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Nuove forme produttive, tra impianti sociali, corsi per birrai e birrifici comunali

birrificio-la-fucinaSu queste pagine spesso abbiamo trattato delle evoluzioni aberranti della birra artigianale italiana, conseguenze più o meno dirette del grande successo ottenuto negli ultimi anni. Oggi parliamo di un fenomeno in ascesa che, per fortuna, ha tanti risvolti positivi. Può essere inquadrato in una serie di luoghi o progetti che permettono agli appassionati di accrescere direttamente le proprie competenze produttive, fino ad arrivare, in alcuni casi, a protendere verso veri e propri impianti collettivi. È un carattere ancora in fase embrionale, che forse non diventerà mai un vero e proprio trend diffuso nel settore e che al momento è evidenziato da alcuni esempi isolati, diversi tra loro ma riconducibili a un minimo comun divisore. Scopriamoli insieme…

Il primo caso da cui vorrei partire è quello del “Birrificio Sociale La Fucina”, promosso dall’omonima beer firm molisana. Quando tre anni fa partì l’avventura de La Fucina, i soci acquistarono un impianto da 30 litri per provare le cotte prima di passare alla produzione definitiva presso i contoterzisti. È un modo molto professionale di intraprendere la strada delle beer firm e ha permesso loro di sviluppare negli ultimi tempi un progetto parallelo: quello appunto del “birrificio sociale”. Da qualche giorno è infatti possibile prenotarsi per brassare la propria ricetta presso l’impianto pilota de La Fucina, accompagnati dal birraio Angelo Scacco. Si tratta di un servizio che copre l’intera giornata: si pianificano i dettagli della ricetta, si brassa insieme e si decide persino la colonna sonora della cotta 🙂 . C’è poi la possibilità di assaggi didattici di alcune birre di prova presenti in magazzino e di pranzare con prodotti tipici molisani.

Nei giorni successivi alla cotta sarà Angelo a occuparsi di gestire la fermentazione, la maturazione e l’imbottigliamento. Una volta pronta, la birra sarà a disposizione del partecipante, che potrà ritirare il risultato finale lasciando 2 bottiglie al birrificio. Come elemento di vicendevole valorizzazione, Angelo a fine anno sceglierà la ricetta migliore, che diventerà una delle birre a marchio La Fucina e sarà presentata in un locale romano insieme al co-creatore della ricetta. Chiaramente tutto questo ha un costo, che però mi sento di definire quasi simbolico. È un’iniziativa che come avrete capito si rivolge sia a chi si sta avvicinando al mondo della birra artigianale (ed è affascinato dai risvolti puramente produttivi), sia agli homebrewer che vogliono provare a brassare su un impianto semi professionale, sia infine a chi sta pensando di aprire un proprio birrificio. Per saperne di più date un’occhiata a questa nota presente sulla pagina Facebook della beer firm.

hopsideMolto simile al Birrificio Sociale La Fucina è l’iniziativa del giovanissimo Hopside, uno dei tantissimi nuovi locali che hanno aperto a Roma ultimamente (oggi compie due mesi). L’idea sulla quale si base l’Hopside è originalissima, al punto che gli è valsa la vittoria di un bando della Regione Lazio per start-up innovative. Qual è allora la formula dell’Hopside? Beh in parte è una “normalissima” birreria, con un impianto da dodici vie con sole birre artigianali e una proposta gastronomica ricercata, che potrebbe farlo rientrare di diritto nella new wave dei ristopub capitolini. Nel piano inferiore trova però spazio il laboratorio: un perfetto spazio produttivo con due impianti da 30 e 60 litri, tre stanze a temperatura controllata e tutte le attrezzature del caso (mulino, riempitrice automatica, sette fermentatori, ecc.). Anche in questo caso gli interessati possono, dietro il pagamento di una quota di partecipazione, produrre in loco la loro ricetta e poi portarsi via la birra finita. A quanto pare l’idea sta già riscontrando un ampio successo.

ritualA quanto pare l’Hopside in futuro potrebbe ospitare corsi di produzione all’interno del suo laboratorio, ma l’idea di scuole per birrai si sta diffondendo rapidamente. Con questo obiettivo è ad esempio recentemente nato il Ritual Lab, un spazio didattico dedicato alla produzione brassicola. Chiaramente vengono affrontati argomenti teorici, ma il clou del corso è rappresentato dalla possibilità di eseguire una cotta da 100 litri su un impianto professionale con relativo imbottigliamento, il tutto seguiti dal birraio Emilio Maddalozzo (30 anni di esperienza tra Pedavena e accademia Doemens di Monaco di Baviera). Il corso prevede anche una parte che affronta aspetti commerciali e una sulla coltivazione del luppolo. Ulteriori dettagli sono disponibili sul sito dell’iniziativa.

artenaIl progetto più ambizioso di questa rassegna è però quello di Open Brew, che nella sua forma finale tenderà a diventare un “birrificio comunale”. La genesi di questa idea parte da lontano e più precisamente dal Progetto Artena, “un servizio di analisi, strategia e azione per la rinascita del borgo antico dell’omonima cittadina laziale”. In passato questo soggetto ha promosso un corso per degustatori e birrai con la collaborazione di ADB Lazio. Da quell’esperienza è nata l’idea di una scuola per birrai con impianto pilota da 30 litri (con sistema di gestione delle temperature), ospitata all’interno di una sala polifunzionale comunale da recuperare e valorizzare. Il progetto, già di per sé molto interessante, è in realtà il primo passo verso l’istituzione di quel birrificio comunale a cui ho accennato poco sopra e nel quale il Comune è attore partecipante: sarà lui a farsi da garante societario e a proporsi come parte attiva nel progetto insieme all’intera comunità. Tanto per la cronaca il birrificio avrà un impianto da 600 litri e sarà posizionato in una zona meno impervia del centro storico di Artena (dove invece sorge la scuola).

