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Non solo Baladin Pop: le lattine alla conquista della birra artigianale italiana

Birra artigianale e lattine. È un tema che nel nostro mondo torna con regolarità, riemergendo di tanto in tanto dopo mesi passati nell’indifferenza generale. Cronache di Birra è stato uno dei primi organi d’informazione a occuparsene in Italia: era l’ormai lontano 2008 quando parlai di una vera e propria “rivoluzione delle lattine”, raccontando la sua riscoperta associata alla birra di qualità grazie alle nuove conquiste tecnologiche. Negli Stati Uniti sono adottate da un numero considerevole di produttori, mentre in Europa uno dei birrifici che ne ha favorito la diffusione è stato Brewdog. Il primo esperimento “quasi” italiano fu quello di Bad Attitude (era il 2010), ma si trattò di un caso isolato. A distanza di quasi sei anni sembra però che ora siamo al cospetto di un punto di svolta e che le lattine siano in procinto di invadere la birra artigianale italiana.

Cosa mi spinge a questa conclusione? I motivi sono diversi, ma uno dei più importanti sta rimbalzando proprio in queste ore sui social specializzati: il birrificio Baladin ha annunciato la Baladin Pop, la prima birra artigianale italiana in lattina. Una mossa che forse non molti si aspettavano e che, data l’influenza dell’azienda di Piozzo su tutto il movimento nazionale, nei prossimi mesi potrà alimentare diversi tentativi di emulazione.

La Baladin Pop viene presentata così sul sito della creatura di Teo Musso:

Baladin POP (popular beer) è la prima birra artigianale italiana… In lattina! Birra in stile Baladin reinterpretata in chiave pop con l’intento di proporre una birra di grande qualità ma facilmente fruibile.

Schiuma bianca e compatta, si presenta di colore dorato. La luppolatura a freddo  ̶  dry hopping  ̶  che utilizza luppolo in fiore qualità Mosaic e Cascade prodotto in Italia, le dona delicate note erbacee ben bilanciate con la parte maltata. Fresca al naso e in bocca, si completa con un finale secco e gradevole.

POP è rivoluzionaria, in Italia, nel packaging essendo proposta in lattina di alluminio da 33cl. La grafica si ispira a quello che è stato uno dei movimenti culturali più rappresentativi del secolo scorso: la musica pop. Sono 6 le declinazioni cromatiche che vogliono creare il gioco del “collezionare” come è stato nella cultura pop degli anni settanta. Ovviamente il contenuto è lo stesso per tutt’è 6: la birra POP.

L’aspetto interessante è che a un occhio superficiale fino a ieri la lattina sarebbe potuta apparire come il concetto più lontano dalla filosofia Baladin. Un birrificio che circa 20 anni fa contribuì profondamente alla rivoluzione della birra artigianale in Italia grazie a una concezione “alta” della bevanda, da posizionare nei ristoranti prima ancora che nei pub. Negli anni la visione di Teo Musso si è allargata e ha inglobato anche un consumo più informale, ma all’epoca è stata in grado di influenzare la quasi totalità dei suoi successori.

Una prima svolta di Baladin fu con i locali Open Baladin, che intendevano ridefinire il concetto di “birreria all’italiana” (e in parte ci sono riusciti). Ora una decisione ancora più netta è quella di cambiare totalmente pelle (o comunque proporne una aggiuntiva) per raggiungere un consumo ancora più “popolare”. In tutto ciò il richiamo alla musica, al collezionismo, alla grafica retrò si sposa alla perfezione.

borgo lattine

Chiaramente però non basta una rondine a fare primavera e di conseguenza questo articolo non avrebbe senso se i segnali non fossero andati oltre l’annuncio di Baladin. In effetti c’è un altro importantissimo produttore italiano che è pronto a lanciare le sue lattine: Birra del Borgo. Un indizio fu annunciato a inizio novembre sulla pagina Facebook del produttore reatino: un’immagine con qualche progetto, appunti vari e il già inflazionato slogan “Yes we can”. È probabile che Birra del Borgo non crei una nuova birra per l’occasione, proponendo invece la Reale e tutte le altre creazioni che abbiamo imparato a conoscere in questi anni.

