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Le nuove birre italiane confermano i trend del momento

A parte la parentesi dedicata alla controversa Bomb di Bad Attitude, nell’ultima panoramica dedicata alle novità dei birrifici italiani avevo evidenziato una tendenza sempre più in voga tra i locali birrari: farsi brassare da produttori “amici” una o più birre in esclusiva, disponibili solo in quel pub o in quel beershop. Tra gli ultimissimi esempi abbiamo la Dog’n’Duck per il The Drunken Duck di Quinto Vicentino, la Tabernale per la Taberna di Palestrina, la 91/11 per La Lanterna di Lovere. Questo lungo elenco – sarebbe curioso ripercorrere la storia italiana per scoprire chi inaugurò la moda – deve essere ora integrato con l’ultima arrivata: l’American Brown Ale, nata nell’impianto del campano Karma per il Chimera di Cassino (FR).

La birra è un’interpretazione italiana della versione statunitense del classico stile anglosassone… insomma una birra cosmopolita 😛 . Ecco come viene descritta sul sito del locale:

Di colore marrone, ha un aroma di caramello, noce moscata e cioccolato, con l’erbaceo ed il resinoso dei luppoli in evidenza. Il sapore è maltato, fruttato e dolce con note di biscotto, toffee e zucchero di canna, seguite nel restrogusto da un escalation del luppolo (un blend di luppoli americani e tedeschi).

Insomma un birra bella “succosa”, che misura 6,9% in alcool.

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Un’altra recente tendenza, non confinata solo al nostro paese, è quella delle birre con tenore alcolico contenuto. L’ultima creazione del birrificio 32 Via dei Birrai fa di questo aspetto la sua caratteristica principale, approfittandone per giocare col proprio nome. La birra si chiama infatti Tre + Due e la gradazione alcolica arriva al – indovinate un po’ – 3,2%. Dalla descrizione presente su Beverfood a quale stile la assocereste?

Aspetto chiaro, leggermente velato, aroma d’agrume fresco che si evolve in intensità floreale ed erbacea, sapore amaro ma mai aggressivo, corpo strutturato con miscela di cinque malti tedeschi e speziatura belga… Dove sta la novità?! Tale ricca consistenza viene stemperata in un volume alcolico di soli 3,2 gradi! Bevuta fresca in pausa pranzo o in piacevoli compagnie serali è una birra leggera pensata per chi desidera un gusto pieno che non scivoli semplicemente in bocca, ma sappia sostare con persistenza olfattiva.

Interessante è il colore dell’etichetta, di un deciso rosa shocking, e il formato, che dalla foto sembrerebbe più piccolo rispetto al 75cl. Il prodotto è anche presentato con il claim “la Via in Rosa”. Ricapitolando: poco alcool, sapore equilibrato ma deciso, colore rosa un po’ ovunque… ho proprio l’impressione che la Tre + Due strizzi l’occhio al pubblico femminile, seguendo un altro trend emerso recentemente, anche a livello di multinazionali del settore.

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Il prossimo non lo definirei un trend, perché sarebbe triste se fosse tale. Comunque sia, anche il giovane Birrificio Sant’Andrea ha iniziato una serie di progetti di solidarietà sociale, tra i quali rientra anche l’ultima creazione. Si chiama Hey ho! To go! ed è una India Pale Ale brassata con “ricercati luppoli [che] le regalano i dolci profumi di frutta esotica”.

La birra è dedicata al Togo, pertanto parte dei ricavati sono destinati ad aiutare la popolazione dello Stato africano nella costruzione di pozzi e acquedotti insieme all’associazione TogoToTogo. La birra ha una gradazione di 6,2% alc. e misura 60 unità d’amaro (IBU).

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Concludo infine con quella che se non sbaglio dovrebbe essere l’ultima nata nella gamma del laziale Turan. Si chiama Fugace ed è classificata dal produttore come Bitter Ale, sebbene al palato sia molto più simile a una classica IPA: il luppolo, graffiante e aromatico, è grande protagonista, mentre il caramello del malto rimane piuttosto nascosto per una Bitter. E’ comunque estremamente godibile, in special modo durante queste calde giornate estive.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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25 Commenti

      • scusa, a te sembra normale la pratica (peraltro già vista) di replicare nomi di birra già esistenti? non credi possa ingenerare un tantino di confusione nei consumatori (e non solo)? ci vuole così tanto a crearne uno nuovo, quantomeno non identico? non mi pare una precauzione così assurda nel 2011 farci un giro su microbirrifici.org o anche solo una guglata prima di mandare in stampa le etichette…

        o no?

        visto che Giovanni è passato da queste parte giusto ieri, sarebbe poi curioso sapere cosa ne pensa lui

        • Stiamo parlando della stessa cosa? Il nome di una birra (neanche troppo famosa, mi perdonerà Giovanni) e il nome di un locale? Va bene evidenziare certi plagi più o meno evidenti (ho anche dedicato un post al riguardo) ma andare a fare le pulci quando si parla di attività diverse mi sembra eccessivo.

