In concomitanza con l’allentamento delle restrizioni anti covid, che ha permesso a molti locali di tornare a operare a discreto regime, il settore della birra artigianale sembra ripartito con grande entusiasmo. Così le tante birre inedite lanciate negli scorsi mesi, anche durante il lockdown, hanno subito un ulteriore impulso, tanto che a distanza di poche ore dall’ultimo aggiornamento siamo di nuovo qui con un articolo a tema. Partiamo allora da una collaborazione “in presenza”, realizzata dai birrifici Liquida (sito web) e Mister B (sito web), dalla quale è nata la Bushalte (6%). La ricetta ripropone in chiave moderna lo stile delle Belgian Pale Ale, perché prevede un dry hopping di Cascade che enfatizza il profilo fruttato della birra, già definito dal metabolismo del lievito Bastogne. Il risultato è una bevuta fresca e dissetante, ma decisamente non scontata. Per la cronaca è la prima collaboration brew di Liquida.
Interessante l’ultima novità annunciata dal birrificio Ofelia (sito web), che si ispira alle Farmhouse Ale nella loro interpretazione più tradizionale. Esattamente come per le antiche birre della fattorie, l’azienda veneta ha utilizzato solo materie prime locali, sia per la base fermentescibile (un mix di grani antichi a integrazione del malto Pils), sia per l’aromatizzazione ottenuta con l’impiego di artemisia e scorze di mandarino. La birra si chiama Jerry Far Mouse (5%) e risulta facile da bere, leggera e dissetante, non rinunciando però a mostrare un carattere deciso con note di cereali, agrumi e una delicata sfumatura amara proveniente dall’artemisia. Una Farmhouse Ale “da tavola”, insomma, come si usava produrle una volta.
Si chiama invece Frida (5,9%) la new entry annunciata di recente dal birrificio Malcantone (sito web), una giovane realtà da tenere sicuramente d’occhio. Dopo tante valide basse fermentazioni, il birraio Francesco Goretta ha ora deciso di brassare un’American Pale Ale in chiave moderna, ma sempre molto personale. La Frida si contraddistingue per aromi di pesca matura e le immancabili pennellate che si sviluppano lungo il triangolo frutta tropicale-agrumi-resina, il tutto ben sostenuto da una solida base maltata in cui emergono note di cereali e miele millefiori. Chiaramente il luppolo è utilizzato anche in dry hopping, come sottolineato direttamente in etichetta. Un banco di prova molto interessante per un birrificio che – se non vado errato – ha in gamma una sola “luppolata”, definita European IPA.
Torniamo a occuparci di birre collaborative introducendo la Valo (7,1%), frutto dell’incontro tra i birrifici Torre Mozza (sito web) e Stimalti (sito web). Non scontata la tipologia di riferimento, che prende modello le Foreign Extra Stout, variazione sul tema delle Stout originariamente prodotta per il mercato straniero (dunque quello extra Regno Unito). Come da copione ci troviamo al cospetto di una birra di colore nero impenetrabile, caratterizzata da un corpo medio e morbido e sentori di orzo, cioccolato ma soprattutto caffè espresso. Il finale, tradizionalmente amaro, ne facilita e bilancia la bevuta, e risulta valorizzato dal tenore alcolico che accompagna l’esperienza gustativa con il suo caldo abbraccio.
Curiosa infine la scelta del birrificio Luppolajo (sito web), che per la sua one shot estiva ha puntato sulla tipologia delle Italian Grape Ale. Il nome, ironico e provocatorio, è BJCP: Don’t touch my IGA (4,8%) e fa riferimento all’idea del Beer Judge Certification Program di rimuovere l’aggettivo “Italian” dalla denominazione dello stile. In termini prettamente brassicoli, la novità di Luppolajo è di declinare le tipiche caratteristiche delle IGA in chiave “estiva”, proponendo una birra leggera, fresca e dissetante. La ricetta prevede infatti non solo l’aggiunta di mosto di uve Moscato, ma anche un’acidificazione del mosto tramite batteri lattici e un’aromatizzazione ottenuta con l’impiego di fiori d’ibisco. A completare l’opera c’è anche un leggero dry hopping con varietà (presumibilmente) americane.