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AB Inbev acquista Birra del Borgo: ecco perché non è una notizia “normale”

Quello appena concluso è stato il fine settimana (lungo) più tormentato della storia della birra artigianale italiana. La notizia della cessione del 100% di Birra del Borgo al colosso AB Inbev – che ho avuto l’onere e l’onore di pubblicare in anteprima mondiale – ha smosso centinaia di commenti e di riflessioni, monopolizzando le discussioni birrarie degli ultimi giorni. C’è chi ha espresso le sue idee con lucidità, chi con isterismo, chi avanzando paragoni improbabili e chi strumentalizzando la questione – “Mi lascia sorridere chi invece dice che non ci terrà mai più quando non ci ha mai tenuto fino a oggi comunque”, parole del fondatore Leonardo Di Vincenzo. Per quanto mi riguarda ho preferito lasciar passare un po’ di tempo, analizzare a mente fredda la situazione e poi esporre qui su Cronache di Birra le mie considerazioni.

Personalmente mi trovo in una posizione non facile per analizzare quanto accaduto negli scorsi giorni. Leonardo è un mio grande amico, una delle persone migliori che mi ha regalato questo ambiente e grazie al quale ho imparato tanto. Ho visto nascere Birra del Borgo da zero – anzi, da ben prima di zero – e nel mio piccolo penso di aver dato una mano alla sua crescita negli anni. Nella valutazione dell’acquisizione compiuta da AB Inbev c’è dunque per me una componente affettiva di primissimo piano.

Sono contento per la svolta di vita di Leonardo, è una scelta che gli permetterà di vivere economicamente con serenità nei prossimi anni. Lo ripaga di tutti i sacrifici compiuti fino a oggi? Sicuramente, ma non credo sia giusto vederlo come un martire, considerazione che dovrebbe valere per qualsiasi altro birraio italiano o straniero. È vero che ci sono stati momenti difficili e che non si contano i viaggi solitari in macchina da Borgorose a Roma per piazzare due o tre fusti in qualche locale capitolino. Ma in questi anni Leonardo – come tanti altri birrai – ha viaggiato molto, ha conosciuto persone provenienti da ogni dove, si è anche divertito. Credo che ci siano professioni ben peggiori 🙂 .

La sua grandezza è stata di riuscire nel frattempo a sviluppare la sua creatura con idee chiare, rivelando capacità imprenditoriali e manageriali superiori a quelle di qualunque altro collega in Italia – e per qualunque intendo qualunque, anche chi partì dieci anni prima di lui. E lo ha sempre fatto con signorilità e trasparenza, senza mai tirarsi indietro: in questi giorni ha affermato chiaramente che la decisione è nata principalmente per raggiungere una maggiore serenità finanziaria, quando avrebbe potuto nascondersi dietro a frasi fatte o a mezze verità. Non è un caso che nonostante il successo ottenuto in passato, sia sempre stato rispettato da tutti.

Tutto bene quindi? Neanche per sogno. Sinceramente non riesco a capire chi ritiene che questa acquisizione sia del tutto normale e che non cambi nulla nel mondo della birra artigianale italiana. Chi lo afferma probabilmente vuole darsi un tono mostrandosi contrario al pensare comune, o forse più semplicemente non vive questo ambiente come lo vivo io. Io sono della vecchia guardia, provengo da un contesto in cui la birra artigianale era intesa e consumata in maniera completamente diversa da oggi. Un tempo in cui Roma era una città praticamente priva di prodotti di qualità, in cui affrontavi viaggi di ore solo per bere quella particolare birra disponibile in un pub sperduto della provincia. Un tempo in cui per conoscere il Lambic dovevi necessariamente andare in Belgio e ti emozionavi nel trovare una De Dolle alla spina nel tuo locale di fiducia.

Essere un appassionato di birra artigianale non significa soltanto aver deciso, a un certo punto, di bere meglio del resto della popolazione mondiale. Se tutto si riducesse solo a questo, probabilmente mi devasterei di Poretti X Luppoli o di Peroni Gran Riserva, evitando di lavandinare la bottiglia dell’ennesimo microbirrificio nato senza cognizione di causa. Per me però essere un appassionato di birra artigianale significa poter apprezzare il lavoro di una persona in carne e ossa, significa esplorare realtà brassicole lontane dalla nostra, significa conoscere i sogni e le aspettative di giovani birrai anche quando non mostrano il benché minimo talento. È importante che la valutazione finale si concentri su quello che c’è nel bicchiere – non mi stancherò mai di ripeterlo – ma è fondamentale che tutto il resto non venga meno. Perché la ricchezza di questo mondo dipende in gran parte da ciò che gira intorno alla birra, e non solo dalla bevanda in sé.

