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In Lombardia una marea di nuovi birrifici: Orobia, Tubal, Opera e Licor Dei

orobiaIl fenomeno della birra artigianale in Italia è talmente esplosivo che ogni mese occorre aggiornare il numero di birrifici operanti sul territorio: secondo quanto riporta Microbirrifici.org al momento sono oltre 550. Restare al passo con le continue aperture è pressoché impossibile, tuttavia anche oggi cercherò di tenervi aggiornati al riguardo presentandovi le ultime novità del settore. La prima è fresca fresca e sarà protagonista al BeerGhèm che partirà domani: si tratta di Birra Orobia, beer firm lanciata recentemente da Alberto von Wunster. Ora non dovete necessariamente essere grandi esperti per riconoscere in questo nome uno pezzo di storia brassicola italiana: Alberto è infatti il nipote del fondatore della birra Wunster, uno dei marchi illustri del nostro passato birrario. Dopo che il marchio fu venduto a Stella Artois nel 1986 (passando poi ad Heineken), Alberto ha ora deciso di produrre delle birre artigianali con il nome che assunse il birrificio durante il periodo fascista – erano infatti vietati nomi stranieri alle aziende italiane.

Birra Orobia produce presso il birrificio Sguaraunda e al momento ha in listino tre birre, tutte rifermentate in bottiglia e dai nomi poco originali: Chiara, Doppio Malto e Rossa. La prima è una bassa fermentazione (Pils?), le altre due rispettivamente una Belgian Strong Ale e una ESB. Le descrizioni presenti sul sito non aiutano molto e presentano gravi imprecisioni (su tutte “aroma e gusto della speciale miscela di malti le donano un gradevole retrogusto amaro”). Non un bel biglietto da visita, speriamo che la qualità delle birre sia diversa. Come si può leggere sull’Eco di Bergamo Alberto ha conseguito un diploma di birraio a Monaco di Baviera e vanta anni di esperienza presso Menabrea.

tubalSe la storia di Birra Orobia è molto particolare, quella della giovane Birra Tubal ricorda invece la genesi di tanti altri microbirrifici italiani. Nasce infatti da un’idea di Denis Gnaccarini, appassionato con anni di homebrewing alle spalle e un’attività professionale distante anni luce dalla birra: è infatti titolare di una società che realizza applicazioni web. Come riporta anche la Gazzetta di Mantova, a marchio Tubal (anch’essa è una beer firm) viene al momento realizzata una sola produzione in stile Blanche, brassata con orzo, frumento e avena. L’azienda ha sede a Viadana (MN) e ulteriori informazioni sono presenti sulla relativa pagina Facebook. Una riflessione a margine: il numero di birrai italiani provenienti dal mondo dell’informatica è impressionante, credo di essere rimasto uno dei pochi a non fare birra – Cronache di Birra IPA a parte 🙂 .

operaRimaniamo in Lombardia ma spostiamo a Pavia, dove dal novembre 2012 è attivo il Birrificio Opera, seconda realtà brassicola della città. Dopo due beer firm stavolta siamo al cospetto di un birrificio in tutto e per tutto, con un impianto da 12 hl con 8 tini di fermentazione. Il progetto è partito per raggiungere in tempi brevi risultati importanti: considerate che già adesso l’impianto è predisposto per produrre fino a 4.200 hl l’anno. Il birraio si chiama Luca Boselli e l’azienda produce anche per conto terzi. Al momento il Birrificio Opera propone quattro birre (anche qui i nomi non spiccano certo per originalità): Blanche, Golden Ale, Bitter e Pils. Le produzioni sono tutte non filtrate e rifermentate sia in fusto che in bottiglia. Ulteriori info sul sito dell’azienda.

licor_deiE concludiamo questo en-plein lombardo con il Licor Dei, birrificio aperto da poco (l’inaugurazione risale a un mesetto fa) a Gessate, in provincia di Milano. Attualmente sono prodotte quattro birre, che mi dicono essere senza fronzoli e piuttosto aderenti agli stili di riferimento. La D77 è una Golden Ale, la C67 una English Pale Ale, la G63 una Porter e l’A12 una Weisse. In attesa di un assaggio, non posso che esprimere un giudizio sulla scelta dei nomi, che anche in questo caso non capisco né condivido. Per approfondimenti vi rimando al sito del Licor Dei.

Avete avuto modo di conoscere qualcuna di queste nuove realtà? Opinioni al riguardo?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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28 Commenti

  1. Scusatemi… Non voglio insegnare niente a nessuno, sia chiaro… Ma in un panorama come quello italiano, dove opera un numero comunque cospicuo di birrifici, non sarà il caso di scegliere nomi accattivanti o comunque originali per distinguere le proprie birre?

    • alexander_douglas

      concordo….io una birra che si chiama chiara doppio malto non l’assaggio di principio visto poi tutto lo sforzo che si sta facendo per far cadere questa leggenda della birra doppio malto….

      • Volevo scrivere un commento di disprezzo nei confronti della Orobia ma vedo che mi hanno preceduto di molto..sob!

