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Nuove birre da Ribalta + Hammer, Fucina, PBC, Elav e altri

La panoramica di oggi sulle nuove birre italiane si apre con un’interessante collaborazione, frutto dell’incontro tra due birrifici giovani ma in forte ascesa. Si tratta della IPL – acronimo di India Pale Lager – creata da La Ribalta di Milano e Hammer di Villa d’Adda (BG), produttori che curiosamente condividono la stessa data di nascita e di prima cotta. L’idea era di creare una birra leggera e facile da bere, ma dal carattere deciso. Il lavoro sulla IPL è stato suddiviso in maniera ben precisa: Marco Valeriani di Hammer si è occupato dei luppoli e dell’acqua, Alessandro e Riccardo de La Ribalta hanno invece curato gli aspetti riguardanti fermentazione e maturazione.

La IPL (6,3%) è realizzata con malto Pilsner e una piccolissima percentuale di Cara e Vienna, mentre per la luppolatura si è ricorso all’americano Citra e al tedesco Huell Melon (anche in dry hopping), oltre all’Herkules per l’amaro. La birra sarà disponibile esclusivamente presso il locale di mescita de La Ribalta (fermentazione e maturazione avvengono in un unico tank) e sarà presentata ufficialmente giovedì 19 maggio.

Da Milano trasferiamoci in Molise, dove il sempre attivo birrificio La Fucina ha salutato per sempre la sua CSide per inaugurare la naturale evoluzione di quella birra: la DSide. Continua quindi la serie di avvicendamenti tra ricette, iniziata in passato con il passaggio dalla BSide alla CSide e ora rinnovata con questa nuova creazione. La DSide conferma l’anima “session” della sorella maggiore, ma presenta una luppolatura totalmente diversa con EKG, Simcoe e Mandarina Bavaria. Rispetto alla CSide è dunque più fresca e agrumata al naso e mostra un maggiore equilibrio tra componente maltata e luppolata. Chiaramente anch’essa avrà vita breve e sarà sostituita da una suo “upgrade” nel prossimo futuro.

50e50

Non manca in questa panoramica l’ormai puntuale esempio di Italian Grape Ale, che questa volta arriva dal Piccolo Birrificio Clandestino. Il nome 50&50 invoca l’incontro tra due mondi apparentemente molto diversi, ma è anche un po’ fuorviante perché in realtà il birraio Pierluigi Chiosi ha voluto mantenere l’identità principalmente birraria del prodotto, limitando il contributo del mosto di vino alla stregua di una normale spezia. In particolare è stato impiegato un mosto zuccherino di Cabernet Sauvignon proveniente da una piccola azienda di Bolgheri (LI), che è stato aggiunto a fine bollitura dopo una previa “cottura”. La base è invece una birra ottenuta con malto Pils e una percentuale di frumento, quindi piuttosto “leggera”. La 50&50 infatti è una IGA che non ricerca la spettacolarità enfatizzando la sua parte vinosa, ma preferisce aggiungere una sfumatura insolita senza tradire la sua vera origine.

Stakanov_1

Come prevedibile, la stagione calda ispira birre che puntano soprattutto sulla facilità di bevuta. Non è un caso dunque che l’ultima nata in casa Elav riporti l’espressione “session beer” direttamente in etichetta, subito dopo il nome che personalmente trovo assolutamente geniale: Stakanov. Di colore aranciato, la Stakanov prevede un solo luppolo (Centennial) che regala profumi agrumati e, secondariamente, erbacei e floreali. Bilanciata e finemente amara, è ovviamente la birra dell’estate 2016 di Elav.

big dabol

Torniamo a parlare di collaboration brew con la Big Dabol, creata da due validissime realtà del panorama romano: Eternal City Brewing e Stavio. Si tratta di una Double Ipa dal tenore alcolico non indifferente (7,5%) in cui protagonisti sono naturalmente i luppoli. La parte maltata risulta discretamente delicata e facilità la bevibilità, nel retrolfatto invece emerge una ricercata nota di chewing gum che spiega i motivi alla base del nome – impossibile non trovare un’assonanza con Big Babol. Scorrevole nonostante le sue caratteristiche, rientra senza problemi in quella pericolosa categoria delle “dangerous drinkable”.

E concludiamo con un’altra IGA, sebbene molto sui generis. Come si può leggere su Il Birronauta, la Oud Troy del birrificio Svevo è una rivisitazione della sua Barbarossa, in cui l’uso di mosto di Nero di Troia l’avvicina più a una Oud Bruin che a una classica Italian Grape Ale. Il contributo del vino si ritrova principalmente al naso, mentre al palato emerge il classico carattere maltato dello stile belga e soprattutto la sua acidità, decisa ma allo stesso tempo delicata. La Oud Troy non ha ancora una sua etichetta e probabilmente per assaggiarla dovremo aspettare ancora del tempo, lasciando che concluda il suo periodo di maturazione.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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