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Strani arnesi e simboli curiosi: le tracce del carattere ancestrale della birra

Non smetterò mai di ricordare che la birra è una bevanda antichissima, nata e cresciuta insieme alla stessa civiltà umana. Quella che ci lega è dunque una connessione di tipo ancestrale, basata su consuetudini rimaste inalterate per secoli, se non addirittura millenni. Oggi gran parte di quel patrimonio è andato perduto: l’industrializzazione e la globalizzazione hanno stravolto il modo di produrre e intendere la bevanda, cancellando molti degli elementi che univano l’uomo alle antiche pratiche del settore. Eppure nella nostra epoca è ancora possibile trovare i segni di quell’atavico legame: l’atmosfera dei tradizionali pub inglesi, i produttori di Lambic del Pajottenland e alcune birrerie tedesche incarnano una visione antica e romantica della birra. Ma esistono anche altri indizi, più nascosti e dal gusto quasi mistico, che possiamo incontrare in giro per l’Europa.

Esagramma birrario

L’esagramma, cioè la stella a sei punte ottenuta dalla sovrapposizione di due triangoli equilateri, è un simbolo ricorrente in molti contesti differenti, spesso piuttosto distanti tra loro. Lo troviamo anche nella birra, specialmente in quelle realtà che hanno mantenuto un legame quasi ancestrale con la bevanda. Se avete avuto la fortuna di visitare l’Alto Palatinato per bere lo Zoigl, ve ne sarete accorti: le case in cui viene servita la locale birra “collettiva” sono contraddistinte da questo curioso elemento. Sebbene l’esagramma sia proprio di molti fenomeni sociali e culturali (religiosi, iniziatici, mistici, esoterici, ecc.), per trovarne una giustificazione a livello brassicolo dobbiamo guardare all’alchimia. Per questa disciplina rappresenta l’incontro (e quindi l’equilibrio) tra l’elemento del fuoco (maschio) e quello dell’acqua (femmina) e simboleggia inoltre i quattro elementi fondamentali: l’aria, la terra e, per l’appunto, l’acqua e il fuoco.

Nell’arte brassicola l’esagramma avrebbe un significato molto simile. Il primo triangolo rappresenterebbe i tre elementi coinvolti nella fase produttiva: il fuoco, l’acqua e l’aria. Per i primi due c’è poco da spiegare, mentre l’aria probabilmente entra in gioco poiché in passato tutte le birre erano il frutto di una fermentazione spontanea. Le punte del secondo triangolo, invece, descriverebbero i tre ingredienti base della birra: il malto, il luppolo e ancora l’acqua. È inutile motivare l’assenza del lievito, sebbene un indizio evidente si trovi proprio nell’altro triangolo. Oltre che a Windischeschenbach e in altre località legate allo Zoigl, l’esagramma birrario si trova anche in antiche illustrazioni a tema e sulle insegne delle vecchie locande della Baviera.

Pala da birraio

Nella vostra carriera di bevitori di birra sicuramente vi sarete imbattuti in uno strano arnese, utilizzato dai birrai in epoche remote. Si presenta come una sorta di pala di legno che nella forma ricorda una pagaia semplice, se non fosse che all’estremità è fornita di grandi fori. Nella versione classica questa parte finale è simile a un trapezio isoscele costituito da due blocchi di legno quasi paralleli al corpo principale e uniti da piccoli raccordi. In inglese si chiama “mash paddle”, proprio perché veniva utilizzato durante la fase di ammostamento per mescolare il mosto ed evitare che si creassero grumi di malto. Nei birrifici odierni non è più impiegato, ma in passato saperlo maneggiare nel giusto poteva fare la differenza per gli esiti della cotta.

La pala da birraio è presente in stemmi e immagini d’epoca, sebbene talvolta appaia in loghi e simboli contemporanei. Nel primo caso è spesso rappresentato insieme ad altri antichi strumenti del mestiere realizzati in legno, come tini, mestoli e pale: un esempio lo troviamo nel logo dell’associazione americana Master Brewers, che reinterpreta in chiave moderna i simboli “araldici” dei birrai. Come accennato oggi non è più un arnese impiegato nei birrifici, eppure è spesso presente nei kit di homebrewing in una versione in miniatura (realizzata in plastica). In realtà con l’ascesa del fenomeno della birrificazione casalinga questo antico oggetto sta tornando di moda e spesso gli appassionati più feticisti ne producono in casa la loro interpretazione, per poi ostentarlo come un vero e proprio status symbol.

Gjærkrans

 

Il mondo della birra è straordinario perché riserva continue sorprese e permette di imparare sempre qualcosa si nuovo. Così recentemente mi è accaduto di imbattermi nello “yeast ring”, un anello di legno dalla forma a dir poco curiosa che era tradizionalmente legato alla produzione del Kveik nelle fattorie norvegesi. Sembra uno strumento uscito da una puntata del Trono di Spade (almeno nelle parti in cui si parla di draghi) ed è uno complesso reticolo circolare realizzato in legno. A quanto ho capito oggi non è più utilizzato, ma in passato ha giocato un ruolo determinante nell’evoluzione delle antiche birre della Norvegia. La sua funzione, infatti, era di immagazzinare il tipico lievito locale, permettendone così l’essiccazione e il futuro riutilizzo. La strana struttura, simile a un contorto intreccio di legno, serviva proprio a facilitare la cattura dei microrganismi.

L’anello (Gjærkrans in norvegese) non era l’unico arnese utilizzato per lo scopo, poiché i documenti parlano anche del Kveikstokk, un blocco di legno dotato di fori con la stessa funzione. Il meccanismo però era sempre lo stesso: il birraio immergeva lo strumento nel tino di fermentazione, lo estraeva ricoprendolo di cenere calda, aspettava qualche minuto e poi lo immergeva di nuovo, replicando l’operazione tre o quattro volte. La cenere permetteva di assorbire l’acqua, velocizzare l’asciugatura e sterilizzare l’arnese che, successivamente, veniva appeso e lasciato asciugare per essiccare il lievito. Se trovate il Gjærkrans particolarmente suggestivo, online è anche disponibile un tutorial (incluso in un ottimo articolo sul tema) per costruirlo in casa.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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