Se i signori di AB Inbev sono un minimo intelligenti, da questa acquisizione arriveranno solo vantaggi per Birra del Borgo. Come riporta il comunicato ufficiale, la creatura di Leonardo Di Vincenzo potrà ampliare il proprio know how e le proprie infrastrutture, continuando a innovare come ha fatto dal 2005 a oggi. I suoi prodotti probabilmente ne guadagneranno in stabilità, reperibilità e comunicazione. Sarà un accordo che permetterà al marchio reatino di raggiungere una dimensione e un livello commerciale impensabile per il resto del segmento artigianale nazionale. Ma tutti questi obiettivi saranno raggiunti non da un (micro)birrificio italiano, ma da una multinazionale che ne detiene il totale controllo. Le ricette probabilmente resteranno invariate, ma sarà difficile continuare a considerare Birra del Borgo una diretta emanazione del suo fondatore.

Continuerò a bere Birra del Borgo? Certo che sì: fino a ieri ritenevo eccelse molte sue birre e non c’è motivo per cui il mio giudizio oggi debba cambiare (almeno finché rimarranno tali). Però lo farò senza alcun trasporto affettivo e, di fronte ad alternative indipendenti, propenderò per quest’ultime. Proseguirò a collaborare con Leonardo come ho fatto in passato, ma valuterò ogni situazione di volta in volta: ad esempio mi rimane difficile pensare di confermare Birra del Borgo in un festival come Fermentazioni, che sin dalla prima edizione si è focalizzato sul lavoro dei birrai italiani.

Dunque per me, come per tanti altri, l’acquisizione di AB Inbev rimescola le carte in tavola e obbliga a ripensare tanti rapporti dati per consolidati. Le multinazionali hanno inaugurato la stagione dello shopping in Italia ed è impensabile che gli appassionati come il sottoscritto possano ritenere tutto perfettamente normale. Non sono il tipo da chiamata alle armi o che aspira a vestire i panni del capopopolo. Sono solo un consumatore che da quasi quindici anni vive quotidianamente una realtà che è rimasta lontana anni luce dalle dinamiche dell’industria, e che adesso vede incrinarsi questa visione romantica.

Per il resto, come ha scritto qualcuno, spero che l’accordo tra Birra del Borgo e AB Inbev conceda a Leonardo un po’ di tempo libero in più: forse riusciremo finalmente a incontrarci con più frequenza al bancone di qualche locale per spendere del tempo insieme, cosa che è mancata parecchio in questi undici anni. Purtroppo quello di Birra del Borgo è destinato a non rimanere un caso isolato nel panorama nazionale e mi auguro che quando – e non “se” – succederà qualcosa di analogo, saremo pronti ad accogliere la notizia con la giusta sensibilità. La birra artigianale per me è altro.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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23 Commenti

  1. Andrea, ne è passato di tempo dal primo articolo di CdB sul Consobir… 🙂 le vicende dell’epoca sembravano questioni da homebrewer a confronto a quello che stiamo vedendo oggi.
    Siamo ad un giro di boa, quindi il vento soffierà in maniera diversa adesso.
    Ripensando ancora ai vecchi articoli di CdB, in questi giorni mi è tornato alla mente il coccodrillo che scrivesti a Pierre Celis

  2. La tua posizione è davvero espressa con intelligenza, complimenti!
    Come te sono d’accordo che birra del borgo produce prodotti di fattura eccelsa ma, allo stesso tempo, la “birra artigianale” viene fatta da ciò che si ha nel bicchiere e dal suo contorno.
    Penso che la scelta sia più basata sulla parte commerciale che sul migliorare una birra di per sè ottima fatta, tra le tante, da un mastro birraio che era un ricercatore nel campo biochimico. Con questo non voglio giudicare la scelta di un imprenditore ma neanche giustificarla attraverso un know-how tipico delle industrie dove il prodotto dura anni ed ha sempre lo stesso sapore.
    In ogni caso spero che la qualità delle birre del borgo rimanga quella di sempre e non si pieghi all’appiattimento industriale.

