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Anthony Bourdain, AB Inbev e le ingiustificate critiche alla birra craft

Tra le tante dichiarazioni che quotidianamente capita ormai di leggere riguardo alla birra artigianale, negli ultimi giorni ne sono apparse un paio che secondo me meritano un approfondimento. Le prime risalgono all’inizio del mese e arrivano da Anthony Bourdain, il celeberrimo chef diventato negli anni una vera e propria icona televisiva; le seconde sono state pronunciate a fine ottobre da Carlos Brito, CEO dell'”odiata” AB Inbev. Ciò che accomuna queste esternazioni è un’ingiustificata critica al settore della birra artigianale, basata su considerazioni parziali, fallaci e faziose. Considerazioni, in breve, che arrivano da chi evidentemente non ha mai vissuto il nostro mondo con passione e che comunque si sente nella posizione di giudicarlo.

Partiamo da Anthony Bourdain. In una sua recente intervista per Thrillist, ha espresso opinioni negative e sinceramente poco comprensibili nei confronti della comunità della craft beer. Un articolo di The Telegraph, intitolato in maniera risoluta “Anthony Bourdain: la birra artigianale sta trasformando le persone in zombie”, riporta alcuni passaggi chiave. Il primo introduce il discorso con un astio che lascia esterrefatti:

Direi che le critiche più feroci che ricevo dai miei telespettatori arrivano quando mi ritrovo a bere la prima birra ghiacciata che mi capita di incontrare, invece di cercare la migliore in zona. Sapete, il mio errore è di non camminare per dieci isolati fino al microbirrificio più vicino, dove producono una fottutissima Mumford and Sons IPA

Poi quando si parla del suo rapporto con i luoghi della birra artigianale, si capisce meglio la visione di Bourdain:

Ero a San Francisco e stavo cercando disperatamente una birra, quando entrai in questo posto… e notai che c’era un’ampia selezione di birre di cui non avevo mai sentito parlare. È una cosa positiva, ci mancherebbe… ma poi mi sono guardato intorno: l’intero luogo era pieno di persone sedute al tavolo e intente a prendere appunti di fronte ai loro cinque piccoli bicchieri da degustazione.

Questa roba non è un bar. È una cazzo di Invasione degli Ultracorpi. È una cosa sbagliata. Non è ciò che dovrebbe essere un bar.

L’affresco di Bourdain è chiaramente un trionfo di luoghi comuni e restituisce una visione oltremodo caricaturale, molto simile a quella tracciata dal famigerato spot di Budweiser trasmesso durante il Super Bowl del 2015. È difficile credere che il noto chef si sia trovato davvero nella situazione che descrive a San Franciso e le spiegazioni sono due: o ha avuto la sfortuna di beccare un raduno di raters – e sarebbe preoccupante che non se ne sia accorto – oppure in quel pub non c’è mai stato e ha creato una storiella facilmente vendibile basandosi su dicerie e considerazioni sommarie.

Ancora più assurde, se vogliamo, sono le dichiarazioni del CEO di AB Inbev, che invece non ha trovato nient’altro di meglio che scagliarsi contro la varietà del mondo della birra artigianale, rispetto alla quale – secondo lui – i consumatori si sarebbero stancati. E poco importa se AB Inbev da alcuni anni sta facendo shopping nella realtà craft di USA e del resto del mondo, prendendo il controllo di aziende che hanno in portfolio decine e decine di birre diverse.

Il problema è che con l’ampliamento delle birre in catalogo per ogni produttore e con la costante apertura di nuovi birrifici, la situazione sembrerebbe aver raggiunto un punto di saturazione. In partenza Brito ne fa un problema pratico, di spazio, affermando che scaffali dei punti vendita non permettono di incrementare ulteriormente l’offerta. Poi però si concentra sui gusti dei consumatori:

I nostri clienti stanno pensando “quanto altro assortimento pensate di poter proporre?”. [Per questa ragione] stanno cominciando a stufarsi della scelta e preferiscono guardare a pochi marchi.

