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E dopo le birre, i nuovi microbirrifici italiani

La scorsa settimana abbiamo fatto il punto sulle birre inedite lanciate dai produttori nostrani, oggi invece ricapitoliamo i birrifici di nuova apertura che hanno recentemente iniziato a lavorare. Come non cominciare allora di Mukkeller (sito web), azienda di Porto Sant’Elpidio (FM) che ha da subito iniziato a far parlare di sé. Il motivo è chiaro: la somiglianza del nome con il danese Mikkeller, uno dei produttori più in voga del momento in tutto il panorama europeo. Impossibile non pensare che sia un’analogia voluta, una sorta di operazione di marketing ai limiti (anzi, sicuramente oltre) del buon senso. E qualsiasi spiegazione sull’origine del nome non può che lasciare comunque perplessi.

La verità è che a quanto pare si tratta di un birrificio molto promettente. Ho sentito pareri unanimi ed entusiastici sulla Pils della casa, mentre anche la Bitter sembrerebbe di ottimo livello. L’unico problema dunque potrebbe nascere dal nome del birrificio: a quanto mi risulta Mikkel (fondatore di Mikkeller) avrebbe contattato l’azienda per chiedere spiegazioni, accogliendole senza ulteriori sviluppi. Ma siamo sicuri che sarà così anche in futuro? Certo questa spada di Damocle potrebbe essere controproducente nel lungo periodo, nonostante al momento il nome del birrificio abbia creato una certa curiosità. Staremo a vedere, nel frattempo cercherò di assaggiare qualcosa – ma solo perché ho saputo essere buone birre, sia chiaro…

A Battipaglia, nel salernitano, ha invece da poco aperto i battenti il birrificio B1080 (sito web). In realtà è una beer firm, cioè un’azienda che non possiede un proprio impianto di produzione, bensì realizza le proprie birre presso altri birrifici. Si tratta di una soluzione sempre più in voga in Italia e largamente diffusa in tanti paesi europei (Belgio in primis).

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Le birre commercializzate sono attualmente due. La prima è la Old Castle, una Belgian Strong Ale scura realizzata con quattro diverse qualità di malto. Ha una gradazione alcolica sostenuta ma non invasiva, mentre i profumi e gli aromi sono caratterizzati dalla presenza di malti tostati. La seconda birra di chiama St. Mary ed è un’alta fermentazione di colore chiaro, prodotta con luppolo Cascade, una delle qualità americane più conosciute. Ecco come viene descritta dall’azienda:

Al gusto la St. Mary si presente decisa e strutturata, con notazioni che tendono al fruttato ma che in realtà sono l’effetto del luppolo Cascade di provenienza americana. Dalla grande famiglia dei malti abbiamo scelto due tipi principali: il Pils di base ed un malto caramellato, il Carahell.

Rimanendo in tema di birrifici con nomi simili, ad Aosta è recentemente partita l’avventura del B63, inaugurato lo scorso 27 novembre. In realtà alcuni disguidi burocratici hanno rimandato l’apertura vera e propria del locale (il B63 è un brewpub), che dunque ha inaugurato senza però essere ancora ufficialmente operativo.

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Da un articolo apparso su AostaSera, scopriamo che il 63 del nome è l’anno di nascita dei due soci: il birraio Antonio Pistilli (formatosi in un non meglio precisato birrificio della provincia di Como) e Paola Paroncini. Le produzioni si ispirano alla cultura brassicola tedesca: abbiamo allora quella che l’articolo definisce una lager (presumibilmente una Helles), un’ambrata (che sia una Dunkel?) e una Dunkelweizen (che in estate sarà sostituita da una più canonica Weizen).

