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Concorsi per homebrewers: il punto su ciò che ancora non va

Negli ultimi tempi si stanno diffondendo a macchia d’olio, in tutto il mondo, i concorsi per homebrewers. Anche in Italia stiamo facendo la nostra parte, con concorsi a tappa singola, a tappe combinate, al Sud, al Nord, itineranti, e chi più ne ha più ne metta. Si tratta di competizioni in cui le birre prodotte in casa vengono valutate da una giuria di esperti (in teoria) per eleggere la migliore birra in gara. Per chi fa birra in casa, rappresentano una occasione importante per farsi valere e guadagnare credibilità. Ma non tutti i concorsi sono ben organizzati, anzi: oserei dire che in Italia la maggior parte presenta lacune in uno o più aspetti dell’organizzazione. Avendo partecipato negli ultimi anni a diversi eventi di questo tipo sia come concorrente che come organizzatore, mi sono fatto un’idea di quali siano i principali punti deboli di queste iniziative. Provo a dire la mia.

Img1 - Comunicazione

La giusta comunicazione

La comunicazione rappresenta, ahimè, uno degli aspetti meno curati nei concorsi di homebrewing. Spesso si pensa che una pagina Facebook, aggiornata saltuariamente solo per inondare di spam il web, sia sufficiente per garantire una giusta visibilità a questo tipo di iniziative. A mio avviso, nulla è più lontano dal vero. Non ho niente contro i Social Network, anzi, sono un loro fervido utilizzatore e sostenitore, ma è importante ricordare che in alcuni casi non sono sufficienti per rimpiazzare un sito web. Un concorso (di qualsiasi tipo) ha solitamente un’articolazione complessa: la composizione della giuria, le biografie dei giudici, il dettaglio del regolamento, il form per l’iscrizione, la pubblicazione dei risultati su tabelle che possono essere discretamente lunghe e tanti altri aspetti. Gestire tutto ciò usando esclusivamente una pagina Facebook è difficile e poco efficace.

È indubbio che mettere in piedi un sito richieda un maggiore impegno e tempi più lunghi, ma ripaga molto in termini di usabilità e soprattutto di immagine. Del resto, ormai è diventato molto semplice costruire un sito partendo da un template: WordPress ne ha tantissimi già pronti, gli interventi di personalizzazione si possono limitare alla scelta del logo e dei colori. Una volta creato il sito, Facebook potrà essere usato per il lancio delle news, per la pubblicazione di foto o streaming live e per la comunicazione diretta con i partecipanti. Ma del sito non si può fare a meno.

Altro punto fondamentale: la prontezza nelle risposte. Rispondete, sempre e il più velocemente possibile, a chi vi chiede informazioni via web. Anche una risposta semplice tipo “mail ricevuta, ti ricontatteremo a breve” va bene, purché sia veloce e immediata. Non c’è niente di peggio dell’avere a che fare con una “organizzazione fantasma”.

Img2 - Valutazione

Come vengono valutate le birre

Le modalità di valutazione delle birre è un aspetto che ho sempre trovato mal gestito nei concorsi. Non parlo delle schede che vengono utilizzate per assegnare voti e commenti, dato che spesso sono quelle standard fornite dal BJCP o comunque qualcosa di simile, ma dell’approccio stesso alla valutazione. Una comunicazione chiara su questo aspetto è fondamentale, dato che non sempre vengono utilizzate le stesse modalità.

Per esempio, è essenziale sapere se tutte le birre in gara saranno valutate dalla stessa giuria oppure separate in tavoli diversi. In quei concorsi in cui è possibile presentare birre prodotte secondo vari stili, è sostanziale capire se la propria birra verrà valutata (almeno per un primo round) in batterie di birre dello stesso stile oppure no. Qual è la scala di valutazione? Come si mediano i voti? Ciascun giudice assegna indipendentemente il proprio voto oppure avviene una discussione generale e poi il presidente della giuria assegna un voto cercando di recepire i pareri di ciascuno? Viene fatta una media dei voti? Insomma, gli aspetti legati alle modalità di valutazione sono molteplici e rappresentano un aspetto critico per chi riceve un giudizio soggettivo sulla propria birra. Tra i tanti concorsi per homebrewers italiani, non mi è mai capitato di vedere ben illustrato questo aspetto.

Img3 - Giudici

La scelta dei giudici

Ho lasciato questo aspetto per ultimo perché, ovviamente, è quello più critico ma anche più importante: i giudici rappresentano il cuore di un concorso per homebrewers. Una competizione che ha un super sito web, una grande pagina Facebook, un’organizzazione impeccabile, può perdere totalmente di credibilità se i giudici non sono all’altezza della situazione. E questo, purtroppo, è quello che accade più frequentemente. Sicuramente non è facile trovare persone di esperienza, competenti e  disponibili, che possano prestarsi all’impresa (gratuitamente nella maggior parte dei casi, ricordiamolo).

