Cimec

Riflessioni sparse su Sam Calagione e altri argomenti

Giacu (al centro) con Sam Calagione (a sinistra) e Teo Musso (a destra). Foto: Emanuela Marottoli

Come forse saprete, negli scorsi giorni Sam Calagione di Dogfish Head ha fatto visita in Italia – in realtà non so se sia già ripartito – per partecipare a una serie di eventi in cui è stato coinvolto. Lunedì sera è stato ospite dell’Open Baladin di Roma per una degustazione incentrata sulle sue birre e su quelle di Baladin e Birra del Borgo; ieri ha collaborato alla creazione di una birra “atavica” proprio con Teo Musso e Leonardo Di Vincenzo; nel mezzo, come riportato da In Birrerya, ha fatto un capatina ai cantieri della filiale di Eataly che presto aprirà a Roma e che ospiterà un brewpub (del quale sarà socio). Una “vacanza” molto impegnativa per il Boss delle birre, che mi ha offerto diversi spunti di riflessione riassunti nel post di oggi.

Sam Calagione, birraio rock star

Quella che si è tenuta lunedì può essere definita una degustazione “monstre”, sia per quantità dell’offerta (la bellezza di 7 birre abbinate ad altrettante portate), sia per numero e importanza di ospiti coinvolti. Oltre a Sam Calagione, c’erano anche Leonardo e Teo, Luca Giaccone nel ruolo di conduttore, il Prof. Patrick Mc Govern (esperto americano di bevande fermentate antiche) e il Prof. Duccio Cavalieri (esperto di microbiologia). Ovviamente però tutte le attenzioni erano rivolte al fondatore della Dogfish Head, nei confronti del quale si è assistito a vere e proprie ovazioni da stadio. E’ evidente che Calagione è molto amato in Italia e questo non fa che confermare quell’aura da rock star che lo circonda come forse nessun altro birraio al mondo. L’affetto della gente è impressionante, ma è impressionante parimenti la sua incredibile umiltà, la sua capacità di trattare tutti come amici. Ti avvicini per una foto e ti comincia a chiedere se sei un homebrewer, come hai scoperto la birra artigianale e a intavolare discussioni sulla birra, rivelando una passione totale per il suo lavoro. Tutte cose che ebbi modo di notare nella sua ultima visita romana, ma di cui fa sempre piacere trovare conferme.

Baladin e Birra del Borgo non considerabili artigianali?

Durante la serata, Giacu ha sottolineato come Birra del Borgo e Baladin siano ormai vicini alla soglia dei 10.000 hl annui prodotti. Secondo i dettami che anche il governo sta iniziando a recepire, quello è il limite per definire un birrificio artigianale. Ergo, a breve entrambi i birrifici non potranno essere più considerati tali. Personalmente mi sembra assurdo, anche perché non esistono vie di mezzo: o sei artigianale o non lo sei. E considerare questi due produttori alla stregua di Forst e Menabrea, o peggio di Peroni o Heineken, è quantomeno assurdo. E’ un autogol per la birra artigianale a livello di comunicazione, di questo ne sono convinto.

Il valore della birra nella civiltà umana

Molto interessanti sono state le divagazioni archeologiche relative alla birra. In particolare il Prof. Mc Govern ritiene fondamentale la presenza della birra nei confronti dello sviluppo dell’umanità, arrivando ad affermare che entrambe sono comparse in contemporanea: non solo non esiste la birra senza l’uomo, ma probabilmente neanche la civiltà umana senza la birra. Curioso anche un altro aspetto, che riguarda l’attrattiva della birra: l’uomo, come tutti gli animali, è per natura attirato dai cereali fermentati e dall’alcol. La birra ha dunque un valore che trascende dalle sue qualità intrinseche: è una bevanda che per dna appartiene all’uomo e dalla quale esso è attratto.

La birra ancestrale

Gli interventi delle personalità accademiche in termini di archeologia birraria erano giustificati dal grande lavoro che Sam Calagione ha fatto negli anni per dare nuova vita ad antiche bevande scomparse. La Mida’s Touch che abbiamo bevuto lunedì ne è un esempio (un incrocio tra birra, vino e idromele), ma forse l’espressione massima di questa ricerca è la novità che è stata brassata ieri a Birra del Borgo con Leonardo e Teo. Una birra “ancestrale”, prodotta con ingredienti utilizzati in tempi antichi e lasciata maturare nelle anfore di Leonardo Di Vincenzo. Di questa birra probabilmente vi parlerò in modo più specifico in futuro.

