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Le antiche varietà di luppolo del Belgio

Quando pensiamo alle tante varietà di luppolo presenti al mondo, quali nazioni ci vengono in mente? In Europa diverse: la Germania, il Regno Unito, la Slovenia e in generale tutto il blocco mitteleuropeo. Poi sicuramente gli Stati Uniti, con le loro tipologie aromatiche che hanno conquistato il pianeta, e a seguire i paesi asiatici del Pacifico (Nuova Zelanda, Australia, Giappone), saliti all’attenzione del mondo brassicolo grazie a cultivar assolutamente peculiari. Tuttavia in questo ampio elenco salta all’occhio un’assenza roboante, quella cioè di una nazione che, al pari delle altre superpotenze birrarie europee, ha scritto la storia della nostra bevanda. Mi sto chiaramente riferendo al Belgio, che negli anni è completamente scomparso dallo scacchiere della coltivazione del luppolo e oggi non rientra neanche tra i primi 20 paesi produttori al mondo. Una situazione piuttosto avvilente, lontana dai fasti del passato. In epoche remote, infatti, il Belgio non solo era un grande produttore di luppolo, ma vantava alcune varietà autoctone molto interessanti.

Negli scorsi giorni mi sono imbattuto in un appassionante articolo apparso sul sito Lost Beers, in cui si raccontano l’evoluzione del Belgio in termini di produzione di luppolo e le caratteristiche delle sue cultivar. Oggi nel paese sono destinati alla coltivazione della pianta circa 170 ettari e sono attive solo una trentina di aziende specializzate. Alla fine del XIX secolo le cifre erano assolutamente diverse: intorno al 1880 i terreni coltivati a luppolo ammontavano a oltre 4.000 ettari e la nazione era una grande esportatrice con circa 2 milioni di chili destinati ai mercati stranieri. Ma già all’inizio del secolo successivo qualcosa aveva cominciato a cambiare, poiché l’export si era praticamente azzerato e gli ettari di coltivazione dimezzati. Fu l’inizio di una crisi che non solo portò il Belgio a registrare una pesante contrazione nel settore, ma causò anche la scomparsa di tante varietà di luppolo locali.

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Quali erano dunque queste varietà? Vediamole insieme.

Groene Bel

Il cultivar denominato Groene Bel (“campana verde”) era tipico della regione tra Aalst e Asse, a nord ovest di Bruxelles. Era celebre per la capacità di apportare un amaro intenso, tanto che cronache dell’epoca affermano che era indicato per quelle birre in cui il luppolo deve essere percepito in maniera netta. Probabilmente fu anche usato per le famose birre del birrificio De Koninck di Anversa, il cui prodotto di punta è considerato capostipite dello stile delle Belgian Pale Ale. Il principale problema del Groene Bel era la sua resa relativamente bassa, che lo rendeva una varietà poco redditizia per le aziende agricole.

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Coigneau

Proprio per questa ragione il Groene Bel fu presto sostituito da un’altra varietà, battezzata Coigneau (o Cagneau) e molto più prolifica della precedente. Sebbene originario del villaggio di Teralfene (Brabante fiammingo), la sua zona di coltivazione prevalente fu sempre quella nei dintorni di Aalst, dove all’inizio del XX secolo aveva raggiunto il 75% dell’intera produzione di luppolo della regione. Era una cultivar ampiamente apprezzata, come riportano molte cronache del tempo, ma anche osteggiata da chi voleva preservare le tradizioni del passato, incarnate dal Groene Bel. Così, spinta anche da alcuni politici sensibili al tema, quest’ultima varietà tornò popolare all’inizio del 1900, riconquistando terreno rispetto al Coigneau. Una lotta a dir poco inutile, poiché di lì a poco entrambe le cultivar sarebbero state spazzate via da quelle straniere di importazione. Il Coigueau era comunque caratterizzato dal basso apporto di amaro ed è probabilmente per questa ragione che era considerato perfetto per la produzione del Lambic. Il nome derivava da quello del coltivatore che per primo isolò la varietà intorno al 1785.

Witte Rank

Witte Rank era la varietà maggiormente diffusa nella zona di Poperinge, che ancora oggi è riconosciuta come l’area più importante del Belgio per la coltivazione del luppolo (c’è anche un museo a tema). La cultivar tuttavia era presente anche nei dintorni di Aalst e in altre zone del paese. Il Witte Rank era utilizzato per brassare birre eleganti, con un gusto delicato e meno penetrante del normale. Si suppone che a livello organolettico fosse assimilabile ai luppoli tedeschi.

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Loeren

Tipico del villaggio di Erembodegem (Fiandre orientali), dove era ampiamente diffuso, il Loeren probabilmente nacque nel 1908 grazie all’iniziativa di un coltivatore di Sint-Katherina-Lombeek, nel cuore del Pajottenland. Era un luppolo con un’ottima resa, ma, al pari delle altre varietà autoctone del Belgio, poco redditizio per le aziende. Basti pensare che una pubblicazione risalente al 1938 racconta come l’Hallertau coltivato in Belgio fosse venduto al doppio del Loeren e del Groene Bel. Facile capire dunque perché le cultivar locali furono destinate a scomparire velocemente, senza considerare che il luppolo importato dall’estero non subiva le gravose tassazioni di quello coltivato in loco.

Ciò che accadde in Belgio tra la metà del XIX secolo e l’inizio del XX secolo fu devastante per la cultura brassicola locale. Grazie al cambio di paradigma imposto dalla rivoluzione mondiale della birra artigianale e al rinnovato interesse per i luppoli locali, oggi in Belgio si avvertono i primi segnali di una timida inversione di rotta. Grazie ad alcuni progetti sperimentali legati al settore didattico di Aalst, sono stati recuperate e piantate le varietà Coigneau e Groene Bel, che saranno sicuramente oggetto di studio negli anni a venire. Si sono perse totalmente le tracce del Witte Rank, che probabilmente possiamo tristemente iscrivere nell’elenco dei luppoli andati perduti per sempre.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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