Inoltre, in Italia, a quanto mi risulta, non esiste una vera e propria organizzazione che certifichi dei giudici per questo tipo di competizioni (tipo il BJCP in America). Esistono diversi enti che offrono corsi di degustazione, alcuni anche con un esame finale, ma l’aver frequentato un corso di degustazione non certifica né le competenze di una persona né, soprattutto, le abilità comunicative. Nell’esame per diventare giudici del BJCP, per esempio, si presta molta attenzione ai commenti che il giudice scrive: oltre alla conoscenza degli stili e alla capacità di riconoscere aromi, gusti e difetti, un giudice deve saper scrivere bene per offrire un buon feedback al concorrente.

L’errore che vedo fare più spesso è quello di chiamare nella giuria dei birrai, dando per scontata la loro preparazione: nulla contro di loro, ci mancherebbe, ce ne sono di esperti competenti e validi in Italia. Ma in un panorama di oltre 1.000 birrifici, l’essere birraio non è una garanzia di per sé. Nemmeno essere un birraio che produce ottime birre lo è: non tutti i birrai studiano e approfondiscono tutti gli stili; alcuni magari producono le stesse (ottime) birre da anni, ma non si sono mai interessati più di tanto agli altri stili. Alcuni hanno dimenticato come si produce birra in casa, abituati ormai a gestire processi semi-industriali se comparati agli impianti casalinghi degli homebrewers. Inoltre, ovviamente, non tutti i birrai (anche quelli super esperti) sono in grado di offrire un feedback strutturato e utile a un homebrewer.

Il lavoro di selezione dei giudici è difficile, stancante e frustrante. Spesso si va per tentativi, ma è essenziale valutare sempre il loro lavoro ed evitare di richiamare in giuria chi scrive valutazioni affrettate o mostra evidenti lacune sulla conoscenza di stili o difetti. Non è impresa facile, ma ne va della credibilità del concorso.

Voi cosa ne pensate? Avete notato altri aspetti critici nell’organizzazione di una competizione di questo tipo?

L'autore: Francesco Antonelli

Ingegnere elettronico prestato al marketing, da sempre appassionato di pub e di birre (in questo ordine). Tra i fondatori del blog Brewing Bad, produce birra in casa a ciclo continuo. Insegna tecniche di degustazione e produzione casalinga. Divoratore di libri di storia e cultura birraria. Da febbraio 2014 è Degustatore Professionista dell'Associazione Degustatori di Birra.

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13 Commenti

  1. di concorsi ne ho fatti tanti e ne ho viste di tutti i colori…le cose che mi hanno sempre dato fastidio sono:

    la scelta dei giudici, il più delle volte mettono gente non adatta a valutare una birra e tanto meno preparata, quasi come se prendano i primi che passano di li…una volta al villaggio della birra mi bocciarono una belgian strong golden ale perchè secondo loro era troppo alcolica…cazzo faceva 10 gradi !!!

    ma la cosa che mi fa veramente arrabbiare è che facciano partecipare birre completamente fuori stile e che le ricette vengono pure approvate durante l’iscrizione…ho visto tripel arrivare prime luppolate con luppoli americani e ho visto valutare gose che senza fermentazione lattica e potrei andare avanti all’infinito.

    spesso se non fai birre strane come imperial stout con caffe defecato dai primati non ti cagherebbero neanche.

    conosco gente che ha spedito apposta delle lambic vere spacciandole per sue e ritrovarsi una valutazione negativa.

    ho sempre odiato che spesso vengano valutate assieme le tecniche all grain da quelle e+g mi sono battuto per anni ma la risposta è sempre stata: se la birra è buona merita di essere valutata assieme alle altre…

    potrei parlare anche dei lati positivi dei concorsi ma mi fermo qui.

  2. A me è successo che ad un concorso Mobi hanno completamente cassato una birra che per me era ottima e molto particolare (sono arrivato tra gli ultimi tra circa 130 partecipanti, una delle birre peggiori secondo il giurato che ha assaggiato la birra: ha addirittura scritto che secondo lui c’erano stati problemi di fermentazione).
    Un paio di settimane dopo ho avuto l’occasione di farla assaggiare a Kuaska e al proprietario del pub in cui era: sono rimasti entrambi stupefatti e Kuaska mi ha detto che avrei dovuto assolutamente farla partecipare ad un concorso perchè era veramente notevole. Ho sorriso e ho detto che con i concorsi Mobi ho chiuso.

    • Ciao Luigi, la tua reazione (comprensibile) alla valutazione da parte di un giudice del concorso MoBi conferma quanto sia importante selezionare e valutare bene i giudici. Mettendomi però anche dalla parte dell’organizzatore, posso dirti che a volte non è facile gestire l’operato di un giudice e che comunque, a volte, anche i giudici prendono delle cantonate (anche se questa mi sembra abbastanza grossa). Non so se già lo hai fatto, ma dovresti segnalare la scheda all’organizzazione del concorso: se (come penso) sono persone ragionevoli, cercheranno di vigilare meglio la prossima volta sull’operato di quel giudice.