Eataly Roma

E per finire il più grande Eataly d’Italia del mondo, che sorgerà nello spazio del Terminal Ostiense. Un progetto impressionante in pieno stile Farinetti, nel quale – come a New York – la birra sarà protagonista principale. Riprenderemo il discorso più in là…

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

Leggi anche

Intelligenza artificiale e gusto della birra: arriva dal Belgio uno studio innovativo

L’intelligenza artificiale (IA) si sta rapidamente affermando come un potente strumento per l’innovazione in diversi …

Ancora un record per i birrifici italiani al Barcelona Beer Challenge: 77 medaglie tra cui 23 ori

Venerdì scorso si è tenuta la cerimonia di premiazione del Barcelona Beer Challenge, uno dei …

57 Commenti

  1. Che personaggio calagione. Un vero peccato aver perso l’evento 😐

    Ma non stava aprendo al terminal ostiense eataly?

  2. Mah, per me le birre si dividono solo nelle due grandi categorie di buone e pessime, tutte le norme su cosa sia e cosa non sia artigianale mi sembrano francamente solo inutili esercizi burocratici

  3. Anche a me dispiace non esserci potuto andare ma, trattandosi di rock star, i biglietti erano sold out da tempo..

  4. Perché sarebbe un autogol la soglia dei 10.000 ettolitri? Chi è già da quelle parti e intende superarli non riuscirebbe più a vendere birra se non può scrivere artigianale?
    Oppure non riuscirebbe più a ergersi a paladino dei piccoli produttori sulle grandi testate nazionali?
    Ed entrare in Assobirra non era una mossa che portava a smarcarsi dal movimento dei microbirrifici?

    • Un problema di comunicazione, ho scritto. A me non interessano le beghe personali o le scelte associative, penso sempre al consumatore nell’ottica della crescita del movimento. La birra artigianale basa il suo successo sull’antitesi con l’industria: quando impari a conoscerla, lo fai come novità rispetto a ciò che sei abituato a bere. C’è una linea netta tra ciò che è artigianale e industriale e nel mezzo non esistono definizioni “medie”. Per questo escludere Borgo e Baladin da una definizione di birra artigianale (relegandoli nella schiera degli “altri”, i non artigianali) è una sconfitta per la crescita del movimento. Immagino un neofita che beve una Re Ale e al quale si fa notare che però non è prodotta da un birrificio artigianale…

      • Forse il problema è di chi l’ha convinto che le birre cosiddette industriali siano il male assoluto, quando ci sono ottimi birrifici che hanno volumi molto superiori alla soglia dei 10.000hl (o anche di 20 volte tanto).
        Se si parla di industriale come appiattimento del gusto (lager indistinguibili su tutte) sono d’accordo nella forte distinzione.
        Una soglia era doveroso metterla, e quella dei 10.000 è conforme alla realtà italiana dove un birrificio medio fatica a superare i 600hl annui. Si è sempre in tempo ad attualizzarla attraverso circolari e normative, se la situazione si evolverà con il consolidamento e l’aumento di produzione generalizzato e non limitato a due-tre produttori.
        O mi vuoi dire che uno smetterà di bere ReAle o Super perché gli dicono che non è più artigianale?

        • La penso proprio come te, ecco perché la soglia dei 10.000 hl mi pare assolutamente bassa. E non mi interessa la media italiana, spero che una soglia del genere sia decisa in un modo un po’ più valido che calcolando gli ettolitri totali e dividendoli per il numero dei birrifici. Se c’è chi è partito prima o ha lavorato meglio e ha staccato tutti gli altri, è giusto escluderlo? Qui stiamo parlando di definizioni, di comunicazione. E secondo la definizione che si sta sviluppando, Baladin e Borgo non fanno parte del movimento dei birrifici artigianali. Mi fa ridere. Senza considerare che c’è davvero chi li considera alla stregua delle industriali per le (infinitesime) dimensioni raggiunte. Sai quanti negli USA si farebbero grasse risate a sapere una cosa del genere?

      • Andrea, da esterno ti direi che hai ragione, ma non le definirei beghe. Proprio questi due “micro” sostengono che “e’ la stessa identica bevanda”. Quindi a loro probabilmente non interessa.