Da Birrazen apprendiamo invece che sabato scorso ha inaugurato a Vercelli il Birrificio Sant’Andrea (BSA), che si è presentato con lo slogan “birra al popolo!”. Secondo me è una novità da tenere sott’occhio, perché le premesse sono davvero interessanti. A partire dal bellissimo sito web, che – alleluja – è al passo coi tempi, a differenza di quelli di tante altre aziende brassicole italiane. Seguendo poi con la comunicazione, che gioca su concetti forti, con i quali poi il birrificio dovrà fare i conti 🙂 : rivoluzione, qualità, innovazione. Da questo punto di vista mi ricorda l’attivissimo Bad Attitude, forse l’unico produttore italiano (in realtà ticinese) che ha recepito i dettami del marketing moderno, soprattutto di quello basato sul web.

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Il BSA per il momento produce due birre: La Bionda del Leone, una Pils dal gusto secco e pulito, e La Rossa del Gallo, una Bitter da 6,9% alc. e 40 unità d’amaro. Il birrificio afferma di voler proporre birra per il popolo… anche i prezzi saranno popolari? Staremo a vedere. Qualcuno di voi ha provato le produzioni della casa?

Concludo infine con alcune segnalazioni veloci. A San Pellegrino Terme (BG) ha da poco aperto il Birrificio Via Priula, le birre del quale (se non erro) sono già apparse in qualche manifestazione del Nord. Stesso discorso per il birrificio Endorama di Grassobbio, anche questo con sede nel bergamasco. Dalle prime impressioni pare proprio che entrambi i produttori faranno parlare di sé, quindi se ne volete sapere di più vi rimando al post che ha dedicato loro Alessio Leone.

Infine da Stefano ho ricevuto la segnalazione di due nuovi microbirrifici che stanno per aprire a Brescia e dintorni. Il primo è il Birrificio F.lli Trami di Capriano del Colle, che al momento produce una Pils leggera (Persek) e una Bock di carattere (Gran Risa). Il secondo si chiama Birrificio Bresciano Montenetto ed è sito nel capoluogo lombardo. La linea al momento consta di una Pils fresca e beverina (Lapy) e una “Italian Red Ale” (Maddalena), ispirata alle “antiche rosse italiane”, qualsiasi cosa siano.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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45 Commenti

  1. vado subito OT. bellissimo davvero il sito web del Birrificio Sant’Andrea. ma quanto può costare un sito di qualità così, sia per grafica web che per qualità delle foto che per fotoshoppate successive? e quanto costa manutenerlo (cioè periodicamente rimpinguare grafiche e soprattutto foto di qualità)?

  2. Non so quanto possa costare la gestione del sito ( magari sono dei grafici e se la curano loro senza spese ) ma sono curioso di assaggaiare , anzi di bere le loro birre 🙂

  3. sai, avessi qualcosa da vendere prima… era per farsi un’idea. se costa 500 euri mi chiedo come mai ci siano in giro certe ciofecazze di siti. se costa 8000 euri è un altro paio di maniche…

    cmq secondo me questi o se lo sono fatti loro o hanno amici del giro…

  4. @SR
    Beh è esattamente il mio lavoro, quindi ti posso dire che in quel sito forse vedo molte più cose di quelle che percepisce un occhio “medio”. Diciamo che come layout, soluzioni tecniche, impostazione ecc. è un approccio moderno, al passo coi tempi (e in questo mondo i tempi scorrono veloci). Chiunque può farsi un sito o chiedere aiuto all’amico appassionato di html, ma la differenza alla fine si vede – e nettamente – rispetto a un prodotto professionale. E quello del BSA lo è, stanne pur certo. Magari tra loro c’è chi lavora nell’ambiente, non lo escludo, ma non è questo il punto.

    Relativamente al costo, dipende da molte cose, soprattutto riguardanti ciò che si trova dietro le quinte (tecnologia, tipologia di sito, ecc.). Tra 500 e 8000 euro, stai sicuro che sei molto più vicino alla seconda cifra, e spesso neanche basta. E poi c’è il contratto di manutenzione…

  5. Noi abbiamo venduto benissimo le Mu Pils (Mukkeller) e siamo in fase di assaggio di Endorama (Contatti presi per portarli nelal capitale), le bottiglie son bellissime, assaggeremo le birre tra oggi e domani!