Nel frattempo le aziende produttrici di linee di inlattinamento stanno cominciando a progettare prodotti più in linea con le necessità dei microbirrifici, che chiaramente non possono sostenere investimenti paragonabili a quelli di aziende decisamente più strutturate. L’impressione è che nei prossimi mesi si amplieranno le possibilità per sondare questo nuovo metodo di confezionamento, con tutti i vantaggi che esso può apportare.

Stiamo per assistere alla diffusione delle lattine anche nella birra artigianale italiana? L’esempio di Baladin e Birra del Borgo sarà seguito da altri produttori italiani? Intanto oggi Teo Musso presenterà alla stampa i suoi nuovi progetti, tra i quali proprio la Pop. Ne sapremo di più i prossimi giorni. Intanto cosa ne pensate di questa novità?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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17 Commenti

  1. Credo si riferisca al solo Cascade prodotto in Italia, in quanto la varietà Mosaic é “brevettata” e solo poche farm hanno la licenza per coltivarla. Messa giù come l’ha detta Teo Musso può essere facilmente frainteso.

  2. Personalmente farei due analisi:
    La prima da studente di comunicazione e pubblicità riguardo al packaging. Azzeccato a mio avviso in relazione alla fruibilità del prodotto in lattina.
    La seconda da homebrewer e consumatore abituale di birra artigianale: Credo siamo ancora lontani dall’ ottica di associazione tra qualità e birra in lattina; Una scelta dettata probabilmente dall’ ingresso nella GDO da parte di Baladin.
    La mia è una disamine dettata da un primo impatto visivo. Attendo ora il test degustativo. Staremo a vedere.

  3. “Ovviamente il contenuto è lo stesso per tutt’è 6”. Anche l’uso della lingua italiana è popolare…

    • Diciamo che non è il miglior annuncio della storia visto che qualche correzione l’ho fatta io riportando il testo 🙂

  4. Anche Andrea Bertola, nel cuneese, col progetto Beertola dovrebbe uscire con le lattine (oltre alle bottiglie).

  5. Domanda (retorica): cosa c’è di popolare se una birra per consumo domestico viene venduta a 8,40 € al litro ? A meno si trovano Chimay e Duvel, per non parlare della Salvator che con i suoi 3,30 €/litro ha un rapporto qualità/prezzo spaventoso….

    • Ah! 2.80 al pezzo? Dopo che per anni condiziona negativamente il mercato con le bottiglie fighette da ristorante e gli insopportabili Teku, ora vuol fintamente sdoganare la “pop can”. A questi prezzi non riuscirà nel suo intento.

    • Quando vorrò bere pop mi sa che andrò avanti a vetro con Forst Sixtus a 0,89 la 33 (2,7 al litro) e Lurisia Speciale a 1,79 la 33 (5,4 al litro e mi sa che è pure “doppiomalto”).

  6. C’è un piccolo birrificio campano il cui nome è OKOREI, che un anno fa ha messo in produzione una Birra con lo stesso intento. Il nome della birra è I.POP. B. che più che fare riferimento alla musica POP fa riferimento ad un gruppo musicale italiano degli anni settanta ancora oggi attivo gli AREA che porta una dicitura sotto al nome che recita International Popular Group, la birra diventa International Popular Beer. L’intento del birrificio è quello di fare una birra popolare e ha realizzato per ora solo tre etichette, chiaramente diverse tra loro dei lavori più vari che il popolo fa, anche qui l’intento è quello di far fare una collezione di bottiglie. I disegni delle etichette sono stati realizzati da Daniele Bigliardo disegnatore di Dylan Dog e rappresentano Una Saldatrice, un One man band, e una DJ.

