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I pub inglesi, lo Smoking Ban e il CAMRA

Leggevo qualche giorno fa sul sito di Repubblica che tra i motivi della crisi che stanno vivendo i pub inglesi c’è il recente divieto di fumo nei locali pubblici. La legge, che entrò in vigore giusto un anno fa, ha mostrato risultati confortanti dal punto di vista della salute collettiva (400.000 fumatori in meno, una riduzione degli infarti del 3%), ma è stata additata dagli addetti ai lavori come una delle cause principali del difficile momento delle public house britanniche.

In passato ho già affrontato il problema del trend negativo dei pub nel Regno Unito, iniziato ben prima della promulgazione dello Smoking Ban. Tuttavia è innegabile che questo provvedimento abbia ingigantito la crisi: nell’ultimo anno i pub costretti a chiudere sono aumentati di ben 7 volte rispetto al 2006, un dato senza dubbio allarmante. Così, mentre le saracinesche abbassate nel 2005 erano state appena sotto le 100 unità e nel 2006 erano poco più che raddoppiate, il 2007 ha fatto registrare l’angosciante cifra di 1400 public house chiuse.

Se è vero che la crisi dei pub è principalmente una crisi culturale, con tutto ciò che ne consegue, la cancellazione del fumo, tratto distintivo del mito di questi tipici locali inglesi, accentua ancor di più il problema. Tuttavia gli ultimissimi dati potrebbero far rientrare l’allarme: in primis perché se è vero che molti consumatori hanno abbandonato i pub, altri vi si sono avvicinati per la prima volta; in seconda analisi perché dopo il contraccolpo iniziale della legge anti-fumo, ora il settore sembrerebbe in ripresa.

D’accordo, il fumo è una caratteristica fondamentale nella visione romantica del pub, ma è anche un deterrente per chi non sopporta i luoghi chiusi dove è difficile respirare. Perciò il divieto sicuramente rappresenta una porta di accesso per nuovi clienti, frenati prima dall’aria pesantemente viziata dei locali (sebbene sia evidente che questo doppio flusso sia superiore in uscita piuttosto che in entrata). Senza contare che l’adattamento culturale probabilmente spingerà tanti consumatori a tornare nei pub con la stessa frequenza – o quasi – di prima.

In questo senso i dati provenienti dalla vicina Irlanda sono incoraggianti: dopo un calo di affluenza del 7%, il trend è tornato leggermente in positivo. Si tratta anche di riconvertire i locali, dotandoli ad esempio di macchine del caffè come surrogati delle sigarette, perciò è un processo non immediato, che comunque allenta un po’ la preoccupazione riguardo al fenomeno.

A rendere ulteriormente meno inquietante il panorama ci pensa il CAMRA, che offre dei dati molto interessanti, soprattutto per gli amanti della birra di qualità. Sebbene infatti in un anno si sia registrata una riduzione dell’8% sui volumi di birra venduta, il segmento delle Real Ale ha mostrato un andamento opposto. E’ quanto afferma Wetherspoons, una delle maggiori pub-co del paese, che chiama in causa anche la dichiarazione di Greene King (il maggiore produttore di Real Ale), secondo la quale i propri volumi di vendite sono saliti del 6%.

Questo fenomeno è addirittura accolto con entusiasmo dal CAMRA, che vede nel dato la possibilità di una ripresa per il mercato delle Real Ale. A confortare questa visione c’è poi una statistica molto eloquente: solo il 25% dei bevitori di Real Ale sono fumatori, contro il 47% dei consumatori abituali di lager industriali. Che lo Smoking Ban, sbaragliando ogni previsione, sia il volano per una nuova età d’oro della birra artigianale e dei pub tradizionali nel Regno Unito?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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