Annunci

Stonehenge Pub cerca un’inlattinatrice isobarica semiautomatica

Lo Stonehenge Pub di Montebelluna (TV) cerca riempitrice isobarica...

Birrificio in provincia di Pavia valuta cessione attività o affidamento in gestione

Birrificio in provincia di Pavia avviato e operativo valuta...

Birrificio lombardo cede impianto completo con sala cottura, fermentatori e attrezzature

Birrificio attivo da 10 anni in Lombardia cede per...

Quelle banali birre per cui impazzivo i primi tempi…

Vi capita mai di ricordare i primi passi nel mondo della birra artigianale, quando la vostra passione era appena agli inizi? A me ogni tanto, e quando succede mi scopro sempre con un sorriso da beota dipinto sulla faccia. L’ilarità deriva dall’inevitabile ingenuo candore con cui affrontavo ogni scoperta birraria, affascinato da aspetti che oggi mi farebbero solo sbadigliare. Prendete le birre per le quali impazzivo a quei tempi: oggi le considero assolutamente normali o, ancora peggio, le evito con attenzione. E ovviamente non sto parlando di prodotti industriali o (non solo) delle cosiddette gate beers, ma di birre ordinarie che allora valevano per me il corrispettivo di una Zoigl bevuta in Germania, o di una Stille Nacht Reserve, o ancora di una Zwanze di Cantillon. Ammettiamolo: chi non si vergogna delle proprie preferenza brassicole passate? Io non sono da meno, ecco quindi alcune tra le birre “più evocative” che ero solito consumare a quei tempi.

Kwak

Quando il marketing fa la differenza. Inutile dire che la birra in questione divenne presto una delle mie preferite grazie al suo famoso bicchiere dalle strane sembianze, provvisto di una struttura in legno indispensabile affinché si mantenesse in piedi. La birra di per sé non è neanche da buttare, ma è evidente che tutto il successo ottenuto sul mercato non proviene esclusivamente da meriti organolettici. Che poi quando la chiedevi al pub, col cavolo che ti veniva servita nel tipico calice: il locale ne aveva giusto un paio ricevuti dal distributore, quindi ti dovevi accontentare del più ordinario surrogato. Cioè di un bicchiere griffato sempre Kwak, di forma leggermente simile, ma senza tutta la struttura di legno a corredo. Poco male, per me era una birra leggendaria a prescindere. E non solo per me, a quanto pare: su Ratebeer raggiunge 95 punti di score!

- Advertisement -

Tripel Karmeliet

Birra dal complesso bouquet floreale e fruttato, nel quale mi sono più volte perso durante gli inizi della mia carriera da appassionato. Oggi posso dire che la Tripel Karmeliet non è certo una birra elegante, né particolarmente affascinante, eppure ai tempi mi faceva impazzire. Anche qui il bicchiere gioca un ruolo importante, con le sue forme ampie e imponenti, soprattutto se paragonate a quelle di pinte o boccali ordinari. Ricordo che un giorno qualcuno mi disse che il nome indicava essere una “triplo malto”: oggi riderei in faccia per una simile affermazione, al tempo invece la accolsi come una rivelazione senza precedenti. In realtà il numero si riferisce alla tipologia di cereali previsti dalla ricetta: orzo, frumento e avena. Lungi dall’essere una perla brassicola come pensavo al tempo, è una birra che, al netto di ogni giudizio snob, rappresenta un buon prodotto. Certo, non per questo la valuterei con un 99 di score come accade su Ratebeer!

