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Left Hand sfida Guinness, Cantillon lancia la sua Jean-Chris

Incredibile a dirsi, a distanza di solo un paio di settimane torno a parlare delle novità dei birrifici stranieri, con due segnalazioni interessanti. La prima, citata da Fermento Birra, arriva dagli States, dove il famoso birrificio Left Hand ha recentemente lanciato la sua nuova creazione, chiamata Milk Stout Nitro. Se siete ammiratori del produttore americano, saprete che nella sua gamma esiste già una Milk Stout, per giunta molto apprezzata. La “versione Nitro” aggiunge un effetto visivo (e gustativo) alla birra, replicando a suo modo il fenomeno delle lattine di Guinness dotate di “pallina”. Facciamo un passo indietro e spieghiamo la questione nel dettaglio…

Che la Guinness vi piaccia o meno, probabilmente sarete rimasti affascinati dall’aspetto avvenente di una pinta spillata con i giusti crismi. Ciò che colpisce è la compattezza e l’opulenza della schiuma, oltre all’“effetto cascata” che si forma nei secondi appena successivi alla spillatura. L’effetto è talmente affascinante da essere diventato uno dei caratteri distintivi della nera d’Irlanda, elemento su cui l’ufficio marketing ha giustamente puntato negli anni. Il segreto è nella spillatura in carboazoto (a differenza della classica anidride carbonica), che favorisce il fenomeno appena descritto.

Per questo motivo il problema principale in Guinness è stato sempre di riuscire a riproporre le stesse caratteristiche estetiche anche nelle versioni non in fusto. La soluzione è arrivata a fine anni ’80, quando furono lanciate le prime lattine dotate di “pallina”, che attraverso un ingegnoso meccanismo erano in grado di replicare l’effetto tanto agognato. Improvvisamente non era più necessario recarsi al pub per ottenere una “perfect pint”.

Dunque è proprio questo effetto che Left Hand afferma di aver replicato con la sua Milk Stout Nitro, senza tuttavia utilizzare palline o diavolerie simili. Come si può vedere nel video, basta versare con decisione la birra nel bicchiere per riproporre le reazioni di una spillatura in carboazoto, con tanto di schiuma compatta ed effetto cascata.

Gli ingegneri di Left Hand hanno investito diverso tempo e risorse per raggiungere il risultato, le cui caratteristiche sono tenute in grande segreto. A quanto pare l’azoto entrerebbe in gioco fin dalle prime fasi produttive della birra, per coinvolgere anche la fase di imbottigliamento – giusto, ho dimenticato di specificare che la birra non è in lattina, ma in bottiglia.

Neanche a dirlo, l’obiettivo di Left Hand è di proporre un’antagonista alla Guinness, rubandole quote di mercato in patria con un prodotto americano al 100%. I futuri assaggi ci diranno se la birra è davvero meritevole di attenzione, per il momento non rimane che ammettere la spettacolarità dell’effetto visivo per una birra in bottiglia. Sembrerebbe proprio che alla Left Hand abbiano quantomeno raggiunto un primo, difficile obiettivo.

Dagli USA spostiamoci in Belgio, dove il blog Thirsty Pilgrim ci parla di una succulenta novità riguardante la Jean-Chris. Leggendo il post inizialmente ho scoperto che questa birra ha una doppia anima: la prima versione fu prodotta da Rulles – e fin qui tutto ok – ma ne esiste anche una seconda versione realizzata da Sainte Hélène. La prima è una Belgian Pale Ale luppolata, la seconda una Stout. Dunque due ricette completamente diverse, alle quali ben presto se ne aggiungerà una terza, che sembra quella più intrigante.

La Jean-Chris numero 3 arriverà addirittura da Cantillon e sarà una Gueuze. Come da copione sarà un blend di tre lambic di differente età, che però saranno affinati in tre tipologie di botti di vino diverso: Bordeaux rosso, Bordeaux bianco e Côtes du Rhône. Inutile dire che sarà una produzione in tiratura limitatissima, per la gioia di tutti i beer geek più incalliti.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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14 Commenti

  1. no, porca zozza, altri soldi da dare a Cantillon no.
    Mi sento come un fanatico della apple: “shut up and take my money!!”

