In questi anni abbiamo visto con quali mosse le multinazionali hanno cercato di invadere il settore delle birre artigianali. Le tattiche sono state diverse: immettere sul mercato birre pseudo-craft, acquistare quote di microbirrifici, sminuire i consumatori del segmento artigianale. Se non sbaglio però la scelta compiuta recentemente da Carlsberg – ringrazio Alessadra Agrestini per la segnalazione – non ha precedenti: creare un concorso birrario per introdurre nel suo portfolio prodotti completamente nuovi. Parliamo dell’iniziativa denominata UK Craft Beer Competition, che, pur con alcune differenze, non sembra troppo distante dai più famosi contest internazionali, come lo European Beer Star o la World Beer Cup. Qui però non si vince l’onore di un riconoscimento importante, bensì un contratto di distribuzione della durata di 12 mesi tra le “crafted beers” della multinazionale danese.
Come si può leggere sul sito di Carlsberg, alla competizione sono ammesse tutte le birre craft prodotte nel Regno Unito o importate e distribuite in esclusiva per il territorio britannico e disponibili in fusto o in bottiglia. Le birre iscritte al contest verranno valutate e giudicate a inizio marzo da una giuria preposta, costituita da membri dello staff del marketing di Carslberg e da almeno da un giudice indipendente. Interessanti sono i criteri di valutazione, perché non conta soltanto la qualità finale del prodotto. I parametri di giudizio sono invece quattro:
- Coerenza con le altre birre “craft” (le virgolette sono d’obbligo) del portfolio Carlsberg.
- Gusto.
- Branding, inteso come modo di presentarsi e capacità di veicolare la propria immagine.
- Disponibilità sul mercato.
Come si capisce, è un’iniziativa di stampo prettamente commerciale, tanto che il valore organolettico delle birre passa quasi in secondo piano di fronte ad altri metri di giudizio parimenti importanti. Alla fine della fase di valutazione, sarà dunque dichiarata la birra vincente, che apparirà per i successivi 12 mesi nel catalogo craft di Carlsberg. La partecipazione al concorso è subordinata all’accettazione di alcuni vincoli, tra i quali la garanzia che la birra vincente sarà disponibile per un periodo di almeno 12 mesi dalla pubblicazione del suo catalogo, senza però fornire altre indicazioni al riguardo.
L’iniziativa di Carlsberg può sembrare di poca importanza, ma evidenzia alcuni aspetti che vale la pena analizzare. In primis l’utilizzo del linguaggio del segmento artigianale, che come abbiamo visto in passato è una dei capisaldi si cui costruire prodotti crafty: benché molti concorsi birrari premino anche birre industriali, sono visti come premi alle birre di qualità e dunque quasi mai associati con le produzioni delle multinazionali. Ma se è una multinazionale stessa a organizzare un’iniziativa del genere, allora il discorso cambia radicalmente.
In seconda analisi la proposta di Carlsberg è incentrata sulla distribuzione dei suoi marchi craft, confermando che il nuovo campo di battaglia nella guerra ai birrifici artigianali è rappresentato dagli scaffali dei supermercati e dalle spine dei pub. Come previsto da molti analisti, le multinazionali diminuiranno l’acquisizione di microbirrifici per concentrarsi sulla distribuzione, puntando a escludere questi ultimi dalla contesa.
Infine, sfogliando il catalogo dei prodotti craft distribuiti da Carlsberg, ci si accorge come ormai si sia creato un “club” di marchi crafty talmente ampio da costituire una sorta di microcosmo. Un universo abbastanza grande da proporsi come completa alternativa al movimento artigianale più autentico, forte anche delle sterminate risorse delle multinazionali. I nomi presenti nel catalogo appartengono o a marchi puramente industriali, o ad aziende non più indipendenti, o ancora a birrifici indipendenti, ma di dimensioni ragguardevoli. Parliamo di Anchor, Meantime, Sierra Nevada, Thornbridge, Little Creatures, Grimbergen, Samuel Adams, Erdinger, Hitachino, Vedett, Liefmans e altri ancora.
A questo punto non resta che scoprire quale sarà la birra vincitrice del concorso. Peccato che il regolamento vieta l’iscrizione di prodotti che possano danneggiare la reputazione della multinazionale, perché un paio di idee mi erano venute. Cari avvocati di Carlsberg, sto scherzando 🙂 .