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Assaggi di… birrificio Reutberger

Come ormai avrete notato, di tanto in tanto riporto su queste pagine i miei assaggi delle produzioni dei birrifici italiani. Oggi per la prima volta parlerò invece di un produttore tedesco che non conoscevo e che mi ha fatto scoprire Luca Eusebi de La Cantina della Birra, di cui l’azienda è importatrice in esclusiva. Si tratta del birrificio Reutberger, situato all’interno dell’Abbazia di Reutberg, non molto distante dalla cittadina bavarese di Sachsenkam. Il birrificio risale addirittura al 1677, quando le monache ottennero dal governo la concessione per iniziare la loro attività brassicola. Le birre prodotte in loco – che Luca mi ha gentilmente fatto pervenire – appartengono ovviamente agli stili della tradizione birraria tedesca. Se sapete di cosa sto parlando, continuate a leggere e troverete pane (liquido) per i vostri denti…

Visto che le birre assaggiate sono parecchie, partiamo subito a spron battuto dalla Export Hell, una classica “chiara” nella sua versione da esportazione. Come consuetudine per la Germania (e non solo) l’aggettivo “export” indica – in linea teorica – versioni dello stile dal tenore alcolico leggermente superiore e dal gusto più pieno. In questo caso siamo al cospetto di una Helles da 5,1% alc., di colore biondo pallido e con una schiuma abbondante ma non molto persistente. Nonostante non sia una birra molto forte, il carattere “export” si evidenzia già a livello olfattivo, con la nota alcolica ad accompagnare profumi di cereali e di miele e sfumature floreali. In bocca domina il dolce del malto, con un miele in totale evidenza. Il corpo è pieno, mentre il finale è un po’ deludente, poiché rimane corto e poco amaro, ma con un distinguibile tocco erbaceo. In definitiva è una Helles ben fatta, non propriamente bilanciata e che paradossalmente rimane nel bicchiere più di quanto previsto.  Tuttavia risulta anche molto gustosa.

Simile come grado alcolico è la Kloster Marzen, di colore ambrato con riflessi arancio e una schiuma simile a quella della birra precedente: abbondante ma poco duratura, caratterizzata da bolle medio-grandi. All’olfatto emergono profumi di caramello e soprattutto di frutta, accompagnati da una nota speziata con un tocco pepato che solletica piacevolmente il naso. In bocca l’ingresso è dolce di miele di castagno e caramello, il corpo è medio e abbastanza “masticabile” nonostante una carbonazione non irrilevante. Il finale è leggermente amaro, di media persistenza. In conclusione è una discreta Marzen, che ricorda a tratti una Dunkel. Tanto caramello ma anche un buon equilibrio per una birra che risulta più complessa che di facile bevibilità. Una maggiore armonia generale non guasterebbe.

Rispetto alla Export, la Kloster Hell ha come da copione un tenore alcolico più contenuto (4,8%). È cristallina, di colore giallo con riflessi verdastri, schiuma bianca abbondante ma poco persistente. Alla vista si nota anche una certa carbonazione caratterizzata da bolle di media grandezza. Al naso emergono evidenti note di miele, cereali, fiori di campo; c’è anche una leggera e curiosa nota terrosa, sicuramente derivante dai luppoli utilizzati. L’ingresso in bocca è dolce, con il miele a dominare su tutto. Il corpo leggero contribuisce a renderla una Helles molto bevibile, sebbene il finale rimanga abbastanza corto, con una punta di amaro quasi impercettibile. Nonostante quindi l’equilibrio non sia il suo forte, questa Kloster Hell si lascia bere con facilità… il rammarico è per la mancanza di un finale leggermente più amaro, che avrebbe reso eccezionale questa produzione.

La Export Dunkel è un’ambrata da 4,8% alc., dal colore piuttosto scuro e riflessi arancio. La schiuma beige è finalmente convincente: abbondante, cremosa e compatta, capace di invitare alla bevuta già soltanto alla vista. Al naso ci aspetteremmo tanto caramello e le previsioni sono confermate, ma ad esso si aggiungono sfumature di erba appena tagliata e una nota quasi balsamica. Al palato l’ingresso è poco intenso e subito passa in primo piano la carbonazione, nonostante non sia particolarmente evidente alla vista. Migliora nel retrogusto, con una amaro pronunciato e gradevole e note quasi da tostatura. Si tratta di una Dunkel molto convincente per tre quarti: bella alla vista, intrigante al naso, particolare nel retrogusto. È l’ingresso un po’ a deludere, ma il risultato è una birra davvero interessante.