  2. Filosofie possibili di Cantillon, dato il ritrovato successo degli ultimi anni :

    1) produrre di piu’ . ingrandire il birrificio e/o variare il processo produttivo a questo scopo (e sappiamo tutti cosa significherebbe)

    2) produrre birre piu’ di nicchia ed edizioni speciali piu’ raffinate/costose

    3) cedere l’attivita’ ed andare ai tropici

    che ne dite, quale preferite. Io una mia idea ce l’ho.
    (se proprio si vuole fare filosofia con il culo degli altri, come si dice dalle mia parti)

    • 1) non è fattibile
      2) Jean non te da niente manco se lo paghi 200€ (qualcun’altro invece sì, ma ritengo giusta anche quella “filosofia”) proprio per evitare speculazioni, tanto è vero che l’evento Zwanze è studiato proprio per non speculare sul prezzo di un prodotto “one shot” e le poche bottiglie rimaste te le bevi con lui al birrificio…O se vai in Belgio col Camaschella, a cena a casa sua 😉
      3) Vendendo Cantillon, con i suoi volumi di produzione, al massimo ti compri una villetta a Fregene (il che non è male…), se non hai qualche buffo da pagare nel frattempo…

      Magari conoscendo meglio persone, fatti, fattoni e luoghi, si potrebbe consegnare ai posteri opinioni più inerenti alla realtà.
      Comunque concordo con Tyrser…

  3. Io penso che alla fine, in cuor suo, ogni produttore desideri fare un prodotto che si diversifichi dal resto. Credo che in tutti i settori si cerchi di migliorare qualcosa con il passare del tempo. Stare tutto il giorno concentrati sulla ricetta da fare alla lunga diventa routine e se hai un minimo di creatività (chi fa questo mestiere ce l’ ha per forza) ti viene anche di cambiare qualcosa qua e la per vedere come reagisce la platea. Nel caso left haand la ricerca ha portato a eguagliare un prodotto storico come la Guinness, se ci pensate, un micro (anche se sappiamo la dimensione dei micro americani) che riesce ad emulare un prodotto storico, industriale o meno che sia, lo trovo stupefacente. Per Cantillon, che ho visto ieri fare la prima cotta di lambic dell’ anno, trovo altrettanto giusto se via via si concede qualche strappo alla regola (cogito ergo sum). Per me non ha proprio intenzione di vendere niente se non i propri prodotti. Cali di forma poi, capitano anche ai migliori (vedi lazio-catania…) per cui godiamoci la birra e stiamo tranquilli.

  4. Per quello che io sò …il progetto Jean Chris è nato dalla passione per le birre del mio amico Christophe …insegnante e proprietario del più bel (sia in termini qualitatitivi che estetici) Beer Shop del Belgio …”Mi Orge Mi Houblon” di Arlon…..
    Insieme con il suo amico “Jean le Chocolatier” di Habay la Neuve hanno dato vita a questa piccola linea di birre…

    La cosidetta “Jean Chris 3” è nata dalla passione di Christophe per le Gueuze e per i Lambic e dalla grande stima reciproca che corre tra lui ed il grande Jean Van Roy….In sostanza non è un progetto di Cantillon ma di Christophe……..e Jean l’ha condiviso con l’amico…
    Il nome della birra è “Nomad 2011” e credo che sia stata già tutta venduta (visto il numero limitatissimo degli esemplari). Una delle ultime bottiglie l’ho portata a casa dal Belgio settimana scorsa……. 🙂

  5. In linea con la solita filosofia di Cantillon, La Nomad 2011 è semplicemente una Gueuze di Cantillon. Jean Van Roy ha deciso di aiutare un amico che sta lavorando duramente per il Lambic nella sua area, Arlon, ma non si tratta di una cuvée speciale né di una ricetta particolare: Jean ha selezionato un po’ di botti e insieme hanno poi scelto il blend da 3 botti, una per anno, come al solito. Effettivamente questa birra è unica, come ogni Gueuze di Cantillon 😉

    ps: mi risulta già esaurita…
    ps2: no Filippo, non ti porto in Belgio 😀

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