  6. @Andrea

    proprio quello intendevo dire. non è un sito da amatore e sospettavo costasse un botto (ho sentito cosa ti pelano certi grafici per una banale carta delle birre fatta decentemente). quindi o questi i soldi li grattano giù dai muri, o hanno una visione del business molto moderna e sono disposti a cacciare 10,000 euri pronti via per il sito all’apertura, oppure (quello che penso) hanno amici o contatti privilegiati con qualche pro del settore (che gli fa un prezzo umano)

    cioè io se partissi con un micro cercherei di avere un sito dignitoso (come ce ne sono tanti anche in Italia) senza averlo da urlo e rimandando a fasi successive un investimento così importante (secondo me necessario, ma non fondamentale in start up). a meno di non avere alle spalle un progetto (e un finanziatore) con le spalle grosse e di ampio respiro

    @patrick

    lo trovi sul sito di mikkel. gli ha rifilato una sfilza di fregnaccie. un genio totale

  7. @Andrea
    Visivamente concordo con te, ma non mi piace la soluzione di farlo girare dentro a un frameset senza sottopagine, hostando su un terzo livello.
    Si vede che il sem glielo quotano a parte.;-)

    [mode:nerd off]

  8. Sì… in realtà il link l’avevo anche già visto un paio di settimane fa, ma trovandomi davanti il danese non mi ci ero proprio applicato (o forse sono rincoglionito io a non essere riuscito a trovare la versione inglese). Da quel che si capisce, il suo soprannome era MUKKA e il suo stile preferito le KELLER.
    Capolavoro.

  9. @SR
    Secondo me invece è fondamentale anche in fase di start up
    Considera che un sito dignitoso ti costa comunque una cifra simile (se non uguale), molto dipende anche a chi ti affidi.
    C’è sempre la soluzione di chiamare il figlio dell’amico che ha finito ieri l’università e dargli 500 euri, ma i risultati sono quelli che sono…

  10. appena Mr.Mukka passa giuro che gli faccio una ripresa dove spiega il perchè di mukkeller e lo metto su youtube…
    CHEERS!!! 😀

  11. Consiglio a chi ha bisogno di grafici: appendete un avviso in una bacheca dell’Accademia delle Belle Arti della vostra citta’, troverete gente con i controcazzi a prezzi tranquillissimi.

  12. conosco bene Mukkeller,
    anche detto “Marco Mucca”
    da tutta “La Corva” (la frazione di Porto Sant’Elpidio dov’è nato e cresciuto) e da sempre si chiama e lo chiamano in questo modo,
    certamente è un genio,
    certamente ha giocato sul lettering
    e per certo assomiglia a Fabio De Luigi…

    una bravo birraio che non ama le birre troppo contaminate da ingredienti particolari,
    produce attualmente 5 birre: mu pils, marina, la corva nera, la menz’ora e la nonnukka
    tutte molto pulite e franche, il tutto su impianto da 300lt!

    @ Mirko bir&fud: hai assaggiato la ROYALE ROCKET?

  13. Aggiungo che Marco “mucca” è una persona super tranquilla e che la sua pils è veramente di alto livello. E’ sempre stato un patito di questo stile. Grande Marco!

  14. @Andrea

    adesso ti faccio incazzare… premessa, anche io parlavo dell’importanza di un sito dignitoso, dignitoso appunto, non faraonico. se vuoi anche statico o quasi. quello di BSA per me è un po’ più che dignitoso… e per me un sito dignitoso non costa 10,000 euro, costa 1,000 euro…

    dici che è poco? può darsi. ma senza nemmeno fare la fatica di andare ad appendere un avviso alla bacheca di Belle Arti basta farsi un guglata fatta bene, trovare qualche sito di ingenieri indiani con i tripli controcazzi con avvitamento che per due soldi ti mettono in piedi tutto a costi irrisori…

  15. @SR
    Dipende anche che ci vuoi fare con un sito. Se ti serve come semplice vetrina statica, giusto come biglietto da visita per i contatti è un conto. Se lo vuoi usare nel modo giusto, cioè come strumento di comunicazione dinamico e in continua evoluzione (come dovrebbe essere la tua azienda, almeno spero), allora ti serve qualcosa di diverso. Se vuoi emergere non puoi prescindere dalla seconda ipotesi, da affiancare ad altri elementi “aziendali” parimenti importanti. Poi se ti basta fare le birre e sperare che qualcuno si accorga di te, è un altro discorso…