Ancora di più lo è la Heller Bock (6,7% alc.), una delle invernali del birrificio Reutberger. Si presenta di colore dorato scarico con riflessi giallo paglierino, una schiuma bianca e compatta che permane a lungo nel bicchiere. Come da stile, la nota alcolica è netta già all’analisi olfattiva, ma in modo non fastidioso. Poi arrivano miele e caramello, e più dietro un tocco speziato e una nota di nocciola. Al palato l’entrata è dolce, poi subentra la nota erbacea di luppolo a bilanciare la bevuta, con un finale amaro e non troppo persistente. L’alcool rimane piuttosto celato e la bevuta risulta clamorosamente agile. In definitiva è una Bock che sacrifica la potenza alla bevibilità, ma con risultati eccellenti. Il profilo aromatico è intrigante, buona la complessità e ottimo l’equilibrio generale. Con una boutade la definirei una “session Bock”, se non fosse che questa espressione mi fa rabbrividire 🙂 .

Curiosamente la Dunkel Weizen è commercializzata con il marchio Daisenberger (Daisenberger Dunkleweiss). È di color rame con riflessi arancio, schiuma beige ricca e di lunga persistenza. Si nota una certa opalescenza e una carbonazione decisa, per quanto fine. Al naso emergono sentori di lievito, caramello, banana, chiodi di garofano: un profilo aromatico complesso, ma anche ben armonizzato – cosa non sempre scontato in produzioni del genere. L’ingresso è dolcissimo di mou e banana, la carbonazione è fine e solletica durante la corsa. Il finale acidulo stempera la dolcezza generale, mentre il corpo si mantiene molto leggero. È una Dunkel Weizen molto godibile, che a differenza di altre incarnazioni dello stile gioca sull’eleganza e sulla bevibilità. Unico è forse il corpo fin troppo esile, ma che si inserisce discretamente nel complesso della produzione.

E chiudiamo rimanendo sulle birre di frumento con la Weissbier-Bock (6,9% alc.), versione muscolare di una classica Weizen. Si presenta di colore arancio chiaro con riflessi dorati, netta opalescenza e una frizzantezza evidente, che tende a calmarsi poco dopo. La schiuma è abbondante ma non bellissima, perché risulta poco aderenti alle pareti del bicchiere. Al naso è un trionfo di banana matura, accompagnata da una netta nota alcolica. Gli esteri sono penetranti e non sempre armonici e si può distinguere il classico aroma di fiori di garofano. Al palato l’ingresso è dolce e molto speziato, poi arriva la banana che rimane persistente fino in chiusura, dove emerge anche un amaro deciso a bilanciare. Il corpo è spesso e morbido, con l’alcool sempre ben in evidenza. Si tratta quindi di una Weizenbock avvolgente e penetrante, ma che pecca di una cera mancanza di armonia ed eleganza. A volte gli aromi sembrano sparati senza molto controllo, risultando fin troppo aggressivi.

Dopo questa lunga carrellata è il momento di tirare un bilancio del birrificio Reutberger. Sebbene non si inserisca nell’olimpo dei produttori tradizionali tedeschi, è un produttore che merita una certa attenzione. Le birre della gamma sono di buon livello, con alcune punte di ottima fattura. In generale il birrificio sembra più a suo agio con birre dal contenuto alcolico elevato, mentre su quelle in teoria più leggere si nota poco coraggio con le luppolature. Ma forse è anche il nostro gusto che è cambiato ed è meno abituato a produzioni di stampo più classico. Se vi capita di incrociarlo in beershop, provate questo birrificio senza remore. Se invece già lo conoscete, cosa ne pensate?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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Un commento

  1. Riscontrare delle imperfezioni in produzioni artigianali è cosa assolutamente normale altrimenti ci troveremo eternamente al cospetto di capolavori( prospettiva tanto auspicabile quanto utopica). Però, se si è sempre detto che (tranne in alcuni casi di creature già perfette alla nascita)la birra cruda ha un evoluzione=miglioramento con il passare delle cotte,non oso immaginare come potesse essere la Export Hell nel 1677 🙂 Scherzi a parte le proverò al più presto

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