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Negli USA la birra artigianale continua a crescere, ma qualcuno non è contento…

craft-beer-2009La scorsa settimana la Brewers Association ha pubblicato i dati economici relativi al settore della birra artigianale negli Stati Uniti. Ancora una volta, in barba a tutte le congiunture economiche internazionali, il segmento mostra una salute invidiabile, suffragata da numeri impressionanti. Un dato su tutti: rispetto al 2008 il mercato della birra artigianale è cresciuto del 7,2% in volumi e del 10,3% in dollari, sorprendendo anche gli analisti più ottimisti.

Le altre statistiche servono per dare un’idea delle dimensioni della crescita. Il numero totale di microbirrifici è passato da 1.485 a 1.542 (un record dai tempi del Proibizionismo), il valore di mercato è passato da 6,32 a 6,86 milioni di dollari, la quota di mercato rispetto all’industria birraria generale si è attestato sul 4,3% in volumi e 6,9% in dollari. Molti birrifici artigianali hanno registrato forti crescite, come Founders (crescita del 72%), Oskar Blues (71%), Great Divide (34%), Dogfish Head (30%).

Questo il commento di Paul Gatza, presidente della Brewers Association:

Gli appassionati continuano a trovare grande soddisfazione e piacere nelle birre artigianali. Gli americani stanno dimostranodo un progressivo apprezzamento per le birre artigianali, e i numeri stanno crescendo di conseguenza. Essi sono desiderosi di provare l’ultima novità stagionale e di assaggiare un’ampia varietà di birre da differenti birrifici.

Da notare che il segmento artigianale è in controtendenza rispetto a quello industriale, che invece mostra ancora pesanti contrazioni.

In un momento in cui l’economia internazionale ancora fatica a riprendersi dalla recente crisi, statistiche come quelle citate non possono che essere gradite dagli appassionati di tutto il mondo. Eppure, proprio in questi giorni, è apparso un post controverso sul blog World Class Beverages, che ha proposto un quesito interessante: in America ci sono troppi birrifici? Ecco il succo del discorso:

Ci sono troppi birrifici negli USA? Ci sono troppe birre? Sembra un argomento di discussione quasi demenziale, eppure c’è un discreto numero di birrai che si pongono proprio questa domanda.

La questione ha sollevato diversi dibattiti su blog e forum internazionali. Interessante è il pensiero di Erik del sito Top Fermented, che propone un parallelo con il mondo del vino, evidenziando differenze e analogie. Al di là delle opinioni personali, è interessante notare che un argomento del genere emerge nel momento in cui un mercato si dimostra particolarmente in salute. E’ un problema di abbondanza, insomma, e solitamente l’abbondanza è presente nei contesti prolifici.

La questione potrebbe essere facilmente declinata anche al nostro movimento, che negli ultimi anni ha mostrato un regime di crescita impressionante. Il dato che viene citato più spesso per illustrare questo boom è quello del numero di microbirrifici, cresciuti in modo incredibile in un periodo di tempo relativamente breve. Se è questa la statistica più interessante, è anche normale che qualcuno si chieda dove si trovi il punto di saturazione del mercato e quanto manchi per raggiungerlo.

Lo dico chiaramente, secondo me è un falso problema. A mio modo di vedere, l’abbondanza raramente produce incognite reali e difficili da aggirare. In un mercato così giovane come quello italiano, una moltitudine di attori non può che far bene al movimento, costringendo i produttori a migliorarsi costantemente per emergere sugli altri. Un discorso che non fa una piega, direi. Ma forse c’è qualche fattore meno evidente che può rendere questa visione quantomeno parziale. Voi che ne pensate?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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16 Commenti

  1. Il problemi dei microbirrifici italiani sono diversi e cercherò di elencarli secondo il mio punto di vista:

    CULTURALE
    In quindici anni dalla nascita dei primi “micro” la conoscenza, in Italia, della birra artigianale è pressocchè nullo o confinato a delle riserve del web, come blog o forum.
    Inoltre si è cercato di creare subito il binomio birra/cibo, come per il vino creando dei ricarichi sul valore finale del prodotto aberranti.
    Ultimamente si è generato il fenomeno birra artigianale italiana ma sembra più un effetto moda, temporaneo, “satellitare” come si evince da questa considerazione di Maestrelli http://birragenda.blogspot.com/2010/02/satellite-birra.html.
    Invece noto un certo interesse e diffusione per le birre “artigianali” belghe, americane ed UK, che potrebbero modificare il gusto dell’italiano medio traghettandolo verso i micro italiani, sperando di non esserne delusi…
    Il nuovo appassionato di “birra cruda” (che brutta parola!!!) privo di qualsiasi capacità organolettica ingolla litri di amarassima AIPEI bistrattando capolavori fiamminghi perchè troppo equilibrati; mi sembra di vedere il tipico “intenditore” di vino italiano che chiede al ristorante solo BARRICATO…