- Advertisement -

Montagnarde

Un tempo i prodotti dell’Abbaye des Rocs si trovavano con estrema facilità, oggi sono invece di difficile reperimento, almeno a Roma. In quegli anni Kuaska elogiava giustamente l’inusuale Blanche des Honnelles, che a me piaceva tantissimo. Il prodotto del birrificio per cui andavo pazzo era però la Montagnarde, una Belgian Strong Ale ambrata e dal gusto pieno. La provai per la prima volta durante una degustazione privata di Interbrau e me ne innamorai, al punto che nelle settimane successive attraversai più volte la città per raggiungere l’unico pub che l’aveva alla spina. Per i motivi espressi prima, non la bevo da almeno cinque anni, anche se a pensarci bene è passato molto più tempo. Sarei propenso a credere che ancora se la giocherebbe bene con tante birre della stessa tipologia, ma oggi non mi sorbirei un’ora di traffico di Roma solo per berla alla spina. Ah, su Ratebeer fa 96 di score.

- Advertisement -

Double Chocolate Stout

Il primo a farmela assaggiare fu Leo del Dog & Duck, che invece che nella classica pinta me la servì in un bicchiere stile trappista. Rimasi di stucco: come era possibile sentire un così netto sapore di cioccolato in una birra? Semplice: la ricetta prevede l’impiego di cioccolato fondente ed essenza di cioccolato. Per me che fino ad allora pensavo che la birra si facesse solo con malto e luppolo, fu una scoperta incredibile. La mia passione per questa birra di Young’s durò giusto qualche settimana, ma la meraviglia per quel primo sorso è ancora scolpita nella memoria. Su Ratebeer vanta un bel 98.

Hercule

Ancora ricordo quando il Colonna mi chiamò per assaggiare questa Imperial Stout belga: mi porse un bicchiere pieno di quel liquido nero, che mi conquistò all’istante. Ricordo quel gesto come uno dei momenti che mi hanno definitivamente fatto innamorare della birra artigianale ed evidentemente le sensazioni gustative hanno contribuito a rafforzare la memoria. Prodotta dal piccolo birrificio di Ellezelloise, a mio parere l’Hercule è (o è stata) una perla brassicola come poche altre. E’ l’unica birra di questo elenco per cui ho mantenuto la stessa considerazione che avevo all’epoca, anche se – lo devo ammettere – non l’ho più assaggiata da alcuni anni a questa parte. Nel frattempo il birrificio ha cambiato gestione e qualcuno mi ha detto che la birra è cambiata sensibilmente. Per me rimane leggendaria e su Ratebeer può fregiarsi di un 99 di score.

Queste furono le mie birre preferite al tempo, quelle che possedevano per il sottoscritto un’aura memorabile. Oggi nelle mie preferenze sono state sostituite con prodotti davvero unici, che tuttavia non sono in grado di regalarmi le stesse emozioni. Sia chiaro: anche oggi mi emoziono davanti a una birra straordinaria, ma in modo diverso. Ai quei tempi c’era ovviamente un approccio più ingenuo che ora ho necessariamente perso: era come se ogni scoperta che facevo avvenisse con gli occhi di un bambino.

Beh, al bando la nostalgia. Piuttosto ditemi quali erano le birre che vi facevano impazzire i primi tempi e di cui oggi vi vergognereste quasi a parlare. Ce ne saranno diverse, no?

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

Ultimi articoli

Tendenze di mercato globali: ripresa in UK, difficoltà in Belgio, crisi del luppolo negli USA

Molti report di settore, non solo in ambito birrario,...

Il Sahti sul grande schermo: nei cinema un film dedicato all’antica birra finlandese

Il Sahti rappresenta allo stesso tempo uno stile birrario...

L’importanza del design delle lattine di birra: intervista a Francesco Radaelli (WAR)

Per capire com'è cambiato il mondo della birra artigianale...

Dalla prigione al parlamento: la lotta di Tao per la libertà della birra artigianale thailandese

Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una diffusione dirompente...

Newsletter

Al bancone è la nostra newsletter quindicinale con notizie, iniziative ed eventi sulla birra artigianale.

Seguici

28,424FansMi piace
14,293FollowerSegui
6,327FollowerSegui
273IscrittiIscriviti

La birra come soggetto dei grandi dipinti dei pittori fiamminghi

Parlando di piatti e abbinamenti brassicoli, in questa rubrica, di fatto, ci siamo sempre occupati della materia allargata della “tavola”. Ecco perché stavolta abbiamo...