Come ricorda il sito Just drinks, che riporta alcuni stralci delle dichiarazioni, recentemente AB Inbev è stata accusata di cercare di limitare il numero di marchi craft disponibili negli USA attraverso delle pressioni nei confronti dei rivenditori. La recente fusione con Sab Miller è stata definita dalla Brewers Association un’operazione pericolosa per i consumatori, a causa del maggiore controllo sulla distribuzione che potrebbe chiudere le porte ai piccoli produttori.

Tutte queste esternazioni arrivano da due personalità molto diverse tra loro, ma che condividono una visione “esterna” al mondo della birra artigianale. Dimostrazione è che paradossalmente le critiche partono da uno dei più grandi valori della birra craft: la sconfinata varietà dell’offerta, forse la vera chiave di volta che ha decretato il successo dei microbirrifici in tutto il mondo. Una varietà che può disorientare – come afferma Bourdain – e rispetto alla quale si può reagire in due modi diversi: o facendosi incuriosire e appassionare, apprezzandone la sua immensa portata, oppure respingendola e interpretandola in associazione con i più insulsi luoghi comuni sui suoi consumatori.

La contraddizione raggiunge livelli altissimi con le dichiarazioni del CEO di AB Inbev, che sembra quasi annunciare una battaglia interna tra tutti i marchi craft acquistati dalla multinazionale, per sopravvivere in un mercato diventato quantomai selettivo. Queste affermazioni contrastano con la varietà di offerta dei tanti birrifici artigianali sotto il controllo di AB Inbev e non fanno sperare bene per il loro futuro. Ma se queste sono esternazioni collegate a strategie societarie, diversa è la considerazione dei consumatori. Chi sono questi bevitori stanchi dell’offerta? Quelli che hanno decretato il successo della birra artigianale o quelli, appena incuriositi, che bazzicano con fare poco convinto tra gli scaffali dei supermercati?

Come accennato in apertura, ancora una volta si percepisce la distanza tra il mondo della birra craft e i loro osservatori esterni, che offrono considerazioni prive di passione e condivisione. Per questo motivo potremmo anche non curarcene, ma al contrario credo che non vadano ignorate, perché dimostrano il percorso (o uno dei percorsi) che sta intraprendendo il nostro mondo nella fase di grande successo in atto. Il timore è che qualcosa ci sta sfuggendo di mano, ammesso che possiamo fare qualcosa affinché questo non accada.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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4 Commenti

  1. diciamo ad Anthony di passare un venerdì sera qualunque al Birrificio Lambrate (tanto per citarne uno) per vedere quanta bella gente piena di energia si beve birra artigianale in totale allegria e spensieratezza…. altro che zombi! Salute!

  2. Ho sempre seguito con interesse Bourdain finchè La Effe ha mandato in onda le puntate di una sua serie, ma anche a me è parso fin troppo evidente che di birra non ne capisse una mazza.
    L’ho visto spessissimo bere birra a canna e sbronzarsi con qualsiasi cosa gli proponessero o capitasse a tiro.

  3. Ci sono modi e modi di dire le cose, con derivazione in 2 modi fondamentali di interpretare:
    Buonafede_ la birra craft si sta spersonalizzando a causa dell omologazione ipacentrica ( e simili) . Aggiungi la caricatura del degustatore che non si gode mai una bella e piacevole bevuta perso nei meandri del sermone analitico. Certo che da uno come lo scief Anthony, mi aspetto una miglior strategia comunicativa e maggior coscienza delle conseguenze ( per altri) di ciò che dice.
    Malafede_esattamente i luogi comuni che ha detto.
    Ceo abinbev, o qualsiasi altra carica rappresenti: sempre con il secondo fine di bombardare una nicchia di mercato, una % microscopica che non li danneggia ma che temono, invidia e avidità.

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