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La tribolata genesi della mia Carbonade Flamande

A destra la Carbonade, a sinistra il condimento per la pasta

A febbraio scorso partii da Roma alla volta di Rimini per partecipare a Selezione Birra. Con me c’erano mio fratello e l’amico Lorenzo, con i quali ci ripromettemmo, una volta tornati a casa, di incontrarci per assaggiare insieme il bottino della trasferta in terra romagnola. Così la scorsa settimana ho deciso che domenica sera (cioè ieri) avrei organizzato una cena birraria a casa mia, con un po’ di bottiglie da stappare in allegria. Per l’occasione mi sono lanciato per la prima volta nella realizzazione della Carbonade Flamande, piatto tipico belga, riassumibile col concetto di “spezzatino di manzo stufato nella birra”. Com’è venuta la ricetta? Cosa abbiamo bevuto? Ma soprattutto, che cosa è successo intorno a tutto questo? Ricostruiamo la giornata (e quella precedente)…

Il sabato mattina è stato dedicato alla spesa, anche perché nel pomeriggio mi aspettava l’evento Un mare di birra… in mezzo al prato. Dopo una corsa affannosa tra i banchi del mercato Trionfale, sono tornato a casa con tutti gli ingredienti necessari, eccezion fatta per la birra, che avevo deciso di acquistare in serata. La mia ricetta di riferimento è stata quella del famoso sito Cavoletto di Bruxelles: uno dei migliori foodblog della Rete, peraltro scritto da una belga. Potevo optare per qualcosa di meglio? Direi di no 🙂 . Come birra l’autrice Sigrid consiglia di usare Gauloise, Leffe, Chimay o persino una Gueuze, io invece mi ero fissato sulla Rochefort 10. Come dite? Usare una perla dell’arte trappista per cucinare è un’eresia? Esagerati! Si trova facilmente e a buon mercato e inoltre mi ricordavo di aver mangiato una Carbonade alla Rochefort 10 in Belgio (se ricordo bene al Bier Circus).

Dopo la birra agricola, la birra bucolica

Comunque, conclusa la spesa sono partito alla volta dell’agriturismo Quattropuntocinque per l’evento di cui sopra. Per la cronaca è stata una bella esperienza: location splendida (10 km da Roma ma sembravano 100), affluenza non esagerata che ha annullato i tempi di attesa alle spine, condizioni meteo fantastiche, birre discrete e, dulcis in fundo, campo di calcetto aperto al pubblico per i più temerari 😉 . Insomma una splendida scampagnata accompagnata da birra artigianale: firmerei per averne una a settimana.

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In serata siamo tornati in città e sono andato a cena a casa di amici. Mentre cercavo parcheggio la mia ragazza mi ha fatto notare un beershop (evidentemente si tratta di un’altra nuova apertura!), ricordandomi contemporaneamente che mi ero completamente dimenticato di comprare la birra per la Carbonade! Beh per fortuna il negozio era lì, potevo risolvere il problema molto facilmente. E invece no…

Come in passato continuo a credere che l’apertura di tanti punti vendita sia un bene per il movimento, anche se l’elemento moda a quanto pare sta diventando una pericolosa costante. Al punto che il ragazzo a cui ho chiesto informazioni non sapeva cosa fosse una Rochefort 10: “No non l’abbiamo… che cos’è? Ah forse una trappista? No mi dispiace”. Per la cronaca gli scaffali erano pieni di Brewdog e altri marchi famosi. E per la cronaca il beershop è in via Valsassina – ma prendete questa informazione con le molle, non sono esperto della zona. Il sabato si è dunque concluso con l’amara constatazione che avrei dovuto passare la giornata di domenica a cercare 3 bottiglie di Rochefort 10: un’impresa quantomeno ardua.

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La “birra artigianale cruda romana”. Ave!

Domenica mattina mi sono svegliato con l’obiettivo di risolvere al più presto la questione birra. Ho iniziato a chiamare tutti i beershop della Capitale, sperando in qualche apertura domenicale, ma senza successo – credo che Aleandro del Domus Birrae mi stia ancora maledicendo per averlo svegliato 😛 . Su consiglio di Lorenzo ho poi provato al vicino Pizzarium (niente Rochefort, ma un bel pranzetto 🙂 ) e poi al Drugstore di Piazzale Clodio. In quest’ultimo negozio c’è di solito un interessante assortimento di “artigianali da supermercato”, con qualche chicca annessa. Anche qui nessuna Rochefort, ma tra gli scaffali ho notato un’altra evoluzione aberrante del nostro ambiente: la “birra artigianale cruda romana”, con tanto di stemma cittadino (quello SPQR per capirci). Produttore? Il romanissimo La Petrognola di Piazza al Serchio, in provincia di Lucca.

Tornando a noi, capito che per la Rochefort 10 non c’era niente da fare, ho alla fine optato per due Chimay rosse e una blu. Sono tornato a casa e ho iniziato a preparare la cena, visto che la Carbonade deve cuocere diverse ore. Il risultato è stato molto apprezzato da tutti i commensali, ma vi assicuro che all’inizio ero molto scettico, soprattutto nel passaggio che prevedeva l’aggiunta di pane raffermo spalmato di senape… Alla fine delle quattro ore di cottura invece il piatto è venuto molto bene, e tutti hanno chiesto il bis 🙂 .