        • A Teo l’ho sentito dire, ma Leo quando se ne sarebbe uscito con quella frase?

          • Sono entrati insieme in AB, sono soci, non mi pare abbia mai smentito o abbia polemizzato con sta frase. In ogni caso hai detto che UB ha segnato un punto facendo riconoscere lo stato di microbirrifici con il limite di 10K hl, se qualcuno lo sfora mica vuol dire che non e’ artigianale, semplicemente che non e’ un Micro. Se per loro fosse importante possono sempre decidere di produrre meno, spesso gli artigiani lo fanno. Se il limite non ti sta bene perche’ colpisce lo 0.5% dei micro italiani forse non e’ tanto sbagliato e se pensi lo sia prenditela con UB e non urlare alla luna. Se si fa una legge non si puo’ cambiare il limite a seconda delle simpatia e delle convenienze, altrimenti io posso dire che i 130 in autostrada sono una cazzata dato che se faccio i 136 non e’ che ci sia sta gran differenza. Un conto e’ parlare di un concorso un conto di benefici di legge.

          • Urlando alla luna? Ma che dici? Certo che me la prendo con UB, a chi mi riferirei altrimenti?
            Per pregiudizi personali a te probabilmente piace che Borgo e Baladin non possano essere considerati artigianali, come se fossero gli unici birrifici in AB. Senza considerare che glissi alla grande se ti chiedo quando Di Vincenzo avrebbe parlato di “stessa identica domanda”.

            Non considerare questi due birrifici all’interno del movimento artigianale secondo me continua a essere incomprensibile e un grave errore.

          • io ho detto che non sono artigianali? Ma quando? Ho detto che per la “legge” non potranno essere considerati Micro se sforano. Stai creando un equivico e un caso tra artigianale e Micro (per la legge) che onestamente non vedo. Io non ho pregiudizi, non so da dove lo estrapoli, guardo ai numeri e alle norme, bevo con piacere “artigianali” che producono 10 volte tanto. E guardo al fatto che uno dei due dice che artigianale e industriale e’ uguale e l’altro che non prende le distanze. Ma mica per questo le birre sono piu’ o meno buone o piu’ o meno industriali.

          • Sto parlando di comunicazione essenzialmente, non di legge. Non è una contrapposizione tra micro e artigianale, ma tra artigianale e non artigianale.

            Poi continuo a non capire perché Leonardo dovrebbe prendere le distanze da quanto dice Teo. E perché allora non lo dovrebbero fare tutti gli altri birrai italiani.

  5. La soglia dei 10.000 hl deve essere il massimo per definire un birrificio “micro”, con le eventuali agevolazioni burocratiche e fiscali del caso.
    “Artigianale”, che è un termine che sta cadendo quasi in disuso, vuol dire ben poco, e quel poco che vuol dire non lo si misura certo in ettolitri.

    • Vorrà pur dire poco, ma ad esempio chi produce più di 10.000 hl non può partecipare a Birra dell’anno. O godere della semplificazione sulle accise.

      • Sarai almeno d’accordo andrea che un limite ci vuole(almeno per il discorso sulla semplificazione sulle accise se non per la partecipazione a Birra dell’anno).Se non ritieni consono questo limite quale secondo te sarebbe la soglia che rappresenta al meglio la scena birraria italiana? italiana dico…non considerando le risate che si farebbero in USA o in qualche altro paese intendo,perchè noi è alla nostra realtà che dobbiamo guardare.

        • Certo che ci vuole, ma secondo me sono i birrifici stessi a definirli. In America la Brewers Association alza regolarmente il limite per evitare che dalla definizione di craft beer escano birrifici che, seppur grandi, incarnano il concetto di “better beer” (tipo Brooklyn se non ricordo male). E’ una soluzione che può piacere o meno, ma è molto funzionale. Cosa farei in Italia? Semplice, considererei come soglia quella subito sotto la produzione annuale del più piccolo birrificio industriale (Forst, Menabrea?) oppure quella appena sopra il più piccolo birrificio artigianale. Perché siamo d’accordo che Borgo e Baladin non sono industriali, giusto?