          Comunque se non ricordo male anni fa aprì un locale “ufficiale” (o qualcosa di simile) del Birrificio del Ducato e se non ricordo male era proprio il Chimera

          • vabbè, sono fulminato… ho letto in fretta e guardato l’etichetta ho pensato fosse il nome della birra…

            reprimenda e censura, 100 nerbate!

            meglio così, mi pareva stano Opperbacco potesse commettere certe leggerezze

          • Il Chimera Pub di Cassino è un bellissimo locale gestito da due persone altamente competenti, la cui passione, serietà, cortesia ed umiltà hanno pochi eguali in Italia. Non è un locale ufficiale del Birrificio del Ducato, anche se molto spesso hanno le nostre birre alla spine (soprattutto Viaemilia). Riguardo al nome della birra direi che è piuttosto evidente che si riferisca al locale; mentre quando scelsi il nome da dare alla mia birra nel 2007 sapevo che “Chimera” era un nome già noto (ricordate la Chimera IPA?) però mi piaceva perchè esprimeva bene i concetti e le emozioni che erano alla base della sua idea generatrice (tra l’altro il marchio lo abbiamo depositato, così come tanti altri).
            Invece, visto che sono stato chiamato in causa, se posso togliermi anch’io un sassolino dalla scarpa, devo dire che non mi è piaciuto per niente vedere una birra di Opperbacco chiamata “L’una Rossa” dopo che la nostra “La Luna Rossa” era già uscita da un pezzo (pur essendo a tiratura assai limitata) ed aveva vinto l’oro nelle acide a Birra dell’Anno 2011, per cui il nome era stato abbastanza diffuso.

          • Il mio riferimento a “L’Una Rossa” riguarda una foto scattata al IBF di Milano in marzo, non sono sicuro che la birra “L’Una” venga commercializzata anche con questo nome, per cui se mi sono sbagliato faccio le mie scuse a Luigi e socio.

  1. Vorrei segnalare anche una nuova birra del birrificio Zimella, in provincia di Reggio Emilia, di cui si parla poco ma che secondo me, che pur non sono esperto, vuole fare le cose per bene (coltivazione diretta di orzo da malto e di luppolo, ad esempio…). Si chiama Girasole, stile weizen, torbida, con schiuma persistente, acidula al punto giusto, insomma buona!

  2. Le low Alcohol da sempre sono tra le birre più vendute al mondo grazie al mercato USA. Credo che la tendenza colpirà anche i birrifici artigianali italiani ma, sentendo le pubblicità, noto che i birrifici indutriali stanno puntando già su questi prodotti.

    in tema di stile la nogne è arrivata a proporre questa:
    http://www.ratebeer.com/beer/nogne-o-stuten
    trattasi di una IRS (!) da 0.4° (!!!) che ha anche giudizi discreti

    le birre brassate appositamente per locali e co sono belle iniziative fin quando non creano fenomeni, sinceramente fastidiosi, come la BlÃ¥bær. Ma non creod sia questo il caso…

    • Sono anch’io stracontro le birre brassate per i locali, l’ultima volta per bermi una Westvleteren mi son dovuto fare 1200km!!! 😛 😛

      Scherzi a parte, mi sembra molto carina come cosa farsi fare la birra su misura, sono molto d’accordo!

  3. la 3+2 è l’edizione da vendita della Anniversary, brassata per la festa dei 5 anni del birrificio (una bottiglia è messa in cantina e mai verrà aperta) e assaggiata in loco, una low alcohol degna di questo nome, agrumata, pulita e volutamente fatta per invogliare non solo il pubblico femminile ma anche per entrare (col formato 50 cl, insolito per loro) nel settore delle birre “da pranzo”.

    (fonte: Fabiano e Loreno alla festa dei 5 anni) 😀

  4. la birra di opperbacco si chiama “L’Una” poi esiste versione bionda e versione rossa…
    è riconoscibile dalla capsula nera (vers. bionda) e con capsula rossa (ovviamente per la rossa)… 🙂

  5. La L’Una esiste dall’inizio dell’apertura del birrificio (febbraio 2009). La L’Una rossa, che nell’etichetta è semplicemente L’Una (come ha precisato WW), è nata alcuni mesi dopo. Tra le altre cose, il nome L’Una, che a dire il vero a me non fa impazzire, è nato solo per seguire una linea numerica che accomuna le mie birre.
    Dell’esistenza della Luna rossa del ducato ne sono venuto a conoscenza quando uno (ben informato del panorama delle birre italiane) mi ha chiesto se non mi ha dato fastidio che mi avessero ricopiato il nome. Io ho risposto no, ma sentire che ha suscitato l’ira di chi è venuto dopo (sicuramente in maniera casuale) …… dovremmo stare un po più calmi!

    • …. mi ha ricordato mia moglie (purtroppo unica socia in birrificio), che Luna deriva dal nome di una bimba belga (conosciuta nel 2004 in viaggio di nozze). Il nome lo volevamo utilizzare per chiamare una eventuale figlia, ma poi abbiamo avuto un maschietto. In attesa della femminuccia l’abbiamo utilizzato per una birra!
      La versione rossa di questa birra purtroppo non l’ho potuta chiamare L’Una verde come avrei voluto perchè c’era qualcosa che non mi ridava.
      P.S. Ma se mi nasce una femminuccia la posso chiamare Luna???

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