Ormai non manca molto alla fine del 2017 ed è naturale cominciare a tirare le somme di questi 12 mesi. Tra i vari bilanci da effettuare ce n’è uno per noi particolarmente interessante che è incarnato dal premio Birraio dell’anno di Fermento Birra: un riconoscimento che celebra il miglior artigiano brassicolo del nostro paese, tenendo in considerazione il livello delle sue creazioni nell’anno in via di conclusione. Il trofeo viene assegnato sulla base delle votazioni di un centinaio di esperti sparsi in tutta Italia – compreso il sottoscritto – secondo un meccanismo diviso in due fasi: la prima atta a definire una short list di 20 nomi, la seconda tesa a stabilire la classifica finale con l’individuazione del campione assoluto. I risultati definitivi saranno svelati nel consueto evento che si terrà a metà gennaio, ma intanto sono stati svelati i 20 finalisti che si contenderanno il titolo di Birraio dell’anno. Un elenco che merita un’analisi approfondita.
Cominciamo a riportare la lista completa dei candidati: Birrificio Italiano (Agostino Arioli), Extraomnes (Luigi D’Amelio), Vento Forte (Andrea Dell’Olmo), Brewfist (Pietro Di Pilato), Montegioco (Riccardo Franzosi), Hilltop (Conor Gallagher-Deeks), Canediguerra (Alessio Gatti), Rurale (Lorenzo Guarino), Eastside (Luciano Landolfi), Lariano (Emanuele Longo), Loverbeer (Valter Loverier), Birra Perugia (Luana Meola e Luca Maestrini), Foglie d’Erba (Gino Perissutti), Barley (Nicola Perra), MC77 (Matteo Pomposini e Cecilia Scisciani), Crak (Marco Ruffa), Mastino (Mauro e Oreste Salaorni), Croce di Malto (Alessio Selvaggio), Hammer (Marco Valeriani), Elvo (Josif Vezzoli).
Se ricordate i nomi dei 20 finalisti dello scorso anno, vi sarete accorti che le differenze con il 2017 non sono moltissime. Le new entry sono in effetti solo 4 (il 20% del totale) e in particolare Foglie d’Erba, Hilltop, Crak e Eastside, con gli ultimi tre che corrispondono a birrifici “promossi” tra i grandi dopo essersi sfidati nel premo Birraio emergente 2016 – riconoscimento poi andato a Conor di Hilltop. Quello di Foglie d’Erba è invece un ritorno eccellente dopo l’assenza dello scorso anno, che permette a Gino Perissutti di partecipare nuovamente alla finale: parliamo di un birraio abituato in passato a comparire tra i finalisti del concorso e che nel 2011 riuscì persino ad aggiudicarsi la vittoria finale.
A proposito di vincitori delle scorse edizioni, la short list di quest’anno ne presenta ben sei su otto: oltre a Marco Valeriani di Hammer, che dovrà difendere il titolo ottenuto dodici mesi fa, ci sono anche Schigi di Extraomnes, Riccardo Franzosi di Montegioco (che nel 2016 preferì non partecipare all’evento finale), Valter Loverier di Loverbeer e Nicola Perra di Barley. Mancano invece all’appello Simone Dal Cortivo di Birrone e Fabio Brocca di Lambrate, le cui assenze non saranno passate di certo inosservate insieme a quelle dei birrifici usciti di scena nella short list del 2017 (Opperbacco, Carrobiolo e Toccalmatto). A ben vedere in questa fase saranno proprio le assenze a catalizzare le polemiche degli appassionati, perché ognuno vorrà difendere la sua personale classifica. Ad esempio per me nella short list finale manca in modo clamoroso un birrificio che nel 2017 ha regalato perle brassicole a profusione. Il nome? Essendo tra i giurati non posso dirlo 🙂 .
Interessante la distribuzione geografica dei 20 finalisti, che denotano un prevedibile dominio del Nord Italia. In particolare nell’accoppiata Lombardia – Piemonte ricadono più della metà dei partecipanti alla votazione conclusiva (6 per la Lombardia, 5 per il Piemonte), senza considerare due birrifici provenienti dal Veneto e uno dal Friuli Venezia Giulia. I pochi nomi restanti appartengo all’Italia centrale e insulare (3 dal Lazio, 1 a testa per Marche, Umbria e Sardegna), mentre il Meridione rimane desolatamente senza rappresentanti, confermando un “problema” che si rinnova di edizione in edizione.
Ora non resta che attendere metà gennaio per scoprire il vincitore dell’edizione 2017 di Birraio dell’anno. Un premio che secondo me va preso con il giusto spirito, quello cioè di un’iniziativa dall’anima piuttosto ludica, che si basa su considerazioni soggettive più che oggettive. E che è influenzato da alcuni parametri che tendono ad avere un peso determinante sulle valutazioni finali, come la reperibilità di un marchio sull’intero territorio nazionale – che ovviamente non è sempre collegata direttamente al livello delle sue produzioni. Inoltre la poca variabilità nell’elenco dei finalisti lascia supporre che molte valutazioni si riferiscano più alla qualità del nome tout court che – come richiesto da regolamento – al rendimento negli ultimi dodici mesi. Ma sappiamo che Birraio dell’anno funziona così e va preso per ciò che è, senza inutili isterismi.
Come avrete notato ho volontariamente evitato di scrivere dei 5 candidati a Birraio emergente, perché come di consueto gli dedicheremo un articolo apposito nei prossimi giorni, con tanto di profilo dedicato a ognuno di loro. Detto ciò, chi avreste aggiunto tra i 20 finalisti dell’edizione 2017 di Birraio dell’anno? Chi avreste eliminato dalla lista definitiva? E chi considerate serio candidato alla vittoria finale?
Non posso pronunciarmi un granché sul tema Birraio dell’anno – infatti non ho scritto nulla in proposito – dato che quest’anno, da maggio in poi, ho bevuto ben poco, e non posso quindi fare valutazioni attendibili sulla produzione brassicola nel corso dell’anno dei birrifici in questione (o di altri rimasti fuori). Ma, conoscendo principalmente i birrifici del Nordest (che presentano anche eccellenze, per quanto magari misconosciute), ogni anno non posso non notare come questi forniscano al massimo 2-3 candidati (anche se spesso candidati di successo, vedi il caso di Gino Perissutti e Simone Dal Cortivo); e che sono appunto, come ogni anno si fa notare, tra i (pochi) che hanno una distribuzione a raggio più vasto. Sarebbe interessante capire di conseguenza anche la distribuzione geografica dei giurati…
Credo che quest’anno più che in passato sia distribuita in maniera abbastanza uniforme lunga tutta la penisola, ma è evidente che se un birrificio non ha fama comprovata o una distribuzione capillare, finisce per essere penalizzato.
Fa specie vedere nella lista anche chi non ha mai brassato, nonostante ne abbia già vinto un’edizione. Questo la dice lunga sulla serietà del premio.