          • guarda che hanno fatto esattamente come dici te: hanno fissato la soglia appena sopra il più *grande* birrificio artigianale. se poi crescono…

            credo non ti serva un laurea in giurisprudenza per comprendere che fissare un parametro di legge per definire le accise semplificate in funzione di una determinata industria (la Forst) o delegarlo ad una associazione sia legislativamente una follia…

            un numero atomico, ahimé, va trovato, e vanno trovati criteri oggettivi che vadano oltre le nostre considerazioni personali. bisogna entrare nell’ottica che *magari* fra 10 anni Baladin o Borgo saranno a tutti gli effetti degli industriali (che non vuol dire automaticamente monnezza). e trovo assolutamente ridicolo che ogni anno BA alzi di un poco l’asticella per non perdere i big in modo da poter pubblicare ogni anno statistiche che mostrano il mercato craft in costante crescita. una pratica ridicola degna del peggio italiota e che rende appieno il senso di un epoca in cui contano più gli aggettivi che i sostantivi

          • Se trovi ridicolo cambiare tutti gli anni la soglia, allora perché fissarla a 10.000 hl? Ciò significa che nel giro di un anno o alzi la soglia o escludi i due birrifici. E la seconda ipotesi mi sembra assurda. Secondo me è una soglia troppo bassa. Ripeto: non posso credere che Baladin e Borgo non possono essere considerati artigianali (che poi a loro magari non gliene frega una ceppa)

          • Si siamo assolutamente d’accordo,ma mi sembra un buon limite quello in questione se esclude solo due produttori su circa 400(parlo approssimando).
            Rispecchia se non altro la nostra situazione attuale se 398 birrifici ne sono tutelati e solo 2 no.
            Si parla di tutele fiscali(per quanto riguarda le accise intendo)e non di qualità di prodotto che rimane la solita a 9999hl e anche a 10.001hl,non è certo la norma che la stravolge.
            Poi possiamo anche alzare l’asticella a 15.000hl o a quanti hl riteniamo più opportuno,ma non mi sembra serio spostare questo limite indefinitamente solo per…….non perchè lo fanno in USA è per definizone cosa giusta e ben fatta.

          • senti, io non so e non ho le competenze per stabilire se 10,000 sia un valore alto o basso. si trovi quello “giusto” ma poi non lo si sposti per interessi di bottega e di statistiche. già mi figuro le arrampicate sui vetri fra 10 anni quando Borgo sarà più grosso di Forst (glielo auguro) e bisognerà inventarsi qualche gioco di prestigio per dire che però lui è ancora artigianale e Forst no…

            e visto che siamo nel post agiografico di Calagione, secondo te è artigiano o industriale? e la Craft Beer Alliance? (son quelli per cui ogni anno la BA deve fare ‘sta pagliacciata di alzare l’asticella)

            tutto questo per dire che parlare di artigianale è parlare del sesso degli angeli. la cosa assume un senso pragmatico nella definizione di legge di cui si sta parlando. in questo caso un’asticella occorre fissarla. e se tu credi che ogni anno il parlamento, qualche commissione, qualche ministero o chissà quale autority riuscirebbe ad adeguare l’asticella temo che nonostante tu viva a Roma non abbia ben chiaro il meccanismo del funzionamento della macchina legislativa in Italia…

            e soprattutto non capisco per quale motivo l’asta debba essere fissata ogni anno in funzione della capacità produttiva di chissà chi. se Brewfist decuplica lo vogliamo ancore definire un artigiano (ai fini di legge)? e perchè?

            sul fatto poi che UB possa adeguare ai fini legislativi la produzione massima credo non ci voglia un principe del foro per rendersi conto che una roba così viola una mezza dozzina dei principi cardine del diritto…

          • Forse non mi sono spiegato, ci riprovo. Anche a me non piace che la soglia sia spostata ogni anno, per questa ragione trovo assurdo fissarla in modo tale che nel giro di un anno i due più importanti micro italiani ne escano. Si trovi una soglia ragionevole… perché a me non sembra ragionevole. A meno che non credi che sia giusto escludere Borgo e Baladin dai birrifici non industriali. E’ giusto? Rispondimi perché vorrei capire di cosa stiamo parlando…

            Parlare di artigianale significa parlare del sesso degli angeli? Non ne sono sicuro. Lo sai che UB sta lavorando a una definizione di birra artigianale nel quale rientra la soglia dei 10.000 hl? Birra dell’anno non è forse il concorso delle birre artigianali italiane? Anche lì la soglia è sempre quella…

