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Ancora accise agevolate: arriva da Trento la proposta della Lega Nord

L’ultima volta che ci eravamo occupati di analizzare le manovre della politica italiana nei confronti del mondo della birra artigianale era inizio luglio. All’epoca espressi la mia soddisfazione per le due proposte provenienti da Giuseppe L’Abbate (M5S) e Alberto Pagani (PD), che per una volta apparivano sensate e formulate su una reale conoscenza delle problematiche del settore. In particolare la mozione di L’Abbate si concentrava sulle famigerate accise, proponendo una disciplina diversa per i microbirrifici (quelli cioè sotto i 200.000 hl) e seguendo quanto già proposto a fine febbraio da Unionbirrai e CNA. Secondo quanto riporta il Trentino, ora il discorso è stato ripreso dalla Lega Nord, che vorrebbe far partire l’iter legislativo per una riforma delle accise dalla città di Trento. Con una proposta che però mostra qualche passaggio oscuro.

La mozione presentata dai consiglieri comunali leghisti di Trento – primo firmatario è stato Devid Moranduzzo – è stata approvata dal consiglio comunale e punta a modificare la disciplina delle accise con la ricezione della direttiva comunitaria 92/83/CEE. Come vi spiegai in passato, questa direttiva – che lo ricordo, esiste addirittura dal 1992 – permette agli Stati membri di applicare aliquote minori per piccole imprese indipendenti, cosa che effettivamente accade in diverse nazioni europee ma non in Italia. La Lega Nord ha dunque proposto di seguire il “consiglio” della Comunità Europea al fine di semplificare la vita alle circa 30 aziende brassicole del Trentino.

Bene quindi, ma non benissimo. Il primo aspetto abbastanza inquietante è che la proposta di legge identifica come “artigianale” un birrificio che produce tra i 600 e i 650 hl annui. Al di là della confusione che può sorgere dal riferimento a un range di ettolitri, la cosa che lascia spiazzati è il limite imposto, davvero bassissimo. Spero ci sia un errore nei calcoli, perché 600 hl sono quelli che produce un homebrewer abbastanza attivo nell’arco dell’anno – sto ovviamente ricorrendo a un eufemismo, ma neanche troppo. Un simile limite taglierebbe fuori una gran parte di birrifici trentini, risultando totalmente in contrasto con gli obiettivi della mozione.

L’altro criterio che secondo i consiglieri leghisti definirebbe una birra artigianale è l’assenza di pastorizzazione e di sostanze chimiche o additivi. Qui c’è poco da aggiungere, se non il dubbio sollevato da Gianriccardo Corbo sulle nostre pagine in passato: “se per additivi chimici si intende anche il banale lacido lattico non fanno birra artigianale nemmeno gli homebrewer”. Considerazione che non fa una piega, quindi in questo caso sarà importante capire come eventualmente il legislatore regolamenterà questo passaggio. L’aspetto positivo è che la definizione non cita la filtrazione: in mancanza di una sua determinazione dettagliata, costringere a escluderla dal processo avrebbe rappresentato un problema.

L’ultimo passaggio, con il quale si chiude l’articolo in oggetto, specifica che la mozione leghista prevede anche di favorire le aziende specializzate in prodotti a chilometro zero. Premesso che questa espressione legata alla birra mi provoca sempre dei brividi, probabilmente qui si fa riferimento ai birrifici agricoli, quelli cioè che coltivano almeno la metà delle materie prime impiegate durante il processo produttivo. Questi birrifici “speciali” già godono di alcuni vantaggi rispetto a quelli normali, quindi non capisco perché dovrebbero avvantaggiarsi ulteriormente. Comunque ormai questo discorso sembra dato per scontato, quindi qualsiasi obiezione rischia di cadere nel vuoto.

In definitiva la proposta della Lega appare poco chiara in alcuni passaggi, ma ha il pregio di spingere ancora su una disciplina diversificata tra grandi e piccoli produttori. Accantonate con un fallimento le battaglie per la riduzione delle accise (o meglio, per il blocco degli aumenti), ora l’unica strada percorribile sembra quella rappresentata da aliquote diverse – probabilmente è stata l’unica strada percorribile sin dall’inizio.

Il tema sta tornando d’attualità con una tale frequenza che per una sua futura realizzazione sembra davvero verosimile. Per i microbirrifici sarà una grande conquista, a patto che l’intera disciplina sia regolamentata con senno e vera conoscenza del settore. E da questo punto di vista la mozione leghista mostra diverse falle. La speranza è che qualsiasi altra iniziativa in tal senso sia figlia di una visione competente e funzionale nel lungo periodo.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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6 Commenti

  1. esclusa la quantità massima completamente sballata (sarà un refuso magari) loro vorrebbero proporla, immagino, solo per le accise-tasse di competenza della provincia autonoma di Trento? e gli altri? Comunque è sempre una buona notizia, si spera prima o poi si realizzi nazionalment

  2. Mi domando come si possa pensare ad un discorso di ecologia e ambiente e quindi prodotti decisamente bio e poi non pensare che le risorse per produrre la birra non debbano essere a km zero ? Credo che il legislatore debba pretendere con delle agevolazioni a chi adotta una produzione a km zero al fine di evidenziare un prodotto autoctono e agevolare una economia di prossimità che è de dovrà essere quella che prenderà sempre più piede in un futuro non molto lontano

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