        • ma già che un birrificio chiama la sua birra “Doppio Malto” dimostra di avere oltre che poca fantastia anche poca conoscenza visto che la birra doppio malto non esiste. Molti di questi stanno cavalcando l’onda dell’entusiasmo verso la birra artigianale…tra qualche anno (ad essere buoni) vedremo quanti ne restano

  2. Volevo far notare questa cosa: se la Lombardia coi suoi 96 birrifici fosse uno stato americano sarebbe al sesto posto come numero di birrifici totali dietro California, Washington, Colorado, Oregon e Michigan. http://www.usatoday.com/story/travel/destinations/2013/04/21/10-best-craft-brew-states-in-america/2098517/

    Certo, quantità non fa rima con qualità, molti birrifici lombardi son dei gran schifezzari.

    • Quantità non fa neanche rima con volumi: la Lombardia sarà pure la California del nostro movimento, ma gli impianti di birrifici italiani ed americani non sono confrontabili, così come non lo sono i consumi dei rispettivi Paesi.

  3. Ma siamo così sicuri che il numero dei microbirrifici in Italia superi abbondantemente le 500 unità? Se solo tenessimo conto di quelli che hanno chiuso i battenti o che non hanno mai avviato la propria attività, dei “brew pub” che non imbottigliano e perlopiù ancorati a modeste realtà locali e ovviamente delle “beer firm”, il loro numero si ridurrebbe drasticamente!
    E per quanto riguarda i nomi delle birre, preferisco che una golden ale venga chiamata “Golden Ale” e non D77…

    • Per birrifici si intende tutto: beer firm, brewpub, ecc.

      • So perfettamente che Bertinotti nel suo censimento annovera qualsiasi tipo di realtà brassicola, ma faccio sempre un po’ di fatica a considerare una “beer firm” un microbirrificio in piena regola. Soprattutto quando chi c’è dietro al progetto si limita a commissionare della birra a qualcun altro e non ne ha mai fatta una in vita sua. Se poi aggiungiamo che non esiste fisicamente alcun impianto…

        • alexander_douglas

          Infatti una beer firm è una beer firm e comunque Bertinotti incoraggia comunque queste realtà ed evolversi…..le beer firm sono un ottimo modo per avvicinarsi alla produzione commerciale per gente che magari non può permettersi un impianto ma ha già estro e creatività….in fin dei conti non tutte le beerfirm sono fatte di persone che commissionano birra ai birrai e se le fanno fare per commercializzarle a nome loro, ci sono realtà che per carità sfruttano l’aiuto e la possibilità di gente più esperta di loro ma che fondamentalmente la ricetta la tirano fuori dalla loro testa. Secondo me fa bene Bertinotti a considerare anche queste realtà…

    • alexander_douglas

      secondo microbirrifici sono oltre 500 ma contando anche quelli che hanno chiuso un battenti ( circa una sessantina)…saremo sulle 450 unità tra birrifici, brewpub e beerfirm ( che sono comunque tantissimi)

  4. Licor Dei assaggiato alla prima cieca del barbiere.
    AIUTO

  5. Secondo me dovrebbero fare il patentino per “Mastro Birraio”, troppa gente produce acqua sporca e se ne vanta.. (cit.)

    • PatrickBateman

      Per carità, ci manca solo un altro attestato con cui chiunque si può vantare di essere ciò che non è.

    • alexander_douglas

      Non è un patentino che fa il mastro birraio….

      • infatti, ma almeno chi produce BIRRA dovrà avere una certa esperienza sia teorica che pratica (in produzione e in degustazione), quindi una giuria di veri esperti giudicherà se puoi o meno essere in grado di produrre e poi vendere il tuo prodotto, il quale dovrà avere un minimo di criteri e requisiti, non si parla di un semplice attestato di partecipazione ad un corso di 8 ore..

        • PatrickBateman

          Per me è il concetto di patentino, di diploma, di laurea, di qualsiasi pezzo di carta, a stridere fortemente con ciò che rappresenta intrinsecamente l’artigianato.
          Mi rendo conto che il metodo sia importante, soprattutto in una nazione dove le radici storico-culturali della birra sono praticamente pari a zero rispetto ai paesi dove affonda nei secoli passati, ma utilizzare un titolo (peggio ancora una giuria di esperti: anche quelli devono essere diplomati? E già che ci siamo, inseriamo anche gli esperti che giudicano gli esperti…) che possa anche solo discriminare la qualità di una produzione lo trovo aberrante. A maggior ragione, come se non bastasse, in Italia, dove il rischio di fare le cose a cazzo di cane, didatticamente, è altissimo.