Tutti questi esempi dimostrano come in Italia si stiano sviluppando con sempre maggiore forza delle iniziative dedicate alla produzione. Che si tratti di servizi di produzione semi professionale, corsi per birrai o birrifici comunali, l’intento è quello di avvicinare sempre più persone alle meraviglie della produzione brassicola. Potremo un giorno parlare di uno Zoigl italiano? Per noi appassionati sarebbe un sogno, per il momento ci limitiamo a osservare questo interessante fenomeno.

Voi conoscete altri esempi al riguardo?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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13 Commenti

  1. Belle iniziative, è stupendo sapere che possono essere realizzate! ci pensavo anch’io tempo fa
    Un altro servizio potrebbe essere quello di offrire lo stoccaggio delle birre..soprattutto in periodi estivi

  2. Leggendo dei corsi a tema birrario spesso mi chiedo se i tempi non siano maturi per l’istituzione di un serio percorso (anche universitario, tanto più che esiste un analogo corso per viticoltori, Enologia e viticoltura) che formi mastri birrai competenti. Ho provato ad informarmi, ma ho trovato unicamente un master a Perugia ed un corso in università privata (con relativi costi inaccessibili). Secondo voi che percorso dovrebbe fare un giovane intenzionato a diventare mastro birraio? Grazie 🙂

    • Esiste già un corso di formazione riconosciuto a livello italiano ed organizzato da Dieffe. E’ un corso di 600 ore di cui 200 di stage in azienda. Docenti preparati e percorso formativo completo. I nostri miei due colleghi lo hanno sostenuto e attualmente tieniamo lezioni su alcune materie specifiche.

  3. Ciao.
    Non trovo nessuna indicazione, né sul sito né sulla pagina FB, sulle future attività della Fucina. Poiché sono interessato mi chiedevo se c’è una pagina dedicata con tutte le informazioni. Grazie.

  4. Iniziative lodevoli. Ma con questi volumi siamo sempre nell’area formazione, divulgazione, hobbismo e consumo personale.
    Certo è che alla fine ti ci paghi l’impiantino, scambi informazioni e fai esperimenti; cosa da non sottovalutare.

  5. Dear Velleitario, io credo che, ma questa è una mia personale opinione, in Italia ci sia innanzitutto bisogno di creare cultura birraia (io sono il primo che sta ancora studiando alacremente) vale a dire avere una solida base di persone che ne capiscano non solo di buone birre, ma anche delle modalità e dei processi produttivi. Il passaggio successivo sarebbe quello di avere dei percorsi strutturati per chi vuole passare dall’hobbismo e/o passione alla vera e propria produzione…direi meglio cominciare con piccoli passi pensando però di avere solo iniziato un percorso lungo…e speriamo non troppo periglioso

  6. Io penso che in Italia il vero valore della formazione non sia ancora stato capito. Si investono decine, se non, centinaia di migliaia di Euro, per impianti, adeguamenti strutturali, mezzi per la consegna, ecc. e poi si pretende di formare i birrai, investendo cifre ridicole e non solo si pretende anche di farlo in tempi accelerati.

    Tant’è che spesso ci si spaventa davanti a poche migliaia di euro di costo di un vero corso all’estero. Voi lo fareste un corso enologico in Germania? Io no, così come non farei mai un corso birrario in Italia, perlomeno per i corsi visti sino adesso.

    La risorsa più importante di qualsiasi azienda è la risorsa umana, il valore più alto è il know-how, eppure è la voce d’investimento, solitamente più bassa.

  7. Come è questo hopside? Provato?
    Altra cosa sapete se qualcuno organizza viaggi itineranti per birrifici / brew pub soprattutto verso nord Italia?

    • Ancora non l’ho provato. Invece sulle gite birrarie nel lontano 2010 scrissi questo post http://www.cronachedibirra.it/eventi/2564/una-guida-alle-visite-guidate-ai-birrifici-italiani/

    • Mi permetto di rispondere alla prima domanda in quanto l’Hopside ce l’ho proprio sotto casa. Locale accogliente arredato in maniera originale. Quando riesco mi ci fermo volentieri per un paio di birre e quattro chiacchiere con i ragazzi che lo gestiscono. Ultima volta ieri sera per una EIPIEI di Opperbacco e, successivamente, una BUROCRACY di Brewfist. Voglio tornarci presto per provare anche la FLEBO di La Casa di Cura e la FEAR, sempre di Brewfist, che non conosco. Se capiti in zona Ostiense/ex Mercati Generali fattici un giro.. Cheers!

  8. Non saprei, forse si può includere il Birrificio La Piazza di Torino, che all’interno del birrificio/brewpub offre percorsi didattici a chi intende avvicinarsi all’arte birraria

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