Una nuova era per Cronache di Birra: da lunedì il sito sarà in manutenzione

Come forse avrete notato, ieri abbiamo anticipato di un giorno la consueta panoramica sugli eventi birrari, che di solito esce il venerdì. È stata...

Auguri, prossimi eventi e un (altro) racconto di Natale con la birra

L'articolo del venerdì di Cronache di Birra è solitamente destinato a presentare i prossimi eventi birrari in Italia. Il pezzo di oggi non si...

50 Commenti

    • A me la Bloemenbier fa impazzire tutt’ora 😀
      Comunque, Andrea, voglio solo dirti che fino alla double chocolate hai praticamente distrutto quasi tutto ciò che di birrario si trova facilmente a Salerno 😛
      Kwak e Tripel Karmeliet sono ritenute tutt’ora dei capolavori che possono bere tutti, la Montagnarde è venduta come una prelibatezza per intenditori, la double chocolate si trova in giro ma è più di nicchia. Devo dire che la kwak mi piaceva molto ma ormai è un pezzo che non la bevo dopo che l’ultima volta l’ho trovata orrenda e totalmente diversa da come la ricordavo. La karmeliet non mi ha mai fatto impazzire ma ogni tanto ho provato a berla, soprattutto col caldo, non so perché. La montagnarde mi piace ancora, devo dire. Le birre della young’s invece mi incuriosiscono tutte ma quelle che ho bevuto per ora sono finite nella serie “da provare una volta e amen”.

      La Gulden draak, che per me è anche una gate beer, mi piaceva prima e mi piace ancora. Ultimamente invece ho beccato la delusione con delirium tremens e soprattutto con la nocturnum, le ricordavo buonissime, fantastiche e soprattutto decisamente diverse 🙁 Però a breve le riprovo, ho deciso 😛
      Per il resto, ricordo che la prima volta che vidi una McChouffe non capii nemmeno bene cosa fosse, non pensavo che ci fossero bottiglie di birra così, da 75 poi! 😀
      Ecco, anche quella mi piace tutt’ora. Per il resto, non mi viene in mente altro…magari ci penso con calma eheheh

  1. Tra quelle che hai citato anch’io metto Tripel Karmeliet e Montagnarde, la Young’s non mi è piaciuta da subito proprio perchè sapeva di cioccolato, la Kwak l’ho solo assaggiata e la Hercule mi manca proprio. Sicuramente menzionerei la Gulden Draak, la McChouffe e la Old Jock di Broughton, ricordo sempre in combo con il risotto di un ristorante in zona Novara. Tutte birre che, Old Jock e Montaignarde escluse, non ordino da più di un anno [eheh, mi sono messo ad assaggiare da poco!] nonostante mi passino sotto gli occhi ogni volta che vado al pub.

  2. Personalmente (ma non penso di essere il solo) montagnarde e karmeliet le ritengo tutt’ora valide

    Potrei dire di aver bevuto qualche Gulden draak o Trappe di troppo ma di solito non mi infiammo facilmente per una birra e quasi mai mi son dovuto ricredere successivamente.

  3. grande andrea. non bisogna mai perdere di vista da dove si è partiti, e non bisogna vergognarsi mai di nessuna scelta che ci emoziona.

    quanto a me, ho perso la testa per quasi ogni nuovo arrivo dal belgio. sono un po’ una bagascetta. ricordo vivamente una passione per la affligem, ma anche per la devil’s kiss e ovviamente per quelle che ti facevano ubriacare un tanto al chilo, come la bière du boucanier, la tennent’s scotch e la campbells (non credo che esista più).

    in compenso, l’ultima sbronza colossale l’ho presa con la tripel karmeliet. ma posso invocare le attenuanti generiche, vostro onore

