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Le migliori birre artigianali: quali caratteristiche contano davvero?

Le classifiche sono l’arma più usata dai blog di tutto il mondo, anche nel nostro settore. Basta fare una veloce ricerca sul web per essere inondati da graduatorie di tutti i tipi: ci sono quelle relative alle migliori birre italiane, quelle dedicate alle più buone IPA del pianeta, quelle incentrate su specifiche nazioni e altre ancora. A dispetto della loro resa sicura in termini di visibilità, su Cronache di Birra ho sempre evitato di scrivere contenuti del genere, perché i giudizi sono sostanzialmente soggettivi e perché il mercato (così come il gusto) cambia troppo velocemente per essere fotografato secondo un criterio strettamente qualitativo. Ma se proprio vogliamo parlare delle migliori birre artigianali, allora possiamo ragionare intorno alle caratteristiche che devono possedere per essere definite tali. Invece di sciorinare una lista più o meno affidabile (e spontanea) di etichette italiane e straniere, ecco un elenco delle peculiarità che una buona birra deve possedere. Sempre secondo il mio personale punto di vista.

Pulizia

Partiamo dalle ovvietà: una buona birra deve esibire un profilo aromatico pulito e piacevole. Significa che innanzitutto non deve mostrare la seppur minima presenza di difetti, che sono riconducibili a sensazioni e cause ben precise. In determinati stili alcune sfumature non ortodosse sono concesse, ma in quantità davvero minime – pensiamo al diacetile nelle classiche Bitter anglosassoni. Un discorso a parte meritano le fermentazioni spontanee, che per definizione rappresentano un coacervo di off flavors e di percezioni “al limite”: anche in questi casi tuttavia non è sbagliato parlare di pulizia del ventaglio aromatico, chiaramente con un’accezione diversa rispetto a tutte le altre fattispecie.

In un senso più generale però una buona birra deve essere pulita oltre l’assenza di difetti. Intendo che si deve chiaramente percepire la qualità del profilo aromatico. Gli ingredienti devono esprimere il loro carattere in maniera brillante ed essere facilmente distinguibili anche quando la forza della birra è nella loro vicendevole interazione. Non devono trasformarsi in un “mappazzone” in cui è difficile discernere il contributo del malto, del lievito, del luppolo e delle altre materie prime. Ogni ingrediente deve essere valorizzato in funzione del ruolo che deve svolgere nella ricetta. Infine è apprezzabile anche una certa pulizia visiva, che non va confusa con la limpidezza: spesso una birra brutta da vedere (per schiuma, colore o aspetto) è anche una birra pessima da bere.

Facilità di bevuta

Un aspetto che spesso dimentichiamo è che una birra, in ultima istanza, va bevuta. Quindi un parametro da tenere sempre in considerazione è che deve essere facile da bere, indipendentemente da tutte le altre caratteristiche. Ciò non significa che deve necessariamente essere poco alcolica o di corpo esile: questa peculiarità deve essere presente, ad esempio, tanto in una Pils quanto in un’Imperial Stout. La facilità di bevuta è infatti un attributo trasversale, che non dipende necessariamente da un aspetto nello specifico ma che è il risultato del modo in cui si esprimono i diversi elementi di una birra. Il finale secco e moderatamente amaro di una Tripel la rende estremamente bevibile nonostante il contenuto alcolico non indifferente.

Continuando a citare stili molto alcolici, in un forte Barley Wine è fondamentale il modo in cui si esprime l’alcol. Se il suo contributo richiama il classico “abbraccio caldo”, allora la bevuta sarà morbida e piacevole nonostante la potenza della birra. Se invece si esprime in maniera scomposta e risulta pungente e sgradevole, chiaramente ne risentirà tutta l’esperienza e il piacere della bevuta sarà compromesso. Se una Blanche, pur con la sua capacità rinfrescante, è eccessivamente sbilanciata sulla speziatura (coriandolo), allora apparirà tutt’altro che facile da bere nonostante il modello di riferimento punti proprio all’effetto opposto. Potremmo andare avanti per ore, ma la morale è sempre la stessa: anche una birra complessa e alcolica deve essere facile da bere. Una regola semplice ma che troppo spesso dimentichiamo.

Armonia

Collegato all’aspetto precedente è l’equilibrio, che non deve mancare anche nei tanti stili che puntano a esaltare determinati aspetti. Forse allora è più corretto parlare di armonia: anche in una birra volutamente spostata sull’amaro, ad esempio, è importante che tutte le componenti partecipino a valorizzare e sostenere quella singola caratteristica. Esistono stili che giocano sul bilanciamento tra malto e luppolo, ma non per questo il risultato è necessariamente armonico; ne esistono altri che sono squilibrati per definizione, ma vantano una sorprendente armonia al di là di questa peculiarità. Una birra armonica non può essere tale senza pulizia e l’armonia è indispensabile per favorire la facilità di bevuta. Ne risulta perciò che tutte le caratteristiche fin qui analizzate sono strettamente correlate tra loro.

Appagamento

In definitiva una buona birra deve essere appagante e piacevole da bere. Per raggiungere questo obiettivo – tutt’altro che scontato – deve essere allo stesso tempo armonica, facile da bere e con una resa aromatica di alto livello. Come potete notare, tutti questi criteri sono auspicabili in qualsiasi tipologia birraria: valgono tanto per una Helles quanto per una American IPA, tanto per una Saison quanto per una Stout, tanto per una Gueuze quanto per una Scotch Ale. Una birra deve presentare armonia, pulizia e facilità di bevuta indipendentemente dal suo contenuto alcolico e a prescindere dalla ricercatezza o meno di equilibrio tra le sue componenti. Se questi aspetti sono confermati, molto probabilmente ci troveremo al cospetto di una birra gradevole da bere: l’appagamento sarà il risultato di un percorso ben riuscito che si dipana attraverso vari attributi.

E secondo voi quali sono invece le migliori birre artigianali?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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