazioni sul sito della manifestazione capitolina.

Guida alle birre d’Italia 2013
a cura di Luca Giaccone ed Eugenio Signoroni
Slow Food Editore
Pagine 381
Prezzo 15 euro

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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19 Commenti

  1. Domanda ma si beve seriamente al vinoforum, cioè le 40 birra sono in degustazione illimitata?

  2. Andrea, senza la minima voglia di riprende la polemica, che si è già detto e non detto tutto quello che c’era da dire

    mi spieghi la correlazione fra avere o meno letto la guida e le critiche specifiche e le domande inevase che sono state poste? nessuno ha messo in dubbio la qualità complessiva del prodotto, l’ho sfogliata anche io ieri (seppur distrattamente)

    sono state evidenziate specifiche incongruenze che tali sono rimaste, incongruenze che non necessitavano della foglia di fico “prima leggere, poi parlare”, bastava contare con le dita di una mano. se un automobile ha le gomme lise, non ho bisogno di schiantarmi contro un lampione per poterlo dire, o no?

    • Se non hai espresso giudizi sulla guida, va da sé che non mi riferivo a te. Altri lo hanno fatto.

      • non vorrei rileggermi i 150 commenti ma a me pare che la filosofia generale delle critiche fosse tutt’altro che “la guida è fatta male” senza manco averla letta

        tutt’altro

        non ho letto nessuno, per dire, scrivere è una guida scritta male, verbosa, giudizi incompleti, ecc. cose queste sì che richiedevano di averla presa in mano

        in sostanza il tuo incipit mi pare piuttosto gratuito rispetto alle precedenti discussioni

        • Poiché nel tuo commento precedente affermi di non aver voler far polemica – e non dubito che sia così – o hai letto male l’articolo o la mia risposta.

          • cosa vuoi che ti dica? che su 150 commenti che parlavano d’altro ce ne sarà stato uno che dava ragione al tuo incipit fuori luogo? posso dire fuori luogo?

            contento te…

  3. Sii preciso.
    Si potranno assaggiare tutte le birre premiate con la chiocciolina.
    Un’altra conferma che sono considerate le più importanti…”no, ma non è così..ogni premio ha un valore di per se”
    ROTFL

  4. il viaggio tra i protagonisti del movimento birrario italiano disdegna la terra di Lucania (non ricordo bene, ma forse è l’unica regione a mancare del tutto dalla “mappa” birraria).
    Quantomeno per la “bandiera”, al Birrificio Lucano si poteva pur fare una noticina…

  5. Io ricordo tanta polemica sulla nuova guida

  6. se volete…ricominciamo…. 🙂

  7. Son riuscito appena sfogliare la Guida qualche giorno fa, ma ho potuto verificare un piccolo particolare: ci sono le industriali, c’e’ la Moretti.. ma non c’e’ la Grand Cru.
    Sara’ che la questione Moraffligem e’ una mia fissa, ma per il mio giudizio positivo questo aspetto contava piu’ di qualche chioccola o bottiglia in piu’ o in meno…

    • Beh in quella dei vini slow c’è il Fontana Candida, mi pare in linea con il principio del buono, pulito e giusto…

  8. No vi prego, altri 150 post non li reggeremmo….anche se nel flame alcuni di noi sono maestri indiscussi…..certo quasi ci andrei al Vinoforum per riprovare qualche birra slow su cui alcuni dubbi li nutro, ma già il pensiero di poter vedere scene apocalittiche (tipo alcuni elementi che bevono dalle varie sputacchiere disseminate per i vari stand) mi fa desistere…..

    • cosa sono le sputacchiere? dici bicchieri esausti lasciati a metà un quarto d’ora prima?

      • no sono quei recipienti che vengono utilizzati da chi non intende ingollare tutto ciò che assaggia (sputando il vino o la birra al loro interno) oppure da chi deve svuotare il proprio bicchiere

  9. Per me il problema non e’ il fatto che i migliori ci siano tra i premiati, questo e’ il minimo, ma che ci siano dentro anche cose non proprio di alta qualita’ e di dubbia costanza produttiva. E dai commenti non sono l’unico a pensarla cosi’, con o senza dietrologie. Poi la guida per carità e’ presentata bene e solo slow food si puo’ permettere uno sforzo del genere (moral suasion=non far prendere un euro ai recensori).

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