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Sua maestà Courage Imperial Stout.

Infine, le nostre bevute: una “non etichettata” di Foglie d’Erba (girava voce fosse la Pils), piuttosto stanca; Terrarossa di B94, Fear di Brewfist, Sublimely Self-Righteous di Stone (una Dark Ale brassata per l’11mo anniversario) e due ottime Firestone, la Union Jack IPA e la Walker’s Reserve (grazie Shannon!). Per concludere degnamente la serata, Lorenzo ha stappato una Courage Imperial Stout del 1989: acidità notevole, ma nel complesso un’esperienza davvero unica. Sono andato a dormire felice e soddisfatto.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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20 Commenti

  1. Le Courage danno, imho, più soddisfazione delle Thomas Hardy nell’invecchiamento.
    E io che mi sforzo di passare a Lorenzo birre “difficili”… la prossima volta scendo con un six pack di Rochefort 🙂

    PS
    Se chiamavi un altro uomo del Domus verso metà pomeriggio era peggio 🙂

  2. Carbonnade pazzesca e matrimonio d’amore con la robust porter di Firestone.
    Il Turco ai fornelli regala il meglio assoluto.
    E dovevate vederlo versione Hercules mentre si gettava tra i rovi pur di non perdere il pallone della “tedesca”..Un blend di coraggio e mascolinità 😉

    @Tyrser
    Le chicche del Tyrser non hanno prezzo..
    Per tutto il resto (le mie) c’è Mastercard..

  3. Bhe che dire, veramente un bel week-end! Ma dov’eri all’agriturismo?! Io sono stato 3 ore e passa, dalle 15 alle 18:30, al “prato in fondo” vicino al campetto. Facendo avanti e indietro tra la cassa, le spine e, appunto, il prato non ti ho mai visto!!!

    Riguardo la carbonade flamande non so quanto la differenza tra il mix di Chimay e la Rochefort 10 si potesse sentire in bocca. Sinceramente credo poco, per questo è piaciuta comunque 😀

    • Per le prime due ore (fino alle 16,30 credo) tra i tavolini, poi ci siamo spostati sul prato, appena dietro il campetto (lato corto). Se hai visto una triste partita di tedesca improvvisata da cinque imbecilli, io ero lì in mezzo. Tedesca che si è conclusa con un mio tiro al volo degno del migliore Bonacina: palla in orbita, con mia conseguente gita tra i rovi per recuperarla (cfr. commento di Lorenzo). Ne sono uscito con le gambe sanguinanti…

      Per la precisione a casa avevo comunque una boccia di Rochefort 10, quindi alla fine il mix è stato: 33 cl di Rochefort 10, 33 cl di Chimay blu e 66 cl di Chimay rossa. Lo so che la differenza non si sarebbe mai sentita, ma quando mi metto una cosa in testa… 😛

      • Azz. ma allora c’eri all’incirca nei miei stessi orari!!! Io nel campetto ricordo solo tanti pargoli con genitori al seguito…..forse la tedesca è cominciata più tardi. Bho!
        Dai ci saranno altre occasioni.

        Buono il triplo mix!!! (ma esiste la Chimay Rouge da 66 e nessuno me l’ha mai detto?!?!?!? 😉 )

      • “Per la precisione a casa avevo comunque una boccia di Rochefort 10, quindi alla fine il mix è stato: 33 cl di Rochefort 10, 33 cl di Chimay blu e 66 cl di Chimay rossa.”

        Il futuro è nel blend. Andrea sempre sul pezzo!
        🙂

    • Direi che come ricetta è molto simile, ci sono delle variazioni sulle spezie… a parte poi le tue giuste osservazioni “italiane”.

      L’unica cosa che non mi quadra è la quantità di birra: ti bastano solo 33cl per 1,2 chili di carne?

      • ora sui due piedi mi fai venire il dubbio, ché faccio sempre tutto a occhio, ma direi proprio di sì. in pentola a pressione ci vuole relativamente poco liquido: tieni conto che la ciccia ne rilascia sempre abbastanza. come regola aurea “dell’occhio”, quando versi il nettare la carne non dovrebbe galleggiare, ma essere un po’ affogata e non opporre quasi resistenza se la mescoli.

        • “quando versi il nettare la carne non dovrebbe galleggiare, ma essere un po’ affogata e non opporre quasi resistenza se la mescoli.”

          QUESTA, IO, LA CHIAMO PERFEZIONE 😀

  4. Andrea, la prossima volta che sei senza “nettare” di domenica fai un salto da noi al “Beershop Montesacro” che ci siamo dalle 17.00 in poi, magari ci beviamo anche qualcosa insieme (con tanto di stuzzichini per l’aperitivo).

  5. Per la Carbonade ti posso consigliare di usare una Oud Bruin ci si sposa molto meglio ed è quanto di più fiammingo ci possa essere!

  6. Consiglio di provare con una Rauchbier. Non è più un piatto belga, ma può essere una variazione interessante per gli amanti del gusto affumicato. A me viene benissimo.

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