  16. @Andrea

    io sono d’accordo con te. ma se uno è in start up magari non ha subito i 10,000 eurelli che gli ballano per fare il super sito. e allora che fa? fa il sito ma non l’impianto elettrico?

    anche perché resto dell’idea che ok il sito, ma pronti via la birra la vendi in un altro modo. poi arriva il resto…

    e cmq ‘sti indiani low cost…

  17. @OTECA: non ancora, ma penso chepresto andrò con Loreto a fare visita a Marco se ci accogie, che vorrei metter su un po di cose loro dopo averle assaggiate. Me ne hanno parlato bene.
    Indipendentemente dal nome…
    Ciao Mirko

  18. @SR
    Credo che il discorso sia analogo a logo ed etichette. Tu partiresti con un logo amatoriale e delle etichette ridicole? Io no, penso che sia un elemento fondamentale perché se hai un’impresa hai anche bisogno di comunicare qualcosa… e non puoi farlo in modo raffazzonato. Io da appassionato storco la bocca ma poi assaggio comunque, un consumatore medio magari passa direttamente oltre

  19. @Andrea

    a me pare un muto che parla con un sordo… SONO D’ACCORDO CON TE!!!

    semplicemente ti dico che se uno non ha un budget faraonico può accontentarsi di un sito dignitoso senza spendere 10,000 euro per uno fantastico spostando più in avanti l’investimento (e l’impegno di marketing che occorre per metterlo a frutto)

    se id’accordo con me che per un per un birrificio appena partito può andare bene un sito come http://www.birrificiocivale.it/ che non è una cannonata ma ha tutte le info che servono o al limite http://www.maltusfaber.com/mf2008/ bruttino ma cmq informativo? mica ti ho detto che basta una roba inguardabile come questo http://www.bi-du.it/home.htm (Tyrser, dio bono, fai pure i pipponi al Turco sui frameset, fai qualcosa!!!)

    poi se uno vuole puntare su un certo tipo di comunicazione o ha semplicemente la possibilità fa il sito stracurato che spacca

    penso anche che ognuno si innamori un po’ delle cose che fa e delle proprie passioni. per il 95% dei birrifici italiani e direi il 100% delle start up l’apporto della comunicazione web ha un apporto marginale e non tutti riescono nell’uovo di colombo alla mikkeller. certo, il monda va avanti, non indietro…

  20. @SR
    Ovvio che sei d’accordo con me, il punto non è se è figo un sito figo 😉
    Mettiamoci che nelle mie riflessioni c’è un po’ di deformazione professionale o che per gli studi che ho fatto sono particolarmente sensibile a taluni discorsi. Il punto non è se hai i soldi per fare una cosa, il punto è se la ritieni una cosa importante al punto da investirci soldi. Ci sono tante aziende che magari non hanno problemi di investimenti ma si appoggiano ancora su siti vetusti perché semplicemente non li considerano importanti. C’è chi se ne frega a priori di fare comunicazione perché non la prende nemmeno in considerazione, anche potendo (economicamente).

    Poi se devi fare economia scendi a patti, non solo per il sito web. L’importante è che sia una scelta consapevole…

  21. @Tyrser

    ma se al pub oramai bevo praticamente solo italiano (sano e anche discretamente bene)… tanto costano tutte uguale

    poi i 12 cartoni portati a casa domenica no, ma non è mica colpa mia… poi io sono cittadino del mondo 😉

  22. SR dixit: “al pub oramai bevo praticamente solo italiano (sano e anche discretamente bene)… tanto costano tutte uguale”

    Scolpitelo sulla pietra, fateci le magliette, mettetelo come nome ai vostri figli.
    Il Rushdie della birra italiana ha visto la luce.
    Sto facendo il carosello intorno alla tastiera come nell’estate del 2006….