    QUALITA’:
    Il bevitore medio purtroppo potrebbe incappare il più delle volte in birre artigianali italiane non proprio in forma, fatte da HB che si credono Master Brewers, o viceversa…
    Ultimamente, comunque, la qualità è cresciuta e l’importante è vendere un prodotto che non abbia difetti ed è già tanto ma quanti birrifici si salvano su il considerevole numero di 298 http://www.microbirrifici.org/

    PREZZO: elevato sicuramente e questo potrebbe limitare il consumatore, ma potrebbe essere anche un deterrente per chi consuma alcol senza nessuna cognizione e cultura.
    Negli USA la “craft beer” è un vero e proprio fenomeno di massa( in ogni brew pub o locale che vende birra artigianale c’è una rivista gratuita che informa mensilmente sul mondo della birra “artigianale americana) ed un a birra di qualità la trovi ovunque in qualsiasi “liquor shop” a prezzi ridicoli ed in bottiglie da 37,5 o in lattina, ma i consumi sono MOSTRUOSAMENTE diversi…

  2. @Bilbo
    In generale sono d’accordo con te, però la tua analisi è di qualcuno che vive il movimento da anni, dall’interno. Di un appassionato insomma…
    La verità è che la qualità per i consumatori di birra artigianale non viene percepita come un problema e che il prezzo non è poi un ostacolo così grande come possiamo credere.
    Ne traggo due conclusioni: 1) in pochi sanno riconoscere una birra buona da una cattiva, e quindi la birra artigianale attira nonostante tutto; 2) il posizionamento del prodoto birra artigianale (nei risotoranti e in contesti “elitari”) non fa sembrare sconvolgenti i prezzi praticati

  3. secondo me’ in italia ora purtroppo e’ il momento della MODA della birra artigianale..nascono birrifici come funghi! ma hai me’…nella maggiorparte delle volte il la loro produzione e’ da far mettere le mani nei capelli! c’e chi fa’ il furbo e non paga le accise! e poi gli chiudono gli impianti! e si fanno fare la birra da altri! tempo al tempo..e ci sara’ l’inversione di tendenza e cominceranno a chiudere! e arrivera’ la moda che ne’ so’ di mangiare il salmone norvegese e tutti i pecoroni adietro! cambiando argomento non so’ chi ha visto questa mattina in tv c’era il presidente di assobirra e teo musso hanno parlato (xpoco fortunamente) della birra! e pensare..che stimavo teo musso! questo guru della birra sotto la scritta ASSOBIRRA mi spiace propio non lo vedo!

  4. @lallo
    Sul finire del tuo commento hai aperto una parentesi che rischia di mandare OT tutti i commenti! Il tuo non lo modifico ma invito gli altri a restare in argomento!

  5. @andrea e Bilbo

    secondo me Bilbo ha posto il problema qualità in termini sbagliati per i consumatore generico, ma ha ragione a porlo. birra artigianale e industriale non sono prodotti fungibili: per il prezzo e per il posizionamento scelto dagli artigiani rispetto agli industriali. ne esce così che la maggioranza consuma entrambi in situazioni differenti. qualcuno poi, col tempo, rapito da sapori e ideologie, consumererà sempre più artigianale (prezzi permettendo). il punto è che sottovalutare i gusti ed il giudizio del non acculturato per me è una grave leggerezza. nelle birre “regolari”, per quanto mi riguarda, io noto che anche chi non ci capisce nulla spesso fa centro nel giudizio sommario e nella scelta conseguente. penalizzando i prodotti più scarsi. e ancora di più acculturandosi

    birre artigianali con problemi o per nulla interessanti non vanno lontano. lo testimonia il fatto che chi lavora bene vende molto di più: semplicemente perché il prodotto più buono viene preferito e fa lavorare di più chi lo vende (se vende birra e non atmosfera). ed il fatto che il consumatore non acculturato operi una scelta in base al proprio insidacabile “gusto” e non alla qualità senza sapere che, magari rozzamente per le sue conoscenze, le due cose di fatto coincidono, non sposta il problema. in soldoni: se una birra puzza di fogna, magari uno non sa che è un difetto ma la considera una caratteristica di quella birra, che cmq non apprezza. magari non individua nemmeno il sentore ma avverte solo una sensazione generica di poca piacevolezza, ancora di più con a fianco qualcosa di ben fatto. e non la riprende. io non sarei così pessimista sulle capacità organolettiche delle persone (a parte qualche nuovo mostro) anche se si dicono disinteressate alla qualità. è qualcosa di subliminale che tutti noi possiamo sperimentare in tante altre cose in cui operiamo delle scelte senza essere così ferrati

  6. 30 righe per dire che una birra che sa di fogna non piace neanche a chi non capisce una mazza.
    Mai sentita la frase”tanto quelli se bevono tutto…”?

