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Fallimenti e acquisizioni: ultime notizie da USA, Spagna e Italia

Da qualche anno il panorama internazionale della birra (artigianale) è soggetto a frequenti smottamenti, che ne ridefiniscono continuamente i connotati. Abbiamo ormai capito che è finita quella fase in cui i birrifici craft vivevano in un ambiente sostanzialmente indipendente e in costante crescita: una conformazione granitica che, nonostante alcune eccezioni, è rimasta tale per anni. Da una parte c’era l’industria, brutta e cattiva, che viveva nel suo mondo ogni giorno meno solido, dall’altra la grintosa schiera dei microbirrifici artigianali, in forte ascesa e composta da un numero crescente di aziende. Da qualche tempo questa visione a comportamenti stagni non è più valida, sia perché le multinazionali hanno deciso di invadere con decisione il segmento craft, sia perché il mercato comincia a restituire alcuni segnali di una sopraggiunta saturazione. Così proprio negli ultimi giorni abbiamo registrato tre vicende che potrebbero indicare alcuni fenomeni destinati a caratterizzare il futuro della birra artigianale nei prossimi anni.

Il possibile rinculo negli USA

La scorsa settimana l’entusiasmante scena birraria di San Francisco ha dovuto incassare una notizia che ha del clamoroso: la chiusura a tempo indeterminato del birrificio Speakeasy. Fondato da un ex homebrewer nel 1997 – praticamente quando in Italia “nasceva” la birra artigianale – Speakeasy è stato per tanto tempo uno dei produttori simbolo della città californiana e dei suoi dintorni. La sua storia è simile a quelli di altre aziende brassicole: una crescita lenta ma costante, che l’ha portata ad aprire la propria tap room nel 2013 e a lanciare negli anni diverse linee parallele (affinamenti in legno e birre in lattina). Nel 2015 chiese un prestito bancario per un progetto di espansione, che l’avrebbe portata a raggiungere i 100.000 hl annui a pieno regime. Numeri per noi spaventosi, ma piuttosto normali per il movimento americano: anzi, certe cifre sono quasi obbligatorie per rimanere in linea con la concorrenza, almeno secondo i modelli di business più diffusi negli States.

Proprio i debiti contratti con le banche e l’incapacità di ripianarli ha portato alla chiusura immediata del birrificio e della tap room, senza garanzie per il futuro. Il blocco è infatti a tempo indeterminato e il destino di Speakeasy è in mano al creditore primario (Union Bank), che tuttavia non si è ancora espresso in merito. L’unica salvezza per il birrificio di San Francisco è l’arrivo di capitali freschi da parte di un nuovo investitore, ma chiaramente la situazione è pessima e lascia presagire il peggio.

Secondo alcuni commentatori la vicenda di Speakeasy non rappresenta un caso isolato, ma il sintomo di un mercato ormai al collasso, dove la competizione ha raggiunto livelli altissimi e nel quale opera un numero eccessivo di attori. Quella dell’azienda californiana non sarebbe l’unica notizia del genere in questo inizio 2017, segno che quella fase di stanca prevista da molti (e sempre rimandata) sarebbe ora davvero all’orizzonte.

Le mire dell’industria sull’Europa

L’acquisizione di birrifici craft da parte dell’industria è un tema ricorrente sulle pagine di Cronache di Birra. Negli ultimi tempi abbiamo visto come le mire espansionistiche delle multinazionali non siano più rivolte solo all’America, ma abbiano iniziato a coinvolgere anche i paesi europei: in passato abbiamo raccontato di quanto avvenuto con Camden Town e Meantime nel Regno Unito. ‘t Ij in Olanda e, ovviamente, Birra del Borgo in Italia. Ora sembra essere il momento della Spagna, perché lo scorso gennaio AB Inbev ha raggiunto un accordo con La Virgen, uno dei più grandi microbirrifici iberici. Le birre dell’azienda spagnola entreranno nella divisione “Craft & Specialties ZX Ventures” del colosso belga e potranno godere degli ingenti investimenti provenienti dal nuovo partner.

Le dichiarazioni del fondatore di La Virgen sono le solite ascoltate dai suoi colleghi in situazione analoghe. Lingue diverse, stessi aridi concetti:

Vogliamo che la nostra birra di qualità sia conosciuta da un bacino sempre più ampio di consumatori e questo accordo ci permetterà di portare il marchio ad un livello tanto desiderato. L’accordo non solo fornisce il supporto essenziale per guidare la nostra crescita, ma ci permette anche di far parte di un gruppo selezionato di produttori di birra con i quali condividiamo molti valori e vogliamo lavorare a stretto contatto, mantenendo la nostra indipendenza e autenticità.

Più o meno negli stessi giorni, sempre dalla Spagna è arrivata la notizia che Molson Coors ha stipulato un accordo strategico con il birrificio La Sagra per la distribuzione della sua Blue Moon in terra iberica. L’accordo però prevede anche un grande investimento nel birrificio di Numancia per un piano di espansione nazionale e internazionale. Davvero originali e rivoluzionarie le dichiarazioni del fondatore e amministratore delegato di La Sagra:

Per noi questo accordo rappresenta un grande passo che solo pochi anni fa potevamo solo sognare. È una grande notizia per la birra artigianale in Spagna, che ci permetterà di rafforzare il settore e sviluppare ulteriormente birre eccezionali, sfruttando l’esperienza di Molson Coors, un gruppo produttore di birra che non ha mai cessato di essere familiare.

Frasi di circostanza a parte, sembra ormai confermato che l’Europa è il prossimo obiettivo di mercato delle multinazionali. Chissà a quale paese toccherà la prossima volta…

La situazione in Italia

In Italia i timori di altre acquisizioni da parte dell’industria sembrano essersi allontanati, ma non si possono escludere operazioni simili all’interno dello stesso mondo artigianale. Un esempio è la notizia, freschissima, dell’acquisizione da parte di Birra Opera di un altro produttore craft, il Birrificio Pavese. Due nomi piuttosto diffusi nella provincia di Pavia, dalla fusione dei quali nascerà un soggetto capace di produrre oltre 2.500 hl annui. Claudio Caffi, titolare del Birrificio Pavese, rivestirà un ruolo di responsabilità nell’area produttiva, mentre Luca Boselli, amministratore unico di Opera, manterrà l’incarico occupandosi di aspetti strategici, commerciali e di marketing. In sala cotte ci sarà Stefano Menegale, birraio di Opera dal 2012, mentre Piero Colombo (in procinto di trasferirsi in Nuova Zelanda) sarà sostituito da una vecchia conoscenza dell’ambiente: Stefano Zandalini, con un passato in Extraomnes e Lambrate.

Il mercato italiano sta cambiando velocemente ed è già entrato in una fase di maturità, forse la vera nuova fase da quando in Italia è nata la birra artigianale (1996). Molti nomi importanti hanno investito per compiere espansioni importanti e nel frattempo nuove aziende si stanno affacciando sul mercato, con progetti enormi e supportati da investimenti impressionanti. È la prima grande scossa dal 1996 a oggi e probabilmente altre operazioni come quella del Birrificio Opera non tarderanno ad arrivare.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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