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Anche i giudici di homebrewing sono esseri umani (e operano in condizioni difficili)

Ieri il nostro Francesco Antonelli vi ha raccontato la difficile vita dell’homebrewer, chiamato a impiegare tempo ed energie per la creazione delle sue birre. Mesi passati a studiare la ricetta, reperire gli ingredienti, seguire tutto il processo produttivo fino a ottenere la tanto agognata birra. Che poi magari, durante il primo concorso a tema, viene devastata in dieci secondi netti dal giudice di turno, con annesse smorfie e valutazioni poco lodevoli. Certo, gli homebrewer hanno un cuore ed è giusto che considerino ogni loro birra quasi come una figlia. Ma non pensiate che essere giudice non sia altrettanto difficile: quegli odiosi cyborg pronti a vivisezionare con severità ogni caratteristica della vostra creazione sono in realtà persone come voi, che per una sera hanno deciso di rivestire un ruolo delicato quanto difficile. Ve ne darò la prova…

Nel caso di Brassare Romano le varie tappe si tengono sempre in serate infrasettimanali. Questo significa che durante il giorno si sgobba come da copione e poi, a fine giornata, ci si prepara per un altro lavoro (non retribuito). Se vedete giudici vestiti in giacca e cravatta non è perché vogliono darsi un tono, ma semplicemente perché sono arrivati direttamente dall’ufficio senza neanche passare da casa. Si spostano impegni e si rinuncia a una serata tranquilla tra le mura domestiche per andare a valutare decine di birre fatte in casa. Una cosa che se lo dici in giro ti prendono per matto 🙂 . Il discorso è simile in caso di concorsi che si tengono in un giorno festivo: lì a essere sacrificato è un momento di riposo o addirittura un intero week end. Ma va bene, la passione per la birra ci spinge anche a questo.

Quindi – ricapitolando – nella migliore delle ipotesi arrivi nel luogo dove si svolgeranno gli assaggi spossato da ore di lavoro e senza neanche cinque minuti di relax: vi assicuro che non è il massimo della vita per un’attività che richiede molta concentrazione. Quasi sempre cominci gli assaggi a stomaco vuoto perché qualsiasi alimento influenzerebbe le tue sensazioni: regola sacrosanta, ma vorrei vedere voi ad assaggiare decine di birre a ritmo serrato senza aver mangiato nulla – e il pane di accompagnamento serve a resettare la bocca, non certo a saziarvi.

Mentre aspettate che si parta, già risuona nelle vostre orecchie la sveglia che vi desterà di buon’ora la mattina successiva (eh sì, perché il giorno dopo si lavora). Tra ritardi vari e i minuti necessari per approntare tutto, capirete che il tempo utile per gli assaggi è sempre molto limitato. Questo influenza drammaticamente gli assaggi: bisogna essere bravi a valutare con rapidità tutte le birre, passando senza soluzione di continuità da una all’altra. Solitamente a metà della serata la fatica (mentale e non solo fisica) comincia decisamente a farsi sentire.

La cosa bella è che in tutto ciò si è chiamati a compilare le schede di degustazione. Praticamente in pochi istanti devi essere in grado di valutare una birra e di riportare i tuoi commenti in forma scritta. E attenzione, perché gli homebrewer sono (se vogliamo anche giustamente) molto pretenziosi: richiedono che i giudizi siano dettagliati, coerenti con quelli degli altri giudici (cosa non scontata) e utili a migliorare la ricetta. Obiettivi per i quali ci si impegna, ma che obiettivamente non si è in grado di raggiungere in egual misura per tutte le birre.

Anche perché non è raro imbattersi in creazioni da censura. Alla quinta birra di fila totalmente sbagliata è normale farsi prendere dallo sconforto e un morale della giuria in caduta libera non aiuta. A ogni occasione capita di imbattersi almeno in un paio di produzioni al limite del satanico, capaci di vantare tutti i difetti birrari conosciuti in un colpo solo. E magari l’homebrewer di turno pretende che tu gli dica da quale preciso problema derivi tutto quel casino di off flavours, sebbene siano così tanti e completamente diversi che è impossibile risalire alla causa principale (ammesso che ce ne sia una sola).

E così dopo ore passate ad assaggiare birre di qualità altalenante e a compilare schede di degustazione velocemente e dettagliatamente (due aspetti che non vanno propriamente a braccetto), finalmente si arriva alla fine che è abbondantemente passata la mezzanotte. Tutti a casa? Neanche per sogno: prima c’è la premiazione. Quando finalmente tutto è concluso e vorresti regalarti qualche minuto di relax (e mangiare qualcosa), ti accorgi che è così tardi che conviene rincasare immediatamente. Nonostante la tua passione ti spingerebbe a confrontarti con i partecipanti sui giudizi appena esposti.

Senza aver fatto ricorso a particolari iperboli, questo è più o meno ciò che vive un giudice in concorsi del genere. E in tutto ciò deve anche ricordarsi che l’homebrewer ha un cuore: occhio a non andarci giù pesanti con le critiche e attenzione a non esagerare con i commenti ironici, salvo sentirsi accusare di mancanza di professionalità. Negli anni ho compreso che sebbene l’atmosfera possa sembrare leggera e giocosa, tutti i partecipanti prendono drammaticamente sul serio ogni giudizio. E ho capito che è giusto così, nonostante ci sia sempre qualcuno fin troppo permaloso.

Quindi sì, in qualità di giudici è importante ricordarci che gli homebrewer hanno un cuore. Ma voi, cari homebrewer, ricordatevi che quegli antipatici tizi che sono al tavolo hanno deciso di sacrificare tempo e lucidità del giorno successivo per mettere gratuitamente a disposizione le loro (presunte) competenze. Che operano in condizioni critiche e con la pressione di decine di aspettative diverse. Che stanno giudicando la vostra birra perché voi avete deciso di sottoporla al loro giudizio. E che tutto dovrebbe essere preso come un gioco (che non significa superficialità, sia chiaro).

Fare il giudice di birra in occasioni del genere ha un gusto molto masochistico. Ha diversi punti in comune con chi passa anni a fare l’arbitro nelle categorie minori. In questi casi la domanda più gettonata è “Ma chi te lo fa fare?”. E la risposta è la stessa in entrambi i casi: “La passione”.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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6 Commenti

  1. Urca, ho rivissuto attimo per attimo la scansione delle blanche assaggiate nell’ultima tappa di BRO.
    In realtà credo che essere giudici ed homebrewer dia una prospettiva decisamente completa sui concorsi birrari, fortunatamente mi capita di stare da entrambi i lati del tavolo di queste competizioni ed il compito diventa meno difficile da interpretare.
    È sempre una bella esperienza, una sfida contro i propri limiti ma che esalta anche le proprie abilità.
    Tra l’altro ho capito che a masochismo sto messo benino dato che sono stato proprio arbitro in categorie minori per 6 anni…

  2. L’ultima frase è stupenda! Grazie Andrea!

  3. Tutto vero e condivisibile, sia da parte di noi homebrewers che dei giudici.
    I problemi, a mio modo di vedere, sorgono quando, da una parte o dall’altra, si perde di vista il buon senso e ci si prende troppo sul serio.

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