La riapertura di pub e locali ha permesso di tornare a organizzare piccoli appuntamenti birrari, per lo più circoscritti a tap takeover e presentazioni di prodotti inediti. La scorsa settimana, ad esempio, da Impronta Birraia a Milano si è tenuto un evento dedicato al birrificio Altotevere (sito web), nell’ambito del quale è stato possibile assaggiare in anteprima la nuovissima Prisma (6%), una IPA di stampo moderno appartenente alla linea Studio. La ricetta prevede il ricorso a lievito Vermont per il suo contributo fruttato (pesca, albicocca) e a un generoso dry hopping con luppoli Citra, Azacca e Sultana – l’ultima varietà è di origine tedesca, ma dall’anima molto “americana”. Ne risulta una birra ruffiana e morbida (c’è una percentuale di avena in fiocchi), che chiude con un amaro piuttosto contenuto, utile a mantenere la corsa sempre scorrevole. Come le altre creazioni della linea Studio, anche la Prisma è confezionata in una lattina rigorosamente di colore nero.
Molto più orientata alla tradizione è invece l’ultima nata in casa Muttnik (sito web), birrificio che non disdegna gli storici stili di impronta europea. La Neva (5%) è definita in etichetta una English Pale Ale, sebbene le sue muse ispiratrici siano “certe Summer Ale bevute nell’Inghilterra profonda e rurale” da parte del birraio Lorenzo Beghelli. La scelta delle materie prime rispetta dunque i dettami della tipologia: solo malto Pale (varietà Golden Promise), luppoli classici inglesi (East Kent Golding e Sussex) e tipico lievito britannico con il suo delicato contributo aromatico. A livello organolettico la Neva gioca sulla fusione tra note di crosta di pane, fiori ed erba sfalciata, alle quali si aggiungono sfumature di tè e pepe. Come da copione non è una birra molto carbonata e fa della facilità di bevuta una delle sue caratteristiche salienti.
Dopo una IPA di concezione moderna e una Pale Ale molto più aderente alle tradizioni brassicole inglesi, introduciamo una terza via alle birre luppolate da considerare a metà strada tra le due precedenti. Il marchio Picobrew (sito web) di Milano ha infatti recentemente annunciato la sua Session Spring (4,5%), che possiamo definire una Hoppy Saison: la base di partenza è quella delle storiche birre delle fattorie del Belgio, ma l’abbondante luppolatura (anche a freddo) è effettuata con varietà aromatiche moderne. Il lievito è naturalmente tipico belga. Il risultato è una birra dorata e dai profumi intensi di frutta a pasta gialla, agrumi e resina, facilmente riscontrabili anche nel retrolfatto; la corsa è scorrevole, la chiusura secca e molto persistente e invoglia a un ulteriore sorso. La base fermentescibile è costituita da malti Pils e Pale, mentre a livello di luppoli sono state impiegate le varietà Mandarina Bavaria, Amarillo, Citra e Mosaic (gli ultimi tre anche in dry hopping).
Torniamo su lidi molto più “modaioli” per introdurre una New England IPA, quella cioè annunciata di recente dal birrificio War (sito web). Il produttore della provincia di Milano vuole evidentemente continuare a cavalcare il successo della sua Tutto Fatto: la nuova creazione si chiama infatti Mezzo Fatto (4%), tuttavia il nome non è soltanto un richiamo alla sorella maggiore. In questo caso siamo in presenza di una birra piuttosto leggera, rientrante nella categoria delle Session IPA, sebbene la ricetta preveda l’impiego degli stessi luppoli della Tutto Fatto (Citra e Mosaic) usati anche in double dry hopping. Immancabile il ricorso a lievito Vermont e fiocchi d’avena, in grado di sostenere un profilo aromatico deciso (erba di campo e agrumi) e un corpo morbido nonostante la sua peculiare scorrevolezza. La pagina Facebook di War la segnala disponibile da metà giugno, ma presumibilmente è un errore poiché si può già acquistare sul sito del birrificio.
E dopo tanto luppolo chiudiamo con un genere totalmente diverso, forse proprio agli antipodi di certe birre. Appartiene infatti alla famiglia delle Weizen l’ultima creazione del birrificio pugliese Federico II (sito web) di Oria, in provincia di Brindisi. La Svevia (5,5%) ricalca il modello delle classiche birre di grano tedesche, ma prevede qualche variazione sul tema. In particolare nel grist troviamo un 20% di frumento non maltato coltivato in loco, che si aggiunge – e qui sta la particolarità – a quello maltato previsto dallo stile birrario in questione (in aggiunta c’è ovviamente anche malto d’orzo). Per il resto la Svevia risulta molto fedele alla tipologia di partenza, con la classica caratterizzazione aromatica provenienti dal lievito (banana matura, chiodi di garofano) e una leggera acidità derivante dal frumento, che conferisce freschezza e alleggerisce la bevuta.