  4. Bello tirare fuori gli scheletri dall’armadio. O le bottiglie vuote, come in questo caso.
    La mia è stata la Tripel Karmeliet.
    Che brutti tempi. 😀

  5. io sono partito con Bloemenbier (non mi capacito di come riuscissi a berla) e Biere des Ours. La montagnarde la ho riassaggiata ultimamente dopo qualche anno, mi è sembrata un pò troppo dolcione; dello stesso birrificio io adoravo la abbaye de rocs brune (100 su 100 ru ratebeer) che considero tutt’ora una buona birra.
    La triple karmeliet mi trovo a prenderla non troppo di rado, essendo spesso il meglio che riesco a trovare dalle mie parti, ma ogni volta è una birra differente, l’ultima che ho preso aveva molti punti di somiglianza con una blanche.

  6. io ricordo con piacevolezza una Gauloise… ma le prime prime erano le weiss. Mi piaceva proprio il fatto che erano ‘diverse’ da tutto il resto. poi vabbè le iù classiche belghe..

  7. Affligem e Chouffe per me erano il Belgio, pensavo di aver raggiunto l’apice, che oltre non ci fosse nulla :-).
    Poi c’è stato il periodo che andavo in fissa con una birra e bevevo solo quella (grave errore).

  8. Bonne Esperance, Lutece, Forst Sixtus e molte della gamma Young’s e Fuller. Ah, anche la linea completa delle Grimbergen. Il fascino della birra “diversa” però ha raggiunto il suo picco con la Guinness alla spina, spillata durante quelle due-tre edizioni del festival irlandese che si teneva ogni estate a Roma dalle parti di Piramide. L’effetto ottico nel bicchiere (di plastica) era -all’epoca- ipnotizzante 🙂

  9. 50 euri di Charles Quint tracannati per festeggiare l’ultimo esame, e poi finiti tutti e 50 nel wc (ero rimasto sbalordito da come si riuscisse a bere una birra da 9° avvertendone a malapena 4). Poi la Grimbergen (ora della Carlsberg family): mi ricordo una scorta di una dozzina quando la trovai in offerta a uneroevventi; la Erdinger (tutt’ora in cima nella mia perversa classifica delle weiss industriali), la Pietra, e la Schlenkerla Marzen. E poi mi ricordo che venivo ingenuamente attratto da tutte le birre con nomi lunghi, col suffisso “EN”, con scritte in gotico e tappi in sughero corredati da gabbietta metallica.

  10. Elephant, Bear Beer, Delirium Tremens, Tekkno, Bier Du Demon, Eku28, Slalom … più erano forti e più le bevevo !

    Poi ( per fortuna ) ha aperto un pub vicino a casa e ho iniziato a frequentarlo: ambiente ottimale e birre ” strane” … si chiamava Skunky 🙂

  11. La Duvel e la John Smith’s Extra Smooth mi hanno svezzato 20 anni fa….devo ammettere che la seconda, per me, è ancora un gran bel bere al pub

  12. sai quante ricette di nostre amatissime birre cambieranno Nico!? Spero proprio di sbagliarmi ma secondo me è quasi inevitabile. Ho sempre paura che una birra buonissima possa avere una richiesta superiore alla produzione ed è lì che poi cambieranno le ricette in peggio probabilmente o aumenteranno vertiginosamente i prezzi.Per fortuna ci sarà sempre un nuovo birrificio che produrrà un ottima birra e farà la sua concorrenza 🙂
    Tanto a noi piace provare sempre birre nuove 🙂

  13. Per me Kwak e Triplekarmeliet…..Tennents Slalom 4xxx….e guinnes a fiumi…che vergogna ma é grazie a queste disgrazie che mi son buttato sull artigianale di qualità!!!!!

  14. Chimay tappo blu, Bonne Esperance, Kwak, Maisel’s Weisse e Tetley’s alla pompa.
    E in un pub stile western, con piu’ di 100 bottiglie di birra importata dagli states, l’ insospettabile anchor steam.