  3. Ci si faceva tante pippe con la GDO e poi arrivano le multinazionali. Ci hanno distratto. Stima. Coerenza. Abbraccio.

  4. Concordo sulla visione di Leonardo Di Vincenzo come vero imprenditore oltre che birraio innovatore in un settore che ha fattivamente contribuito a far nascere e crescere (questa almeno è l’idea che mi ero fatto sentendolo parlare in qualche occasione). La scelta che ha compiuto è ricca di rischi e di opportunità per la sua creatura e per il settore ma in quanto tale va rispettata. Credo che lui se ne renda conto tanto quanto noi appassionati, bevitori, homebrewer (con la pasmina al collo )… staremo a vedere come va a finire. Di certo la prevedibile e preannunciata uscita di scena delle sue birre da alcuni locali di riferimento della scena romana non ci lascerà a corto di alternative. PROSIT a BdB ed a chi l’ha apprezzata in questi anni.

  5. Io credo che questa acquisizione sia drammatica per il movimento artigianale, ma di certo non si puo’ biasimare Leonardo.
    Lui pero’ ha avuto occasione per scegliere se essere eroe o uomo normale e la scelta e’sotto gli occhi di tutti, anche se la maggiorparte di noi avrebbe fatto altrettanto.
    Comunque cambiera’ tutto, arriveranno svariati imprenditori mossi da molte motivazioni ma non dalla passione per il nostro amato prodotto.
    Dovevamo aspettarcielo, anche se non avrei mai detto che si trattasse di Birra del Borgo.
    Sigh, Sob!!

  6. Credo che di Bdb resterà ben presto soltanto il nome. Il mercato è asettico e privo di emozioni

  7. Una volta mi appassionata la Politica e non capivo il significato di “convergenze parallele”; da un po’ di anni la mia passione è altro e comincio a pensare in termini di “divergenze parallele”: da industriale a crafty e da artigianale a crafty.
    Si comincia a viaggiare in parallelo!

  8. Si sanno le cifre dell’acquisizione? All’estero vengono dichiarate.

  9. Il solo fatto che Di Vincenzo fosse diventato uno dei due vicepresidenti di AssoBirra era già riprovevole…

  10. La mia sensazione è che questa entrata nel settore di multinazionali possa essere la scintilla che trasporterá la scena artigianale italiana dall’epoca dei “goccifici” (cit. Dabove) a quella dei birrifici craft di dimensioni (relativamente) grandi come si trovano nel Regno Unito, in Belgio e altri paesi, gli Stati Uniti non li cito neppure perché sono un altro mondo.. Paesi nei quali però questa evoluzione, per dinamiche di mercato assai differenti, si è verificata indipendentemente dalle campagne di acquisizioni a tutto spiano.
    Forse per eccessivo romanticismo, questa prospettiva non mi fa sorridere…

  11. Grazie veramente per il tuo articolo, Andrea. Condivido il tuo equilibrio, ma anche la tua conclusione.
    Volevo farti una domanda che proprio non capisco. La necessità di Birra del Borgo (e di altri birrifici che stanno cedendo alle multinazionali) di trovare questa “stabilità finanziaria” è data dal fatto che la concorrenza ora in Italia è troppo spietata per cui sta diventando impossibile vendere birra o perché Leonardo voleva aumentare le sue produzioni per aumentare l’introito economico? Ben inteso, la mia non è assolutamente una critica verso Leonardo; vorrei solo cercare di capire se l’acquisizione da parte di una multinazionale è ormai il destino di ogni birrificio o brew firm, oppure se uno si accontenta di quanto già produce e non si vuole arricchire di più, allora non ce bisogno di cedere alle multinazionali.
    Spero di essermi spiegato

    • Grazie a te Raffaele. Secondo me (ma lo ha confermato anche Leonardo) nell’operazione c’è anche una componente personale: insomma, se ti arriva un acquirente col valigione credo che non fai solo riflessioni per la tua azienda, ma anche per te stesso. Se analizziamo solo la componente imprenditoriale non penso di avere troppe competenze per una visione completa. In generale credo che in Italia non esistono in molti settori gli strumenti per poter crescere imprenditorialmente in maniera forte, soprattutto quando ti confronti con altre realtà all’estero. È una condanna per tutti, ma direi che esistono vari modi di espiarla.

      • Grazie per la risposta.
        In effetti la mia paura era che, quella dell’assorbimento da parte delle multinazionali, fosse una sorta di condanna che tutti i birrifici italiani prima o poi dovranno andare incontro. Se fosse così sarebbe molto grave, anche perché scoraggerebbe chiunque voglia aprire un birrificio o brew firm in Italia. Ma mi domandavo se la situazione cambiasse nel caso che un azienda non avesse la smania di crescere, ma semplicemente quella di mantenere il mercato che già ha. Detta in parole povere, secondo te, se uno non vuole arricchirsi sempre di più, ma si accontenta di quello che già ha, potrebbe andar bene lo stesso, o la concorrenza è troppo grande che alla fine rischia di soccombere se non si allea alle multinazionali?
        P.S: ripeto ancora che non vuole essere un accusa a Leonardo, ma solo un mio tentativo di capire di più questo fenomeno