  7. Salve, sono Francesco Aliperti uno dei 5 cooperanti di OKOREI il piccolo birrificio campano di cui raccontava Alberto. Insomma io sono uno dei “miserabili venditori di fumo” cui faceva riferimento Michele. Devo precisare che conosco le insidie di queste chat e per questo mi guardo bene dal fomentare con il mio intervento, la solita inutile polemica priva di senso. Sottolineo altresì che rispondo a titolo strettamente personale perché mi premeva far notare che non è elegante offendere chi come noi investe tempo, denaro ed energie proprie, per mettere su un’attività in un territorio vessato e mortificato da tutte le forme di abbandono e degrado che si possono immaginare. Questo non vuol dire che la critica costruttiva non sia giustificata per non dire addirittura gradita. Trovo infatti ragionevole che si possa far notare che una birra popolare non dovrebbe costare quel che in effetti costa. Non trovo invece costruttiva la durezza senza appello con cui si condanna un progetto che è certamente perfettibile e che prevede un’evoluzione continua, perché no, proprio nella direzione della sensibile, progressiva riduzione dei prezzi al pubblico. Trovo altresì brutale e riduttiva l’idea che un prodotto sia quel che è, senza un involucro, senza un racconto, senza un’idea che in qualche modo esprima nel suo complesso gli intenti dei suoi produttori. Chi beve birra artigianale è per fortuna concentrato proprio sulle suggestioni che sempre un prodotto artigianale è in grado di evocare. Il blog che ci ospita è fatto di parole che vanno proprio nella stessa identica direzione. Andare oltre il prodotto in sé per raccontare la passione, le psicosi, le intenzioni intime di certe proposte. Ogni volta si cerca di creare un mondo il cui nucleo è di certo la qualità della birra, consapevoli che quel nucleo sarà tanto più unico e genuino quanto più forti e concreti saranno gli elementi al contorno. La nostra iPOP-b nasceva dall’esigenza di sottolineare che la birra artigianale è popolare per provenienza ed estrazione. Che la veste sontuosa che gli si cuce addosso scegliendo una bottiglia particolare, in qualche modo, distoglie l’attenzione da questo fondamentale requisito. Ci siamo fatti accompagnare in questo da Daniele Bigliardo che è un affermato disegnatore di fumetti campano che da tempo condivide il nostro percorso. Ci era parso adeguato offrire motivo di spunto per i tantissimi collezionisti che giornalmente ci contattavano proprio per arricchire il proprio patrimonio fatto di suggestioni. Etichette di personaggi popolari, intimamente legati al prodotto che stavamo mettendo sul mercato. Non abbiamo mai pensato di star vendendo fumo, né tanto meno ci premeva prendere per i fondelli chi avesse inteso scegliere quel prodotto. D’altronde ci siamo sempre detti che è proprio per questo che si parla di “mondo della birra artigianale” perché è evidente che non c’è solo la birra, che è tutto un fiorire, di appassionati, di collezionisti, di ricercatori, insomma di consumatori che sono parte integrante dell’intero movimento. Ciò detto, ognuno è libero di usare le parole che ritiene adeguate. Rinnovo però il mio appello al senso di responsabilità con cui si fanno certe esternazioni, ringrazio chi ci ospita per la sua capacità di ampliare i confini di questo universo e ancor di più tutti quelli che sapranno fornire critiche volte a migliorare ciò che facciamo, piuttosto che a demolirlo selvaggiamente, perché tanto non gli costa niente.

    • Mi scuso per aver urtato la tua sensibilità, ma resto della mia idea. Intendo pagare quel che c’è nella bottiglia e non il compenso del fumettista che hai ingaggiato. Le suggestioni di cui parli, deve suscitarmele la birra, mica la grafica delle tue etichette.

      • Lascia stare la mia proverbiale suscettibilità. E’ giusto che tu esprima il tuo parere. Lascia solo che ti faccia due domande:
        era necessario definire miserabile venditore di fumo uno che non conosci?
        hai avuto modo di bere la birra che hai a tuo modo recensito?
        Sia bene inteso, non è necessario che tu risponda se non lo ritieni necessario.
        un saluto a tutta la fascia d’ascolto.

  8. http://www.birramoriamoci.it/viaggi-birrari-napoli-paradiso-pericolosamente-saporito/
    il link di un blog in cui a dicembre del 2014 si recensisce il progetto iPOP-b del birrificio Okorei … mi sarei aspettato un approfondimento a riguardo del palese plagio perpetrato dal sommo birrificio …

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