  23. @SR

    macché luce… la frase intera è questa: “tanto costano tutte uguale… e troppo…”

    poi costano tutte uguali al bicchiere, mica al fusto…….

  24. Dico la mia, piccola piccola, ma la dico.
    Tra mille e diecimila c’è anche il tremila e il cinquemila.
    Con questi soldi intermedi c’è tanta gente che può fare ottimi lavori.

    salute

  25. Sempre stando sul tema web e comunicazione, preciso che brutto o non brutto, un sito che deve dire qualcosa deve essere anche usabile e, a tal proposito, il siito del birrificio B1080 è un esempio di “web un-usability”. Chi conosce Jakob Nielsen sa che cosa vuol dire.

    Riassumendo: una cosa bella ma inutilizzabile finisce ottenere risultati opposti a quelli prefissati.

    Salute

  26. B.S.A. …..
    Birrificio spettacolare.
    State parlando del sito e vi dico che le birre sono anche meglio…. 🙂
    Ottime. La rossa davvero fantastica. La consiglio.
    Proprietari fantastici.

  27. in effetti ci sono diverse tipologie di siti.
    1- c’e’ il sito realizzato dal cugino dell’amico, che “capisce di internet” e magari viene pagato con qualche cassa di birra… con risultati che possiamo immaginare
    2- c’e il sito da 8000 euro fatto da bravi professionisti: “tecnologico” il giusto, ben strutturato, usabile ecc. Non basta che siano professionisti bravi pero’, bisogna che siano anche “onesti” nel proporre soluzioni che servano effettivamente (e non solo quelle che costano di piu’) e dall’altra parte un cliente che abbia ideee abbastanza chiare su quello che vuole.
    Ma ci sono altre categorie: 3) il sito fighissimo, tutto flash, con lunga introduzione e la scritta “skip intro” piccola piccola (se c’e’), musica che esplode improvvisa (nel silenzio di casa tua… o del tuo ufficio) senza che si possa togliere, lente dissolvenze e navigazione labirintica; e magari e’ costato anch’esso 8000 euro.
    E poi c’e’ anche 4) il sito da 1500 euro che magari non e’ da premio WWW, messo su da qualcuno che non e’ il genio del web design ma almeno un po’ di esperienza ce l’ha; semplice, a volte banale o non particolarmente accattivamente ma ben strutturato, navigabile e con le informazioni che servono al posto giusto.
    Per quel che vedo in giro una bella fetta dei siti dei birrifici ricadono nella 1 o nella 3, quindi gia’ una della 4) va piu’ che bene!

  28. …ho il BSA a pochi passi dal lavoro…aggiornerò il “popolo” col mio giudizio sulle sue produzioni…
    Ovviamente spero bene!

  29. Intervengo giusto per dire una cosa semplice ma forse fondamentale.
    Concordo col fatto che un’etichetta ed un logo siano importanti per un’azienda, anzi fondamentali, ma molti però dimenticano che fondamentale è fare una buona birra.
    Il sito in questione è bello graficamente (ma niente di eccezionale, è un layout di photoshop che faccio in meno di un’ora di lavoro) per il resto è totalmente NON a portata di utente. Un sito deve essere navigabile e non è detto che un sito che costa 8000 euro sia fatto bene, ci sono delle schifezze in giro forse pagate anche di più (al nord, perchè da Roma in giù se chiedi un prezzo del genere ti ridono in faccia).
    Poi che mloti siti siano amatoriali è fuor di dubbio, ma il giusto compromesso non ha costi elevatissimi ed un sito vetrina lo può fare chiunque, diverso il discorso per un sito dinamico. Per arrivare a cifre del genere devi fare un tipo di lavoro che comprenda anche logo e quant’altro e allora, forse, se il lavoro è fatto perfetto (non bene ma perfetto) vale la pena, ma non credo tutti possano.
    Un esempio di sito bello graficamente, davvero particolare, è quello di le Baladin…ma a livello di usabilità è zero, eppure secondo me sarà costato un botto.
    Credo che molti che hanno il sito strafigo..dovrebbero pensare a fare meglio le birre, però si sa i soldi servono anche e soprattutto per farsi pubblicità e vincere premi nonostante le birre siano ampiamente sopravvalutate…..
    Saluti e scusate la prolissità…ma sono letteralmente scoppiato e dovevo scrivere!!
    Anche questo sito ha degli errori (esempio è la non adattabilità del testo alla grandezza della finestra browser) ma quanti se ne accorgono?