  3. Una delle cose che a mio avviso rende farsesca la classifica finale (non i giudizi in se per se) è la possibilità di trovare nell’ambito dello stesso concorso birre all grain, birre E+g e birre completamente fatte con gli estratti.

    • Questo è un tema molto sentito, in effetti. E devo dire che la cosa lascia perplesso anche me, dato che praticamente si mettono in competizione birre fatte da zero e birre fatte con “scorciatoie” (i malti già preparati). Un problema che mi ero posto quando sono entrato nell’organizzazione di Brassare Romano ma che poi, per varie ragioni, ho lasciato da parte. Ma non è detto che il prossimo anno non cambieremo approccio, visto anche il livello di diffusione che ormai ha raggiunto l’allgrain (non escludo che una volta si accomunassero i due metodi per allargare il bacino dei possibili partecipanti).

      • Articolo molto interessante e che pone diverse questioni valide per certi versi ai concorsi anche di altri prodotti.
        Da “esterno” (non faccio parte del mondo della birra se non per via del piacere che ritrovo nel bere birre a mio parere buone) però mi chiedo: un birrificio che è già nel mercato e che produce birre con una parte di estratto di malto non può partecipare ai concorsi? 🙂

        • Non credo esistano molti birrifici artigianali che producono birra da estratto (credo nessuno in realtà). Però sinceramente non so se i concorsi pro mettano dei vincoli sulle modalità di produzione.

          • Che producano birre DA estratto penso nemmeno io che ci siano, ma CON estratto sì 🙂
            Nel caso i concorsi per birrifici non pongano vincoli allora penso che non sia opportuno mettere dei vincoli più stringenti per i concorsi di HB.

    • Sono d’accordo praticamente su tutto!

      Riguardo agli interventi precedenti invece devo dire che io sono uno di quelli favorevoli ad una classifica unica a prescindere dal metodo di produzione utilizzato, l’importante è che la ricetta sia stata creata dall’homebrewer che presenta la birra (per questo forse escluderei solo le birre prodotte da “kit pronti” perchè effettivamente si tratta di ricette fatte dal produttore, e comunque una qualsiasi birra prodotta tramite “malti pronti” non avrebbe nessuna possibilità di svettare in un concorso).
      Per quanto riguarda le birre prodotte con tecnica E+G c’è da dire che per quanto possono essere fatte bene spesso risultano qualitativamente leggermente inferiori ad una birra similare prodotta in all-grain, poi non titti gli stili possono essere riprodotti utilzzando gli estratti non luppolati.
      Insomma… per quanti mi riguarda, classifica unica e che vinca la birra “piùbbona”! 🙂

      Grande Frank e continua così!

  4. articolo molto interessante, quello che però stona un po’ sono i commenti. Cassare un concorso solo perchè una birra non è stata giudicata bene, ma lo è stata da un esperto come Kuaska mi fa sorridere. E pensare che invece sia stata una bottiglia fallata?
    Birre fuori stile mi piacerebbe vedere la ricetta, la categoria nella quale è stata inserita e soprattutto la compilazione dell’etichetta.
    Gli spunti di Francesco sono validissimi, ma cerchiamo anche di essere costruttivi, se qualcosa ad un concorso non va si può sempre contattare il presidente di giuria o gli organizzatori per migliorare la loro qualità.
    Poi in ultimo è vero che spendiamo del tempo a brassare le nostre creature, ma non dimentichiamo che lo facciamo per divertirci, che se una birra arriva ultima, ma ho avuto i consensi dai maggiori esponenti birrai italiani, forse quella è la cosa importante.
    ciò non toglie che si ci sono margini di miglioramento si DEVE migliorare, ma con l’aiuto di tutti.

    • La bottiglia non era fallata perché non mi succede mai ed in ogni caso fermentazione incompleta – come ha scritto il giudice – è diverso da bottiglia infetta. In ultima analisi, sono abbastanza convinto di saperne abbastanza di birra per dire che quel giudice era un esperto alla italiana. Cioè nessun percorso formativo serio, nessun studio tecnico/scientifico, nessun esame sostenuto sull’argomento, nessuna esperienza significativa. Solo capacità di chiacchiera e di inserirsi in certi contesti.

  5. Credo che, quasi sempre, sia errato l’approccio con cui la maggioranza di noi homebrewers si iscrive ad un concorso. Noi vogliamo sentirci dire quanto la nostra birra sia favolosa, in stile, perfetta. Probabilmente, invece, le indicazioni migliori ci arrivano dai difetti e dagli errori commessi anche se non siamo sempre disponibili nei confronti di critiche mosse alla nostra creatura.
    Articolo interessante come al solito.

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