          • provo a spiegarmi anche io

            ti stai inalberando perché sostieni che qualcuno mette in dubbio che Baladin e Borgo (ma il Lambrate?) non siano degli artigiani. boh, vorrei capire chi ha messo in discussione la cosa, io no di certo, visto che peraltro non me ne frega niente se lo siano o meno…

            io dico una cosa molto semplice. questa è una questione di normativa fiscale, burocratica, amministrativa. una legge va fatta a modino e fissando dei bei numerelli, che sono qualcosa di oggettivo. tu dici che il numerello dovrebbe essere da qualche parte fra la produzione attuale di Forst (industria più piccola) e Baladin (artigiano più grande). trovo che sia un sistema molto rozzo, ma molto davvero. chi te lo dice che un artigiano (inteso in termini fiscali) non possa produrre quanto Forst? secondo me l’asticella andrebbe fissata secondo criteri ben più evoluti, tenendo conto anche forma societaria ed azionariato, rapporto fra forza lavoro e capitale, tipologia di macchinari, ecc. il tutto secondo parametri osservabili e fattibili, non come si sveglia la mattina UB. è una questione che sicuramente non siamo attrezzati per sviscerare né io né te (io no di sicuro)

            ma facciamo finta che l’asticella venga fissata secondo qualche criterio più o meno ragionevole. la potrai anche rivedere periodicamente sempre alla luce dei criteri con cui l’hai fissata (non tutti gli anni a seconda di quanto cresce Baladin…) però a quel punto non ci sono cazzi: se superi, non sei più un artigiano, fiscalmente parlando

            questa legge dovrebbe avere il problema di favorire un settore secondo le sue peculiarità. fattene una ragione: se un giorno Baladin o Borgo avranno dimensioni paragonabili a Forst e processi simili, non avranno diritto a tali agevolazioni, anche se le loro birre fossero migiori

            altro discorso è quello di UB, che vuole definire il termine artigianale non (o non solo) in termini fiscali, ma anche in termini di marchio a fini di comunicazione e marketing. è una cosa che può servire per aumentare quote di mercato, per conquistare consumatori totalmente ignari del prodotto. nella migliore delle ipotesi dovrebbe essere di qualche garanzia sulla qualità del prodotto, o quantomeno su processi produttivi che *dovrebbero* essere di qualità superiore, un po’ come *dovrebbe* avvenire con le DOCG nel vino

            io sono un consumatore consapevole e credo che il compito mio e di chi è come me dovrebbe essere quello di favorire la birra di qualità invece di perdersi dietro al concetto di “artigianale” per sua stessa natura indefinibile in termini assoluti

            ps: per tua informazione al GABF sono amessi anche i prodotti “industriali” al fianco di quelli artigianali

          • Che la definizione dovrebbe basarsi su altri criteri oltre al semplice conteggio degli hl prodotti mi trova perfettamente d’accordo, anzi è forse l’unico modo per tirar fuori dei limiti sensati. Ci si può ragionare (anzi lo può fare chi di dovere), ma per il momento l’unico criterio sono gli hl. Ragiono su quello, non su cosa potrebbe essere o su cosa sarà tra 10 anni.
            Secondo te il legislatore ha deciso da solo ‘sto limite dei 10.000 hl o gli è stato “suggerito” da qualcuno? Che poi, ripeto, mi interessa il giusto delle scelte legislative, mi preoccupa di più la comunicazione che arriva dall’interno del movimento.
            Da qualsiasi singolo consumatore consapevole mi aspetto atteggiamenti che favoriscano la diffusione della birra di qualità, figuriamoci da enti e associazioni operanti nel settore…

          • presumo il 10,000 gliel’abbia passato UB, se pure loro non sanno farsi i conti io non so che dirti…

            ognuno porta avanti le idee in cui crede. ti faccio una domanda: per quale motivo la comunicazione di cos’è la birra di qualità debba provenire unicamente da chi la produce? non ci trovi un pochetto di conflitto di interesse? e per quale motivo noi tutti, anche tu, che siamo consumatori, dobbiamo sempre accodarci e fare la ola su queste decisioni che ha preso l’altra metà del mercato? posso, io che qualche autobotte di birra me la sono bevuta, fottermene allegramente di cosa sia la birra artigianale per concentrarmi sulla birra buona e fare buona pubblicità a quella? (magari senza che costi un rene)

            io sono contentissimo se UB riesce a comunicare meglio il prodotto. ma sarei ancora più contento se si impegnasse a garantire un prodotto sempre migliore, quale che sia la capacità produttiva dei suoi associati. è di voci critiche quello di cui si sente la mancanza e solo una domanda agguerrita può spingere l’offerta a migliorarsi e a crescere

          • Credo che un consumatore consapevole debba preoccuparsi di tutto ciò che viene comunicato nell’ambiente, proprio per mantenere quello spirito critico di cui parli. Se lo stesso criterio fosse stato deciso da MoBI per la sua definizione, avrei espresso le stesse perplessità. Con la differenza che qui sono i produttori a escludere altri produttori.