  15. Scusate, ma la mitica Andechs Doppelbock del Colonna? Ne ho bevuta ad ettolitri… addirittura durante una bravata in Germania andai pure ad Andechs a vedere il birrificio (cosa che peraltro consiglio a tutti, e’ proprio una figata). A ripensarci ora, forse era un filo sopravvalutata.

  16. Bell’articolo, però considera che oggi c’è chi ancora rimane folgorato dalle birre di Baladin,sopravvalutate in modo mostruoso, quando in Italia ci sono birre nettamente superiori e lo dimostra la scarsità di premi che puntualmente raccatta Baladin se confrontata ad altri birrifici, ben più piccoli e meno basati su pubblicità e soldi ma sulla qualità. In Italia si è ben lontani dall’acquisire una vera cultura birraia se la maggior parte delle persone considerano Baladin il produttore di birra artigianale migliore del paese…..stiamo freschi…..

    • Concordo pienamente, infatti qualche sera fa Xyauyù e Lune mi hanno un po’ deluso, con quel prezzo compravo 2 cartoni di Surfing Hop, personalmente dispiace molto che siano magnificati esageratamente Baladin e Birra del Borgo e poi vengono dimenticati quasi totalmente Toccalmatto, Foglie d’Erba, Montegioco, Revelation Cat, Lambrate… mah vedo troppa tendenza/moda e meno genuinità, col fatto che se uno corre dietro a Ratebeer penso che si perda veramente delle chicche… come la Rurale di Montegioco bevuta ieri assieme ad un piatto magnifico di tortelloni con la zucca.

  17. Lo sappiamo un po’ tutti che chi vince sul mercato non è necessariamente chi fa il prodotto qualitativamente migliore ma, soprattutto, chi riesce a proporsi in modo convincente, è una regolarità che si trova non solo nel mondo delle birre artigianali.

    Ti do la mia “versione”: Baladin fa birre in gran parte ispirate al Belgio e in cui il “gusto di luppolo” e l’amaro non formano la spina dorsale della sua produzione.

    Se guardiamo le birre qua sopra citate, cioè quelle che ci hanno fatto scattare la curiosità all’inizio, notiamo che la maggior parte arrivano proprio dal Belgio, un po’ dalla Germania, meno ancora dall’Inghilterra e credo nessuna dagli U.S.A. e, soprattutto, praticamente nessuna di queste è una pale ale o un I.P.A. ben luppolata e piena di “hop flavor”.

    Personalmente non vedo così difficile che un bevitore poco più che casuale [diciamo il frequentatore da pub con gli amici che non tracanna solo lager industriale] apprezzi all’inizio le birre di Baladin. Poi va beh, se c’è l’interesse, si cresce, si esplora e si passa a qualcosa’altro…

  18. Posso anche rimanere folgorato da birre eccellenti come la Viola Sofia o la Speedway Stout, ma alla fin fine continuerò sempre a bere birre poco apprezzate dagli “espertoni” come la Rothaus Märzen o la Köstritzer. A qualcuno non diranno niente (forse perchè manca il tipico sapore da “spremuta di resina”???) ma “a me me piace”, come direbbe Proietti 🙂

      • Così bisogna fa. Meno pippe mentali. Come dice giustamente Leo del D&D “Poi la prova finale è bevesela e vedé se te piace”. Invece qui a Roma ce so certi soggetti che giudicano la bontà di una birra dalla moda dal momento e dal pub che per primo l’ha servita