  7. @schigi

    sono pienamente d’accordo a metà con te

  8. Bevuta ieri un’artigianale italiana “difettata”. E non è la prima volta. Ma tornando al tema principale, gli Usa (intento i birrifici artigianali) stanno troppo avanti, noi rincorriamo (a fatica), ma nemmeno tra 20 anni avremo qualcosa di simile a quello che oggi vivono gli USA, forse perchè in Italia siamo ancora troppo legali al vino (coma consumo). E insisto, perchè sta cosa mi sta proprio sulle palle, i prezzi sono troppo A-L-T-I. La birra difettata di ieri l’ho pagata € 9,50. Viceversa, ho trovato anche la Harvest di Sierra Nevada a € 6. Ma ditemi voi: uno cosa compra? La qualità e i prezzi dei birrifici USA fanno la differenza. Una Surfing Hop di Toccalmatto l’ho vista vendere anche a 15 €, spese di spedizione escluse. La stessa Ale americana la riesco a trovare, IN ITALIA, a metà prezzo. Meditate gente, meditate……

  9. La Harvest a 6 euro è 1 ottimo prezzo dimmi dove…in effetti il problema del prezzo è stato sempre uno scoglio, ma io dico che un po si potrebbe limare dipende da tutti.
    Ma così andiamo OT.

  10. @SR
    Che un birraio debba tendere a migliorare le proprie birre è una questione etica, morale e, soprattutto, commerciale, perché come tu dici la qualità alla fine viene premiata dal consumatore. Questo infatti tende comunque a percepirla, ache solo a livello “inconscio” e anche se non ha le competenze di un esperto.
    Ma da qui a dire che l’incostanza qualitativa è un freno al mercato italiano ce ne passa. Non è uno dei problemi del movimento brassicolo nazionale – almeno non al momento – perché semplicemente non viene percepito come tale dai consumatori.

  11. non credo che il fenomeno della birra artigianale sia un moda, credo che i consumatori stiano aquisendo consapevolezza reale su un nuovo modo di bere e interpretare la birra, poi i “difetti” esistono in tutti i “mercati”, e mi riferisco al fatto che dalla moda al vino e altri settori, esisterà sempre quella fascia di aquisto che pur non avendo competenze per riconoscere la qualità del prodotto, lo aquisterà comunque, ovviamente per moda, ma ripeto non credo che tutto il fenomeno esploso da qualche anno sulla birra artigianale sia solo moda.

    Poi è ovvio che se un produttore non mette al primo posto la qualità, con il tempo il mercato lò selezoionerà fino a farlo sparire,

    per concludere credo che tutti i movimenti che ruotano intorno all’argomento, le varie associazioni blog ecc. (che fanno parte degli addetti ai lavori) dovrebberro gioocare d’attacco, cioè andarsi a prendere tutti quei potenziali consumatori (che sono tanti) che in questo momento ignorano tutto quello che sta accadendo intorno alla birra artigianale.

  12. @andrea

    non volevo dire quello. il freno sono i prezzi, la distribuzione, la capacità produttiva, la comunicazione culturale. ma, per far contento Schigi e limitarmi a 4 righe, la qualità è condizione necessaria ma non sufficiente quanto le condizioni sopra per arrivare ad avere un mercato degno di questo nome. senza qualità non si va da nessuna parte

  13. @ Mirko
    Allo spaccio aziendale di Interbrau le compri anche a 5 euro. Ma credo che tu lo sappia già…

  14. Il prezzo è un grande freno soprattutto per chi vorrebbe portarsi a casa qualche bottiglia e bersi l’artigianale in poltrona davanti alla tv la sera per i c…i suoi! Ci vorrebbe un po’ di elasticità da parte dei gestori e rinunciare a qualche euro per favorire l’asporto delle bottiglie. Dico dei gestori dei locali, perchè reperire i prodotti di qualità nella distribuzione normale è molto complicato. Guadagnare meno ma vendere di più e alla fine guadagnare più o meno uguale! Non crdo che questo significhi perdere clientela nel pub, ma semplicemente diffondere il piacere di bere cose di qualità e incrementare i consumi.

  15. io Andrea ho capito che i dati della tua ricerca parlano chiaro, ma comunque non riesco a capacitarmi di come possa essere possibile che l’incostanza della qualità delle birre italiane non si un ostacolo, non ce la faccio

  16. @BienK
    Non è che da oggi in poi voglio prendere quei dati come se fossero il vangelo, però li considero un interessante punto di riferimento per determinate conclusioni.
    Se c’è una cosa che merita riflessione è che esiste un’ampia distanza tra la nicchia di appassionati e la “massa” di consumatori, magari occasionali. E’ così in tutti i campi, credo. Noi abbiamo una percezione da “intenditori”, che è diversa da quella dell'”uomo medio”. Dobbiamo farcene una ragione.
    Poi che la crescita del movimento dipenda anche da un miglioramento qualitativo delle birre è innegabile. Ma se ci pensiamo, a livello di numeri il settore fino ad oggi è cresciuto in modo impressionante, e questo nonostante la costanza qualitativa rimanga ancora oggi una chimera ad appannaggio di pochi.

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