        • Ci sono già adesso dei birrifici in Italia (e nel mondo) che hanno intrapreso una via di nicchia nella nicchia: i primi che mi vengono in mente sono Loverbeer e Montegioco, ma non sono i soli. Esistono da diversi anni ed è difficile pensare che il loro modello possa cambiare da un giorno all’altro o interessare le multinazionali (ma magari mi sbaglio). Credo che molto dipenda anche dall’indole personale: ognuno di noi ha delle ambizioni e delle aspettative e compie delle scelte di conseguenza. Sono tutte rispettabili.

    • Non sempre è così Adriano..se guardo ad alcune visite fatte in Belgio p.es Brasserie a vapeur o de Blaugies, o anche Glazen Toren, in Francia Brasserie d’Esquelbecq..non so di Mont Saleve ma anche lì non mi aspetto grandi volumi , proprio in questa settimana vengo da Redchurch e non ci sono i volumi che tu immagini 8 ma ci sono importanti investimenti) siamo poco sopra i 1000 hl/anno. Se però parliamo in prospettiva di sostenibilità , probabilmente intorno ai 5000 hl/annui diventi meno fragile. Poi comne giustissimamente di ce Andrea dipende dal modello di business che scegli .Il nostro mercato è comunque molto polverizzato e dovrà evolvere e secondo me questa fase quest’anno è iniziata..almeno io percepisco più selezione ed un mercato più difficile, sebbene in crescita

  12. No, Vito. All’estero non vengono dichiarate. Quello che viene dichiarato è il valore delle merger&acquisitions nel caso di società quotate, dove esistono specifici obblighi di trasparenza e info al mercato di riferimento.
    Altrimenti esistono società di analisi di mercato, che seguono e ipotizzano quali possono essere i valori in gioco. Sono la faccia pubblica delle di consulenza che fanno due diligence nella fase contrattuale.
    A complicare le cose c’è da inserire nei calcoli il valore del contratto come A.D., e della sua durata.
    E’ una delle ragioni per cui si tratta di un evento eccezionale: così eccezionale da non avere neppure uno straccio di analisi finanziaria sull’entità dell’acquisizione.
    Novità per il settore birrario, s’intende. In generale, nel settore food&beverages, eventi di questo tipo avvengono da sempre, sono uno dei motori della “innovazione” sul mercato; e l’esito di queste acquisizioni è tutto sommato abbastanza chiaro, ben tracciato.

  13. Quando il business supera la passione è morto il craft….. Tanto di cappello a Stone e agli altri che dopo 30 anni sono ancora li a farsi il culo per far uscire prodotti di qualità per contrastare le multinazionali ! ! !

    Quando c’è la passione i soldi non contano…. BdB è out ormai……

  14. Analisi che condivido al 99,99999% salvo che “e che adesso vede incrinarsi questa visione romantica”:

    No, la scelta è stata fatta da UN birrificio artigianale, probabilmente sarà seguita da altri, ma resteranno sempre e comunque vivi altri ancora ed altri ancora ne nasceranno. E se malauguratamente dovesse mai accadere che tutti i microbirrifici siano controllati da qualche multinazionale del settore significherà che la nicchia era troppo ridotta.

    Godiamo della realtà del mondo.

    grazie

    ciao

  15. ..nel mondo dei birrifici artigianali c’è un mare di improvvisati o di “mescolacqua” è classico dell’italia provincialotta processare chi ha successo soprattuto a priori. Leonardo forse lo conosco molto prima di lei, non lo mai frequentato ma la prima volta che sbarbatello si presento in quel di Piozzo per conoscere Teo Musso notai che era un tipo sveglio e soprattuto istruito e dallo sguardo curioso di chi vuol capire e carpire i segreti degli altri …aggiungo anche, da abruzzese quale è, anche testa dura (Borgorose sono reatini per provincia ma marsicani-abruzzesi di sangue e di storia. ). Quel giorno scambiamo 2 parole e ci chiese “se conoscevamo Teo” noi che ,produttori di porchetta Eudoro tante avventure avevamo fatto con Teo nel binomio porchetta-birra dalla nascita del sito Esperya (Tombolini-Gruppo Espresso ricordate?) in poi…fino all’approdo da Eataly
    In 11 anni di vita portare una aziendina a questo livello tanto di cappello….il resto chi vivrà vedra

    roberto proprietario produttore marchio Eudoro

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