  19. Condividiamo tante esperienze simili, infatti mi sono visto in molti punti su questo bel articolo. Io andavo matto per le Leffe 8 e 10, Carolus D’Or, birre che non esistono più, che credo ora siano state modificate parecchio nelle ricette con il cambio delle richieste e del marketing, infatti non sono certo della vera qualità di almeno l’80% di birre di importazione che distribuiscono oggi, specialmente con quelle Belghe a mio avviso c’è una sorta di mercato parallelo nelle grandi distribuzioni, forse non attinente con le ricette originali, oppure molte birre hanno perso in qualità. Bere una Leffe degli anni 80 dava le stessa emozione di una Westvleteren XII oggi, eppure la Leffe di oggi mi dice poco o niente.
    Non credo che sia solo la naturale evoluzione delle esperienze come degustatori a farci cambiare le nostre opinioni sul prodotto, a mio avviso ci sono anche dei lati oggettivi dovuti alla produzione in quantità maggiori con perdita di qualità.
    Stando in tema brassicolo belga oggi credo che 5 o 6 birrifici producano prodotti eccellenti e genuini come nei ricordi di un tempo: Ab Saint Sixtus, Rochefort, Struise, 3 Forquetes, Van Steenberge e Cantillon. Questa è solo la mia opinione, ma vedo che i miei conoscenti con 10 o 20 anni più di me, che hanno avuto la fortuna di viaggiare in Belgio negli anni 70-80 la pensano come me.
    Un caro saluto Michele.

  20. ciao,
    di banale io posso solo vedere il tuo articolo, che denota una gravissima perdita di quel piacere sano che si ha quando si sorseggia molte di quelle birre che hai descritto.
    Forse quello che assaggi ora sono dei prodotti cosi ricercati, che saranno per pochi.
    Ma preferisco stupirmi ancora davanti ad un boccale di queste ” banali ” birre che rimpiangere il momento in cui le hai scoperte assaggiando le perle che ti puoi permettere.
    Salute, John.

    • Ciao John, lavori con una o più di queste birre, vero? E forse sei anche un distributore… altrimenti non mi spiego questo tuo livore. Comunque sono d’accordo con te sulla perdita di quel piacere ingenuo che si prova nei primi momenti di una passione. Succede in tutti i campi.

      • In effetti Andrea, Jonh un po’ di ragione ce l’ha, sarà che ti leggo da poco e magari è solo il tuo “stile”, sarà che a differenza di molti di noi semplici appassionati, tu sei un professionista del settore, però che “spocchia” che talvolta ci metti… Alle volte si fa fatica a leggerti, non fosse che per le perle che comunque riesci a trasmettere!!!
        Cmq tornando “in topic” credo che nel mio caso dovrei citare tra gli “scheletri” la bière du Démon, La Leffe Radieuse, la Guinness, la Leffe Brune, e la Grimbergen Blanche, ma sai che c’è? Che non riesco a considerarle “Scheletri” da nascondere, ma alla peggio zombie, perché “A volte ritornano” ma comunque con piacere anche se è tutta roba industriale e come dicono i puristi pseudo-artigianale.

        • Possibile che su internet i toni vengano equivocati, non mi ritengo spocchioso ma non nego che ognuno può avere la propria percezione di queste cose. Ho riletto il commento di John e credo che la mia risposta sia stata fin troppo amichevole considerando che ci si inalbera per il termine “banale”

          • Premetto che non so cosa riuscirò a scrivere perché mi è impazzito il layout dello Smartphone.
            Comunque non mi riferivo alla tua risposta a John, che anzi si potrebbe tranquillamente dire che è stato lui a non essere troppo tenero come incipit, ma più in generale.
            Devo dire che cmq leggendo tuoi articoli più recenti il tuo taglio è cambiato ed a mio avviso in meglio.
            Probabilmente la cosa va di pari passo con la qualità delle birre che hai nel tempo iniziato ad apprezzare.

          • Sì magari ho inconsciamente cambiato un po’ stile proprio per essermi accorto di quello che scrivevo prima, cioè che sul web spesso i toni possono essere fraintesi. Sono contento che leggi il blog con continuità. A presto.

    • No Adrea sono semplicemente un Homebrewing da una quindicina d’anni e sto arrancando per arrivarci solo vicino con le mie birre a quelle in questione…
      non ho nessun interesse, sono libero…
      Credo nei padri latini: “de gustibue non disputandum est…”
      salute.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui