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Del Teku e di come diventò il bicchiere simbolo della birra artigianale italiana

Il post più seguito della scorsa settimana su Cronache di Birra è stato quello relativo al nuovo bicchiere universale per le IPA ideato da Dogfish Head e Sierra Nevada. In molti – compreso il sottoscritto – hanno trovato in quell’operazione commerciale diverse analogie con il Teku italiano, che probabilmente chiunque tra voi lettori avrà visto (se non sperimentato personalmente) almeno una volta nella vita. Ho pensato allora di dedicare l’articolo di oggi per l’appunto a questo oggetto, nato con uno scopo ben preciso ma snaturato completamente negli anni successivi alla sua nascita. Ed è stato proprio questo “malinteso” sulla sua funzionalità ad averlo reso uno dei più grandi successi della birra artigianale italiana nel mondo. Con tutto ciò che ne è conseguito…

Partiamo allora dal nome, che offre immediatamente un indizio fondamentale per l’origine del bicchiere. Teku è infatti una parola composta dalle iniziali dei due ideatori del progetto: Teo Musso e Kuaska. Come saprete stiamo parlando di due dei più importanti esponenti del nostro movimento birrario : il primo è il fondatore del famoso birrificio Baladin, il secondo il più importante esperto e degustatore di birre italiano. Insieme si misero al lavoro su un’idea assolutamente originale per l’epoca: la progettazione di un bicchiere universale per la degustazione della birra, caratterizzato da forme e peculiarità in grado di esaltare pregi e difetti di ogni prodotto brassicolo. Tenete bene a mente questa definizione, perché è la chiave di tutto.

Kuaska (con Teku in mano) e Teo, ideatori del bicchiere

La società che si occupò di realizzare il primo modello di Teku fu Rastal, che ancora oggi continua a produrlo nella sua versione rivista e corretta –  distinguibile per piccoli accorgimenti morfologici, atti anche a ottenere maggiore resistenza. Se non vado errato correva l’anno 2004 e la nascita del bicchiere fu accolto nell’ambiente con curiosità e attenzione, anche grazie alla visibilità che gli offrì lo stesso Kuaska nei tanti eventi da lui condotti.

Poi accadde qualcosa e il Teku cambiò completamente la sua destinazione d’uso. Nato come bicchiere per la degustazione – e quindi pensato per concorsi birrari o per assaggi didattici – pian piano iniziò a entrare in pub e birrerie, e quindi persino in manifestazioni a tema. Da oggetto misterioso diventò sempre più diffuso, al punto che diventò facile imbattercisi andando a bere nei vari locali. Direi che il passo definitivo verso questa diffusione avvenne con l’inaugurazione del romano Bir&fud: quando Manuele Colonna ne annunciò l’apertura, affermò che tutte le birre sarebbero state servite in Teku. In un contesto di altissima qualità sotto tutti i punti di vista (birrario, culinario, ecc.), il Teku era visto come il bicchiere da birra per eccellenza.

La scelta del Bir&fud segnò un solco definitivo per la storia del Teku, indirizzandolo verso orizzonti che probabilmente neanche i suoi ideatori avevano immaginato. La sua forma elegante e originale diventò il simbolo della birra artigianale italiana: non solo la sua diffusione nei locali aumentò a dismisura, ma soprattutto molti birrifici iniziarono a legare ad esso la loro immagine: in poco tempo si moltiplicarono le brochure dei produttori italiani con Teku pieni accanto alle loro bottiglie.

Anche Brewdog ha scelto il Teku

E ben presto l’affermazione diventò trasversale, secondo due direzioni. La prima direzione valicò i confini nazionali, rendendo il Teku un successo internazionale. L’esempio più clamoroso ci arriva addirittura dagli scozzesi del Brewdog, che in barba alla loro filosofia punk utilizzarono questo elegante bicchiere per alcune immagini promozionali. Ma non furono certi i soli: non si contano i produttori stranieri che hanno elevato il Teku a loro bicchiere ufficiale, con tanto di logo impresso sopra.

La seconda direzione, invece, è stata ancora più incredibile, perché ha addirittura superato i confini della birra artigianale. Birra Moretti infatti ha recentemente scelto il Teku (anzi due Teku) per il “cofanetto speciale” della sua Grand Cru. Sull’inconsistenza semantica di questa operazione è meglio stendere un velo pietoso…

Il famigerato cofanetto di Moretti Grand Cru con doppio Teku

Questa quindi è la storia della nascita e del successo del Teku in questi anni. Un successo che, come ho avuto modo di sottolineare in passato, non è privo di pericolose ombre. Innanzitutto per un motivo palese, che ho illustrato in apertura: la natura di questo bicchiere è stata in molti casi equivocata, trasformandolo in qualcosa che non è. In altre parole, il Teku può essere considerato un bicchiere universale per la degustazione, ma non un bicchiere universale per la birra. E attenzione, perché sono due concetti ben diversi: una delle prime regole che ci insegnano è che ogni stile birrario vuole il suo bicchiere, capace di esaltarne i punti di forza per migliorare l’esperienza gustativa.

Una seconda perplessità ha invece origini più soggettive ed è relativa al messaggio che veicola il Teku. Come detto ha forme visivamente eleganti e raffinate: servire una birra in un bicchiere del genere significa aggiungere tutta una serie di connotazioni a un prodotto di qualità. La birra diventa non solo una bevanda da bere in compagnia, ma soprattutto qualcosa di grande pregio, che merita un recipiente importante – ancor più che funzionale. Il risultato è di “infighettire” tutto il discorso, anche quando non se ne sente la necessità: il Teku andrebbe anche bene per prodotti organoletticamente importanti (che so, un Barley Wine), ma è assolutamente pretestuoso per stili da bere senza troppe pippe mentali come Pils, Bitter, Blanche, Stout, Koelsch e via dicendo.

In qualsiasi modo la vediate, è innegabile che il successo del Teku è stato impressionante, collocandolo tra le più riuscite operazioni commerciali della rinascita internazionale della birra artigianale. Quanto questo fosse stato previsto dai suoi ideatori è difficile affermarlo, anche se devo ammettere che la sua evoluzione si è adattata molto bene all’immagine di un birrificio come Baladin (e di altri che hanno seguito le sue orme). Come in molti casi analoghi, la morale è sempre la stessa: una cosa non è buona o cattiva a priori, è l’uso che se ne fa a definirla tale.

E voi che idee avete in proposito?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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51 Commenti

  1. sì ma non hai scritto con che birra fu scelto!
    E devo ringraziare Schigi per l’informazione!

  2. assolutamente il mio pensiero
    http://youtu.be/EwlQEgjZGNA

  3. Aggiungo una provocazione. Sono stato alla presentazione di un preziosissimo bicchiere di cristallo della Baccarat – Chateau Baccarat, appunto – e a cosa ho pensato fin da subitissimo?
    Basta la forma per capirlo: http://www.domusweb.it/it/news/chateau-baccarat/. Baccarat è un calice in cui i vini si esprimono molto bene, seppur insolitamente pesante per il segmento di mercato alto/altissimo cui si rivolge.

    Proposta: in campo neutro, due birre e due vini, 2 Teku e 2 Baccarat.
    Schigi, ci stai?

  4. sante parole, e ripeto sante parole.
    la prima volta che mi servirono della birra lì dentro pensai immediatamente di non varcare più la soglia del locale colpevole. poi però la birra era troppo buona e alla fine mi ci sono persino affezionato, al teku.
    resta però il concetto che ogni birra va nel suo bicchiere, e soprattutto resta il concetto che le pippe mentali – almeno nella mia serata libera, in ottima compagnia – devono restare fuori dal locale, e dal bicchiere.

  5. E’ diventato il bicchiere dell’ignoranza per eccellenza.
    Cioè…nel dubbio, si spilla in Teku e sono tutti contenti. Con buona pace di chi lo serve e del colpo d’occhio importante per chi beve.
    Anche le facili tentazioni di confronto col mondo del vino e con la qualità ad esso associata, a mio parere, hanno determinato una considerazione sempre crescente nelle potenzialità di questo bicchiere.
    Tra l’altro provoca una schiuma ingovernabile versandoci certe birre…

    • Il teku è comodo per i pigri… è più facile servire tutto nel solito bicchiere invece di informarsi e capire che tipo di bicchiere potrebbe essere il più adatto, per quanto riguarda il consumatore che colpa ne ha? lui si fida dell'”esperto” dietro al bancone. Anche Io uso il teku per servire le bottiglie: chi vuole spogliare e degustare la birra lo dice e ne viene servita un po’ e lasciata lì la bottiglia, colui sarà anche abbastanza esperto da capire e sapere che girando ogni giorno etichette diverse è quasi impossibile avere il bicchiere della casa brassicola in assaggio. Il fruitore da chiacchere con amici invece non si preoccuperà se il teku sia il bicchiere più adatto, quello che esalterà i pregi e segnalerà i difetti del prodotto. L’unico accorgimento dal mio punto di vista è quello di non servire con il teku bottiglie più grandi di 37,5 cl a meno che non sia una bevuta tra più amici.

  6. il problema principale del TeKu utilizzato per BERE è un’errata distribuzione dei pesi rispetto alla forma e alla lunghezza del gambo. se riempi il TeKu è completamente sbilanciato, non riesci a tenere il bicchiere per il gambo agevolmente, devi metterlo nel palmo, resta scomodo e scaldi la birra

    se metti un dito di birra invece è perfetto. non a casa non era nato per bere, ma per degustare e valutare

    • Esattamente

    • Concordo in pieno..il miglior bicchiere da degustazione…se lasci la birra alla sua tacca; riesce a tirar fuori difetti e pregi, micidiale – a volte lo uso anche per i vini bianchi
      Normalmente lo utilizzo per fare dei test su birre che non conosco e che bevo per la prima volta

      per BERE la birra non è proprio il massimo….solo in certe occasioni ad es se hai una cena e fai un po’ il figo con una bottiglia da 75 e lo riempi a metà

      Se lo riempi a tappo e veramente scomodo, sbilanciato, schiuma eccessiva..una scelta sbagliata per chi lo propone con le birre alla spina
      Ogni birra deve avere il suo bicchiere…se vuoi proprio quello universale, la pinta americana puoò andare bene

  7. Secondo il mio parere un bicchiere come il Teku và utilizzato per la degustazione, quindi riempito ad un terzo etc, e basta.
    Se io voglio bere una birra (e non fare una degustazione andando a cercare le peculiarità di questa) voglio il bicchiere classico per lo stile.
    In più se si riempe il Teku fino all’orlo, cosa vista fare spesso, questo bicchiere perde gran parte delle sue capacità.

  8. Se è stato ideato per la degustazione perchè l’hanno fatto cosi grande?

    • Per lo stesso motivo per cui i bicchiere da Brandy, ad esempio, sono così capienti in relazione alla quantità di liquido che accolgono

  9. E’ almeno due mesi che penso di scrivere la storia del Teku!!
    Mancano due passaggi (e mezzo) nella tua storia Andrea.
    Il primo riguarda la Deagostini e la sua raccolta bicchieri. Chi ha quel bicchiere “Baladin”? che , andando esaurito molto prima del previsto, portò ad accelerare il progetto “bicchiere da degustazione”.
    Il secondo il mio libro sui microbirrifci del 2005 (nel 2004 ancora non c’era) dove si parla per la prima volte “ufficialmente del Teku” (che in origine aveva un altro nome), ma dove, per questioni di last minute la mia foto (vedi in fondo) riguarda il “nonno del Teku” che ora è un calice da “bianco” a firma Rastal.
    La prima edizione del Teku, che doveva essere piu basso di 21cm per entrare nelle lavabicchieri, di circa 400 pezzi era stata soffiata a “bocca” in Romania. Quindi ogni esemplare era unico, un po’ diverso dall’altro e di una fragilità estrema.
    Chi ne ha ancora in casa? Per distinguerli dalle serie successive basata guardare la base, se non c’è la “riga” di giunta si tratta della versione originale.

    qui il nonno del Teku
    http://2.bp.blogspot.com/-zVK6OYvN5PU/T8U2sfXj2II/AAAAAAAAEfs/j3I1MkGJuJA/s1600/23-03-2007+22.05.47_0000.jpg

  10. Come già accennato da F. Garavaglia ed Enferdore, la birra che ha spinto Kuaska ad adottare il Teku come calice da degustazione è stata la Orval.
    Servendosi del famigerato bicchiere e superando la concorrenza di altri calici da lui testati, Lorenzo Dabove riuscì a cogliere perfettamente il “naso” difettoso di un lotto di Orval non proprio a posto.

  11. WOW, che bello rivedere la foto che ho scattato nel lontano luglio 2008 ad Una Birra per l’Estate. Pensa che in quel giorno Teo lanciava il Sidro e lo fece assaggiare a tutti li presenti a patto che acquistassero un bicchiere Teku. Io avevo appena acquistato una cassa da 6 da Eataly Torino e quindi gli chiesi di essere clemente e di farmelo assaggiare nel bicchiere di plastica li a disposizione. Fu magnanimo e mi disse che la sua era solo provocazione.

    http://www.flickr.com/photos/prg2501/2666480845/in/set-72157606157566402

  12. Comunque tra tutte le cose che avete detto agiungo solo che il bicchiere non fà la birra

  13. Perfettamente d’accordo con l’articolo, ho avuto il piacere di usare il Teku in alcune degustazioni e “funziona” davvero bene , esalta i pregi e/o i difetti di una birra….Ma poi ho visto che per un’operazione puramente commerciale ora si usa per servire qualunque stile di birra…ma a mio parere è solo perchè i “creatori” di questo bicchiere hanno potuto piazzarlo in alcuni dei ritrovi Brassicoli più importanti e soprattutto più in vista del Paese… quando vedi arrivare tanti ordini ( e quindi credo che arrivino anche tanti soldi) si fa presto a farlo passare per bicchiere Universale!! Siamo pur sempre in Italia..

    • Paolo leggiti l’intervento di Kuaska linkato da Angelo così puoi farti un’idea più chiara sull’evoluzione del Teku

  14. Passi per Teo, per lui si sa è sempre la stessa identica bevanda….., ma Kuaska dice che non esiste la birra, esistono le birre, anche se in 6.000 anni di storia penso che se ne sia accorto qualcuno anche prima di lui. Rileggendo quel vecchio articolo su cronache linkato da Jarret, il Teku è andato a sostituire la pinta inglese, che qualche anno fa veniva impiegata universalmente per qualsiasi tipologia.

    Forse il Teku è più figo, ma almeno la pinta non avendo il gambo, era impilabile e sicuramente più resistente. In pratica s’è voluto sostituire un’abitudine sbagliata con un’altra. Volendo trovare un pregio al Teku, bisogna riconoscere che risolve il problema di tutte quelle birre artigianali, che non si sa a che stile appartengano, per dichiarazione diretta del produttore stesso. Ridateci il giusto bicchiere per ogni tipo di birra!!

    • A me non risulta che la pinta qualche anno fa fosse utilizzata per tutte le tipologia di birra, al massimo per la maggior parte di quelle inglesi (come da copione del resto).

      • Parlo di parecchi anni fa, era diventata una moda. Naturalmente non posso assicurare che ciò avvenisse sull’intero territorio nazionale.

  15. Hai detto bene tu, ogni birra ha il suo bicchiere… E secondo me così deve continuare ad essere, non si possono servire tutte le birre in un solo tipo di bicchiere…

    • Secondo me ci si deve sforzare di applicare questo discorso anche e soprattutto durante le serate-evento, dove invece molto spesso per far bella figura le birre vengono versate in TeKu anche quando non si tratta di una mera degustazione tecnica.
      Ricordiamoci che per le session beer di ispirazione anglosassone (e questo vale anche per le italiane che ad esse si ispirano) la pinta è sempre la pinta, sia che si beva in piedi sia che ci si accomodi al tavolo per una cena. Se è il bicchiere ideale per quegli stili, è l’ideale sempre e non solo quando conviene.
      E poi…forse non l’ho detto chiaramente, ma se ci sono delle “colpe” (metaforicamente parlando) per un eccessivo utilizzo del TeKu queste sono anche dei birrai le cui birre non sono neppure associabili in nessun modo in uno stile. E allora, si pesca il bicchiere jolly.