        • alexander_douglas

          se hai i requisiti economici e legali per farlo non vedo perchè debba esserci una giuria a valutare se puoi farlo o meno….sarà il mercato a dirti se hai la stoffa giusta per competere con gli altri. Che poi uno non deve improvvisarsi mastro birraio è un altro discorso, ma le giuste competenze teoriche le puoi ottenere anche studiando per conto tuo…

          • ok in effetti avete ragione anche voi, mi sono voluto sfogare un po, dopo tante schifezze che si leggono su FB scritte da “birrai” improvvisati che a malapena distinguono una “bionda” da una “rossa” (o addiritura doppio malto).. poi ti capita di assaggiarle e ti sale un istinto omicida 😉
            Come ogni cosa ci vuole solo tanta esperienza..

  6. già con olmaia si può far fatica, con schneider anche, ma almeno lì c’è un unico numero. lettera e due numeri affiancati produce un effetto disastroso, come con l’alfa romeo che ha tutti numeri per distinguere i modelli…
    per il resto aspettiamo di assaggiare, magari il nome è l’unica cosa che non va…

  7. Al di là della faccenda del nome che imho sta diventando davvero squallida e oltremodo irritante, sto notando di quale preparazione superficiale e pressapochista sono dotati molti soggetti che sono in procinto di aprire un micro…cio che manca ancor prima delle nozioni tecniche è proprio la conoscenza del prodotto birra…non mi meraviglio della buona concentrazione di schifezze che girano imbottigliate..

  8. Non vedo il problema del proliferare di microbirrifici o beerfirm. E’ vero che molti non sanno cosa sia una birra se non chiara, rossa, doppio malto e scura e che molti fanno birre piatte e pessime. Ma sarà il mercato ed il consumatore a valutarlo.
    Se fai birra non di qualità che non piace, i pub non te la prendono, la gente non ti compra le bottiglie, nel giro di poco chiudi o rimani una realtà circoscritta a quei pochi pub e ristoranti che conosci.
    Per il beerfirm io sono favorevole, molti beerfirm è il “birraio” del beerfirm a fare la ricetta e seguire la produzione su un impianto di terzi; solo che non avendo magari soldi per un impianto , inzia facendosi produrre le poprie ricette e poi magari un giorni si farà il suo impianto. Anche qui vale lo stesso per i microbirrifici, ci sono beerfirm e beerfirm, se il beerfirm si limita a farsi fare sia la birra che la ricetta da terzi, o magari ha proprie ricette scopiazzate e piatte non venderà molto, e dato i ricavi del beerfirm sono già molto esigui chiuderà presto, molto prima di un micro che non vende molto.

  9. Ciao a tutti, mi inserisco nella discussione solo per dire che ero al Berrghem, mi sono avvicinato con una adeguata perplessità (etichetta e nome, non attirano ) alla birra OROBIA, restandone felicemente stupito…
    il nome non fa venir voglia di berla, ma come tante belle donne che hanno nomi orrendi, e sono bellissime, alcune loro creazioni mi sono piaciute tantissimo!!!!

    • Caro Omonimo…. ti assicuro che se metti insieme tutti quelli che hanno apprezzato la OROBIA… forse arrivi a riempire una macchina….

  10. Scusate signori ,premetto di essere un semplice appassionato di birre artigianali,non sn un esperto nè un sostenitore della birra in questione.. Al di là della birra in se non capisco questo accanimento(inutile)maniacale sul nome della birra OROBIA. Solo xché Il titolare ha voluto,giustamente, conservare il nome storico della birra(risalente al fascismo del quale nn conoscete nulla ) mantenendo la lingua italiana infangata giornalmente a voi crea problemi,il che conferma la vostra posizione politica ergo la vostra inutile esistenza!Mi riferisco anche a lei Jack che già dal nome fa capire tutto…chi diavolo é lei per,addirittura, pensare di disprezzare un prodotto solo xchè scritto in lingua italiana ? Ecco l’antitalianità! Alcontrario se il titolare avesse deciso di dare alle proprie birre nomi anglosassoni ,ovviamente,sarebbero stati più originale o più “cool” e oggi ci sarebbero apprezzamenti ,giusto?ahaha poi vorrei capire il criterio chi si adotta quando si conferma che un nome sia più “originale” di un’altro! Se vogliamo allontanarci dall’oggetto di discussione(ovvero la birra)nn é questione di originalità ma di “italianità”ergo di difendere la lingua italiana; dovremmo essere orgogliosi di ciò! Punto! Si giudica il prodotto ,quindi la birra!(senza usare la calunnia) Non si giudica quest’ultima x l’etichetta o il nome! Stolti!
    Un infarinatura veloce… durante il fascismo le imprese italiane erano in netta salita e cn esso anche il settore delle birre!Nn sn io a dirlo ma il diritto commerciale e cn esso la storia o altrimenti parlate sl di birra nn attaccandovi alla sterilità!
    P.S. un consiglio per i birrifici artigianali italiani. Non per gli stili ma, quantomeno, x i nomi da dare alle proprie birre… più lingua ITALIANA e un po meno lingua anglosassone grazie! 🙂

  11. Ma possibile che in tutta sto marasma di commenti, nessuno e dico nessuno si scandalizzi per birre a bassa fermentazione rifermentate in bottglia, che è una castroneria che non si può sentire?

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