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Le birre di frumento: ottimo antidoto al caldo in arrivo

L’estate è alle porte e c’è un ingrediente brassicolo che si adatta particolarmente alla stagione calda: il frumento. Nonostante non rientri nelle tradizionali quattro materie prime di base della birra, il frumento è utilizzato da tempo immemore soprattutto per la sua capacità rinfrescante: la leggera acidità che è in grado di conferire aumenta sensibilmente la forza dissetante della bevanda. Così non è un caso che esistano diversi stili birrari che ricorrono al frumento e che risultano assai indicati per le calde giornate che ci attendono (o che sono già arrivate). Eccone una panoramica corredata da alcune interpretazioni italiane di ogni stile: prendetela come una sorta di guida all’acquisto per la stagione che si avvicina.

Weizen

Dici “birra di frumento” e il pensiero corre subito allo stile tedesco delle Weizen, probabilmente il più popolare e diffuso di questa carrellata. Tipiche della Baviera meridionale ma diffuse in tutta la Germania (e non solo), hanno da tempo perso il connotato di tipologia stagionale per essere prodotte durante tutto l’anno. Sono (ed erano) così popolari che non solo nel 1516 l’Editto della Purezza previde un’eccezione per non escludere il frumento dagli ingredienti ammessi (orzo, acqua e luppolo), ma ne esistono diverse varianti: abbiamo così le Dunkelweizen (scure) e le Weizenbock (più alcoliche e corpose). Un’altra distinzione – anche se ultimamente sembra essere stata accantonata – è tra Hefeweizen (opalescenti, quelle più diffuse) e Kristallweizen (limpide).

Chiaramente anche in Italia vengono prodotte diverse Weizen, soprattutto da parte dei birrifici che hanno una gamma ispirata alla cultura brassicola tedesca. Segnalo allora la BI Weizen del Birrificio Italiano, la Domm del Lambrate, la Weizen di Manerba e la Charlotte di Biren.

Blanche

L’altro grande stile di frumento è quello belga delle Blanche, che però in aggiunta prevede anche un’aromatizzazione con buccia d’arancia amara e coriandolo. Popolari per secoli tra i consumatori del Belgio, a metà degli anni ’50 rischiarono di scomparire totalmente a causa della chiusura di tanti piccoli birrifici. Ma questa è una storia che ogni appassionato dovrebbe conoscere e che su Cronache di Birra abbiamo raccontato tante volte: se oggi possiamo bere Blanche (belghe e non solo) il merito è del compianto Pierre Celis.

Sarà perché il Belgio per anni è stato la nazione brassicola di riferimento per l’Italia, sarà perché da noi l’estate è lunga e calda, ma è curioso notare il numero considerevole di Blanche prodotte dai nostri birrifici. Tra le più significative vanno citate la Friska di Barley, la Bianca Piperita di Opperbacco (con menta piperita), la Seta di Rurale, la Bianca di Maltus Faber, la +39 di Free Lions, la Blanche du Valerie di Almond ’22, la Fleur Sofronia di MC77 (all’ibisco).

Wheat Beer

Come accaduto per altri stili, negli Stati Uniti le Weizen tedesche sono state negli anni ripensate fino ad acquisire dei caratteri del tutto peculiari. Così le Wheat Beer oggi rappresentano una tipologia a sé stante, che esalta le capacità dissetanti del frumento. Le differenze con le cugine tedesche sembrano minime, ma in realtà si ripercuoto pesantemente sul gusto: l’uso di una maggiore quantità di luppolo e soprattutto il ricorso a lieviti neutri trasformano completamente il profilo organolettico di queste produzioni.

Nonostante negli ultimi anni i nostri birrai siano stati influenzati pesantemente dalla cultura brassicola americane, gli esempi di Wheat Beer italiane sono pochissime. La più longeva è probabilmente la Bender Ale dell’Harvest Pub di Bologna.

White IPA

L’altra tipologia americana di birre di frumento è quella recentissima delle White IPA. A questo sottostile dedicai un articolo specifico circa un anno fa, quindi è inutile ripetere quanto scritto all’epoca. Anche perché il nome è piuttosto chiarificatore: sono IPA di stampo americano che prevedono una percentuale di frumento – oltre, talvolta, a un’aromatizzazione da Blanche.

A differenza delle Wheat Beer, le White IPA vantano già diverse interpretazioni italiane, almeno se rapportate alla giovane età di questo stile. Segnalo allora la Gatta Bianca di PBC, la Koni Ma di Turan, la Sirena del Birrificio della Granda, la Mrs. White di The Wall, la Riff di P3 Brewing, la Vergott di Lariano.

Berliner Weisse

Torniamo in Germania per inserire nell’elenco anche le Berliner Weisse, estremamente popolari in passato nell’attuale capitale tedesca. Sono birre non facili, prodotte con l’aggiunta di lattobacilli che ne aumentano la carica acida, ma attenzione perché potrebbero rappresentare uno degli stili dell’estate 2015. Negli ultimi anni gli esempi di Berliner Weisse italiane si sono moltiplicati, nonostante il loro numero sia ancora ridottissimo: se volete provarne qualcuna vi segnalo la Dr. Caligari di Toccalmatto e le Berliner Weisse di Birrificio Italiano e Amiata.

Gose

Anche le Gose, tipiche dell’area di Lipsia, sono birre di frumento, sebbene sia più facile concentrarsi sugli altri ingredienti insoliti che caratterizzano la ricetta: sale, coriandolo e lattobacilli. Le Gose italiane si contano sulle dita di una mano (forse due): tra le più interessanti ci sono la Margose di Birranova, la Kiss Me Lipsia del Ducato e la Salty Angel di Toccalmatto.

In questo elenco manca un altro stile fondamentale che prevede frumento e cioè quello del Lambic, ma per le sue peculiarità ho preferito escluderlo. Allora, siete pronti a dissetarvi con birre di frumento?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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9 Commenti

  1. Piccola correzzione: la Wihte IPA di The Wall è la Mrs White, la Kubla Khan è la Black Ipa.

  2. Citerei anche le Roggen. E’ vero che oltre al frumento è presente (peraltro come l’ingrediente caratterizzante) la segale, ma proprio la leggera acidità che connota le migliori interpretazioni ne fanno – almeno per me – un must per l’estate.

  3. Ciao la Bender non è più prodotta da Vecchia Orsa che io sappia, era una ricetta legata ad un pub di Bologna (Harvest) ed ora è prodotta da Retorto direi.

    • Grazie della precisazione, non lo sapevo. In effetti cercando in giro si legge che nel 2012 è stata prodotta anche da Brewfist, quindi conviene che la paternità nell’articolo la assegno direttamente al locale

  4. Francesco snfrkr

    MA la ottima white rabbit di crak può essere inserita in una di queste categorie? Wheat?

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