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Una petizione online contro i brevetti delle multinazionali sull’orzo

Forse non lo sapete, ma c’è una questione spinosa che negli ultimi mesi sta tenendo banco nel settore della birra internazionale e che risale a più di due anni fa. Tra l’aprile il settembre del 2016, infatti, l’Ufficio europeo dei brevetti (EPO) riconobbe a Carlsberg e Heineken la proprietà intellettuale su alcune varietà di orzo particolarmente adatte alla produzione brassicola, sollevando un vespaio di polemiche e non poche preoccupazioni. Nel giro di qualche settimana, infatti, si creò un fronte compatto contro le due multinazionali, accusate di voler appropriarsi di un prodotto naturale patrimonio della civiltà umana da millenni. Quest’ultime risposero rivendicando la paternità di conquiste ottenute grazie agli investimenti rivolti ai propri dipartimenti di ricerca e sviluppo. La diatriba è ancora in corso e dai suoi esiti potrebbe dipendere il futuro dell’intero settore.

Come spiegato da Deutsche Welle, i due brevetti registrati ad aprile 2016 riguardano delle varietà di orzo contraddistinti dalla presenza di enzimi con i quali produrre birre più stabili e con aromi distintivi, grazie sostanzialmente al minor contributo di DMS (dimetil solfuro) – una sostanza organica responsabile di uno dei difetti più comuni nella birra, quello riconducibile a percezioni di mais cotto. Il terzo brevetto, risalente a settembre 2016, è invece relativo a una varietà inedita di orzo con basse quantità di acido linoleico, che permettono di effettuare un efficace ammostamento a temperature più basse, riducendo quindi l’impatto energetico dell’intero processo.

Ora non crediate che queste novità siano il frutto di qualche strana operazione genetica, poiché le due multinazionali hanno raggiunto i loro obiettivi incrociando semplicemente varietà di orzo già esistenti in natura. Ma il problema è proprio questo: secondo una direttiva europea risalente al 1998, il rilascio di brevetti su prodotti alimentari è concesso solo per operazioni di ingegneria genetica e non nel caso di pratiche agronomiche tradizionali. Il concetto è spiegato dalle parole Lara Dovoifat di Campact, una delle organizzazioni no profit che sta lottando contro le due multinazionali:

Questo brevetto è chiaramente un’assurdità: le mutazioni casuali del DNA non sono un’invenzione. A nessuno dovrebbe essere concesso di acquistare diritti su cereali attraverso i brevetti, che si tratti di orzo, riso o frumento.

L’organizzazione in questione è solo una delle tante che si è riunita sotto la sigla No Patents on Seeds (“No ai brevetti sui semi”), nella quale rientrano anche Greenpeace e diverse cooperative di piccoli agricoltori. La loro richiesta è che Carlsberg e Heineken rinuncino spontaneamente ai brevetti ricevuti dall’EPO. Il coordinatore Cristoph Then ha sottolineato in passato la grave responsabilità dell’Ufficio europeo dei brevetti, interessato esclusivamente a perseguire i propri obiettivi finanziari anche contro i principi dell’Unione Europea. Infatti l’EPO avrebbe un ritorno economico diretto da ogni brevetto concesso.

L’attività promossa da No Patents on Seeds si è recentemente concretizzata in una petizione online, che al momento ha raccolto più di 150.000 firme. Potete leggerne i dettagli (e firmare qualora lo riteneste opportuno) direttamente sul sito Wemove. A ogni modo ne riporto i passaggi più importanti:

L’orzo, il procedimento per fare la birra e la birra stessa hanno origini molto antiche e sono a disposizione di tutti noi. Eppure l’Ufficio europeo dei brevetti (EPO) ha dato il benestare a Heineken e Carlsberg per applicare brevetti sull’orzo. […] Queste aziende si stanno appropriando di un processo antichissimo e l’EPO, rilasciando il permesso, sta violando la normativa europea. E come se non bastasse l’Ufficio riceve denaro per ogni brevetto approvato.

Il guadagno delle multinazionali che si occupano della produzione della birra sarà triplo: otterranno profitti dalla vendita dei chicchi di orzo agli agricoltori, compreranno i loro raccolti e, infine, venderanno la birra ai consumatori. Hanno sotto controllo l’intero processo: dal campo al bar. Inoltre, il brevetto dà loro il diritto di impedire ad altri agricoltori di coltivare un orzo migliore, aumentando, quindi il loro potere sul mercato a discapito degli agricoltori, di chi si occupa della selezione di sementi, della produzione di birra e a danno, infine, degli stessi consumatori.

Quanto avviene con Carlsberg e Heineken dimostra che ci sono zone grigie nella legislazione che riguarda i brevetti che l’EPO sfrutta e da cui trae beneficio. Ogni anno i guadagni dell’EPO ammontano a circa 1 miliardo di euro che incassano grazie alle tasse e ai brevetti che rilasciano e grazie ai quali le aziende impongono la loro presenza sul mercato. La nostra petizione chiede che i governi dei singoli stati europei richiamino l’EPO ad agire secondo le normative vigenti.

Mentre le firme aumentano di minuto in minuto (provate ad aggiornare la pagina della petizione per rendervene conto) la questione sta andando avanti con evoluzioni interessanti. A metà marzo è stata presentata una denuncia formale, a seguito della quale l’Ufficio europeo dei brevetti si è dichiarato disponibile e valutare la richiesta a partire dal prossimo autunno. Ciononostante l’esito della vicenda è tutt’altro che scontato, data la costanza con la quale l’EPO è riuscito in questi anni ad aggirare le leggi UE riguardanti i brevetti sulle piante. Insomma, è difficile capire come si svilupperà la controversia, ma la petizione rappresenta uno strumento attivo – e speriamo utile – per far valere la propria posizione.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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