  30. Al BSA il sito se lo sono fatti al 99% da soli.
    I proprietari sono in 5; nessuno ha esperienza sulla birra, ma ci sono un grafico, un pubblicitario, ecc.

    Il birraio è quello di Pausa Cafè.

    Ho assaggiato le birre all’inaugurazione e l’impressione non è stata eccezionale. Devo dire che però il contesto (grande caos, birre versate di fretta nei bicchieri per accontentare tutti, ecc) non era quello migliore per una degustazione “seria”.

    E’ già pronta una terza birra che fa parte di pun progetto a favore del Togo. Dovrebbe essere una IPA, ma non l’ho ancora assaggiata.

  31. @Giancarlo
    Più che un discorso sui prezzi, il tutto era nato da una constatazione che spesso i birrifici italiani sottovalutano l’importanza della comunicazione, che si traduca in logo, etichette, sito web o quant’altro.

    Il sito del BSA mi piace non solo perché ben fatto e in linea con alcuni dettami del “web 2.0”, ma anche perché non si limita ad essere solo una vetrina. Intendere un sito come una vetrina è assolutamente riduttivo, significa sfruttarne le potenzialità al 10%. E’ uno strumento di comunicazione, non (o non solo) un biglietto da visita.

    Se come dice burp (che invito ad abbandonare l’anonimato per i futuri commenti) lo hanno fatto tutto in casa, complimenti a loro. Non mi meraviglia che tra loro ci siano un pubblicitario e un grafico.

  32. Concordo che, in linea generale, molte aziende sottovalutano il marketing, così come, purtroppo, ce ne sono altre che lo hanno super-sfruttato pur non producendo secondo me un prodotto dignitoso, tutto qui.

  33. @Giancarlo
    Sì ovviamente, in tutte le mie riflessioni davo per scontato un livello minimo di qualità del prodotto finale (della birra insomma)

  34. Certo che lo so. Ma il discorso e la riflessione, corretta, la fai tu. Ma quanti la fanno? Quanti si soffermano al puro estetismo senza sapere nemmeno quello che bevono?
    In fondo poi è anche quello lo scopo del marketing ma in un mondo di nicchia come credo sia e rimarrà quello del panoramma brassicolo italiano, non è fattibile.
    C’è chi compra anche una birra per il puro gusto di avere una bella bottiglia o perchè gli sta simpatica l’etichetta..ma una volta assaggiata la ricomprerà?
    Io credo che, alcuni produttori, diano troppo per scontato che la qualità del loro prodotto sia buona se non ottima, invece non è così.
    Essendo un collezionista, seppur snobbati da tutti, giriamo moltissimo per micro, in cerca del materiale, ma è ovvio che assaggiamo anche e beviamo birre a iosa in giro per l’Italia, e ci sono delle schifezze in giro (tra l’altro invece ben pubblicizzate e spacciate come buone su altri siti/lidi).
    Di ritorno da un raduno, con altri amici, in 3 giorni abbiamo girato 7 micro (quelle di strada) e assaggiato le relative birre. Ecco, alcuni birrifici invece sottovalutano le potenziali vendite ai collezionisti.
    Siamo tanti e vedere che, in alcune birrerie, nonostante magari aver speso 50 euro di birra, ti vedi dare un sottobicchiere (hai letto bene 1) , vivendo ad oltre 1000 KM da quella micro….è amaro e soprattuto segno di poca considerazione del cliente finale, che comunque, anche se venuto da te solo per prendere il sottobicchiere…ha pur preso anche la birra e NON consiglierà a nessun collezionista di andarci, questo è certo….
    Scusate lo sfogo..

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