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Birra negli USA: una storia di stili legati alle zone di origine

Come sappiamo molti stili della tradizione brassicola europea sono propri di regioni o luoghi specifici. Talvolta il legame è talmente forte da essere fissato nel nome stesso della tipologia: pensiamo alle Gose, originarie del comune di Goslar, alle Kölsch, tipiche di Colonia, alle Helles e alle Dunkel, a cui spesso ci si riferisce con l’aggettivo Munich (Monaco di Baviera), o alle meno note Grodziskie, nate nella città polacca di Grodzisk. È immediato pensare che una così forte connessione tra uno stile birrario e il suo luogo di provenienza (o di diffusione) sia distintivo di culture brassicole antiche e difficile da riscontrare nelle realtà moderne. Ma non è così: anche al giorno d’oggi compaiono nuovi stili birrari strettamente caratterizzati a livello geografico e non solo circoscritti al continente europeo. Un caso molto particolare è rappresentato dalla cultura brassicola degli Stati Uniti, dove convivono tipologie regionali legate a epoche passate e new entry emerse solo negli ultimi anni. L’elenco è davvero numeroso.

New England IPA

Partiamo da una delle tipologie più in voga al momento, che continua ad attirare le discussioni e le polemiche di operatori e appassionati. Come ormai dovreste sapere, sono IPA di nuova generazione a cui spesso ci si riferisce con il termine “juicy”. Succulenti in effetti sono gli aromi provenienti dai luppoli, che vengono utilizzati più per caratterizzare il profumo e il gusto di queste birre che per enfatizzare la componente amara. L’aspetto è decisamente opalescente (se non completamente opaco) e la “morbidezza” a livello estetico spesso si percepisce anche in termini di mouthfeel. Talvolta vengono chiamate Vermont IPA, sebbene si sia ormai diffuso l’appellativo geograficamente più estensivo – il New England è una regione formata da sei stati, tra cui, appunto, il Vermont. Vermont che comunque ha dato il nome al particolare lievito associato a questa giovanissima tipologia.

Cascadian Dark Ale

A proposito di regioni americane, sulla costa opposta del continente troviamo la Cascadia, che a livello ipotetico – non è ufficialmente riconosciuta – si estende tra Stati Uniti e Canada, abbracciando gli stati di Washington e dell’Oregon e la provincia canadese della British Columbia. Questa zona qualche anno fa suggerì il nome di uno nuovo stile, battezzato Cascadian Dark Ale: birre scure ma diverse dalle classiche Stout europee, grazie all’enfasi posta sul contributo degli aromatici luppoli locali. Dopo un certo interesse iniziale, la tipologia non ha avuto molta fortuna. Alcuni la considerano sinonimo di Black IPA, per altri invece esiste una differenza tra i due stili in base alla resa dei malti scuri: nelle prime i toni tostati e torrefatti dovrebbero arricchire il ventaglio aromatico – nonostante il rischio di “incidenti” nell’incontro con la generosa luppolatura – nelle seconde invece fornire solo un contributo estetico, rimanendo pressoché impercettibili a livello gustativo.

California Common

Dopo due tipologie giovanissime è il caso di compiere un bel salto indietro nel tempo per parlare di quello che, probabilmente, è considerato lo stile autoctono per eccellenza degli Stati Uniti. Ci riferiamo chiaramente alle Steam Beer, birre diffuse in California nella seconda metà del 1800 e riportate in vita negli anni ’70 del XX secolo dal birrificio Anchor. Il produttore registrò il nome Steam Beer e agli altri birrifici (e nei documenti ufficiali, come quello del BJCP) non rimase altro che utilizzare un altro appellativo. La scelta ricadde su California Common che accentuò il legame tra la tipologia e la sua zona di origine e diffusione. Sono prodotte con lieviti da Lager ma utilizzati ad alte temperature (cioè come se fossero Ale), particolarità che nasce dalla necessità di brassare secondo la scuola tedesca in epoche in cui in America non era disponibile la refrigerazione.

Kentucky Common

Meno conosciute delle precedenti sono le Kentucky Common, sviluppatesi dopo la Guerra Civile e fino al periodo del Proibizionismo nella zona metropolitana di Lousville, in Kentucky per l’appunto. Come molti altri stili antichi americani, la ricetta prevede una percentuale di succedanei del malto d’orzo (mais fino al 35%), oltre a una frazione di malti caramello. Tendenzialmente ambrate e dolci, erano luppolate con varietà autoctone ma poco amare (difficilmente superiori ai 25 IBU). Erano birre rinfrescanti e poco alcoliche (massimo 4,8%), ma anche contraddistinte da un corpo rotondo. Alcune interpretazioni moderne sono realizzate con l’inoculo di lattobacilli (o tramite sour mash).

Pennsylvania Porter

In un’altra zona statunitense teatro di immigrazioni dalla Germania, si sviluppò nel periodo pre-proibizionista questo rarissimo stile di colore scuro. Anche conosciute col nome di Pre-Prohibition Porter o Pennsylvania Swankey, erano birre molto leggere (3-4%), non molto amare e solitamente aromatizzate in vario modo – le spezie più utilizzate erano liquirizia, melassa e caramello, ma anche semi di anice e anice stellato. Anche in questo caso la base fermentescibile poteva prevedere una percentuale di cereali alternativi (mais nello specifico). Completamente scomparse durante il Proibizionismo, sono state riproposte dai moderni birrifici americani, pur saltuariamente.

Albany Ale

Per gran parte del XIX secolo la piccola città di Albany ha giocato un ruolo da protagonista nel panorama brassicolo degli Stati Uniti, al punto che alcuni “storiografi birrari” hanno ricostruito le caratteristiche delle birre tipiche del luogo. Le Albany Ale erano assai luppolate (soprattutto con varietà Cluster), utilizzavano un’acqua molto dura (Albany è situata sul fiume Hudson) e presentavano un contenuto alcolico decisamente elevato, tra il 6,5% e il 7,5%, (ma non è escluso che alcune incarnazioni arrivassero persino al 10%). Inutile dire che anche le Albany Ale scomparvero completamente, così come l’importanza della loro città nella scena birraria americana.

Come vedete, la cultura brassicola degli Stati Uniti ha sfornato stili regionali di continuo, sin dalle sue origini per arrivare alla recentissima attualità. Non è chiaramente una peculiarità della realtà americana, ma più probabilmente qualcosa di insito nel DNA della nostra bevanda, che nega e allo stesso tempo conferma il suo legame con i luoghi di origine. E uno degli aspetti più entusiasmanti della birra è proprio questo: le sue tipologie spesso nascono e si sviluppano in un luogo ben preciso, salvo poi diffondersi ovunque in tutto il mondo. Con risultati altalenanti, è vero, ma che invitano a scoprire uno stile nel suo luogo di nascita affinché possa essere compreso fino in fondo.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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2 Commenti

  1. Un pò come le regionali della moretti insomma…ahahahhaha

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