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La mossa che non ti aspetti: Guinness annuncia due classiche Porter

guinness-is-going-craft-launching-two-new-beersQuante volte abbiamo parlato di “pseudo-artigianali” su Cronache di Birra? Tante, tante volte. Con questa espressione mi riferisco a quelle birre che sembrano artigianali, ma in realtà provengono da realtà industriali. Solitamente vengono lanciate per raggiungere target di consumatori diversi, sebbene negli ultimi anni l’impressione è che le multinazionali stiano tentando di cavalcare a loro modo il successo della birra di qualità. I frutti di queste scelte possono essere molto diversi, passando da prodotti tutto sommato tollerabili – al netto del tentativo di confondere le acque – fino a birre decisamente censurabili, che scimmiottano nel peggior modo possibile le creazioni dei nostri amati microbirrifici. Chi è appassionato non può non guardare con diffidenza alle pseudo artigianali, ma c’è anche chi le vede come una porta d’ingresso per molti consumatori al mondo della birra di qualità. Qualunque sia la vostra idea al riguardo, dobbiamo segnalare una nuova iniziativa del genere. E la firma questa volta è quella di un nome altisonante: Guinness.

Il famosissimo birrificio irlandese sembra infatti essere entrato in una nuova era. Le prime avvisaglie si ebbero lo scorso luglio, quando Guinness annunciò la sua nuova Blonde American Lager: una notizia sconvolgente per un marchio conosciuto in tutto il mondo grazie alla sua birra nera. Ma quello che è trapelato la scorsa settimana è ancora più sorprendente per noi appassionati, poiché è stato addirittura svelato il lancio di due classiche Porter, ovviamente sempre a griffate Guinness. La mossa si inserisce in una nuova strategia per l’azienda, che punterà ad allargare il proprio portfolio con produzioni inedite.

Ma scopriamo le caratteristiche delle due novità, perché rivelano dettagli interessanti. Come si può leggere su Thrillist, la prima birra si chiama West Indies Porter e presumibilmente si ispira alle Porter diffuse nelle colonie inglesi delle Indie Occidentali. Non so se esiste una letteratura al riguardo o se si tratta di una mossa puramente commerciale, a ogni modo questa creazione sarà caratterizzata da un contenuto alcolico molto basso (3,8%) e da note di caramello scuro – detta così mi sembra più una Brown Ale o una Dark Mild. La seconda è stata battezzata invece Dublin Porter e possiamo pensarla come una Porter più tradizionale – sebbene storicamente questo stile sia associato a Londra e non a Dublino – con gusto di toffee e cioccolato e una gradazione più alta (6%). Proprio in questi giorni dovrebbero cominciare a essere disponibili in Irlanda, mentre non è chiaro se verranno esportate nel resto d’Europa (e del mondo).

La novità è senz’altro molto interessante. In particolare Guinness non si è limitata a lanciare un prodotto “super premium”, ma ha voluto creare due ricette che strizzassero l’occhio alla cultura brassicola della sua regione. È dunque un’evidente tentativo di penetrare il mercato delle birre craft, rivolgendosi agli amanti delle tradizioni e agli appassionati più incalliti. Certo, Guinness è da sempre un marchio che guarda al (proprio) passato, ma lanciare due classiche Porter è qualcosa che va ben oltre le normali scelte di marketing dell’azienda. Le etichette di entrambe le birre confermano la tesi: semplici e pulite, ma con un look inequivocabilmente old fashioned.

Personalmente sono combattuto: di base accolgo queste pseudo artigianali sempre con molta diffidenza, tuttavia in questa occasione ho una grande curiosità di assaggiare le Porter di Guinness – sempre che ce ne sia l’occasione, sia chiaro. Il motivo? Sono birre poco modaiole e Guinness è comunque un nome che accende le fantasie (e qualche speranza). Qual è la vostra idea al riguardo?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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15 Commenti

  1. alexander_douglas

    Io per pura curiosità le proverei…specie la “mild”

  2. La curiosità è tanta, anche visto il marchio che lancia la novità.

  3. La Guinnes anche se non Craft ha sempre avuto un suo perchè, sono curioso ma non credò ci sorprenderà

  4. Ma sono Bottle conditioned? Altrimenti non se ne fa nulla…

  5. …poi le gradazioni dovrebbero essere invertite se rispettiamo gli stili e la storia…

  6. Le etichette sono fantastiche!!!!

  7. Vanno provate, sai quando saranno messe in commercio?

  8. ci riprovano, insomma e chissà che ora i tempi non siano giusti, sfruttando l’ascesa del craft.. 🙂
    Una decina di anni fa avevano lanciato la Brewhouse Series, solo in Irlanda, basata su ricette storiche. Credo fossero previste quattro diverse stout, disponibili solo per sei mesi, ma alla fine ne uscirono solo tre (forse per lo scarso successo?) la Brew 39, la Tucan Brew e la North Star.

    Per gli USA sta invece arrivando la Guinness American Lager
    http://www.businessweek.com/articles/2014-08-04/guinness-will-make-a-lager-for-bud-swilling-americans

  9. Bè alla fine c’è molto di peggio di Guinness,quindi provare si provano,poi è chiaro che non aggiungono nè tolgono nulla (anche negli stessi stili che proveranno a intercettare)

  10. Provare senz’altro e soprattutto valutare in base al prezzo.
    Ad es. ho provato la Poretti 7 Luppoli e devo dire che la trovo molto gradevole, con aromi e sapori che mi sono divenuti “familiari” in questi ultimi anni.
    Ciao
    Carlo

  11. La Dublin Porter era la mia scelta fissa al pub sottocasa (non molto fornito), quando stavo a Londra.
    Craft o meno, la preferisco di gran lunga alla classica stout per corpo e gusto. In ogni caso un ottimo prodotto.
    Non mi ha impressionato invece la West Indies

  12. Personalmente non mi trovo per nulla combattuto: Preferisco rischiare di bermi una porcata una volta (magari due in questo caso) che rischiare di perdermi qualcosa di buono (o almeno decente) per una sorta di “razzismo culturale aprioristico”.
    Quindi le proverei entrambe (con qualche remora in più per la West Indies) alla peggio provate una volta non le si prende più.

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