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Di bestie, mostri e mostruosità

L'etichetta della Vermonster
L'etichetta della Vermonster

A chi è abituato a leggere i blog birrari stranieri, non sarà sfuggito il caso della Rock Art Brewery, che ha praticamente tenuto banco durante tutta la scorsa settimana. La vicenda è nata da un presa di posizione alquanto stravagante, ma che ha rischiato di compromettere l’esistenza del birrificio e che per fortuna si è conclusa nel migliore dei modi. In parole povere, la multinazionale Anheuser-Busch non ha particolarmente apprezzato l’esistenza, tra le birre del produttore del Vermont, di un Barley Wine chiamato The Vermonster. Il motivo? Il nome creerebbe confusione con l’energy drink Monster della Hansen’s Beverage, controllata proprio dalla società americana.

Se vi state chiedendo cosa c’entri un alcolpop con una birra artigianale, sappiate che siete in buona compagnia. In effetti, basta essere dotati di un minimo di obiettività per considerare la rivendicazione della Hansen’s Beverage completamente assurda. Come si può confondere una bottiglia di birra con una piccola lattina di un energy drink? I nomi sono diversi, le etichette diverse (che più diverse non si può), i prodotti diversi. Non ci sono dubbi: ancora una volta siamo di fronte all’arroganza dei grandi industriali nei confronti dei piccoli artigiani. E la presenza di Anheuser-Busch dietro alla Hansen’s Beverage è molto indicativa al riguardo…

Ecco il Monster Energy Drink, come non confonderlo con la Vermonster?
Ecco il Monster Energy Drink, come non confonderlo con la Vermonster?

Come dicevo, fortunatamente la vicenda è volta al meglio e, grazie anche alla denuncia di tanti appassionati, la Rock Art ne è uscita indenne, raggiungendo con Hansen’s un accordo di massima. Nel documento ufficiale (pdf) tutta la questione è cancellata: le due aziende continueranno a commercializzare i loro rispettivi (e diversi) prodotti, con gli stessi nomi e le stesse modalità. Tanto rumore per nulla, si potrebbe pensare, ma è evidente il dietrofront da parte della Hansen’s, che deve essersi accorta di aver abbbondantemente superato il limite della ragionevolezza.

Da alcuni giorni sul sito della Rock Art campeggia il messaggio entusiastico dello staff del birrificio, che annuncia a caratteri cubitali la vittoria appena ottenuta. Nonostante l’assurdità delle richieste della Hansen, il rischio corso dal piccolo birrificio artigianale è stato davvero concreto, quindi è comprensibile tanto trasporto. D’altra parte, molti appassionati hanno sottolineato l’insensatezza delle pretese dell’azienda dell’energy drink, scagliatasi contro una piccola realtà dopo non aver fatto una piega nei confronti di birre con nomi molto più scuscettibili di creare confusione: come la Big Hoppy Monster di Terrapin o la Lake Erie Monster della Great Lakes. Forse è solo una coincidenza, ma in tutti gli altri casi si trattava di birrifici artigianali di dimensioni ben maggiori della Rock Art.

Le guerre giudiziarie sui nomi dei prodotti brassicoli non sono una novità, al contrario esistono diversi esempi, come in tutti i settori. Ovviamente la vicenda più famosa è la diatriba tra Budvar e Anheuser-Busch (questa multinazionale torna spesso, chissà perché…) per la proprietà dei diritti di sfruttamente del marchio Budweiser. Su queste pagine in passato ho invece raccontato della beffa giocata dalla birra Bavaria ai danni dei produttori della Baviera.

La vecchia etichetta della Sange de Toro di Beba
La vecchia etichetta della Sangre de Toro di Beba

Forse non tutti lo sanno, ma anche in Italia c’è stato un caso analogo. Intorno al 2006 (spero di ricordare correttamente l’anno) il birrificio Beba fu costretto a cambiare nome alla sua Sangre de Toro, a causa della pressione dei produttori dell’omonimo vino spagnolo. D’altro canto come non essere d’accordo? Io magari sono alla ricerca del famoso rosso iberico e per sbaglio acquisto l’ambrata del Beba… siamo ai limiti della truffa, no?

Oggi la birra si chiama semplicemente Toro, ma girando per la rete potete scoprire che spesso è ancora indicata col suo vecchio nome e la sua etichetta originaria. Chissà quale sarà la prossima arrogante pretesa di una multinazionale nei confronti di un piccolo birrificio artigianale…

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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14 Commenti

  1. Andrea, c’è un altro caso in italia… qualche anno fa, il birrificio Les Brassuer De Gayant invio ad un birrificio italiano una lettera di diffida perché riteneva che il nome di una birra prodotta da questo birrificio fosse lesiva nei confonti di una nota e forte birra prodotta da LBDG… a te l’onore di scoprire i protagonisti 😀 la cosa poi non ebbe seguito e scoppiò come una bolla di sapone, passata la mattana di protagonismo dell’industriale di turno

  2. @SR
    Non sarà mica che una mano armata reggeva la testa mozzata di qualcuno..?
    (E se la cosa fosse stata fatta apposta,quel produttore diventerebbe ancor più un padre spirituale 😉 )

  3. bingo. secondo loro era diffamazione… qualche mania di protagonismo?

  4. Tante cose possono fare assonanza con Monster oltre The Vermonster.
    Che abbiano fatto causa anche a Monster&Co ? 🙂

  5. @SR
    Tra le birre di quel produttore francese ho letto almeno 3 nomi che potrebbero tranquillamente confondersi con birre italiane 😉

  6. vabbè magari erano solo in cerca di pubblicità gratuita.

  7. una pubblicità talmente gratuita che se perdi la causa, passi il resto della vita a pagare la multinazionale di turno.

  8. mi pare molto difficile che in uno stato di diritto come negli USA , una causa del genere riesca ad aver successo.
    sai quante ditte di finestre chiederebbero i danni a windows ?.
    cerchiamo di esseri seri ogni tanto ok? 🙂 ..

  9. uhm pistillone, conviene informasi un pò prima di parlare.
    Leggi qua va: http://it.wikipedia.org/wiki/Budejovicky_Budvar

  10. senza contare che lo spettro delle spese legali per chi non è dotato di un ufficio legale è spesso argomento molto convincente

  11. @super
    quella questione è un molto diversa rispetto a questa proposta da turco in questo post che è oggettivamente surreale e legato a 2 aziende USA, non è questione di spese legali o altro, quando ci sono dispute sui nomi in 2 paesi diversi le cose si complicano non di poco.

  12. c’e’ anche il caso della nuova panda che si doveva chiamare Gingo e la Renault diffido’ la Fiat a usalro perche’ si assomigliava a Twingo.
    Ci sono migliaia di persone che campano di brand management e affari legali, non vorrete mica metterli tutti sulla strada?

  13. si vabbe’ , ma la birra e’ buona? hahahaha sorry sdrammatizzavo, poverini chissa’ che paura si sono presi , con quel colosso contro , meno male che e’ successo in america, dove forse anche il piccolo puo’ avere ragione , chissa’ se in italia sarebbe successo lo stesso…..

  14. Nel film Beer Wars Sam Calagione parla della causa intentata ai suoi danni da una multinazionale della birra a causa della sua birra alla zucca, rea di avere nel nome la parola Pumpkin (che è la zucca). Come è finita? La birra di Dogfish ha cambiato nome….

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