          • non mi sembra che qua ce ne stiamo sbattendo i maroni… ma credo che il consumatore abbia altre priorità: più qualità, meno tentativi di definire l’indefinibile

          • Beh non è che il multitasking non sia consentito: non sarà una priorità a tuo modo di vedere, ma non per questo l’argomento non va tenuto in considerazione

  6. Continua a non appassionarmi la distinzione fra artigianale e industriale, la Schneider è industriale, la Brasserie D’Orval con i suoi 50.000hl è considerata industriale, e quindi? Per questo fanno birre meno buone? Per questo non le compriamo? No, semplicemente costano molto meno delle italiane avendo volumi maggiori. Ben venga quindi la crescita degli impianti inpendentemente che ci sia il bollino artigianale o meno

    • applausi e ancora applausi.
      “artigianale” è un concetto nato in un paese con quasi nessuna cultura birraia che porta a considerare molti birrifici tedeschi quasi da evitare perché producono troppa birra e la trovi nei supermercati.

      L’indice di tutto dovrebbe essere la qualità, non altro.

      Personalmente non penso che Borgo e Baladin possano essere considerati in alcun modo “industriali”. Il discorso dei numeri è molto, molto relativo.
      La scena craft americana ha birrifici straordinari che per numeri e metodologie potrebbero risultare più “industrializzati” di alcuni maggiori italiani.
      Anche io mi auguro che un giorno si possa arrivare a quei livelli. Ma bisogna vedere se per i più l’abbassamento dei prezzi è una conseguenza accettabile.

      Per il momento la scena italiana ha ancora tanta strada da fare…

      • sono d’accordo sul concetto di artigianale assolutamente…difficile generalizzare.
        Esiste però una soglia, anzi direi,un punto di rottura, variabile per ogni birrificio, forse anche per ogni birra, oltre il quale il prodotto cambia in peggio.
        Ti potrei fare molti esempi, ma li conosci anche tu. ;-))

        • La cosa curiosa, non so se voluta o meno da Turco, è che proprio calagione ha subito di recente un “attacco” riguardo i suoi volumi e la qualità della birra in constante calo 😀

          Tutto il mondo è paese…

        • esiste questo punto di rottura, ma credo stia nella testa e nelle tasche del birraio

          se c’è un prodotto alimentare scalabile al mondo è la birra. se si volesse, aumentare i volumi di produzione dovrebbe solo aumentare la qualità. perché più volumi vuol dire più soldi da investire in impianti, tecnologia, ricerca, materiali con varie economie di scala

          è che ovviamente non si vuole e c’è una relazione fra volumi prodotti e mercato di riferimento

          • Condivido pienamente, l’aumento delle quantità non ha affatto come conseguenza immediata il calo della qualità. Se ciò avviene è semplicemente colpa del birrario che magari vista la maggior quantità di materie prime da acquistare ha la tentazione di risparmiare qualcosina scegliendo luppoli e malti più economici.

          • None…ci sono ingredienti,modalità produttive, direi anche “attenzioni”che non sono acquistabili o tecnologizzabili.(che brutta parola)

          • oddio, se mi dici che non puoi produrre 100,000 hl di garbagnina all’anno ci sto… ma di blonde secondo me ce la fai benissimo. al limite prendi delle cuffie audio più grosse 😛

  7. Siamo sempre Italiani e ci vogliamo distinguere per questo!

    Scusate, ma, al di là della semplificazione delle accise e delle agevolazioni che un (chiamiamolo così) “micro-birrificio” artigianale (cioè un birrificio artigianale con produzione sotto i 10 mila hl) debba avere, al fine appunto di sviluppare il bel fermento che c’è in Italia su questo tipo di produzione, non si potrebbe definire birra artigianale tutta quella birra che segue i dettami dell’artigianalità? Ne abbiamo parlato più volte e poi ci facciamo incastrare da una definizione “legale”??
    Chi supera i 10 mila non sarà più micro-birrificio ma “birreria artigianale” e magari si potrà permettere, viste le dimensioni, di non avere le agevolazioni di un microbirrificio, ma la birra la farà buona (o cattiva..!) allo stesso modo di prima no?
    E perchè questo non dovrebbe coinvolgerla in un contest di birre artigianali?
    Ci stiamo perdendo in un bicchier… di birra!

