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Sarà il 2016 l’anno della definizione di birra artigianale?

Che la birra sia diventata oggetto del dibattito politico non è più una novità da almeno un paio di anni, da quando cioè si è cominciato a parlare del sanguinoso aumento delle accise che ha investito il settore. Nel novembre del 2013 l’allora presidente di Assobirra, Alberto Frausin, espose il problema dell’incremento dell’imposta delle accise di fronte alla Commissione Finanze, toccando solo marginalmente l’argomento relativo ai birrifici artigianali. Ma in due anni di cose ne sono successe parecchie e oggi è invece la birra artigianale a tenere banco a livello politico: mercoledì scorso la stessa Assobirra, Unionbirrai, CNA e alcuni rappresentanti di microbirrifici nazionali sono comparsi di fronte alla Commissione Agricoltura per spiegare i problemi dei piccoli produttori nell’ambito della discussione di un disegno di legge per la semplificazione e la razionalizzazione di alcuni settori, non ultimo quello brassicolo.

Rispetto all’audizione del 2013, questa volta si è parlato quasi esclusivamente di birra artigianale, come potete verificare nel video che riporta integralmente la seduta sul canale Youtube di Assobirra. I problemi esposti dagli auditi sono quelli che abbiamo illustrato tante volte su Cronache di Birra: accise elevate, mancanza di una disciplina diversificata delle stesse in base alla dimensione aziendale, assenza di un meccanismo di semplificazione, effettivo rendimento sul prodotto finito. La campagna per una riduzione tout court delle accise – fallita miseramente negli scorsi mesi – è stata sostituita da una valutazione riguardante esclusivamente i microbirrifici e sulla possibilità di riconoscere il loro status assolutamente distante da quello dell’industria.

Il tema sembra molto sentito non solo dalle nostre associazioni di categoria, ma anche dai diversi parlamentari intervenuti durante l’audizione. La sensazione finale è che le istanze del comparto artigianale siano prima o poi destinate ad essere accolte dal mondo politico, permettendo di creare una situazione più in linea con le esigenze dei microbirrifici. E appare chiaro che la chiave di volta per arrivare a questa innovazione sarà una definizione nazionale di birra artigianale.

La questione è ovviamente molto delicata, ma appare l’unica soluzione efficace per creare uno spartiacque tra birrifici industriali e microbirrifici, da cui partire per sviluppare successivamente due discipline separate. A mio parere quindi la prima osservazione che balza all’occhio è che qualsiasi definizione non regolamenterà la “birra artigianale”, ma i “birrifici artigianali”. È quanto accade negli Stati Uniti: la definizione della Brewers Association traccia i criteri che identificano i birrifici craft, non la birra craft. Di conseguenza quest’ultima è il frutto del lavoro di quelle aziende che rientrano nei limiti dei birrifici craft.

Ciò che emerge dall’audizione della Commissione Agricoltura è che i prossimi mesi saranno dedicati a stabilire i criteri (qualitativi e quantitativi) dell’eventuale definizione. Ecco quelli che sembrano emergere dal confronto avvenuto in aula:

  • Pastorizzazione e microfiltrazione – Su questi due aspetti del processo produttivo c’è praticamente unanimità nell’escluderli dalla definizione, sebbene sul secondo sarà importante approfondire il discorso.
  • Tetto massimo alla produzione annuale – Sebbene non tutti i membri della commissione lo abbiano considerato un criterio fondamentale, il dibattito si è concentrato sui due limiti “tradizionali”: quello dei 10.000 hl annui della vecchia (vecchissima ormai) definizione di Unionbirrai e quella dei 200.000 hl prevista dalla direttiva europea del 1993. Per fortuna sembra chiaro a tutti che ormai il primo limite è totalmente anacronistico e che sarebbe controproducente per l’intero settore.
  • Assetto societario – L’on. Oliverio è stato l’unico a proporre questo criterio all’interno della definizione, la cui importanza è stata successivamente evidenziata da Monetti di Unionbirrai. A mio parere è fondamentale tenerlo in considerazione, purché non complichi la definizione.
  • Birra agricola e birra biologica – Alcuni membri della commissione hanno chiesto delucidazioni sull’opportunità di stabilire anche definizioni del genere, ma la proposta è stata accolta con freddezza sia da Unionbirrai che Assobirra.
  • Legame al territorio – Purtroppo alcuni membri della commissione hanno provato ad avanzare come criterio necessario il legame col territorio in termini di ingredienti utilizzati, basandosi su un’improbabile comparazione col mondo del vino. Questo è uno dei pericoli principali per la futura definizione, ma per fortuna sia Assobirra che Unionbirrai hanno sottolineato l’inconsistenza di un simile criterio.
  • Marchio – Diversi onorevoli hanno avanzato la proposta di legare la definizione a un marchio da apporre in etichetta.

Due aspetti saltano all’occhio dall’audizione di mercoledì. Il primo è che fortunatamente si avverte una preparazione media abbastanza avanzata da parte dei membri della commissione, sebbene non manchino alcuni alti e bassi. In secondo luogo ho avvertito una certa unità di intenti tra Assobirra e Unionbirrai, che fa ben sperare per le future evoluzioni. Come sempre sarà importante tenere d’occhio l’avanzamento del dibattito, perché è in gioco un elemento fondamentale per la crescita del settore negli anni a venire.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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2 Commenti

  1. Belle notizie e criteri abbastanza sensati, direi più del previsto.
    Il limite produttivo mi sembra superfluo, sulla microfiltrazione sono curioso di vedere come va a finire.

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