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Birra e Marketing senza vergogna: uno sguardo ai risultati del Beer Marketing Awards UK

Quando nel 2007 iniziai ad appassionarmi al mondo della birra artigianale e poco dopo proposi a Unionbirrai di inserire nei loro corsi una lezione dedicata al marketing, sapevo che questo giorno sarebbe arrivato. Il giorno della, seppur lenta e ancor non completa, redenzione del marketing applicato alle realtà artigianali. Ovviamente è un percorso già iniziato da tempo, faticoso e in continua evoluzione, ma certamente un evento come il Beer Marketing Awards (sito), tenutosi a metà aprile a Londra, ne è una chiara testimonianza e segna l’inizio di un nuovo capitolo per l’industria birraria, non solo artigianale.

Molti paradigmi e regole sono state infrante, i linguaggi classici e i codici visivi stereotipati che per decenni hanno dominato l’industria birraria sono stati rivoluzionati, coinvolgendo tutti: i piccoli produttori artigianali che ne sono stati (e continuano ad esserne) i promotori e i grandi colossi interessati a capire e far proprie queste nuove dinamiche. Cosciente di questo cambiamento, il concorso si è rivolto all’intera industria riscontrando l’interesse di piccoli e grandi attori del panorama birrario UK: dai giovani e dinamici birrifici londinesi ai brand internazionali della grande industria, passando per le piú tradizionali regional breweries.

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Pur trovandoci nel Regno Unito, questo è un evento partito con gli stessi ostacoli e pregiudizi che si potrebbero incontrare in Italia. Ideato e inizialmente annunciato nel 2012, è riuscito ad essere messo a punto solo a fine 2014 a causa di tempistiche e team non adeguati all’ambizione del progetto.  Il riscontro dei partecipanti è stato all’altezza delle aspettative degli organizzatori, ma certamente sono mancati alcuni nomi molto attivi dal punto di vista marketing in UK. Infine, qualche commento in rete circa la non utilità per la birra artigianale di un tale concorso, e più in generale del marketing, si è visto anche qui.

È stata comunque una buonissima prima edizione, a partire dalla giuria – a prescindere dal fatto che io ne abbia fatto parte,  con mio grande onore e piacere! Il punto forte è stato sicuramente l’idea di coinvolgere professionisti di entrambi i mondi, quello birrario e quello della comunicazione: da Pete Brown, scrittore birrario e organizzatore del concorso, a Sir John Hegarty e Alfredo Marcantonio, due guru della comunicazione in UK (rispettivamente fondatore dell’agenzia pubblicitaria BBH e copywriter di successo). Ho anche avuto modo di partecipare alla serata di premiazione che si è tenuta il 14 Aprile presso The Old Truman Brewery a Shoreditch, in East London.  Location perfetta, premiazione stringata ma efficace, ambiente informale, birre e street food… insomma un’ottima serata.

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Ma veniamo alle categorie e ai risultati. Non è stata resa pubblica la lista dei partecipanti, ma  solo l’elenco di finalisti, menzioni d’onore (highly commended) e vincitori (uno per categoria oltre a due premi “assoluti”). Non tutte le 11 categorie hanno riscontrato lo stesso successo di partecipazione, con quella di branding e design più gettonata in assoluto – notizia che ho accolto con grande piacere, essendo una delle mie passioni, nonché nuova avventura lavorativa. Ma avremo modo di parlare nello specifico di etichette, immagine di marca e graphic design nei prossimi mesi. Ecco i risultati:

Best Branding or Design (Sponsored by Co.Bir)
Beavertown  – WINNER
BrewDog  – HIGHLY COMMENDED
Daniel Thwaites Brewery for Crafty Dan

Best Use of Competitions (Sponsored by PUB16)
Thornbridge and Waitrose, with BrewUK  “Homebrew Challenge”  – WINNER

Best Use of Merchandise (Sponsored by Vektor)
Duvel Moortgat, Vedett Extra Blond: “Vedett Extra”  – WINNER
Ales by Mail: “Beer Advent Calendar”  – HIGHLY COMMENDED

Best Use of Sponsorship (Sponsored by Dark Star)
Budweiser: “FA Cup Open Trials”  – WINNER
Carling: “World Cup ITV Coverage”
Estrella Damm: “Gastronomy Congress”