    • Ma infatti più delle scelte legislative, che possono essere state regolate in base a particolari esigenze, mi inquieta pensare che Borgo e Baladin non possano partecipare a un concorso come Birra dell’anno perché troppo grandi…

  8. Scusatemi,a parte i numeri per rientrare nella categoria menzionata,credo che sia importante la QUALITA’.

  9. Ho parlato dell’argomento “craft” direttamente con Sam e gli ho chiesto la storia delle dimensioni.
    Per definire ciò che è Craft lui puntava molto anche sugli aspetti “pure” (maggioranza delle birre fatte senza aggiungere riso o roba strana come l’industria, ma con la possibilità di usare, ad esempio, mais o riso locale) e “independent” (massimo del 25% del birrificio in mano all’industria o ai distributori).
    Quasi quasi ci faccio un post 😉

    • Prometto che non te lo rubo 😛

    • Mi sembra un discorso abbastanza paraculo, perché chi ha una larga produzione ti dirà che il problema è il legame con industria o distributori. Alla Goose Island (nome recentemente finito nell’universo AB-Inbev) probabilmente penseranno che sono più importanti le dimensioni rispetto ai legami con l’industria. In qualche birrificio italiano che ha legami con distributori magari diranno che il legame con il distributore non è la chiave per definire ciò che è micro e ciò che non lo è, ma che sono importanti le materie prime.
      Un criterio deve essere scelto, e non ce n’è uno che non abbia i suoi pro e i suoi contro o che sia esente da critiche.
      Personalmente trovo quello del volume di produzione un buon discrimine, perché mi aspetto che chi è sopra la soglia possa vivere anche senza rientrare nella soglia “craft” e senza “Birra dell’Anno” (a cui già rinunciano di propria volontà molti birrifici italiani di provata qualità).

      • Quindi una Bourboun county per forza di cose sarà sempre meno “artigianale” di x (mettere una qualsiasi Imperial stout italiana dall’improbabile riuscita)?

        • Il concetto stesso di artigiano e artigianato è legato a un’idea di produzione in piccole realtà e non in serie. Questo non vuol dire che ciò che viene fatto in piccola produzione sia necessariamente meglio di quanto fatto in un’azienda di dimensioni maggiori.

          • Esatto. ma il punto è che “artigianale” in italia è venduto come “qualità” dai birrai.

          • Giusto. Che piaccia o meno, “birra artigianale” in Italia è l’espressione che si usa per indicare la birra buona, cioè quella non industriale

      • I criteri di distinzione, come già si è detto, sono diversi e quello degli “hl” è solo uno, più o meno condivisibile. Non vedo, però, il motivo per cui attaccarsi allo sfuggire di Baladin e Birra del Borgo da questa definizione come tante e per cui un movimento debba essere schiavo delle strategie di espansione di grandi craft. Rappresentano un estremo del movimento, quello che si è mosso di più e meglio. Ma il mondo craft italiano è ben altro, e il mondo americano è un’altro mondo anch’esso diverso e non confrontabile.
        La qualità, però, non la fanno solo questi volumi. Ed ai concorsi i grandi neppure hanno voglia o bisogno di partecipare…
        Anzi, se dei craft diventano quasi industriali, l’industria li temerà e potrebbe cominciare un po’ a temerli come concorrenti e probabilmente potrà perdere terreno nei loro confronti. Ed allora le Trentatre (vedi post di qualche settimana fa) potrebbero ricevere più preferenze rispetto alle Heineken di quanta ne ricevono ora.
        Di tempo ne passerà, però…

  10. Francamente il problema mi sembra più formale che sostanziale, perché se il prodotto sarà ancora di livello non ci sarà nessun problema.
    Non credo che superati i 10.000 hl si mettano a produrre lager pastorizzate. Poi per quanto riguarda le accise, sicuramente Teo Musso e Leonardo Di Vincenzo non moriranno di fame e se arrivi a determinati volumi è anche normale che tu non abbia le stesse agevolazioni di chi produce 500hl.
    Il discorso a mio avviso deve essere incentrato sulla qualità, che non è subordinata a un aggettivo piuttosto che a un altro.