      • Giustissimo concordo in tutto!!!
        Io personalmente, nel mio locale, il teku lo uso solo per assaggi e degustazioni, il resto viene servito nel bicchiere idoneo allo stile…

  16. alexander_douglas

    Il bicchiere universale per la birra è la pinta in plastica da mensa….gli da quel retrogusto di petrolio che ha un suo perchè XD amenità a parte, hai ragione Andrea…il Teku da oggetto per intenditori del settore è diventato un must-have di quasi tutti i locali che seguono una certa filosofia del bere bene, è facile da trovare in vendita nei beershops e sui siti dei grandi distributori per l’homebrewing come birra mia e mr.malt….tendenzialmente è ancora legato al mondo dell’artigianale perchè sei vai nei locali che ancora si ostinano a servire birra di un certo tipo penso che se gli parli di Teku ( ma anche se fai due domandine messe in croce sugli stili) ti guardano con faccia bovina. ma a quanto pare si sta sdoganando anche oltre ( mi ha preso un colpo al cuore con quella foto della Moretti ” gran cru”). Io penso che tutta la prosopopea che gli ruota intorno è ingiustificata….è un ottimo bicchiere non solo da degustazione ma da bevuta per determinate birre ma diventa l’inferno in terra per altre….ne ho visti a iosa di gestori che sia in bottiglia che alla spina tentavano di servirti birre palesemente inadatte nel teku ( e mi è capitato anche a me, ahimè di farlo ma non per volontà mia). E’ un caso ben diverso rispetto al bicchiere da IPA di Dogfish/Sierra Nevada….sono chiaramente tutte e due operazioni commerciali, ma se non altro questo bicchiere pur avendo ad occhio una forma preoccupantemente scomoda concettualmente non è sbagliato: è un bicchiere apposito per uno stile, una cosa insomma che ci può stare.

    • Sono curioso di vederlo di persona (il bicchiere da IPA) ma ha mio avviso non è adattisimo alla tipologia: il vetro sottile e i rigonfiamenti per areare la birra non mi convincono.
      Comunque meglio un bicchiere studiato per una sola tipologia che cercare un bicchiere universale; su questo sono d’accordo con te.
      Tornando al TeKu, se non erro, è stato precisato dai creatori che non è adatto alle stout/porter e weizen. Non è molto ma meglio di niente XD

  17. Vero, ricordo quella scelta al Bir&Fud, come ricordo la soddisfazione nello sfasciarne al muro un bel pò durante la “notte dei rotti Teku” organizzata proprio per consentire allo stesso locale un servizio migliore adottando altri tipi di bicchieri, più consoni per la mescita dei diversi stili di birra.
    Il Teku penso sia un ottimo bicchiere adatto a una degustazione, riempito sino alla tacca riportata da molti di essi, ma non mi ha mai convinto pienamente in un suo utilizzo “da pub”…
    Credo che per un buon servizio bastino 4/5 tipi di bicchieri diversi, senza andare all’eccesso commerciale tipicamente belga, cercando di dare il giusto valore alle componenti organolettiche ma anche visive di una birra…Ad esempio trovo la pinta americana veramente adatta per rispecchiare anche visivamente nella sua semplice aggressività una bella IPA.

    A parte il contenitore, mi soffermerei però sulla spillatura che reputo ancora più importante, perchè se fatta male il bicchiere passa in secondo piano…Puoi servire la birra nel bicchiere che vuoi, ma se spilliamo ancora una IPA o una Tripel da due metri di altezza, svuotandola e violentandola, personalmente di avere un bel bicchiere me ne frego alquanto…OTTIMIZZARE ogni birra non significa per un publican solamente scegliere il bicchiere adatto, ma anche servirla al meglio, differenziando cosa si vuole ottenere spillando al cliente una helles bavarese (servendola nel suo tempo, con una spillatura lunga) o una minchia di IPA

  18. Francesco Carrelli

    Condivido in pieno. Penso di poter aggiungere che nasce come un’operazione commerciale al cui successo hanno contribuito più fattori di diversa natura:
    1) il prestigio di cui godono i due ideatori (uno dei due è molto presente nella composizione delle giurie che attribuiscono riconoscimenti ai birrifici artigianali e l’altro rappresenta per molti di questi ultimi un modello);
    2) l’averne affidata la realizzazione ad una azienda leader nel settore, senz’altro molto abile nelle operazioni di marketing;
    3) il modesto senso di orgoglio della gran parte dei birrifici;
    4) la comodità per i gestori delle birrerie a non doversi più districare tra decine e decine di bicchieri diversi e servire in uno stesso bicchiere sia la pilsner che la stout, sia la bitter che la IPA.
    Infine, egoisticamente, aggiungo che la “tekuzzazione” ha mortificato alquanto l’entusiasmo dei collezionisti di bicchieri da birra.

  19. Bravi, mi avete proprio confuso le idee; adesso non so in quale cavolo di bicchiere servire una birra ad un amico…

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