Best Public Relations Campaign
Greene King Old Speckled Hen: “Old Speckled Christmas”  – WINNER
Britain’s Beer Alliance: “There’s a Beer For That”
Marston’s Pedigree: “Making Local PR Count”

Best Stunt or Event (Sponsored by Charles Wells)
Wychwood Hobgoblin: “Hobgoblin Roadshow”  – WINNER
Greene King: “Charity Ball”
Sol: “Sol Street Food”

Best Business-to-Business Campaign (Sponsored by Ella Communications)
Heineken: “Our Shout”  – WINNER
Butcombe Bottle Ales:  “Premium Bottled Ale Report”  – HIGHLY COMMENDED
Carlsberg: “Crafted”  – HIGHLY COMMENDED

Best use of Social Media (Sponsored by Poppleston Allen)
Brew Dog: “#MashTag”  – WINNER
Trooper by Robinsons and Maiden Brews: “Trooper Tracker” – HIGHLY COMMENDED
BeerBods : “#BeerBods”
Estrella: “#EstrellaLife”

Best Print Advertising Campaign (Sponsored by Britain’s Beer Alliance)
Fuller’s London Pride: “Made of London”  – WINNER
Belhaven Best:  “To a Pint”
Old Speckled Hen: “Seek Out Something Different”

Best Broadcast Advertising Campaign (Sponsored by Craft Beer Co.)
Shepherd Neame Spitfire: “Bottle of Britain” – WINNER
Britain’s Beer Alliance: “There’s A Beer For That”
Old Speckled Hen: “Seek Out Something Different”

Best Integrated Campaign (Sponsored by the BII)
Marston’s Pedigree: “Live a Life of Pedigree”  – WINNER
Purity Brewing : “Cycling” – HIGHLY COMMENDED
Britain’s Beer Alliance: “There’s A Beer For That”

Overall Grand Prix (sponsored by Boutique Beers by Matthew Clark)
Fuller’s London Pride “Made of London”

Outstanding Individual Contribution (sponsored by Charles Faram)
David Cunningham for Britain’s Beer Alliance “There’s a Beer For That”

Come si è forse già intuito, quello che mi ha colpito maggiormente di questa prima edizione del Beer Marketing Awards è la grande varietà nella partecipazione, nei risultati e nelle categorie, varietà che riflette esattamente quella che il consumatore si trova davanti ogni giorno.

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“Fare marketing” non è quindi appannaggio solo della grande industria o di brand affermati. “Fare marketing”  vuole semplicemente dire promuovere il prodotto e le sue caratteristiche. E “fare marketing” non include solo l’advertising classico, la pubblicità, ma anche tutte quelle leve che servono a proporre sul mercato un prodotto: dall’avere un positioning chiaro alla scelta dei canali di distribuzione, dalla definizione della propria immagine alle strategie di prezzo, per citarne alcune.

Scegliere in che formato vendere una birra artigianale – ad esempio 75 cl o 33 cl – con conseguenti decisioni di posizionamento prezzo (“a quanto vendere”) e strategia di distribuzione (“dove vendere”) è “fare marketing”.  Volenti o nolenti, con cognizione di causa o meno, con capacità o casualità, tutti i produttori, anche quelli del mondo birrario artigianale, lo fanno. E lo hanno sempre fatto. Forse, però, oggi se ne può parlare con interesse, passione e senza vergogna. Ed è per questo che nasce questa rubrica.

L'autore: Anna Manago'

Un passato in Carlsberg, ora consulente marketing a Londra dove ha anche fondato ByVolume, design agency specializzata in food & beverage. Da anni giudice in varie competizioni fra cui Birra dell’Anno, European Beer Star, World Beer Cup.

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9 Commenti

  1. Sante parole le tue: sono anni che cerco di far capire che “artigianale” non è nemico di “marketing”!
    In merito agli Awards invece una domanda: dove è possibile vedere le campagne? Purtroppo con una semplice ricerca su Google non sempre si riesce a farsi un’idea chiara delle diverse iniziative finaliste e premiate.

  2. Anna, saresti così gentile da rivelare qualche illuminante dettaglio sul concepimento del logo Hammer e sulla genesi del suo nome?

  3. Gentile Anna, grazie del materiale messo a disposizione.
    MiniEre di idee.

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