  11. Intervengo in punta di piedi visto che sono totalmente niubbo in campo birra.
    Mi ha attirato il parallelo di Stefano con il mondo Docg che come giustamente ha fatto notare dovrebbe (il condizionale è necessario) garantire anche una maggior qualità (per via di disciplinare più stringenti) ma che in realtà non garantisce un tubo, quanti di voi a fianco allo scaffalle delle birre al supermercato avranno visto dozzine e dozzine di Chianti Classico (docg) a meno di 2-3 euro la boccia. Robe dell’altro mondo poi nel calice (nel senso che ti ci mandano).

    Il discrimine quantitativo per cui mi piace.
    Se fosse applicato nel mondo vino renderebbe davvero molto semplice e immediato capire se una produzione è artigiana o meno, se non altro perchè nel vino la produzione in cantina va di pari passo con quella in vigneto per cui se produci 10 milioni di bottiglie è ben difficile che non ci sia una forte meccanizzazione per gestire il tutto mentre se ne produci 10-20 o 30.000 è ben più facile che tutto il processo sia molto artigiano. Voglio dire, i numeri contano.

    Così, tendenzialmente e da esterno (per ora!) che guarda curioso al mondo birra, tenderei a vederlo comunque come un mondo parzialmente più meccanizzabile e riproducibile anche in quantità, poi ha sicuramente ragione Schigi che più di tutti noi ne sa, a dire che oltre certe soglie è difficile riprodurre la qualità (e parla a ragione veduta probabilmente essendo partito da zero e gestendo ora una cosa più professionale con possibilità di crescita).

    Non conosco tutte le beghe di quartiere che sicuramente ci saranno. So che Teo Musso è un’icona e in quanto tale avrà la sua orda di fedeli ma bisogna solo capirsi sul senso e l’utilizzo che tale imposizione di soglia ha.

    Perché se deve avere un senso burocratico fiscale direi che è sacrosanta, si imposta una soglia e buonanotte. Se invece la si vuol collegare al concetto di artigianalità, su un prodotto come la birra che come abbiamo detto è più riproducibile rispetto a quello del vino (non del tutto ma di più dico), allora è un bel casino. 🙂

    Alla fine comunque mi attesto sulla linea di pensiero di Stefano Ricci, cioè, chissenefotte se uno è classificato artigiano o meno, dammi della buona birra e sarò felice.

    Fil.

    • Anche se sei allineato col mio “avversario” (sulla chiosa penso che possano dissentire in pochi 🙂 ), mi sento di condividere molte cose che hai scritto. A parte l’inizio sul mondo del vino, che ovviamente non conosco.

      • è stato steccato a dovere, non ti preoccupare 😛

        io comprendo il discorso di Schigi, ma fino a che punto? parliamo di 10,000 hl, 100,000 hl o 1e27 hl? parliamo di un grosso impianto di birrificio o di una multinazionale che ha impianti di 49 paesi del mondo? secondo me a fare birra buona su dimensioni della Forst si può eccome

        vi invito a visionare queste due foto

        http://www.sierranevada.com/images/solar4.jpg

        http://www.terracon.com/wp-content/uploads/2011/03/New-Belgium-brewing-company-480×377.jpg

        New Belgium, in particolare, è paradigmatico: fa cose sostanzialmente inutili (anche se potabilissime, le trovi anche dal benzinaio) e chicche micidiali (ahimé non ho assaggiato qualcosa su grandi produzioni ma non di nicchia). Sierra Nevada credo ci sia poco da discutere. come si vede, grandi impianti non preclusono ottima birra, se uno vuole e organizza l’azienda in maniera conseguente

  12. Io ci sto provando ad avvicinarli questi due mondi, se mi date una mano magari tra 10 anni è fatta 😉 Ma sono offtopic. Continuo a seguire con grande interesse.
    Ciao, Fil.

  13. Rauchbierlover

    In tutto questo, qualcuno ieri è andato ad Eataly Roma? Com’è l’area birre?

Rispondi a Tyrser Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *